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Scambio di Coppia

Chi si scambia gode! (Prima parte)


di Salina
20.04.2024    |    6.012    |    7 9.8
"“Però lo consumiamo sul divano, cosa ne dite?” Agnese si spostò sul comodo divano letto e spalancò le gambe, offrendoci la vista del suo sesso umidiccio di..."
***************** Il racconto che segue è un primo esperimento narrativo, seguitelo per saperne di più ************************
*** I fatti narrati potranno apparire surreali, che è l'unico modo per far accadere cose che non potrebbero accadere altrimenti***

Come avete trascorso lo scorso carnevale? Noi eravamo a casa di Carlo e Agnese. Agnese è la zia di Luca, il mio ragazzo, e ci aveva promesso un pranzo speciale; un risotto e il coniglio al forno. Carlo è il suo compagno da dieci anni ormai, praticamente uno zio acquisito per Luca, un po' come Agnese lo è diventata per me. Io mi chiamo Angela. Vi pare buffo che una coppia di giovani diciottenni decida di trascorrere le proprie serate in compagnia della vecchia zia di lui? Forse, chi non conosce Agnese potrebbe avere ragione, ma anche a loro posso assicurare che Agnese è tutto tranne che vecchia, noiosa e per ricordarsi che è sua zia bisogna anche un po' sforzarsi. Per completare queste presentazioni non si può non fare riferimento alle tettone della cara sorella di mia suocera, una quarta almeno! Da sempre ci è vietato ad entrambi di chiamarla zia e, in effetti, non verrebbe tanto spontaneo rivolgersi così a quella peperina che, quando quasi ogni volta che la andiamo a trovare, gira per casa in vestaglia senza reggiseno, tanto noi “siamo di famiglia” ... l’ammirazione per ogni spallina abbassata o inarcamento per lavare a terra è ciò che univa maggiormente il mio ragazzo a Carlo.... Ma, tutto sommato, fin qui non ci sarebbe nemmeno nulla di troppo strano, non fino a quella sera di carnevale, appunto.
La cena era nel forno e Luca si apprestava ad aprire una bottiglia di vino per la gioia di Carlo, l’altra cosa in comune che aveva unito tanto il nuovo zio a suo nipote era il trascorso di sbronze in compagnia. Il televisore era acceso su un canale di sport; ma non c’era la partita, era soltanto uno stupido programma di intrattenimento, dove sedicenti critici sportivi si prendevano a botte a causa di enormi divergenze di vedute su questioni decisamente irrilevanti. Rompemmo la noia di quel programma con un bicchiere e poi con un altro. I primi a risentire di quell’alcol a stomaco vuoto furono proprio zia e nipote.
“A carnevale ogni scherzo vale. Giusto?” esordì Luca mentre io e Carlo lo guardavamo perplessi. Solo Agnese sembrava assecondarlo. “Giusto!”
“Quindi se confesso ora, qui, davanti a tutti che tu sei stata un sogno erotico della mia adolescenza, non te la prendi. Giusto?”
“Giusto!” rispondemmo questa volta io e Carlo, divertiti per l’assurdità dell’affermazione.
Per quanto assurda nei modi, l’affermazione di Luca era più che comprensibile. Avevo sempre pensato, con una punta di invidia e ammirazione, che quelle due tette da milf facevano concorrenza alle mie di nemmeno ventenne. In più le sue battutine e i doppi sensi che si scambiava palesemente con il compagno, la rendevano un tipo poco impostato, che non avrebbe certo biasimato chi su quelle tette ci ricamava fantasie. E anche con il nipote si era sempre mostrata bella e disinibita.
Agnese, a quella frase e alla nostra approvazione, scoppiò a ridere prima di rincarare la dose: “Me lo ricordo quel periodo. Quattro o cinque anni fa, alla casa al mare… ecco perché rimanevi sempre troppo in bagno...” E, continuando a ridere, fece verso di noi un esplicativo gesto con la mano a simulare una sega. “A carnevale ogni scherzo vale, quindi mica te la prendi. Giusto?”. La risposta per le rime di Agnese scatenò altre grosse risate di tutti, anche di Luca che è sempre stato un tipo un po' riservato magari, ma di certo non permaloso. “Non me la prendo perché è vero, ma il fatto di non essere riuscito a vederti le tette non me lo perdonerò mai. E ora, se vuoi scusarmi, devo proprio andare in bagno per colpa tua”.
“Non sarai mica venuto qui per tirarti una sega!” lo rimproverò bonariamente sua zia prima di precederlo e chiudersi nel bagno del loro piccolo monolocale. Dopo dieci minuti abbondanti, la porta del bagno si spalancò e Agnese era completamente nuda, eccezion fatta per una mascherina sul viso, una mascherina nera dai tratti felini, con tanto di lunghi baffi e due lunghe piume di un verde scarabeo. Si mise in posa da pin-up esultando con un goffo “ta-dan!”. Nella stanza calò uno strano imbarazzo; vedere Agnese nuda, sulla porta del bagno, era la cosa più improbabile a cui tutti e tre potevamo pensare di assistere. Eppure, era lì, con quei fianchi larghi, i seni abbondanti, le cosce generose e i capelli crespi di un rosso intenso.
“Agnese, ti senti bene?” le domandò Luca, smorzando una risata.
Questo fatto, che potrebbe risultarvi alquanto bizzarro, ha in realtà una spiegazione. Ma se questo fatto vi sembra troppo assurdo, vi prego di non continuare la lettura perché quello che seguirà lo sarà molto di più. Negli ultimi anni, Agnese aveva saputo far apprezzare le forme del suo corpo, pur restando fedele a Carlo, su un sito di fotografie erotiche che ritraevano ragazze dal seno importante. Agnese con corpetti in lattice, calze autoreggenti e maschere varie aveva avuto un gran successo. Cosa che lei adorava, e così si era messa in gioco, e si era spogliata volentieri per il grande popolo della rete. Cosa di cui suo nipote Luca non era stato messo a conoscenza, fino a quel momento.
“Non mi sembra carino lasciare cose in sospeso. Ecco le tette che non eri mai riuscito a vedere. E anche tutto il resto”.
Io in questo mi sentivo molto diversa da lei.
Sono snella, bionda, ho delle belle gambe lunghe. Sono, a detta di tutti gli amici di Luca, la classica bambolina intoccabile. Insomma, in quel momento mi sentivo l’opposto di Agnese. Non che Agnese fosse brutta, intendiamoci. Anzi, era molto attraente, ma siamo molto diverse. E soprattutto io non ero (ancora) così esibizionista.
“Sei uno spettacolo” le disse Carlo, che intanto aveva scippato di mano di Luca una nuova bottiglia di vino e aveva cavato via il tappo di sughero.
“Vieni qui Angela, ho una mascherina anche per te”.
“Ma io non la voglio quella roba!”
“Sbaglio o oggi è Carnevale?” mi chiese Agnese.
“Sì che lo è, ma…”
“Niente “ma”. Non esiste “ma”. Vieni con me”.
Agnese mi portò in bagno e chiuse la porta. Io ero un po’ turbata, e avevo il cuore in gola, tanto che mi veniva pure difficile respirare. Carlo se la rideva mentre versava altro vino nel bicchiere di Luca. Noi li sentivamo dal bagno farsi un sacco di risate, ma Luca di tanto in tanto borbottava. Devo essere onesta, non sapevo se comportarmi in modo rilassato o farmi prendere dalla tensione. L’unico per cui quello che stava avvenendo nel piccolo monolocale era un qualcosa di completamente naturale era Carlo. D’altronde perché sarebbe dovuto essere un qualcosa di sbagliato? Io e Luca avevamo già praticato il nudismo in spiaggia, e non c’era mai stato imbarazzo. Ma qui la storia era diversa. Qui si trattava dei suoi zii.
E poi, dal momento che migliaia di persone avevano avuto modo di vedere in rete Agnese al naturale, nuda e cruda come l’aveva fatta la mamma, sarebbe stato stupido da parte di Carlo provare un senso di fastidio nel momento in cui si era mostrata nuda agli occhi di un altro uomo, anche se si trattava di suo nipote. Il punto, probabilmente, era tutto là. Luca, per quanto fosse suo nipote, era ormai prima di tutto un uomo e come tale non poteva restare indifferente di fronte a una donna matura, esibizionista, nuda e tettona, rispetto a tutto questo l’essere sua zia era solo quel dettaglio in più.
La porta del bagno si spalancò di nuovo, e questa volta, insieme ad Agnese, anche io non indossavo nient’altro che una mascherina dai tratti felini. Ci mettemmo entrambe in pose da pin-up e questa volta esultammo insieme il nostro “ta-dan!”.
Mezz’ora dopo eravamo seduti a tavola; avevamo costretto a indossare delle mascherine anche i due uomini. Ma le loro avevano tratti animaleschi differenti, parevano infatti essere caratterizzate da tratti cagneschi più che felini. Avendo tolto anche loro i vestiti, naturalmente, non riuscivano a tenere a freno le loro erezioni. Noi eravamo sedute sulle loro gambe, e infilavamo loro in bocca pezzi di coniglio. Ma forse non mi sono spiegata bene: Agnese era seduta sulle gambe del mio ragazzo, e il cazzo di suo nipote premeva contro quel culo morbido e tondo. Io, a mia volta, ero seduta sulle gambe di Carlo. E come si può immaginare anche io avevo il suo cazzo eretto piantato contro il buco del culo. Mentre li imboccavamo con le mani, senza dover usare le posate, non facevo altro che pensare al fatto che era tutto molto surreale. Sembrava uno di quegli strani sogni, dove poi al mattino ci si sveglia con una voglia di sesso irrefrenabile. Ma era tutto vero. E vedevo Agnese imboccare il coniglio che aveva cucinato guardando il mio ragazzo dai forellini della maschera, vedevo i suoi occhi verdi fissarlo, con un sorriso di complicità familiare.
Vedevo le dita infilarsi nella sua bocca, portando il cibo dentro, e lui gliele leccava. Aveva le unghie ben curate, non lunghe, ma belle, e le dita erano delicate ma mature. La situazione mia e di Carlo era la stessa. Infilavo, con la stessa lentezza e la stessa carica erotica, pezzetti di coniglio nella bocca del compagno di Agnese.
“Chi continua?” chiese Agnese.
“A fare cosa?” domandò Luca con lo sguardo interrogativo verso di noi.
“A raccontare un aneddoto piccante che lo riguarda”.
“Ancora?!” Luca sbottò in una risata. “Vuoi prenderci in giro? E che altro dovrei raccontare?”
“Non mi dite che non vi è mai capitato niente di eccitante. Andiamo, confessate i vostri peccati, tanto siamo in famiglia, no? Comincio io. Ma dopo dovete farlo anche voi. Non vi sarà facile credere a questa cosa, ma una volta mi sono trovata nel cast di un film porno”.
“See” disse Luca. “Questa valla a raccontare a qualcun altro”.
“Amore, questa cosa non me l’avevi mai detta” continuò Carlo, che non era per niente scosso, piuttosto era molto curioso. E non so come facesse a mantenere quella calma, considerando che era quasi sbiancato in viso e diventato ancora più di pietra là sotto.
“Ma non era un porno professionale” specificò Agnese. “No, no. Assolutamente. Avevo appena compiuto trent’anni e avevo voglia di mettermi in mostra, e soprattutto di acquisire più sicurezza per quanto riguarda il mio corpo. Così trovai su Internet l’annuncio di un sedicente regista alle prime armi, che cercava un’attrice per girare una scena di doppia penetrazione. Andai nel luogo indicato, una cantina tutta sgangherata di un palazzo del centro storico. Abitavo ancora coi miei, allora. I miei due partner erano due napoletani cafonissimi che parlavano solo dialetto. È stato terribile, però divertente. Mi sono divertita un sacco. Non capivo nulla di quello che dicevano”
“Che ti dicevano?” le chiese Carlo.
“Cose così, tipo: mo t’o mett’ n’gulo!” Agnese ingrossò la voce per rendere la scena più divertente. “Te piace ‘o cazz, zoccola? Piglialo ‘m bocc, e famme nu bucchino”.
Scoppiammo tutti a ridere per il suo modo di parlare in napoletano.
“Miettete ‘a pecora e arap’ ‘e cosce! Famme nu pesc’ mano”.
“E come l’avete fatto?” domandò ancora Carlo.
“L’abbiamo fatto soprattutto a panino, con me in mezzo”.
“E ti hanno fatta male?”
“Beh, un po’ sì. Non ero molto pratica di sesso anale”.
“Ok, ci hai detto che erano cafonissimi” disse Luca. “E questo è appurato. Ma almeno erano bravi a…?”, nonostante l’assurdità della situazione e della conversazione, Luca sembrava in difficoltà a pronunciare quella parola.
“Scopavano da Dio, questo bisogna riconoscerlo. Certo, forse avevano un po’ troppa foga, infatti vi confesso che per qualche attimo mi sono sentita quasi un oggetto, nelle loro mani. Forse è per questo che non ho continuato su quella strada. Infatti, il regista mi propose di girare altre scene, ma io gli dissi di no”.
“Beh, ora devi tirarlo fuori questo filmetto” disse Carlo.
“E dove lo vado a prendere? È stato quindici anni fa, e inoltre ci sono solo una cinquantina di copie. Ce l’avrà solo qualche collezionista incallito”.
“Ma alla fine dove hanno sborrato?” domandò ancora Carlo.
“In faccia, uno per volta”.
“Quanto ti ha dato il regista?”
“Roba come duecento euro. Mi sembravano un botto di soldi per una scopata che mi era pure piaciuta. Poi col tempo mi sono resa conto che avrei potuto chiedergli di più. Perlomeno seicento. Ma io avevo tanta voglia di farlo”.
“Ci stai facendo morire dalla curiosità” disse Luca ridendo. “Ora dobbiamo assolutamente cercare quella cassetta”.
“E allora, che ve ne pare? Siete eccitati abbastanza?” domandò Agnese, infilando al mio ragazzo un pezzetto di frutta in bocca. Era assolutamente impossibile per lui nascondere che aveva il cazzo che gli stava per esplodere, proprio piantato in mezzo alle cosce di sua zia e Agnese, consapevole, glielo stuzzicava strofinandolo con le labbra della sua vagina.
La peluria che la circondava gli dava un piacevole solletico sulla punta della cappella, così intenso che iniziò a schizzare all’improvviso non volendo, e la sborra finì per impiastricciarsi proprio in mezzo a quella peluria rossiccia. Agnese guardò con estrema attenzione la fuoriuscita di tutto quello sperma, poi gli sorrise guardandolo con quei suoi magnetici occhi verdi.
Dall’altra parte, io e Carlo li guardavamo con un’aria concentrata. Come se stessimo seguendo un film molto intenso di contenuti. Avevamo capito che Luca era appena venuto, ma non dicemmo niente. Sono incidenti che possono accadere, decidemmo, tacitamente, di considerarlo così. Poi io ritornai a guardare Carlo, imboccandogli dell’altra frutta; dell’uva per la precisione. E lui se la prendeva e intanto mi accarezzava la schiena, fino a scendere al sedere. Me lo allargò con entrambe le mani; i nostri spettatori di fronte poterono vedere chiaramente il mio buco del culo allargarsi e sbocciare proprio davanti ai loro occhi.
“Che ne dite di passare al dolce?” domandò Agnese.
“Abbiamo anche il dolce?” chiese Carlo.
“Certo che ce l’abbiamo” Agnese si alzò in piedi, scoprendo così il cazzo di Luca imbrattato di sborra. “Però lo consumiamo sul divano, cosa ne dite?”
Agnese si spostò sul comodo divano letto e spalancò le gambe, offrendoci la vista del suo sesso umidiccio di umori e del seme del mio ragazzo. Vidi la sua peluria rossiccia luccicare intensamente sotto la luce della lampada e decisi di fare lo stesso, mettendomi di fianco a lei e allargando le cosce. I due uomini ci guardarono e si sorrisero, chiedendo giusto per conferma se il dolce fosse quello. Carlo non sembrò per niente intimorito e si fece avanti per primo, inginocchiandosi in mezzo alle mie gambe, io nell’attesa con le dita tenevo divaricate le labbra del mio sesso, offrendo a Carlo il dolce di cui parlava Agnese.
Avvicinò la lingua alla mia vagina e iniziò a leccarla avidamente, come si farebbe con un frutto succoso, e poi succhiava e sembrava così preso da volercisi immergere dentro completamente. Toccò anche a Luca avvicinarsi, e non trovando altro spazio disponibile dovette mettersi “per forza” in mezzo alle cosce di Agnese, e, per non perdere l’occasione, temendo si trattasse di un sogno da cui si sarebbe svegliato all’improvviso, subito si mise all’opera, leccando con passione le parti intime di sua zia. Agnese aveva un odore speciale, di donna matura, un profumo così intenso che il cazzo di Luca si indurì di nuovo, come se nulla fosse successo prima.
Guardai Luca con la coda dell’occhio mentre continuavo a tenermi le labbra della vagina ben aperte con le dita della mano destra, anche lui cercava di guardare Carlo succhiarmi, con un sentimento di piacere misto a sfrenata curiosità. Sembrava quasi drogato da tutte quelle sensazioni, combattuto tra il piacere che provava nel leccare la fica di sua zia e il turbamento per le prime corna della sua vita, dovette sospendere la pratica per osservare con grande interesse l’immensa passione che Carlo aveva nel succhiare la passera della sua giovane fidanzata.
“Ho voglia di cazzo” mi trovai a confessare a Luca, tra un mugolio e l’altro.
Agnese, comprese l’imbarazzo di suo nipote e si piegò col busto fino ad arrivare con la bocca alle labbra di Luca. Lo baciò, con la lingua, e gli accarezzò il viso.
“Shhh! Non essere ingorda” mi sussurrò quando si staccò da quel bacio così proibito fino a quel momento. “Ne prenderai quanto ne vorrai di cazzo. Ma prima tocca a te raccontare”.
“Sì, ma cosa m’invento?”
“Dai, tira fuori la porca che è in te. Guarda che nemmeno il tuo Luca ci crede che è l’unico con cui sei andata a letto! Raccontaci l’esperienza più porca che hai avuto”.
Agnese mi parlava, ma solo di tanto in tanto mi guardava, e quando il mio sguardo si incrociava col mio mi sorrideva maliziosa e rassicurante al tempo stesso. Luca per distrarsi dall’eccitazione che tutto questo gli stava provocando si tuffò di nuovo tra le cosce di sua zia per un secondo round tra la sua lingua e la peluria rossiccia di quella vagina tanto desiderata, finendo per inebriarsi completamente di quel sapore inusuale e al tempo stesso così familiare. Nella camera iniziava a diffondersi uno strano calore e un odore dei nostri corpi eccitati.
Che io avessi avuto altre esperienze non era un segreto per Luca. Anzi, quello che la zia non poteva sapere era proprio quanto piacesse al mio ragazzo farsi raccontare dei maschi che avevo avuto prima di lui. Non so dirvi il motivo, ma si eccitava un casino quando lo facevo e io, naturalmente, non perdevo occasione per farlo e beneficiare dei frutti di tutta quella eccitazione. Lo eccitava sentirmi parlare di quanti pompini avevo fatto e a chi. Forse perché l’idea che la sua ragazza fosse l’oggetto del piacere di altri maschi era l’altra delle sue fantasie ricorrenti, e infatti mi anticipò confessando il suo secondo segreto.
“Non vi nascondo che spesso mi è capitato di masturbarmi pensando proprio a lei a letto con altri ragazzi. Anche perché Angela è davvero bella, ed è quindi molto facile che venga spesso corteggiata da altri. Ma dubito che mi abbia mai tradito. No, Angela non credo sia così. E ci sono volte, come in questo momento, che perfino mi dispiace”.
“Una volta ho fatto un’orgia” dissi alla fine e a Luca si bloccò il fiato in gola e diventò più rosso della fica che aveva smesso di leccare.
“Angela!” esclamò Agnese. “Sei proprio una puttanella. E quanti eravate?”
“Cinque”.
“Quante femmine e quanti maschi?”
“Io ero l’unica femmina”.
“Fantastico! Pendiamo dalle tue labbra. Raccontaci tutto”.
“Beh, forse non dovrei dirlo ma è stato prima dei miei diciotto anni. Ti dirò di più, era il giorno del mio compleanno, il diciassettesimo per la precisione e io volevo passarlo con la persona a cui tenevo di più in quel momento. Mi ero ingenuamente innamorata del figo della scuola. Si chiamava Benny, e si era scopato tutte le ragazze del liceo, pur essendo fidanzato con una certa Grazia, che tra parentesi era la mia migliore amica. Sì, prima di Luca scopavo con il ragazzo della mia migliore amica. In genere lo facevamo a casa dei suoi, nella sua cameretta. Prima di farlo, Benny preparava qualche canna. Dopo averne fumate due o tre, io avevo già raggiunto uno stato di eccitazione incredibile, e lui poteva fare di tutto col mio corpo, perché non avevo né la forza né la voglia di oppormi. Mi faceva godere un sacco, soprattutto con la bocca. E qualsiasi cosa mi chiedeva di fargli, io gliela facevo, perché ero pazza di lui. Se mi chiedeva di fargli un pompino, io glielo facevo. Se mi chiedeva di fargli una sega spagnola, io mi mettevo all’opera. Insomma, gli facevo di tutto. Poi il giorno del mio diciassettesimo compleanno, decidemmo di passarlo insieme. Dopo le tre cannette di rito mi stravaccai sul letto. Avevo la minigonna che praticamente mi era arrivata ai fianchi, e avevo un perizoma nero che a lui faceva impazzire. Ad un certo punto la porta della sua cameretta si apre ed entrano quattro ragazzi, che avevo già visto bazzicare al liceo. Uno davvero brutto e pieno di peli. Benny gli dice: “finalmente siete arrivati. La troia è pronta, chi vuole cominciare?”. Mi spogliarono e io non tentai neanche di oppormi, e mi scoparono a due alla volta, culo e figa. Poi alla fine mi fecero inginocchiare e mi si misero in cerchio, e cominciarono a masturbarsi davanti ai miei occhi fino a quando la loro sborra mi schizzò in faccia, ricoprendomi completamente. Da quel giorno capii che per Benny ero solo uno sborratoio, e per fortuna dopo qualche giorno non ero più innamorata di lui”.
“Chiaramente ti è piaciuto fare sesso con quattro ragazzi. Confessa” mi istigò Agnese mentre con le dita si teneva allargata le labbra della vagina, permettendo al mio ragazzo di riprendere a leccargliela meglio in profondità.
“In realtà confesso che sto per venire” risposi con un filo di voce. “Così, così, così! Oh sì, cazzooo vengo!”
Il mio corpo si contrasse sotto quell’intensa scarica di energia che mi provocò l’orgasmo. Chiusi gli occhi e mi afflosciai sul sofà. Carlo aveva la bocca carica dei miei umori vaginali, quando riaprii gli occhi rivolsi un sorriso inebetito a Agnese, che a sua volta mi guardava con vivo interesse, come se riconoscesse tutte le sensazioni provate in quell’istante di piacere a causa della lingua del suo uomo.
“E tu?” chiesi ad Agnese. “Non vieni?”
“Io è già la terza volta che vengo, cara” mi rispose lei, facendo chiarezza sulle pause che Luca si era concesso dalla sua fica. “Sei tu che sei un po’ in ritardo. Anche perché penso che ora tocchi ai nostri maschi. Direi che meritano anche loro un orgasmo, non credi? Dopo quello che hanno fatto per noi”.
“Sì, in effetti lo meritano proprio”.
“E allora forza ragazzi, togliete quelle bocche dalle nostre vagine, che è ora di far partire le nostre di bocche”.
A quel punto, cedemmo a loro il loro posto sul sofà e ci inginocchiammo ai loro piedi. Io cominciai a percorrere con la punta della lingua il cazzo di Carlo, dalle palle alla cappella, che poi infilai tra le labbra sforzandomi di ingoiarne il più possibile. Agnese, invece, prese in mano il cazzo di suo nipote e mi guardava, dai buchi della maschera, e mi sorrideva. Si divertiva a scappellarlo e poi a ricoprirlo, fino a quando si decise ad avvicinare anche la bocca. Luca per la prima volta sentì il fiato di sua zia contro la cappella, e poi in successione il contatto della sua lingua lasciargli una sottile linea di saliva. Proprio in quel momento squillò il telefono di Agnese che si precipitò a recuperarlo, abbandonando Luca lì sul divano, promettendogli che sarebbe tornata presto a prendersi cura del suo nipotino. Raggiunse il telefono che stava in cucina e la vedemmo tutti sculettare nell’andarci, con quel culo grosso e morbido.
“Pronto. Ciao sorellina!”.
Io, intanto, non mi ero fermata e quando non ero con gli occhi chiusi guardavo Carlo. Forse avrei dovuto far godere anche il mio ragazzo, e invece me ne restai al mio posto, dedicandomi esclusivamente al cazzo di quella specie di suo zio.
“Tutto bene” sentimmo Agnese dire al telefono alla mamma di Luca. “Si i ragazzi sono qui da me. Stiamo facendo un gioco. Sì, diciamo di sì, una specie di gioco di società”.
Agnese ci guardò e sorrise. Con la mano libera si arricciava i peli pubici rossastri. Luca si eccitò come mai avrebbe dovuto, vista la situazione, e senza riuscire a trattenersi circondò con le dita il suo cazzo e cominciò a masturbarsi lentamente, guardando la zia che giocava con la sua peluria e in qualche modo perfino in presenza di sua madre inconsapevole dall’altro capo del telefono. Lei se ne accorse e gli sorrise comprensiva, come se fosse tornata indietro nel tempo e scoprisse in tempo reale le seghe che lui le dedicava, e allora si girò e si chinò col busto, appoggiando i gomiti al tavolino della cucina. Le sue natiche, in quella posizione, si spalancarono, mostrando il buchetto rosa e delicato del suo culo di donna matura. Girò il collo per guardare Luca con la coda dell’occhio, voleva appurarsi che stessi guardando bene.
“Marcello come sta?” chiedeva Agnese più per allungare il brodo di quella situazione eccitante che per reale interesse nei confronti di suo cognato.
Intanto io continuavo con irresistibile voglia il mio pompino.
“Tua zia ha un gran bel culo” disse Carlo rivolto a Luca quando si accorse che stava fissando il sedere della sua donna e si stava sparando una sega come ai vecchi tempi, anzi meglio dei vecchi tempi.
Agnese finalmente attaccò e ritornò da noi, ma si mise a quattro zampe vicino a me e si fece spazio con la bocca, avvicinandola anche lei al cazzo di Carlo. Ora la mia lingua doveva dividersi l’asta con quella della sua compagna, e ogni tanto inevitabilmente si incontravano, salivano insieme fin su verso la cappella e finivano per toccarsi, lasciando sulla somma del cazzo una quantità raddoppiata di saliva. Le natiche di Agnese erano aperte proprio davanti agli occhi di suo nipote; lo faceva chiaramente apposta, quasi come per invitarlo a leccarglielo. E lui non la fece attendere. Le mise le mani sulle natiche tenendogliele separate e infilò la lingua in mezzo. Sembrava impazzito e questa volta non si sarebbe fermato tanto facilmente.
“Avanti Carlo” disse sul più bello. “Ora tocca a te raccontare”.
Carlo era l’unico che aveva la bocca libera, e che quindi poteva parlare senza alcun ostacolo. Ma sembrava troppo preso da quel doppio pompino. Si sentivano chiaramente gli osceni rumori che facevano le nostre lingue quando si incrociavano.
“Dalle un bello schiaffo” disse Carlo a Luca.
“Cosa?”
“Ma sì, sul sedere. Senti che bel rumore che fa” lo incitò. “Dai, non essere timido. A tua zia piace.
Per far seguire le sue parole dall’esempio colpì una natica della sua donna con la mano ben aperta e il rumore rimbombò in tutta la camera. Agnese ebbe un sussulto ma mugolò di piacere. Sul suo culo apparve l’impronta rossa della mano di Carlo. Luca smorzò una risata e lasciò per qualche attimo il cazzo, che non aveva smesso di segare, per colpire anche lui il sedere di Agnese con uno schiaffo, e anche questa volta il rumore fu piuttosto deciso ed eccitante. Poi ritornò al suo posto, continuando a deliziare il culo della zia con la sua bocca.
“Ne voglio un altro” disse Agnese, che intanto era passata a leccare le palle del suo compagno. “Dai, dammene un altro. Non ti sembro una cattiva zia?”.
Luca la colpì di nuovo, ma questa volta con più decisione. Agnese aveva davvero un gran bel culo, e il suo buco ormai colava della saliva di suo nipote. Non so chi lo stava trattenendo dall’infilarle direttamente il cazzo.
“Bene, vedo che siete tutti molto eccitati” disse Carlo. “Allora vi racconterò il mio segreto. Una volta ho fatto sesso con una sessantenne”.
“Blea!” Luca fece un’espressione di disgusto. “Quando è successo?”
“Poco prima di laurearmi, una decina di anni fa. Vediamo… avevo venticinque anni. Lei era la docente che mi stava seguendo la tesi. Praticamente passavo più tempo con lei che con la mia ragazza di allora”.
“Ma non capisco, perché l’hai fatto?” domandò Luca.
“Non essere disgustato. Guarda che la mia professoressa, nonostante la sua età, era ancora bona. Aveva un fisico che dimostrava vent’anni di meno. E poi ero affascinato dal suo sapere, da come parlava, da tutto insomma. Di solito andavo a casa sua nel pomeriggio, e passavamo delle ore nel suo studio. Aveva una casa gigante, piena di mobili antichi e oggetti costosi. Era la classica baronessa universitaria ricca sfondata”.
“E dai, vieni al dunque” disse Agnese. “Cosa avete fatto?”
“Adesso ci vengo al dunque, oh sì come ci vengooooo!” dichiarò Carlo, prima di iniziare a schizzare sborra, che finì sulla lingua di Agnese e sulla mia, che continuammo a leccargli l’asta dal basso verso l’alto, per cercare di raccogliere quel fiume di sperma e scendendo delicatamente lungo l’asta per ripulirla. Sia io che Agnese la raccoglievamo con la punta della lingua per poi arrivare addirittura a passarcela da bocca a bocca baciandoci rumorosamente.
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