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La cara zia Delia


di ettoregrem
11.07.2017    |    52.722    |    1 8.1
"- Ci sedemmo in cucina, lei si mise difronte a me e iniziammo a parlare..."
Era da un po’ di tempo che mi perseguitava l’idea di scopare una donna anziana.
Per la verità ero sempre stato intrigato dalle signore più grandi di me, sin da ragazzino le mie zie e le amiche di mia madre avevano popolato i miei sogni e alimentato la mia fantasia.
Ora a quarant’anni suonati, quello che avevo in mente era di farmi una vecchia, proprio una avanti negli anni, una che difficilmente sarebbe stata considerata chiavabile.
Così il mio obiettivo era diventato zia Delia, una signora di ottant’anni.
La chiamavo zia da sempre, anche se, per la verità, si trattava della vedova di un cugino di mio padre. Si erano sposati tardi, non avevano avuto figli e lui, impenitente puttaniere, le aveva fatto fare una vita piuttosto difficile.
Abitavano poco lontano da casa dei miei genitori, spesso mia madre mi mandava a fare qualche commissione dalla zia così, soprattutto d’estate, avevo l’occasione di sbirciare quel corpo maturo attraverso la stoffa leggera di un vestito prendisole.
I capezzoli sporgenti quando non portava il reggiseno, le cosce mentre stava a riposare sulla sdraio in terrazza e le mutande intraviste da sotto il balcone, alimentavano le mie seghe per settimane.
Poi lo zio era morto, io mi ero sposato, separato e gli anni erano passati. Zia Delia abitava ormai da una quindicina d’anni nella villetta con giardino, con la sola compagnia di un cagnolino.
Ogni tanto la incrociavo mentre portava a spasso il cane, un saluto, uno scambio di baci sulle guance e ognuno per la propria strada.
Tuttavia non potevo fare a mano di ammirarla, era sempre stata una bella donna: alta e slanciata, lunghi capelli neri (che ormai erano diventati grigi ma non aveva accorciato) sempre pettinati in modo perfetto, abbigliamento impeccabile.
Nel tempo, ovviamente, aveva perso la freschezza della gioventù ma non il fascino. Era sempre in ordine e profumata, manicure discreta con smalto lucido, scarpe decolté con tacco basso in tinta con la borsa.
Non era ingrassata ma si era leggermente irrobustita, i fianchi si erano fatti un po’ più ampi, il seno più cadente ma più generoso, le gambe (di cui serbavo memoria) erano sempre slanciate ma appena un po’ più tornite, il suo viso era più rugoso ma manteneva una bellezza severa, labbra sottili e fronte spaziosa, ed un sorriso dolcissimo che le illuminava gli occhi.
Nel complesso non dimostrava la sua età, pareva per lo meno una decina d’anni più giovane.
Si trattava di una parente, amica dei miei e della mia famiglia, ben conosciuta in paese, quindi Il mio piano per portarmela a letto doveva essere strutturato in modo tale da non destare sospetti, dovevo trovare il modo di lanciare l’amo e avvicinarmi a lei senza farle capire il mio scopo ultimo fin quando sarebbe stato troppo tardi.
Sapevo quando, la sera, avrebbe portato il cane a passeggiare: spesso la incrociavo andando a correre. Così per qualche giorno cercai di creare le condizioni per l’incontro fortuito.
Dopo un paio di tentativi andati a vuoto, finalmente, una sera di fine estate la incrociai.
Era bella come sempre, indossava un paio di bermuda bianche, una polo giallo chiaro, sandali bianchi con una bassa zeppa di sughero e sulle spalle un golf di cotone perché iniziava a rinfrescare.
La mia attenzione era calamitata dalle gambe abbronzate, dalle unghie dei piedi smaltate color cipria e dalle tettone che tendevano la stoffa sottile della maglia.
- Ciao zia! –
- Ciao Ettore, come stai? –
- Bene, bene… grazie, tu? –
- Come sempre, dai… non mi lamento…-
Mi chinai a fare una carezza e un po’ di complimenti al cane per rompere il ghiaccio, l’animale iniziò a scodinzolare felice e lei mi regalò uno dei suoi amabili sorrisi.
- Zia era un po’ di tempo che volevo chiederti una cosa…-
- Dimmi –
- Sai… nel tempo libero mi piace scrivere… così per passatempo…-
- Ma davvero? In effetti tua mamma non me l’aveva detto…-
- Già, perché non è niente di importante… solo un hobby, però mi sono iscritto ad un concorso per il quale ho in mente una storia… un breve racconto… e mi servirebbe il tuo aiuto…-
Lei mi guardò incuriosita, piegando il capo:
- Il mio aiuto? Per cosa? –
- Vedi, il racconto è ambientato in una scuola… i protagonisti sono un gruppo di insegnanti… nel periodo in cui insegnavi tu…-
- Davvero? –
- Si… come ti dicevo non è niente di pretenzioso… ma la storia mi sembra carina, potrebbe venire bene… ecco mi servirebbe che tu mi raccontassi un po’ il contesto… una chiacchierata per mettere a fuoco l’atmosfera, i particolari, eccetera…-
Lei sorrise ancora:
- Ma certo! Lo faccio volentieri, è una cosa molto bella…-
- Ok, beh, grazie allora… Dimmi tu quando vuoi che passi da te, quando hai un po’ di tempo, insomma, porto il blocco appunti e ti faccio qualche domanda…-
- Guarda, caro, di tempo ne ho un sacco… Questo fine settimana vado a fare un po’ di villeggiatura alle terme. La settimana prossima… chiamami martedì, che lunedì disfo i bagagli e faccio ordine, così ci mettiamo d’accordo. –
La ringraziai e la salutai. Ero un po’ contrariato: aveva abboccato all’amo, ma non con l’entusiasmo sperato. Il nostro appuntamento era fissato un tantino troppo in là nel tempo, avrei sperato in una risposta più entusiasta, tipo “Certo! Stasera a casa mia!”, invece mi aveva trattato con una sorta di cordiale distacco.
Non avevo intenzione di demordere ma, probabilmente, essere troppo pressante non mi avrebbe aiutato. Così, anziché telefonarle il martedì successivo, mi feci sentire solo giovedì.
- Pronto?-
- Ciao Zia, sono Ettore.-
- Ciao Ettore, tutto bene?-
- Benissimo, grazie. Il tuo weekend alle terme?-
- Bene, molto bello, grazie…-
- Scusa se ti chiamo solo ora, so che mi avevi detto di telefonarti martedì… ma il lavoro, sai…-
- Ma non c’è problema, figurati…-
- Ecco… ti ricordi? Ti avevo chiesto un po’ di tempo per quella chiacchierata per raccontarmi del tuo ambiente di lavoro?-
- Certo che mi ricordo! Anzi, mentre ero alle terme ho fatto mente locale… mi sono anche segnata degli appunti…-
Fantastico: mi aveva preso sul serio e sembrava sinceramente entusiasta.
Fissammo l’appuntamento per il pomeriggio del sabato successivo, sarei andato a prendere un te a casa sua e avremmo parlato. Il mio piano era vivo e vegeto.
Il giorno dell’appuntamento piovigginava e faceva freschino: l’estate stava finendo rapidamente.
Parcheggiai davanti a casa sua e suonai al campanello. Il cuore mi martellava nel petto, incredibile, mi sentivo un adolescente a uno dei suoi primi appuntamenti.
Zia Delia mi aprì, indossava un maglioncino scollato a V che lasciava intravedere una porzione di decolté ancora abbronzato, una gonna grigia al ginocchio con un grembiule a quadretti, collant color carne e un paio di ciabattine aperte, da casa. Aveva i capelli raccolti in uno chignon, gli occhiali da lettura con una catenina, profumava di cannella. Era adorabile.
- Ciao Zia… come sei elegante…-
Lei parve sinceramente stupita del commento, sorrise:
- Ma grazie… non è niente di che… ho preparato dei biscotti… Entra pure.-
Ci sedemmo in cucina, lei si mise difronte a me e iniziammo a parlare.
Non sono un dongiovanni ma ho avuto parecchie donne, certo non sono brutto, ma nemmeno un adone. Penso che il segreto del mio successo stia tutto nel metterle a proprio agio, e ho realizzato che il miglior sistema per mettere a proprio agio una donna è ascoltare con interesse quello che ha da raccontare.
Così feci. Zia Delia era una anziana donna che viveva sola da molti anni, e anche prima, quando era vivo mio zio, non è che ci fosse un grande dialogo: non vedeva l’ora di essere ascoltata.
Dopo un’oretta di chiacchiere sulle sue vecchie scuole, sui presidi e sui colleghi, servì il tè.
Sedendosi di nuovo al tavolo prese una sedia diversa. Ora non mi stava più di fronte, ma di lato.
Mentre raccontava, le scrutavo discretamente la curva del seno, le gambe accavallate ed il piede che faceva dondolare la ciabatta.
I biscotti erano deliziosi, lei pure.
La zia, ora, era molto più sciolta. Raccontando un aneddoto che rammentava divertente, esplose in una risata sincera che le arrossò il viso, facendola ridere sino alle lacrime. Ricomponendosi la vidi prendere il tovagliolo per farsi aria, ansimando, nel contempo scavallò le gambe serrandole strettamente.
- Oddio… che risata… ha ha ha!- Mi guardava ridendo ancora.
Poi alzandosi rapidamente:
- Scusami un istante… vado a darmi una rinfrescata…-
Così se ne uscì dalla cucina in direzione del corridoio, chiudendo la porta dietro di sé.
Se il mio istinto non mi ingannava, le risate, complice il tè, le dovevano aver causato un piccolo incidente urinario che, da vera signora quale era, si sarebbe rapidamente preoccupata di rimediare.
L’idea me li fece diventare duro come il marmo.
Cercando di non fare alcun rumore aprii la porta della cucina e mi introdussi nel corridoio.
Nell’ambiente buio filtrava una lama di luce da sotto la porta del bagno. Udii uno sciacquone e poi lo scorrere dell’acqua di un rubinetto.
Rapido e silenzioso incollai l’occhio alla toppa della serratura. Non avevo una visione perfetta, per colpa della sfortunata posizione del lavandino, ma riuscivo ad intravedere la zia seduta sul bidet con le gonne arrotolate che si stava lavando.
Nel rialzarsi riuscii a scorgere il profilo delle sue chiappe bianchissime ed il segno del costume.
Senza nemmeno accorgermene avevo iniziato a strofinarmi l’uccello attraverso i pantaloni.
Tornai in cucina e attesi.
Di lì a poco zia Delia rientrò, stava ancora sorridendo, l’incidente non le aveva tolto il buonumore.
- Scusami… dicevamo…-
Riprese a parlare, ma ora non riuscivo più a seguirla: l’immagine di lei sul bidet occupava interamente la mia immaginazione. Inoltre mi ero accorto che si era cambiata i collant: avevano lo stesso colore, ma li avevo osservati troppo attentamente durante il pomeriggio per non notare che sulla punta del piede destro ora si trovava una smagliatura rammendata che sul paio indossato prima non c’era.
Dopo un quarto d’ora, per non insospettirla, chiesi:
- Zia, perdonami… posso andare un secondo in bagno? –
- Certo, fai pure! –
Entrato nella stanza mi sentivo come un cacciatore prossimo alla preda. Notai un contenitore di plastica con coperchio in un angolo vicino alla vasca, lo aprii e bingo… appallottolati insieme trovai collant e mutande.
Rapidamente li distesi. Il collant era asciutto sul tassello al cavallo e lo odorai tutto… dai piedi in su.
Le mutande erano un semplice paio di cotone bianco, alte, da vecchia, ma erano umide. Le portai al naso e l’odore mi entrò nel cervello come una scarica elettrica: acre, muschiato, erotico oltre ogni dire.
Tirai fuori il cazzo prima che mi scoppiasse nei pantaloni, mi masturbai furiosamente inalando quelle fragranze e schizzando nel lavandino.
Alcuni minuti più tardi rientrai in cucina. Fuori era buio, la zia aveva acceso la luce.
- Scusa zia, eccomi di ritorno. –
- Figurati… - Sorridendo e guardandomi dal basso, mentre sorseggiava il tè dalla tazza che si doveva essere riempita nuovamente durante la mia assenza, aggiunse - …era tanto che non ridevo così… è bello parlare dei vecchi tempi…-
Poi guardò fuori:
- Ma se stai ad ascoltare una vecchia come me non te la cavi più… mamma come s’è fatto tardi… io ti ho tenuto qua tutto il giorno, scusami…-
- E di che? Ascoltare le tue store è stato divertentissimo… oltre che utile per il mio racconto… io resterei qui tutta la sera, sei una compagnia eccezionale…-
Il complimento aveva fatto effetto, la vidi arrossire come una ragazzina, non me lo aspettavo. Proseguii:
- Piuttosto sono io che mi devo scusare, è tardi e ho monopolizzato la tua giornata, avrai da fare…-
- Cosa vuoi che abbia da fare, solo prepararmi la cena…-
- Beh allora ti lascio fare in tranquillità. Stasera non ho impegni, magari metto un po’ d’ordine negli appunti che ho preso… Se avessi altre storie, aneddoti… sarei felice di sentirli…-
- Ne ho un’infinità! –
Poi come se fosse stata colpita da una rivelazione mi disse:
- Se ti accontenti di una pasta veloce, resta a cena… ti racconto un paio di altre cosucce… che dici? –
- Mi piacerebbe… non vorrei disturbare…-
- Nessun disturbo, è un piacere! –
- Almeno permettimi di aiutarti… -
- Lascia stare… beh, se proprio vuoi… potresti apparecchiare la tavola…-
Zia si alzò, io la seguii.
Continua.
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