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A casa di Barbara


di illeopoldo68
06.10.2021    |    9.035    |    2 9.6
"La sensazione di potenza che ti dà sodomizzare una donna è qualcosa di non descrivibile a chi non l’ha provata..."
È un capitolo, di una storia più lunga, articolata, pertanto qualche accenno qua e là può risultare incomprensibile.
Lo pubblico per vedere le reazioni, i commenti, se c'è ne stile ci siamo.

17, orario di uscita dal lavoro, sono sempre lontanissime, ogni giorno. Quel giorno ancora di più.
Esco e salgo in macchina, con un pensiero fisso in testa.
Mi dirigo verso casa di Barbara. Un’ansia.
Chiamo casa, per sicurezza.
“Ciao, Dani, tutto a posto ?”
“Tutto a posto, sei uscito ora ?”
“No, ti ricordi che oggi dovevo fermarmi, avevo quella riunione, quei clienti che vengono da fuori …”
“Ah, non mi ricordavo. Pensi di far tardi ?”
“E, mi sa che sarà una cosa lunga … vedrai che arriverò a casa giusto per l’ora di cena.”
“Ah, così tanto … Vabbè ti volevo chiedere di una cosa, se ne parlerà dopo, a cena …”
Sarà per il discorso elezioni, se mi organizzo per fare qualche telefonata.
“Ochei, se ne parla dopo. Ti saluto perché mi stanno chiamando per la riunione.”
“Allora buon lavoro per la riunione. Ciao amore”.
“Ciao …”
Non ho avuto la forza di chiudere ricambiando il saluto. Spero non ci abbia fatto caso. Le donne hanno sempre un sesto senso, forse anche settimo e ottavo.
E’ inutile che me lo nasconda, non son fatto per queste cose. Son cose troppo complicate, ci vuole del metodo. Le complicazioni possono essere imprevedibili, le conseguenze terribili. Rovinare una famiglia, ed una vita, è veramente un attimo. Ho sempre fatto in modo, se non di evitarle, diciamo di “non cercarle” queste situazioni, meglio evitare di cadere in tentazione.
Ma in effetti è proprio quello che dicono Beppe e Michele, che non siamo animali monogami, che è la società che ce lo impone. Ed è questo il percorso che sto percorrendo, chissà dove mi porterà.
E il paradosso è che, allo stesso tempo, questa cosa inedita che vado a fare, che tanto mi spaventa, l’ho già fatta decine, centinaia di volte. Quante volte avremmo fatto l’amore io e Barbara ? Eravamo ragazzi, ci siamo scoperti ed abbiamo scoperto il piacere che dà il sesso. Un piacere liberatorio, sconfinato, proprio perché non ne conoscevamo i confini, i limiti.
E se i confini c’erano, erano lì apposta per essere superati.
Ci siamo assaporati ovunque, ed in qualsiasi situazione.
Senza nessun tabù, non avevamo ancora avuto modo di costruirceli.
L’abbiamo fatto ovunque.
In auto, in posizioni scomodissime. In un sacco a pelo, un avvolgimento continuo. In mare, cullati dalle onde, interminabile.
“Che nostalgia di quelli contro al muro, o dentro ai cinema o dove si può”, come dice il Maestro.
Non ci siamo negati nulla, tutto uno sperimentare.
Botte di ricordi. Chissà se quello che succederà questa sera sarà in grado di mantenerne le aspettative.
Il fatto oggettivo, certo, è che io sono cambiato, non sono più lo stesso. E lei idem.
La sensazione straniante è che quello che succederà stasera sarà contemporaneamente una “prima volta” nella mia testa, tradire mia moglie, e la ripetizione di una cosa fatta centinaia di volte per il mio corpo, andare a letto con Barbara.
E’ capace che la Daniela mi direbbe che c’è una figura retorica precisa, per questa situazione, o forse una roba di psicologia.
No, direi che non è proprio il caso, in questa situazione, di pensare alla Daniela.
Amo mia moglie, non ci piove, e non trovo niente e nessuno di più eccitante. Ma allora perché sono qui ?
L’eccitazione, non è solo il fatto sessuale, no. E’, dopo tanti anni, la voglia di accedere a qualcosa di non scontato, il piacere della conquista, del nuovo.
Sono arrivato, le jeux sont faits, a la guerre comme à la guerre.
Come se bastassero due battute in francese per non ammettere che mi sto cacando sotto.
Parcheggio, proprio davanti al cancello. Il posto che Giuseppe, andando al cinema, ha lasciato libero. Appunto.
Suono il campanello. Mi risponde Barbara da dentro, con la sua voce squillante, più del solito, “Vengo subito”.
Ragazza ottimista.
Apre il cancello, entro nel vialetto. Si apre la porta e lei si affaccia. Cazzo.
Si è messa in ghingheri, e non poco. Abito da sera nero, che mette in evidenza le forme. I lunghi capelli neri liberi. La conosco, questa oggi ha fatto la combo estetista e parrucchiere, c’ha passato un pomeriggio a farsi bella per me.
Io mi sono ricordato di lavarmi i denti.
Lei vuole dimostrare che, anche con gli anni che sono passati, ha ancora parecchie cartucce da sparare. E la cartucciera è tutta in bella mostra.
Entro “Ciao”, abbozzo un bacino sulla guancia, lei intercetta e parte di lingua. Cazzo.
Il sapore della sua bocca, e qui i ricordi veramente esplodono, sapori di una gioventù con una vita davanti da scrivere.
L’intreccio delle lingue mi scatena un rimescolio, quello che da tanto tempo un semplice bacio non mi dava.
L’inevitabile esplorazione delle mani porta a due conclusioni indubbie.
La prima è che le forme sono ancora tutte al loro posto. Tutte.
La seconda è che nel farsi bella per me, forse ha sforato coi tempi con il trucco e non ha avuto tempo di indossare biancheria intima, il suo seno è libero.
Entrambe informazioni degne di nota, e che la parte bassa del mio corpo non tarda a rilevare. Ed a mettere in evidenza.
E l’evidenza viene presto notata. “Ah, vedo che ti faccio ancora un certo effetto …”. Da un lato è la fierezza orgogliosa di un risultato, dall’altro la conferma di una consapevolezza che solo una donna, su certi argomenti, può avere.
“Ci mettiamo comodi ?”. Annuisco.
“Un prosecchino ?”. Annuisco.
Mi siedo sul divano e finalmente riesco a riprendermi e dare il mio significativo contributo alla conversazione.
“Come va ?”.
Ochei, potevo fare di meglio.
Lei manco considera l’inutile domanda, mi porge il bicchiere e si siede accanto a me.
Accenna un brindisi “Alla vita”.
“Alla vita. E alla serata !”. Rispondo. Questa mi è venuta bene.
Non faccio a tempo a bearmi della mia brillantezza. Lei conclude il sorso prima di me, mi mette una mano sulla gamba. Molto “sulla gamba”. Cazzo.
Appunto.
Ricominciamo a baciarci, la sua mano comincia ad approfondire l’argomento. Pare interessata.
Tengo botta ed anch’io vado in esplorazione. Si, confermo, la biancheria intima manca anche al piano di sotto.
Infila la mano nei pantaloni, lo tira fuori. Si china verso il basso, poi si ferma, sembra quasi ci ripensi.
“Posso ?”
E che ti devo dire ? Nulla.
Esaurita la saliva, mi limito ad annuire. Stasera mi gioco l’Oscar per i dialoghi.
La sua bocca calda, proprio come la ricordavo. Scende lentamente, fino in fondo, poi si ferma.
Sembra prendere fiato, mugola. Lo sa che mi fa impazzire questa cosa, glielo dissi tanti anni fa.
E stasera pare avere l’intenzione di ricordarsele tutte queste cose.
Risale. Mi guarda. Con gli occhi da cerbiatta “Si, direi che posso”.
E, questa volta, neanche annuisco.
Torna giù, lo succhia avida. Poi inizia un ritmo regolare, lento. Confermo, ha una buonissima memoria.
Le mie mani nei suoi capelli, a seguire i suoi movimenti.
E sulle sue esplorazioni direi proprio che ci siamo. Ma anch’io ho bisogno di approfondire, e la posizione non lo consente. Barbara capisce le mie difficoltà e allora, riuscendo incredibilmente a non farlo uscire dalla sua bocca, si sdraia sul divano, accoccolandosi con la testa tra le mie gambe, tirandosi su il vestito a sufficienza per dare agibilità alle mie mani.
Risalgo in mezzo alle gambe. Arrivato al punto non ci credo. E’ depilata. Chissà se lo fa regolarmente o se è una cosa speciale per me. Portiamoci a casa la seconda ipotesi. E’ eccitatissima. Si.
La scollatura mi consente, con l’altra mano, di carezzarle il seno. Le tiro fuori una tetta. Le aureole grandi, i capezzoli ritti. Voglia di tuffarmici.
Però tra tutto questo ben di Dio a portata di mano, letteralmente, ed il suo lavoro incessante di bocca qui si rischia di perdere il controllo.
Bimba, diamoci una regolata.
La faccio sdraiare, mettere comoda. Ora tocca a me. “Vediamo se anche io mi ricordo bene.”
Inizio dal seno, la tecnica è sempre la solita. Lavorio di lingua sul capezzolo mentre con le labbra massaggio la tetta. Nel suo caso solo una parte della tetta. Con le tettine della Daniela ce la faccio a prenderle quasi del tutto. Sono una delle cose che più mi piacciono del suo corpo.
Aridagli con i paragoni, possibile che non riesca, almeno per un paio d’orette, a levarmi la Daniela dalla testa?
Concentrazione !
Barbara apprezza quello che sto facendo, e lo fa notare con mugolii.
Perfetto. Sono una potenza. Anche la mia cartucciera è fornita.
Livello successivo.
Scendo giù lungo il suo corpo, tiro su il vestito e comincio a baciarle e carezzarle le gambe, avvicinandomi lentamente all’obiettivo, non è difficile immaginare quale.
Quando le bacio le cosce posso iniziare a verificare, de visu (ma letteralmente), lo stupendo lavoro che ha fatto l’estetista. Non è una depilazione integrale, c’è rimasto un meraviglioso ciuffetto. Come a ricordarne la funzione iniziale. Ed è la scelta intermedia che prediligo, anche con la Dani (BASTA !).
Ma questa è una cosa che la Barbara non può certo ricordarsi, a quei tempi l’idea sembrava semplicemente folle l’idea di rettificare, da quelle parti, quello che natura aveva creato.
Inizio a baciarla, ad assaporarla. Prima superficialmente poi entrando in profondità.
Ed è questa la sensazione più straniante della serata. Per ora.
Inizio lentamente, come piace a lei, a baciarla dentro, mentre con la mano le massaggio leggermente il clitoride. L’altra mano scende sotto a carezzarle la parte del corpo attualmente meno esplorata. E, col culo che ha la Barbara, è veramente uno spreco.
Apprezza, decisamente, e non può negarlo.
Ma tiene il punto. “Potevi anche farti la barba.”
“Se vuoi, smetto.”
Non risponde. Almeno con la voce.
Pertanto continuo. Oddio, in effetti avrei continuato anche se avesse risposto.
Mettiamola così. Io non sono il Cristiano Ronaldo del sesso, lo so.
Mi difendo bene, normalmente porto a casa un dignitoso risultato (almeno credo).
Ma se c’è una cosa che, in quest’ambito, ci so fare veramente è questa qui.
Perché qui non è questione di tempi, o di misure. E’ pura e semplice dedizione a quello che stai facendo.
E quello che fai è, con la parte più interna del tuo corpo, dare piacere al tuo partner. Senza chiedere niente in cambio.
Non è una roba industriale, come nei film. E’ artigianato.
E’ una cosa che si impara, che si apprende vedendo le reazioni. E sei in una situazione perfetta per poterle verificare. In una relativa lucidità e con tutti i sensi in prima fila.
In questa cosa in effetti si, è un dato oggettivo. Il Pallone d’Oro me lo gioco.
Me lo hanno sempre riconosciuto tutte le partner con cui mi sono espresso, non che siano tantissime.
Continuo, cazzo se continuo.
Dopo qualche minuto, parecchi minuti, Barbara prova a farmi capire che l’eccitazione sarebbe cresciuta parecchio (non che non me ne fossi accorto), che vorrebbe andare oltre.
“Dopo, non c’è furia.”
Continuo, e continuo, i movimenti del suo corpo sono sempre più intensi. I mugolii aumentano, e stavolta non sono per scenografia.
Un altro timido tentativo “Dai, vieni su.”.
“Dopo. Dopo.”.
Si rassegna. Sa che il suo destino è segnato. Mi conosce.
Allora, con le mani sulla mia testa, comincia a guidare il ritmo dei miei movimenti.
Mi adeguo alle sue indicazioni, inserendoci del mio nel suo ritmo.
I movimenti delle gambe si fanno sempre più intensi. Sempre di più, finché non arriva il momento topico.
Serra le gambe attorno alla mia testa, la attira verso di se con le mani.
La mia lingua solo uno strumento di piacere.
Come con la Dani.
Torno su, la Barbara ha un po’ di affanno, la stringo e la bacio.
“E’ stato bello, sei sempre stato bravo”.
“Lo so.”. Uno a zero palla al centro.
“Che dici se ci mettiamo comodi, andiamo di là in camera. Mi riprendo un attimo e poi tocca a me …”
No, non c’è il punto interrogativo in fondo.

Ci alziamo, bevo un altro sorso di prosecco, mi precede verso la loro camera.
Letto rifatto, il “loro letto”. Ragazzi, qui si sale di un altro livello.
Con la massima tranquillità si spoglia e ripone il vestito ordinatamente nell’armadio. Poi, nuda come mamma l’ha fatta, prepara il letto. Una sensazione di intimità devastante.
“I vestiti mettili pure sulla sedia.”
“Si, si, ora …”
Mi spoglio anch’io, preoccupato del suo giudizio molto più di quanto lei, a quanto pare, sia preoccupata del mio.
Ed in effetti c’ha ragione. Gli anni sono passati ma non pare abbiano lasciato grandi segnali. Quello che ha il suo corpo ha perso in freschezza l’ha guadagnato, e con gli interessi, in maturità. Ho di fronte una donna, non più una ragazza. Una donna che sa bene, l’ha imparato con gli anni e le esperienze, quale è il suo fascino, quali sono le armi da giocarsi meglio.
E’ sempre stata formosa. Il suo seno, importante, affronta però ancora serenamente le insidie della gravità.
Le sue gambe tornite e muscolose, che ho conosciuto bene da vicino qualche minuto fa.
Il suo culo bello tondo, sempre spettacolare, come vorrei perdermici
La sua carnagione scura, perennemente abbronzata anche d’inverno.
Anche lei sta probabilmente effettuando un’analoga osservazione attenta sul mio, di fisico.
Speriamo di aver passato l’esame.
Ci guardiamo, sorridiamo, e fa l’ennesimo gesto che non mi aspetto, si lega i lunghi capelli bruni in una coda.
Sto per chiedergli conto. Mi anticipa “Così è più comodo.” Ah.
Mi accompagna verso il letto, mi fa sdraiare, si mette accanto a me, “Dove eravamo rimasti ?” e lo riprende in bocca.
Non che ce ne fosse bisogno,
E’ inutile, è brava, dannatamente brava. Sto per dirglielo ma ancora una volta mi anticipa, sembra mi legga nel pensiero. Senza dire niente conclude con un bacino quello che stava, proficuamente, facendo e, ritenendo evidentemente adeguata la situazione, si alza per posizionarsi sopra di me.
“Aspetta un attimo, ho un preservativo nella giacca …”
“No, tranquillo. Prendo la pillola. E per il resto siamo entrambi ragazzi seri, rimane tutto in famiglia.”
E la parte finale la dice con un tono che mi rimescola tutto.
Lo prende, e mi fa lentamente entrare in lei. Scivolo come nel burro.
Arrivato in fondo si ferma, ci godiamo il momento. Scende e mi bacia.
E in quel bacio c’è tutto quel che c’è da dire.
Mentre ci baciamo non possiamo fermarci, è impossibile.
Si tira su e mi guarda. “Ti piacciono ancora ?”
“Si, dammele.”
Scende con il suo seno sul mio viso, me le offre da baciare, succhiare, leccare, e tutti i verbi che esistono …
Con le mani sul suo culo aiuto a sincronizzare i nostri movimenti. Ma è tutta una scusa per palpeggiarlo, non ce n’è bisogno, i nostri ritmi sono perfettamente sincronizzati da soli.
Un po’ perché la memoria ha fatto il suo lavoro. Ma molto più semplicemente perché siamo due esseri umani che, in questo momento, hanno l’unico scopo di cercare il piacere. E’ la genetica, bellezza.
Aumentiamo sempre più il ritmo, sento che il “l’ora delle decisioni irrevocabili” sta oramai giungendo.
Cerco di mantenere il controllo, di pensare ad altro, le scadenze, il mutuo, le elezioni … Ma non c’è niente da fare, la strada è in salita. O meglio, in discesa. Una discesa libera.
Provo a farle capire qualcosa, la necessità di darsi una raffreddatina ma lei, ovviamente anticipandomi, mi bacia ed aumenta ulteriormente il ritmo. No, bimba, non si fa così, avevo anche altri progetti per stasera.
Ma lei nulla, pare infoiata. E allora sai che c’è bimba, vada come vada, te la sei cercata.
Mi lascio andare, godo di ogni singola sensazione di ogni singolo istante. Mi godo tutto quel ben di Dio che ho a portata di mano. Lei mi carezza i capelli e tiene stretta la testa, non mi fa fuggire dal bacio.
Fino al culmine.
Godo. Godiamo.

Gli ultimi spasmi, poi la tensione scende. Ci rilassiamo. Mi guarda negli occhi, esco con un “Ah, però !”, e ci scappa ad entrambi da ridere.
Si accoccola accanto a me, mi carezza il petto. “Se vuoi farti una doccia c’è l’asciugamano celeste nel bagno che è pulito.” Lo so che è questa la situazione, che queste sono le “regole del gioco” ma a me questa intimità “casalinga” continua a lasciare basito.
“Perché non ti fermi per cena ? Ordiniamo una pizza a domicilio.”
“E Giuseppe, non torna ?”
“Tranquillo, dopo il cinema portava i bimbi a mangiare una pizza. Lui non è un problema, se vuoi lo chiamiamo per sicurezza.”
“Si, e che gli invento alla Dani, sa che ho una riunione di lavoro.”
“Inventagli qualcosa … La fantasia non ti manca.”
Sono dubbioso. Si alza “Intanto la doccia la faccio io, se mi vuoi raggiungere …”.
“Uhm … ora ci penso”. Intanto facciamoci la doccia assieme, poi si vede.
La doccia è molto ampia, ci stiamo belli larghi. Lei è più avanti, si sta già sciacquando i capelli.
Entro dentro e lei inizia ad insaponarmi. Prima la schiena, poi il petto. Poi scende in basso e me lo lava con accuratezza. Io faccio altrettanto con il suo seno, scendendo poi fino al ventre, la sua schiena, scendendo fino in fondo.
Tutte queste pulizie accurate hanno un certo effetto. Lei lo nota e, con la scusa di prendere lo shampoo, girandosi di schiena, si piega leggermente in avanti, appoggiata a me. “Certo che se tu ti fermassi … potremmo divertirci ancora un pochino …”.
Vigliacca, non si fa così.

“Pronto Dani, qui è un casino.”
“Che è successo ?”
“I clienti americani sono incazzati, vogliono far saltare tutti gli ordini, dicono che c’è stato un problema nelle forniture.”
“E se sono accorti stasera ?”
“No … Lo sapevano da prima. E’ tutto un gioco di trattativa. Fanno i furbi perché sanno che hanno il coltello dalla parte del manico e vogliono sfruttarlo sul prezzo. Ora possiamo solo contenere i danni. Sennò qui salta la baracca.” Forse stavo esagerando …
“E non c’era stato nessun segnale prima ?”
“No, macché. Stavolta c’hanno preso in castagna, la prossima volta meglio se ci prepariamo un piano B, di riserva.” Più rassicurante.
“Vabbè, quindi, come funzioni ?”
“Ci portano qualche tramezzino in ufficio, dobbiamo riverificare tutte le specifiche tecniche. Farò nottata. Te comunque vai a nanna, non ti preoccupare.”
“Ah, mi dispiace per te, poverino. Speriamo vada tutto bene. Hai proprio ragione, è sempre meglio pensarci ad un piano di riserva.”. Probabilmente accennando al discorso elezioni a breve, la possibilità di non essere rieletta.
“Buonanotte amore.” Fermo e determinato, stavolta.
“Buonanotte anche a te, riguardati, non ti stancare troppo”.

Barbara sbuca, si è messa in pigiama. “Le ciabatte di Giuseppe sono nella scarpiera.”
Pensavo avesse preparato anche un paio di ciabatte apposta per me …
“Ho già ordinato la pizza, tra un quarto d’ora arriva, per te un pane arabo, va bene ?”
Stasera comanda lei su tutto, neanche la pizza mi fa scegliere.
In effetti, è proprio quello che avrei scelto.
Il tempo di rivestirsi e suonano al campanello, cerco il portafoglio “No, offro io. Stasera sei ospite”.
Ci accomodiamo a tavola, un paio di birre artigianali dal frigo, iniziamo a mangiare.
All’inizio un po’ di imbarazzato silenzio. Più da parte mia che sua (e che te lo dico a fa).
Poi lei rompe il ghiaccio, ed iniziamo a parlare. La scuola dei bimbi. Le vacanze, “Perché non si fanno nuovamente assieme ?” con tutto il non detto di quel punto interrogativo). Il lavoro, esce anche brillante con un “Tutto bene poi con quei clienti ?”, e scoppiamo a ridere.
Tutti i discorsi che sono normali tra due amici da una vita, gli stessi che avrebbero fatto se la pizzata fosse stata estesa ai rispettivi coniugi.
Le pizze finiscono, le birre anche. Caffè e ammazzacaffè.

Nuovo silenzio imbarazzato. Stavolta entro in campo e rompo io gli indugi.
“Ma quel discorso di prima, poi, che si fa ?”
Mi sorride “Ah, è vero.”
Si alza, ci baciamo. Meno male, avevo già paura che mi indicasse dove era lo spazzolino da denti che aveva preparato per me.
Le mani partono, la situazione si fa nuovamente interessante.
La faccio scendere con la testa, si inginocchia e me lo prende nuovamente in bocca. Le tengo la testa per la coda (aveva ragione, anche su questo, in effetti è più comodo) e mi muovo io. E’ così che mi piace.
Quando sono eccitato la faccio alzare ed appoggiare al tavolo di cucina. Le tiro giù i pantaloni del pigiama, era senza biancheria (vigliacca). La carezzo, è pronta. E’ sempre stato questo l’effetto che ha avuto su di lei prendermelo in bocca.
Entro in lei, rudemente. Lei apprezza. Allungo le mani sotto la maglia del pigiama, le scopro i seni che palpeggio mentre battono sul tavolo. Aumento il ritmo, le palpeggio il culo, con una certa rudezza, so che le piace in questo modo.
Stavolta i tempi sono più lenti, possiamo giocare un pochino di più. La faccio alzare ed andare verso il divano, ancora nella stessa posizione “Così stiamo più comodi.” e ricomincio.
Dopo un po’ esco, vado dall’altra parte del divano e, prendendola e tenendola ferma per la coda, glielo propongo. Un pochino poi torno dietro. Lo faccio altre due volte. Ogni volta che torno in lei lo sente, più duro, e lo segnala, e non solo a parole.
E se ne esce, con la voce trasformata dall’eccitazione, con una proposta …
“Ma io, prima, pensavo anche a qualcosa di speciale … per ricordare i bei tempi …”.
La lucidità è quella che è e, manca poco, e questa frase, la consapevolezza di quel che significava, basta a farmi perdere. Ma ce la faccio, tengo il punto.
“Ah beh, in effetti …”. Esco da lei, torno l’ultima volta alla sua bocca, la rigidità è fondamentale in queste cose. Nel frattempo la carezzo dietro, inizio a dilatarla con un dito, lascio che si rilassi poi spingo in profondità, ruotandolo, sempre di più.
Lei si muove, apprezza quest’operazione. E lo manifesta leccandomi, replicando gli stessi movimenti con le due estremità del suo corpo.
Vado dietro di lei. “Fai piano, lo sai.” E mi strizza anche l’occhio mentre lo dice. Questa è inarrestabile…
Metto dentro la punta, lentamente, millimetro dopo millimetro, aspetto che le si rilassi poi spingo ancora.
Piano piano tutta la punta è entrata “Sai com’è, passata la testa, è tutta una festa.”. Ride, ridiamo entrambi, e le scosse dei nostri corpi, incastrati in un modo così rigido, si amplificano tra loro. In questo modo guadagniamo qualche altro millimetro. Torno indietro e faccio gioco di questi pochi centimetri guadagnati e, senza fare uscire la testa, inizio un lento su e giù. Lei si rilassa sempre di più, si lascia andare. Allora approfitto e spingo ancora. Lei si carezza. Piano piano riesco ad infilarlo tutto. Ci sono, sono lì, tutto dentro.
La sensazione di potenza che ti dà sodomizzare una donna è qualcosa di non descrivibile a chi non l’ha provata. Dicono, non lo so, che anche l’intensità della di quello che prova la donna sia qualcosa di inimmaginabile. Poi ci diranno che è un discorso anatomico, di maggiore pressione.
Ma la verità è che è un atto di dominanza, e di sottomissione. E’ inutile girarci intorno. E’ una roba di testa.
Niente di violento, ci mancherebbe. Tra due persone che lo vogliono, tutto è lecito.
Appena arrivi in fondo ti fermi. In quell’istante ti senti il re del mondo.
“Allora ti piace ancora il mio culo ?”
“Si, sempre piaciuto, anche da dentro.”
E ridiamo.
“Ma queste cose qui te le fa fare la Dani ?”
“Lasciala stare la Dani …” e spingo, rudemente. Apprezza, forse lo fa apposta.
Si è rilassata, ora posso accellerare il ritmo. Lei apprezza.
E continua ad apprezzare. A lungo.
Finché non sente che mi sto avvicinando al finale. Se ne accorge, intensifica le carezze, “Voglio sentirti”.
E mi sente.
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