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Lui & Lei

Back to School


di LadyEternia
22.11.2021    |    4.974    |    5 9.9
"O forse il tuo compagno tergiversa?” La mia risatina si fece più acuta – brava me! Con le sue dita ad accarezzare le mie e i suoi occhi fissi nei miei..."
Quando rimisi piede all’interno di quell’aula, provai uno strano connubio di emozioni. I banchi e le sedie sembravano così piccoli a guardarli ora, eppure, quasi vent’anni prima, costituivano quasi tutto il nostro mondo di adolescenti.
Provai quasi nostalgia ricordando i minuti dell’intervallo passati a chiacchierare proprio lì in mezzo, gli scambi di sguardi tra noi ragazzi, i tentativi un po’ goffi di flirtare inosservati, le mani che si sfioravano appena, le risate sommesse.
L’agitazione che ci pervadeva prima di un compito in classe o di una interrogazione. Le scuse banali inventate sul momento per giustificare un esercizio non fatto a casa. I primi amori, le prime delusioni… le prime infatuazioni per il professore di lettere neo laureato che era arrivato soltanto durante l’ultimo anno.
Quando Manuela entrò nell’aula ci guardammo e scoppiammo a ridere insieme osservando la cattedra e la lavagna. Non ci vedevamo da una vita, ma entrambe ricordavamo perfettamente i primi pensieri impuri confessati durante l’ora di ginnastica.
Tutte le ragazze non facevano che parlare del “professorino”, dei suoi occhi azzurri, del suo sorriso smagliante e dei jeans maledettamente aderenti che fasciavano gambe tornite e un sedere da urlo. L’ora di letteratura e storia era diventata improvvisamente interessante, sebbene spesso interrotta da sciocche risatine o gridolini.

Mentre ci spostavamo verso la palestra, dove si sarebbe tenuto un momento di rinfresco per tutti gli ex studenti, io e Manuela non facevamo altro che ripensare a Paola e al suo goffo tentativo di dare una lettera d’amore al professor D’Amico. Anche Manu ci aveva provato con lui, ma anziché tentar la via della parola, aveva iniziato a flirtare in modo più spudorato affidandosi al suo bel fisico snello e a delle minigonne che sarebbero dovute esser dichiarate illegali per quell’età.
Inutile dire che non venne mai considerata, ma all’epoca provavo un senso di invidia per la sua spudoratezza. Contrariamente a lei, io ero ancora un piccolo anatroccolo in attesa di trasformarmi in cigno. Forse era per questo che andavamo così d’accordo. Non ero un pericolo per lei, né tantomeno mi interessava esserlo.

Fu una voce lievemente baritonale e piuttosto divertita a interrompere il momento “revival” nel quale ci eravamo completamente immerse.
“Signorine, noto con piacere che gli anni non hanno intaccato la vostra simpatia”
Ci girammo contemporaneamente incontrando un bellissimo paio di occhi azzurri penetranti.
Se da giovane il professore era stato un bel ragazzo, l’età l’aveva reso un uomo incredibilmente affascinante e intrigante.
Osservando il suo fisico snello ma definito, le sue mani grandi e curate, mi sentii avvampare istantaneamente, e mi sentii ancora più stupida quando notai che non portava alcun anello all’anulare sinistro.
“Asina, non è che voglia poi dire qualcosa di questi tempi…”, la vocina nella mia testa risuonava tristemente pragmatica e lievemente fuori luogo.

Ci misi un attimo a rendermi conto che Manu stava parlando allegramente con lui, mentre io mi ero persa chissà dove con i miei pensieri. Con una punta di gelosia notai persino che si davano del “tu” e che sembravano stranamente in confidenza.
Faticai a partecipare alla conversazione, mi riscoprii infastidita e mi chiusi nel mio piccolo mondo come sempre.
Verso le 22.30 decisi che era ora di andarmene. La serata aveva preso una piega del tutto inaspettata e non ero più in vena di far festa o ridere e scherzare con gli altri ex compagni di classe.
In fondo, mi avevano reso la vita un inferno e…
E volevo a tutti i costi allontanarmi da quel paio di occhi che incrociavano i miei troppo spesso. Ero a disagio, e non ne comprendevo pienamente il motivo.
Mi mancava soltanto di invaghirmi nuovamente di lui per completare il mio periodo di sfighe sentimentali.

Salutai tutti e feci per andarmene.
Per qualche strana ragione sentii l’impulso di guardare per un’ultima volta quelle quattro mura che avevano segnato così tanto la mia adolescenza. Salii le scale fino al primo piano, svoltai a destra e percorsi nuovamente quei pochi metri che mi separavano dall’aula.
È davvero strano come cambiano le prospettive una volta cresciuti.
Il mio banco era ancora lì nello stesso posto. Sembrava impossibile, eppure era proprio quello. Potevo riconoscerlo dalle iniziali che avevamo lasciato io e Stefano, un simbolo nella nostra amicizia profonda. Le accarezzai con la punta delle dita, sorridendo al ricordo di quando decidemmo di commettere quell’atto “fuori dalle regole”.

“Pensavi di andartene senza salutare?”

Trasalii quando sentii quella voce dietro di me, e automaticamente spostai le dita dalla superficie rovinata del banco mentre mi giravo a incrociare nuovamente gli occhi che mi avevano turbata per tutta la sera.

“Salve prof… io…”

Ottimo! Era sicuramente il momento adatto per un attacco di timidezza! Plausi alla sottoscritta!

“Non sono più un tuo professore, perché non mi chiami per nome? Te lo ricordi almeno?”

La sua risata calda mi colpì come un pugno allo stomaco. Maledizione se era diventato un uomo incredibilmente sexy e intrigante.
Notai appena che si stava avvicinando, lo sguardo fisso su quelle piccole iniziali scolpite nel legno.

“Non ho visto Stefano. Tu e lui state ancora insieme?”

Lo guardai stranita per un istante. Cosa c’entrava Stefano adesso? E perché mai doveva interessargli una cosa tanto frivola?
“Ma per fare conversazione, somara!!” Iniziavo a detestare la vocina nella mia testa. Da quand’è che ne avevo una tanto inopportuna?
Sorrisi un po’ nervosamente prima di rispondere con un colloquiale – o almeno lo speravo – “No, siamo sempre stati ottimi amici, anche se ci siamo persi di vista dopo la scuola.”

Prese la mia mano sinistra tra la sua, portandola vicinissima al volto.

“Non porti una fede… pensavo ti saresti sposata. O forse il tuo compagno tergiversa?”

La mia risatina si fece più acuta – brava me! Con le sue dita ad accarezzare le mie e i suoi occhi fissi nei miei faticavo ad avere pensieri di senso compiuto.
Dovetti schiarirmi la gola un paio di volte prima di poter rispondere, o almeno ci provai perché le sue labbra furono sulle mie prima che riuscissi a completare la frase. Un semplice “No, sono sing…” fu tutto quello che gli servì per baciarmi.

Mi spinse quel tanto che bastava a farmi sedere sul banco e accomodarsi tra le mie gambe, le sue mani mi circondavano il viso tenendolo alzato verso di lui per baciarmi più intensamente, gli occhi dischiusi, fissi nei miei.
La sua lingua si muoveva lentamente, curiosa, assaporandomi con dolcezza e fermezza.
Il languore che sentivo crescere era un’innegabile conferma di quanto trovassi eccitante tutta la situazione e di quanto desiderassi anch’io quel bacio.
Le sue labbra lasciarono le mie per spostarsi sul collo, permettendo alla lingua di guizzare sulla mia pelle calda e giocare con il mio orecchio.

“Desideravo farlo dal primo momento in cui ti ho vista varcare la soglia della scuola…”

La sua voce roca, quel bisbiglio mi provocarono un brivido lungo tutta la schiena. Era così tanto che non mi sentivo così, ma non poteva essere solo frustrazione. Tutto in lui sembrava solleticare qualcosa, ma l’idea di essere scoperti mi frenava.

“Resta qui”

Si allontanò da me, lanciandomi un sorrisetto malizioso prima di andare verso la porta dell’aula per chiuderla a chiave. Non sapevo nemmeno esistessero le chiavi di quel posto, e ancor meno mi aspettavo potesse averle un professore.

“Per quanto potrebbe essere eccitante, non mi piacerebbe venire interrotto da qualche bidello troppo zelante, o da qualche studente nostalgico”

Doveva aver visto qualcosa nel mio sguardo, tipo un punto interrogativo di proporzioni bibliche, perché si mise a ridere mentre tornava da me, giocherellando con la chiave tra le dita.

“Lo ammetto, ho dovuto chiedere un paio di favori per avere queste, ma sono sicuro che ne varrà la pena…”

Mi baciò nuovamente prima di sussurrarmi sulle labbra “Vedi cosa mi fai fare? Dovrei essere un insegnante modello, ma me l’hai reso particolarmente difficile…”

Fissandomi negli occhi mi fece alzare per potermi sollevare la minigonna che indossavo. Le sue mani calde mi accarezzarono le cosce nude, prima di stringere con possessione le natiche.
Non riuscivo a parlare o a fare granché, sembrava tutto talmente surreale… Avrei potuto pensare ad un sogno erotico, e avrei persino potuto congratularmi con me stessa per la quantità di dettagli, ma il suo corpo che spingeva contro il mio mi tenevano ancorata alla realtà.

“Girati… voglio prenderti proprio qui, scoparti contro il muro e ogni volta che farò lezione in questa classe, penserò a te e al tuo sapore dolce…”

Mi ritrovai a fissare la parete e mi scappò un gridolino di sorpresa quando sentii la sua lingua attraverso il pizzo dell’intimo che indossavo. Lode a me per non aver ceduto alla tentazione di indossare le mie mutandine di Harry Potter a favore di un completino nero che avevo adocchiato qualche giorno prima in un negozio.

Non ci volle molto perché avvertissi la sua lingua a contatto diretto con la mia pelle. Ero così bagnata da sentirmi in imbarazzo, ma per nessun motivo al mondo avrei fermato quella meraviglia e le cose deliziose che stava facendo.

“Dio quanto sei eccitante…”

Non fui sicura di aver sentito davvero quelle parole, ma non ebbi alcun dubbio di quanto potessero essere realistiche quando lo sentii spingere per entrare dentro di me.
Il peso del suo corpo sul mio, il caldo respiro sulla mia nuca, le dita che cercavano le mie per incrociarsi in una stretta furono tutto ciò che percepii prima che iniziasse a muoversi.
Spinte lente, profonde, che riuscivano a raggiungere quel punto così speciale che raramente riuscivano a stimolarmi durante un rapporto.

Liberò una mano per voltarmi il viso verso il suo e accompagnare l’amplesso con baci altrettanto intensi e profondi. Il silenzio dell’aula era interrotto soltanto dai nostri gemiti soffocati e dal rumore del suo ventre contro le mie natiche.
Sentivo crescere l’orgasmo dentro di me, ero pervasa da brividi caldi lungo tutto il corpo e dovetti premermi la bocca contro il braccio per evitare di urlare quando esplose…
Tremavo e fremevo ancora quando lo sentii gemere sul mio collo.
Si spostò lentamente, assicurandosi che fossi stabile sulle mie gambe prima di lasciarmi andare.

Realizzai dopo qualche istante che non indossavo più le mutandine e che erano finite sopra quello che era stato il mio banco. Perfetto… non mi ero nemmeno accorta che me le avesse strappate.
Le fissai un po’ perplessa pensando al da farsi, quando con un dito mi sollevò il mento e mi sorrise beffardo.

“Non penserai di indossarle, vero? Non che sarebbe possibile in effetti” – una nuova risata – “ma non credere che abbia finito con te. Stanotte voglio farti mia in tutti i modi possibili…”

Prese il mio intimo dal banco, lo infilò in tasca e mi condusse verso la porta…

Mi misi a ridere scuotendo la testa, prima di guardarlo divertita.
“Sai “prof” … non ero nemmeno convinta di venire stasera. Fortuna che ho cambiato idea…”
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