Prime Esperienze

Oleksana


di Ostrica
25.11.2023    |    7.912    |    3 9.6
"Avvertii intorno tessuti morbidi ed elastici che si facevano sempre più turgidi al passare della mia mano..."
Oleksana aveva appena vent'anni.
Suonò al citofono di casa della nonna in una giornata piovosa e fredda del mese di febbraio.
La nonna abitava a Milano, era la classica nobildonna meneghina vissuta nell'agio che le origini familiari le avevano consentito di mantenere nel tempo.
Ormai aveva più di novant'anni, incapace di occuparsi di sé stessa finanche nelle più semplici operazioni personali.
Mio padre non poteva consentire , soprattutto agli occhi degli altri, che sua madre capitolasse nell'abbandono e nella solitudine che spesso sono la condanna a morte delle persone anziane.
Grazie ad un agenzia di collocamento di colf e badanti era riuscito ad assoldare una dama di compagnia per la nonna: notte e giorno, come si addice ad una persona che ha bisogno di un'assistenza continua ed affidabile.
Oleksana era stata la candidata prescelta.
L'agenzia interpellata aveva contatti diretti con la ex Jugoslavia.
La guerra, la condizione di precarietà, la necessità di provvedere al sostentamento familiare in sostituzione degli uomini impegnati al fronte contro i Serbi, avevano quintuplicato in brevissimo tempo l' offerta di lavoro da parte delle donne croate.
Un lungo viaggio durato ben 48 ore (mi racconterà più tardi la stessa Oleksana) l'aveva dunque portata a Milano, pronta a mettere a disposizione di un'anziana signora la sua esperienza di infermiera e di collaboratrice familiare.

Quel giorno avevo accompagnato papà dalla nonna proprio per accogliere la nuova presenza e curarne la sistemazione nella stanza che era stata sempre destinata al personale di servizio.
Andai ad aprire la porta, mi trovai davanti ad una ragazza dagli abiti dismessi, che - sprovvista dell' ombrello- grondava acqua da tutte le parti.
" Accomodati, poggia pure la valigia qui", le dissi scandendo bene le parole in italiano affinché la stessa mi comprendesse.
Si fece avanti, timida ed insicura, guardandosi intorno con la stessa curiosità di un bambino che osserva basito la giostra di un lunapark.
La feci sistemare nella sua camera, invitandola ad asciugarsi e a cambiarsi d'abito in modo che fosse adeguata e presentabile al cospetto della nonna e di mio padre.
Trascorsero circa venti minuti, poi comparve davanti a noi che eravamo nel salone circondato dagli arazzi e dall' argenteria.
Era diversa rispetto a poco prima.
Sembrava più distesa, volto luminoso, gli occhi azzurri come il cielo brillavano circondati da capelli biondi.
Era esile, magra, ma con un gran culo e delle poppe piccole ma invitanti.
La presenza della nonna l'aveva ulteriormente intimidita, ma si sentì rassicurata dalla mia vicinanza e ( forse) dalla mia giovane età.
Avevo compiuto da poco i 16 anni, ma ne dimostravo di più per via del fisico sportivo grazie al nuoto che papà mi aveva costretto a praticare fin da quando avevo 4 anni.
Nei giorni successivi andai a trovare la nonna più spesso del solito.
Papà si era raccomandato di andare a verificare che tutto andasse liscio e che dunque le esigenze della nonna fossero completamente soddisfatte dalla nuova badante.
In casa come al solito era tutto in ordine.L' odore della cera appena passata sui pavimenti aveva impregnato tutto l'appartamento. La camera di Oleksana in fondo al corridoio aveva la porta aperta.
Lei non mi aveva sentito, nè io avevo bussato alla porta.
Papà mi aveva dato le chiavi raccomandandomi di entrare silenziosamente ed inaspettatamente, proprio per controllare con l'effetto sorpresa.
Oleksana non era in camera, stava facendo la doccia.
Me ne accorsi oltre che dal rumore dell' acqua che scorreva proveniente dal bagno anche dalla sua ombra che si intravedeva attraverso il vetro opaco che occupava la porta nella sua parte superiore.
La figura era sinuosa, si muoveva lentamente, abbassandosi e poco dopo comparendo di nuovo nella prospettiva del vetro.
Immaginavo che si stesse insaponando, accarezzandosi con le mani e la schiuma, prima le braccia, poi le ascelle, poi ancora i seni ed i capezzoli.
La schiuma prodotta dal sapone sarebbe evidentemente scesa, accompagnata dall'acqua nel suo percorso verso il suo pube.
Me lo immaginavo con una leggera peluria, non dunque completamente rasato, disegnato ( come natura vuole) come un triangolo, la cui base corrispondeva alla sua parte superiore e la cui punta sarebbe coincisa con l'inizio della vulva.
"Che fai lì imbambolato?!" , mi urlò all'improvviso la nonna, distogliendomi lo sguardo dalla porta del bagno e destandomi da quella fantasia erotica che immaginava Oleksana nuda sotto la doccia.
Imbarazzato mi girai verso la nonna, tentai a mala pena di nascondere l'erezione che mi era venuta nel mentre fantasticavo sul corpo della fanciulla croata.
" Nulla nonna, ero sovrapensiero", dissi con tono sicuro e convincente.
Nel frattempo la chiave della porta del bagno fu girata, Oleksana uscì in accappatoio, capelli raccolti, dirigendosi verso la sua stanza , lasciando dietro di sé un profumo di Argàn che ho ancora impresso nelle narici.
Passando davanti a me mi sorrise, senza proferire parola.
Era timida, forse più di quanto lo fossi io, ma non so perchè qualcosa mi diceva che non disdegnava la mia presenza e soprattutto il mio aspetto.
( Ne avrei avuta poi conferma nelle settimane a seguire).
Erano passati 4 mesi dal quel giorno di febbraio in cui accogliemmo Oleksana nella nostra famiglia.
La nonna era molto soddisfatta dei suoi servigi ed io avevo di parecchio intensificato le mie visite a casa sua.
Ormai Lei ed io eravamo diventati amici, la familiarità e la confidenza con cui parlavamo e scherzavamo si era sorprendentemente consolidata.
Mi raccontava della sua vita in Croazia, del suo fidanzato, del suo amore per gli animali.
Tapàc lo aveva conosciuto sui banchi di scuola, avevano trascorso insieme pubertà ed adolescenza ed ora, a vent'anni suonati, progettavano di costruirsi una vita insieme.
L' invasione delle truppe Serbe nella Zupania di Osijek aveva costretto molte famiglie ad abbandonare la propria casa ed i giovani maschi all'arruolamento nell'esercito croato per difendere la Patria.
Tapàc era perciò al fronte.
Si erano visti ( e salutati) l'ultima volta a Natale del 1993 , dunque un mese e mezzo prima che Oleksana salisse sul bus che l'avrebbe condotta in terra lombarda.
Oleksana mi parlava spesso di lui, era evidente che gli mancava.
Qualche volta addirittura mi raccontava di quando facevano l'amore.
All'inizio mi sentivo imbarazzato, ma poi subentrarono in me sentimenti contrastanti; alternavo infatti momenti di gelosia a momenti di eccitazione.
I racconti di Oleksana erano talmente vividi e lucidi che mi sembrava quasi di partecipare ( sia pure come spettatore passivo) ai loro incontri d'amore.
Solitamente si appartavano in una casa abbandonata nella campagna croata.
Fra e me me pensavo che d'estate sarebbe stato pure piacevole, ma d'inverno come facevano?
Oleksana ormai sapeva leggermi nel pensiero ed anticipò la mia domanda.
" Noi fare amore davanti a cammino", mi disse nel suo italiano stentato e pieno di errori.
Scoppiai in una sonora risata.
" camino" non " cammino" , subito la corressi.
Ella annuì.
Mi immaginavo quei due corpi avviluppati l'uno all'altro nella gelida foresta croata, davanti allo scoppiettio di qualche ciocco di legno trovato abbandonato fuori alla catapecchia di turno.
Tapàc ci sapeva fare. Oleksana mi diceva che con lui si sentiva una vera donna, capace di lasciarsi andare ai più sensuali piaceri che solo il sesso sa regalare.
Gli incontri avevano una regolarità costante; solitamente scopavano un paio di volte a settimana.
Lui le mordicchiava le orecchie, lei si eccitava poi gli metteva la mano sulla patta.
Il suo membro già duro e pronto ad emergere dalle profondità dei boxer trovava facile strada quando Oleksana lo prendeva fra le sue mani.
Dapprima su e giù all' interno della mutanda, poi quando i suoi umori avevano garantito la giusta lubrificazione alla cappella incandescente lei passava al rapporto orale.
Si abbassava lentamente, la bocca lo accoglieva desiderosa e affamata; strumenti le labbra e la lingua che come in un' orchestra -suonando all'unisono- si abbandonavano ai più sensuali movimenti sulla cappella ed ancor di più sul suo frenulo.
Ogni volta che la lingua passava sulla zona più sensibile della cappella, Tupàc inarcava le reni ed accompagnava tale mossa assecondandola con un analogo movimento del bacino.
E così accadeva spesso che quel che si sarebbe dovuto consumare in figa finiva per esaurire i suoi effetti ed effluvi nella bocca di Oleksana.
Ella, mi diceva, non disdegnava affatto il suo seme, anzi, spesso preferiva assistere a quell'esplosione di piacere in bocca piuttosto che subirla passivamente all'interno della vulva, magari protetta dall' uso del profilattico, che le impediva di assaporare il frutto del piacere maschio.
I suoi racconti provocavano in me, giovane adolescente, un turbinio di sensazioni contrastanti.
Da un lato la mia fantasia correva veloce alle immagini di quei due corpi pieni di desiderio e di concessione reciproca, così determinando belle erezioni e fuoriuscite di viscido pre cum all'interno degli slip e dei pantaloni.
Dall'altro nutrivo una profonda gelosia alternata ad una pertinace invidia verso colui che aveva potuto possederla, mentre io potevo soltanto fantasticare.
Spesso mi capitava di andare in bagno e di frugare nella cesta dei panni sporchi posta accanto alla lavatrice per cercare la biancheria di Oleksana.
Da buon adolescente avevo l'occhio clinico ed il naso affinato. Come un cane da tartufo individuavo subito il feticcio che avrebbe soddisfatto la mia fantasia e soprattutto consentito la giusta (e ben meritata) sega del momento.
A volte si trattava di un paio di collant neri altre di un paio di slip colorati, ma sempre avevo la possibilità di annusare in situ, verificando così quale odore intimo avessero lasciato le grandi labbra del sesso di Oleksana che poco prima avevano toccato quel tessuto, impregnandolo di umori femminili.
Purtroppo il desiderio inquieto e la foga giovanile erano talmente alti che gli schizzi di sperma intervenivano dopo pochissimi colpi di mano, lasciandomi comunque appagato per quell'operazione liberatoria sia pure consumata in maniera veloce e nascosta.

Una mattina la nonna cadde, una banale scivolata sul Kilìm che era in salone:
" Rottura del femore" fu la diagnosi riportata nella radiografia.
Una veloce corsa al Galeazzi-Sant'Ambrogio, poi l'intervento di protesi all'anca ed infine la riabilitazione.
In circa tre settimane ella fu di nuovo in piedi, anche se inevitabilmente claudicante ma sotto la vigile ed attenta sorveglianza della nostra Oleksana.
La scuola era ormai terminata, decisi così insieme ai miei che per qualche mese avrei soggiornato dalla nonna per tenerle compagnia ed aiutare Oleksana nel disbrigo di alcune faccende domestiche da tenere all'esterno.
Mi sistemai così in quella che un tempo era stata la camera di papà e di zio Giacomo, suo fratello.
La stanza, appena confinante con quella di Oleksana, ben si adattava alle mie esigenze di adolescente.
Luminosa e silenziosa quanto poteva bastare, un pò in disparte rispetto al resto dell'appartamento e, non meno significativo, aveva un bagno interno alla stessa.
Insomma non avrei potuto desiderare di più.
Quell'estate del '94 fu torrida.
Nonostante la nonna abitasse in un vecchio edificio ottocentesco con i muri in tufo, l'isolamento termico di tale materiale era pressoché inefficace contro la calura.
Dormivo pertanto con la finestra e la porta della camera aperte, nell'illusione che qualche refolo di vento durante la notte potesse rendere il sonno meno disturbato.
Una notte fui costretto ad alzarmi, ero tutto bagnato di sudore e gli slip bianchi che indossavo erano diventati quasi trasparenti.
Mi diressi verso la cucina, un bel bicchiere di acqua di frigorifero mi avrebbe sollevato dal disagio appiccicoso creato dalla calura umida milanese.
Di ritorno dalla cucina passai davanti alla camera di Oleksana.
Anch'ella come me dormiva con la porta aperta, ma la finestra e le imposte erano semichiuse.
Mi diceva sempre che la luce le disturbava il sonno, preferiva così sopportare un pò di caldo in più pur di non avere il pensiero che al mattino presto i raggi del sole le potessero entrare negli occhi.
Era distesa sul letto, chiaramente dormiva, non avvertì in un primo momento la mia presenza.
Indossava delle mutandine di raso e una leggera e trasparente canottiera di cotone con le spalline.
Mi introdussi furtivamente nella stanza, evitando il più possibile di fare rumore e soprattutto di far scricchiolare il parquet che era sistemato nelle camere da letto.
Mi avvicinai per osservarla più da vicino, per sentirne l'odore, per tentare di scrutare (nel buio) ciò che nemmeno un gatto sarebbe stato in grado di vedere.
Nel mentre, un pò con il timore di essere scoperto un pò con l'audacia che poteva accompagnare la scoperta di un adolescente, il pisello nella mutanda mi si drizzò in un attimo.
Adoperavo sempre slip abbastanza stretti, abitudine di chi pratica sport e ha bisogno di mantenere e contenere i testicoli.
Fu pertanto evidente che la cappella gonfia ed il cazzo duro ormai occupavano tutto il lato sinistro dello slip.
Infilai una mano nel tentativo ( vano) di aggiustare il membro, in modo che assumesse una posizione più comoda e per me piacevole.
Ma appena infilai la mano improvvisamente ne sentii un'altra che mi fermò.
" Ci penso io", disse sotto voce Oleksana.
Rimasi per un attimo sbigottito, mi aveva scoperto, ma al tempo stesso voleva condividere il piacere della mia erezione.
Iniziò così a masturbarmi al buio col cazzo ancora nella mutanda.
Quando la cappella fu sufficientemente lubrificata di pre sperma ella lo tirò fuori e si lanciò affamata sul pisello.
Non avevo mai provato una sensazione simile: una bocca calda accoglieva il mio pene di giovane adolescente.
Feci parecchia fatica per evitare di interrompere quei movimenti libidinosi, ma alla fine dovetti assecondare la natura e consentire al seme di fuoriuscire, sia pure al di fuori della sua bocca.
Ricordo che avvertii il rumore delle gocce di sperma che caddero sul parquet.Mi girai imbarazzato,corsi nella mia stanza con il cuore a mille ed il pisello bagnaticcio del regalo appena donato.
Quel primo ed inatteso incontro non fu l'unico.
Trascorsero tuttavia diverse settimane prima che la passione che Oleksana voleva reprimere , esplodesse in tutta la sua sensualità.
Profondi sensi di colpa infatti la colpivano: l'idea di tradire il povero Tupàc al fronte la lacerava; ma non avrebbe potuto tenersi lontana dal desiderio del membro ancora per molto.
Mi osservava languida e sensuale, segno evidente che i tempi per il rapporto completo erano ormai maturi.
Io, giovane ragazzetto, non potevo certo togliermela dalla testa , alla fine cedette.
Fu lei a prendere l'iniziativa, probabilmente mossa dal fatto che la scuola sarebbe iniziata di lì a qualche settimana e , dunque, avrei fatto ritorno a casa dei miei genitori.
Era di pomeriggio, la nonna era abituata a fare il suo riposino per un paio di ore, per cui non avrebbe disturbato.
Mi trovavo in camera mia sul letto, indossavo maglietta e pantalone del pigiama.
Non avevo slip, volevo riposare comodo.
Oleksana si affacciò alla mia porta, mi sorrise dolcemente ed io allora capii che l'occasione era giunta.
Mille dubbi ancora mi attanagliavano, non avevo neppure preparato precauzioni, tanto lontano ed inverosimile mi apparve quel mio primo rapporto.
Oleksana mi venne accanto sul letto, aveva leggins blu e maglietta.
Ricordo che iniziai ad accarezzarla sulle gambe mentre ci baciavamo.
Il mio pisello si fece durissimo in un attimo, lei pronta ad averne conferma mi passò la mano sulla patta del pigiama.
Mi scorreva dolcemente il palmo della mano nella parte inferiore della cappella, quella per noi maschietti più sensibile.
Sapeva esattamente cosa fare, con Tupàc gli incontri erano stati già numerosi e la verginità persa da tempo.
Le passai lentamente la mano in maniera obliqua in mezzo alle gambe.
Non avevo mai toccato il fiore della vulva, per cui era tutto nuovo, ma al tempo stesso naturale.
Introdussi la mano all'interno dei leggins e poi degli slip, accarezzandole il pube appena riccio e peloso.
Insinuai quindi le dita più giù e fu tutto una scoperta.
Oleksana iniziò a muoversi allo stesso ritmo con cui io le infilavo il dito medio nella vulva.
Avvertii intorno tessuti morbidi ed elastici che si facevano sempre più turgidi al passare della mia mano.
Ella iniziò a lubrificarsi, me ne accorsi perché le dita che avevo affondato nella sua intimità si bagnarono di una sostanza calda, trasparente e gelatinosa.
Nondimeno il mio pisello era anch'esso pronto per il suo primo viaggio verso l'ignoto.
Avevo il cazzo di fuoco, la cappella rossa ed incandescente pronta a gettarsi a capofitto nel tunnel del piacere.
Mi abbassai velocemente i pantaloni del pigiama, poi le feci togliere il fusò ed ebbi campo libero.
Le sue tettine erano diventate improvvisamente turgide anch'esse, testimonianza della straordinarietà della natura femminile durante l'eccitazione.
Le leccai per un attimo i capezzoli, ella si voltò dall'altro lato quasi imbarazzata da quel gesto per me innocente.
Mi abbassai, quindi, verso le sue parti intime e con le dita allargai la vulva affinché la mia lingua potesse fare il resto.
Il clitoride era ormai diventato sensibilissimo.Ad ogni passata intorno ad esso Oleksana affannava il respiro ed assecondava la mia lingua con il movimento del suo bacino.
Per me era tutto nuovo. Pensavo alla straordinarietà di due corpi diversi che diventano un tutt'uno.
Provavo piacere alimentato dal fatto che le provocavo piacere.
Era una spirale di respiri affannosi e movimenti di bacino.
Potevo ora possederla.
Iniziai a strofinare la parte inferiore del pisello sulla peluria del suo pube.
Il frenulo a contatto con i peli ricci era ancora più sensibile e lubrificava sempre di più il membro.
Una scia di pre cum argenteo si vedeva sul suo pube.
Capì così che era pronta ad accogliermi.
Fu semplicissimo. Il mio pisello di 20 cm si fece strada da solo, non dovetti spingere e forzare più di tanto.
Ebbi la stessa sensazione che si può provare affondando un dito in un panetto di burro appena lasciato fuori dal frigorifero.
I movimenti di bacino che entrambi facevamo erano l'uno l'esatto contrario dell'altro, io spingevo ed il suo ventre si contraeva in maniera opposta.
Spettacolo della natura!
Ero ormai abituato a controllarmi , per cui quella prima volta durai abbastanza.
Sapevo che nel momento in cui lo sperma avrebbe dato segni che stava per fuoriuscire, avrei dovuto interrompere per qualche istante lo scivolamento del pisello nel tunnel e , perciò, fermarmi.
Così feci diverse volte.
Non so dire esattamente quanto tempo durò questa mia prima volta, so soltanto che quando non potetti più trattenermi mi venne quasi spontaneo sfilare il pisello fuori.
Un fiotto caldo e biancastro le inondò la coscia.
Rivoli di seme gocciolarono sul lenzuolo.
Oleksana rimase immobile per un istante, poi mi accarezzò la nuca quasi a ringraziarmi di quel dolce piacere che lei aveva quasi dimenticato.
Dopo una settimana la nonna ci lasciò, un ictus durante la notte non l'aveva (per fortuna) fatta soffrire.
Accompagnammo Oleksana al terminal di Milano Lampugnano per farla salire sul bus che l'avrebbe ricondotta in Croazia.
Non ci incontrammo più, ma sempre intenso e memorabile è rimasto nella mia mente il ricordo di quella mia prima volta.





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