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Rientro dal corso d'aggiornamento


di passeradisandra
28.11.2013    |    20.388    |    1 8.2
"Diversi sms e telefonate intercorrono fra me ed il mio uomo, finché non mi decido ad alzarmi ed andare verso l’uscita della carrozza, sperando di poter..."

Gherardo, la stessa sera, avrebbe voluto portarmi a cena in un ristorantino sul porto ma, purtoppo, era già stata programmata una cena di lavoro fra i quadri direttivi ed il Direttore Generale, il Capo del Personale ed altri tre o quattro capoccioni.
Di fatto, anche perché ormai mi ero tolto lo sfizio di “una scopata che non ha mai fatto male a nessuno”, per me e Gherardo, almeno a Genova, non c’è seguito. Anche perché il martedì pomeriggio l’uomo sarebbe dovuto rientrare a Roma, mentre io avrei prolungato la permanenza fino al giovedì pomeriggio.

In lunghe ed intensamente intime telefonate con Dedo, gli raccontai l’avventura avuta col collega. Il mio uomo volle sapere per filo e per segno come erano andate le cose e cosa avessi provato. “Vedi che gli uomini sono attratti da te, anche soltanto per scopare, per la sensualità che emani, per quell’odore di femmina che ti precede? Così hai toccato con mano che sei una donna che gli uomini desiderano. E che la cosa ti piace, ti turba, ti eccita. Che non sono l’unico uomo che ti desidera per il solo fatto che ti amo”.

Il giovedì pomeriggio, alle 17:30, riprendo il treno per rientrare nella capitale. Insieme a me una collega di Roma che si siede nella poltrona accanto, iniziando a parlarsi addosso senza sosta. Bastano pochi minuti per non sentirla più, ormai presa dai miei pensieri per Dedo.
Diversi sms e telefonate intercorrono fra me ed il mio uomo, finché non mi decido ad alzarmi ed andare verso l’uscita della carrozza, sperando di poter parlare liberamente con lui, lontana da occhi ed orecchie indiscrete. Collega compresa.
-Sei vicino alla toilette?-
-Si, amore, perché-
-Entra, fatti alcune foto, e mandamele-
Un tremito d’eccitazione percorre tutto il mio corpo mentre entro nella toilette; mi sbottono la camicetta, tiro fuori le tette dal reggiseno iniziando a carezzarmele ed inizio a strizzarmi i capezzoli finché diventano duri e dritti, pronti per una prima foto. Quindi mi abbasso il perizoma, sfilandolo del tutto, ed immortalo la vagina già bagnata. Poi mi infilo un dito in fica e scatto una foto; la trovo già lubrificata per l’eccitazione che mi aveva trasmesso quella frase erotica e perentoria di Dedo: -entra, fatti alcune foto, e mandamele - e raccolgo i miei stessi umori sul polpastrello del dito medio masturbatore, fotografandolo.
Mi sto eccitando e trattengo a stento dei mugolii di piacere; inizio, senza rendermene nemmeno conto, con l’infilarmi un dito che mi procura subito un’ondata di piacere, ma devo subito reprimerlo perché qualcuno bussa alla porta della toilette e sono costretta a smettere per lasciare il locale libero.
Ormai il treno si sta avvicinando alla capitale ed io, con i sensi ancora su di giri, rientro al mio posto iniziando ad inviare le foto al mio uomo che so essere in arrapata attesa.
Arrivata a Termini esco su Piazza dei Cinquecento e mi avvio verso la zona di sosta dei taxi.
Finalmente sopraggiunge il mio turno, il tassista sistema il trolley nel portabagagli e, colpito dai miei notevoli occhi azzurri, resi particolarmente luminosi dall’eccitazione che mi pervade da quando mi fotografavo nella toilette del treno, mi apre la porta anteriore destra invitandomi a sedere accanto a lui: “così facciamo due chiacchiere”.
La mia prima reazione è quella di mandarlo a quel paese, ma poi preferisco non rispondere e decido di accettare il posto davanti; in fondo sono curiosa di vedere fin dove andrà a parare il tassinaro. Mi sistemo sul sedile cercando una posizione comoda, che trovo allargando leggermente le gambe. Gli do l’indirizzo, in zona Cinecittà.
intanto ricevo un sms da Dedo che mi avvisa di aver ricevuto solo due foto, mentre le altre quattro non riesce a scaricarle. Così, subito reimmersami nel mondo erotico che vivo costantemente col mio amante, inizio a riproporre le foto che il mio uomo non è riuscito a scaricare.
Il tassista, che continua a guardare sottécchi verso di me, è evidentemente riuscito a sbirciare un paio di foto e, già arrapato, allunga la mano sulle mie gambe dicendo .
Divento di ghiaccio, quelle parole mi sono entrate dentro come un pugnale di ghiaccio e non mi sto rendendo neppure conto che la mano dell’uomo è già passata sotto la gonna, fino alla mia fregna madida di umori, libera dal mio perizoma che, nella fretta di lasciare la toilette del treno, non ha più indossato. Due dita dell’uomo hanno già preso stabilmente possesso della mia fica e si dilungano sapientemente in un eccitante, seppur scomodo, ditalino.
Resto immobile, pietrificata ma sottomessa all’uomo che mi sta già facendo godere. Mi era rimasta questa voglia da quando ero sul treno, e quando vengo assalita da questa brama erotica, Dedo non c’è mai. Ora sono nelle mani di questo sconosciuto, di questo rozzo tassinaro nella notte di Roma.
Intanto il taxi giunge Piazza di Cinecittà, ma non prosegue verso casa mia; si dirige verso i parcheggi di un centro commerciale, a quest’ora della sera sparsamente occupati da auto che accolgono coppiette in vene di intimità, finché si ferma sotto un albero che protegge la vettura dalla luce dei lampioni.
L’uomo avvicina subito le sue labbra alle mie, cercando di baciarmi. Nel frattempo la mano sinistra, ormai libera da impedimenti di guida, inizia a palpare il mio seno, si infila dentro la camicetta, sotto il reggiseno. Senza mai smettere di masturbarmi con la mano destra, l’uomo toglie la mano sinistra da sopra il mio seno e si tira fuori il cazzo impazzito dalla patta dei pantaloni, mettendolo nella mia mano, in quella mano di troia che, ormai infoiata, inizia un lento quanto inesorabile saliscendi che, con pochi colpi sapientemente assestati, portano l’uomo a schizzarle sulla mano. Ci resto male, questo porco non dura niente! Ma non mi perdo d’animo e mi porto in bocca lo sperma dell’uomo, assaporandolo bene con la lingua, prima di ingoiarlo. Ormai voglio assolutamente raggiungere l’orgasmo ed inarco i reni offrendo la mia fica alle dita masturbatrici del tassinaro. L’uomo, ormai appagato, mi infila fino a quattro dita nella vagina squassata finché, raggiunto finalmente anch’io l’orgasmo accompagnato da insopprimibili gemiti di piacere, non mi sente cambiare ritmo ed emettere un sospiro che mi acquieta, come la calma dopo la tempesta.
Ci ricomponiamo ed il taxi riparte lungo le strade del quartiere. Mi faccio lasciare all’altezza di un civico diverso, a qualche centinaio di metri da dove abito e, mentre il tassista scarica il trolley dal portabagagli, gli metto in mano una banconota da venti euro che l’uomo rifiuta. “Sei stata bravissima, sei ‘na vera zoccola. Se ti va de riprenne er discorso, meglio in un motel, basta che chiami il 3570 e chiedi di Roma69.’Notte bella…”

Prendo il trolley e, barcollando, lo trascino per gli interminabili duecento metri che mi separano da casa.
Entro nell’androne, mi rassetto velocemente davanti allo specchio posizionato di fronte all’ascensore e mando un sms a Dedo: “Sono sfinita ma soddisfatta, domani ti racconto. Buonanotte amore mio. Baci”.
Prendo l’ascensore, dove mi controllo - asciugandole grossolanamente con un fazzolettino di carta - le cosce ancora umide dei miei umori di troia, ed entro in casa dove, a mio marito che mi attende “Lasciami stare, è una giornata da dimenticare. Per concluderla in bellezza il taxi ha forato… Tu vai a letto, io vado a fare una doccia che ne ho proprio bisogno”
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