tradimenti

Giulia


di TheWriter
11.02.2021    |    8.067    |    1 8.7
"Senza dirlo esplicitamente entrambi decidemmo di aspettare fino a quando non fossimo arrivati..."
Il racconto che segue è ispirato alle foto ed alla descrizione di una coppia che è qui su A69. Spero che loro si divertano a leggerlo quanto a me è piaciuto scriverlo.



Quando apparve sulla porta, la mano che stava portando la tazzina con il caffè dal piattino alla bocca interruppe il tragitto. Doveva avere circa 30 anni. I miei occhi rimasero incantati da quella figura slanciata, resa ancora più imponente dai tacchi, e dai suoi lunghi capelli scuri che, nella danza provocata dall'incedere, le accarezzavano le guance per poi adagiarsi come fili di seta sulla pelle nuda delle spalle. Era impossibile non perdersi nella scollatura del suo abito o rimanere insensibili al sinuoso movimento dei fianchi che erano promessa e preludio di una ricompensa dolce e proibita.

Appena entrata, gli sguardi degli altri commensali si erano posati su di lei e sul suo corpo. Gli uomini: intenti a cercare di immaginare in tutta la loro magnificenza i seni a malapena nascosti dal vestito; le donne: alla disperata ricerca di un difetto che rendesse meno amaro il confronto. Mentre procedeva attraverso la stanza, mi resi conto che quelle occhiate non le davano fastidio, anzi, il sorriso che le illuminava il volto rivelava la convinzione che tutto ciò le fosse dovuto, come una regina che rivendica e si compiace delle attenzioni della servitù. Quando mi passò accanto, abbassando lo sguardo, riuscii a vederle per un istante le caviglie cinte dal sottile laccio nero delle scarpe, e non potei fare a meno di fantasticare su altri lacci con cui stringerle le carni per obbligarla ad assumere posizioni per il mio e il suo piacere. Mi superò per sedersi a qualche tavolo di distanza. Anche se non potevo più osservarla, a ricordami della sua presenza rimase il profumo. Una fragranza di mela verde e gelsomino mescolata all'essenza dell'ambra e del legno di limone.

Pensai a quando, qualche ora prima, doveva aver reclinato all'indietro la testa per spruzzare sul collo migliaia di goccioline profumate. La immaginai dopo il bagno, avvolta in un accappatoio bianco, accarezzarsi per portare il profumo verso il seno. Nella mia testa, vidi i capezzoli reagire a quel tocco e lei indugiare più del necessario con la mano a valutare la tonicità del ventre prima di scendere ulteriormente. Guardandosi nello specchio, doveva aver passato una mano sul suo sesso per assicurarsi che fosse ancora morbido e liscio, pronto per le mani o la lingua di un amante che già odiavo.
Poi, una volta aperto un cassetto, aveva scelto un perizoma nero e, dopo averne valutata la trasparenza con il dorso della mano, l'aveva indossato. Con lo sguardo doveva aver indagato su quanta parte della sua fessura fosse ancora visibile, per capire quanto desiderio avrebbe potuto scatenare. Doveva aver sorriso nel sentire le natiche completamente scoperte, consapevole del fatto che qualora si fosse piegata in avanti, le labbra sarebbero emerse dietro la sottile striscia di tessuto.
Come reggiseno doveva aver scelto un capo altrettanto provocante, per far sì che, sotto al vestito, i seni sembrassero liberi da qualsiasi costrizione e che gli sguardi potessero esaminare quanti più centimetri di pelle possibile.
Distrattamente, poi, aveva infilato le calze, sistemando l'elastico sulle cosce in maniera tale che non le dessero fastidio e che il vestito non mostrasse il ricamo superiore fino a quando lei non avesse voluto, magari dopo aver accavallato con sapienza le gambe.
Aveva quindi preso dall'armadio quel vestito nero che le lasciava completamente scoperta la schiena e gran parte del seno e che, all'altezza dei fianchi, prendeva ad allargarsi leggermente per arrivare a coprire le gambe poco sopra il ginocchio. Inclinando in modo innaturale il piede, aveva indossato prima una e poi l'altra scarpa, osservando compiaciuta nello specchio l'effetto dei tacchi a spillo sui suoi polpacci e il suo sedere.

Fu il cameriere ad interrompere quei pensieri quando mi chiese se avessi bisogno ancora di qualcosa. Lo guardai e, senza parlare, feci cenno di no.
Uscii dalla sala del ristorante chiedendomi come avrei potuto fare per parlarle. Ero in quell'albergo già da due giorni e non l'avevo mai vista prima. Non ero riuscito a vedere nemmeno se al tavolo fosse sola o avesse raggiunto qualcuno.
Decisi di fermarmi al bar dell'hotel per tener d'occhio la reception. Dopo circa 30 minuti la mia pazienza fu premiata e la vidi arrivare. Dopo aver parlato con il ragazzo alla concierge ed essersi fatta consegnare il soprabito, indossò degli occhiali da sole e si avviò verso le porte girevoli dell'ingresso. Aspettai che fosse in strada e quindi mi alzai per seguirla.
L'aria del pomeriggio era già fresca e il mio vestito probabilmente era troppo leggero per la brezza che arrivava dal fiume.
Lei camminava a circa 20 metri da me con un passo che mi faceva pensare che sapesse benissimo dove stava andando. Conoscevo ormai bene quella zona per aver io stesso fatto lunghe passeggiate prima di rientrare in hotel la sera. Era un dedalo di viuzze maleodoranti e piccole botteghe che mal si addicevano, a mio parere, alla classe e all'eleganza di quella donna. Di tanto in tanto la vedevo fermarsi ad osservare una vetrina e non potevo fare a meno di chiedermi come lei potesse essere interessata a quegli oggetti dozzinali.
Ad un certo punto vidi che, con un gesto del braccio, aveva fatto segno ad un taxi di accostare. La delusione per quell'epilogo mi fece perdere qualsiasi speranza anche solo di poter ascoltare la sua voce e rimasi fermo nell'attesa di vederla scomparire all'interno della vettura.
D'un tratto, invece, mentre teneva una mano poggiata al tetto della macchina, guardò nella mia direzione. Con gli occhi nascosti dalle lenti scure, non potevo avere la certezza che mi stesse fissando, ma ebbi la sensazione che volesse che io mi avvicinassi.
Dopo aver preso coraggio ricominciai a camminare. Quando fui a pochi metri da lei, si decise ad aprire la portiera lasciandola aperta dietro di sé.
Con il cuore in gola la seguii nell'abitacolo che istantaneamente si riempì del suo profumo. Il taxi partì e per alcuni lunghissimi istanti nessuno parlò.
Da vicino era bellissima. Il soprabito, apertosi, mostrava per tutta la loro lunghezza le gambe accavallate ed ebbi l'impressione che l'autista stesse godendo dello stesso spettacolo.
"Giulia" disse lei porgendomi la mano.
"Davide" risposi toccando finalmente la sua pelle.
"Dove andiamo?" mi chiese togliendosi gli occhiali con un gesto che mi parve degno di una diva del cinema
Del resto della città conoscevo veramente poco e, per di più, non avevo alcuna idea delle sue intenzioni.
Sfiorandomi ancora la mano chiese "Ti va di bere qualcosa?"
"Si" dissi sentendo di non essere assolutamente padrone della situazione.
Giulia diede le istruzioni all'autista che annuì guardandola dallo specchietto retrovisore.
"Mi stavi seguendo?" chiese accavallando le gambe nel verso opposto.
"Scusami" dissi mentre sentivo il mio viso cambiare colore "ti ho vist..." con due dita poggiate sulle mie labbra Giulia mi impedì di terminare la frase.
"Ti avevo visto anche io" disse sorridendo
Guardai ancora le sue gambe. Erano perfette. Presi coraggio e appoggiai una mano sul
ginocchio. A quel mio gesto Giulia sorrise di nuovo.
"Sei sposato?" chiese guardando l'anello che portavo all'anulare.
Annuii, abbassando per un attimo lo sguardo.
"Sono sposata anche io" disse mettendo la sua mano sulla mia.
In quel momento sentii di volerla a tutti i costi. Avvicinai la mia bocca alla sua e cominciai a baciarla. Le nostre lingue si cercarono e continuarono a toccarsi lentamente per un tempo che mi sembrò infinito.
Mentre le nostre labbra rimanevano incollate, presi ad accarezzarle il collo. Giocai con i suoi capelli e cercai la curva delle sue spalle. La sua pelle era morbida, sembrava fatta apposta per essere accarezzata. Presi a tormentarle un orecchio fino a quando, rossa in volto, Giulia disse "Vogliamo tornare in hotel?"
"Direi di si" le risposi sorridendo.
Alle nuove istruzioni il guidatore rispose con un cenno della testa identico al precedente.
Senza dirlo esplicitamente entrambi decidemmo di aspettare fino a quando non fossimo arrivati.
Giulia chiuse leggermente il soprabito e io cercai di tenere a bada l'erezione che ormai si era fatta prepotente nei miei pantaloni.
Arrivati davanti l'albergo seguii Giulia nell'entrata
"Andiamo da te" disse lei con gli occhi carichi di desiderio
"Va bene" risposi
Il tragitto in ascensore fu una vera agonia. Insieme a noi c'era un'anziana coppia che aveva premuto il tasto con il numero 12. Questo significava che non saremmo rimasti soli fino al piano della mia stanza. Durante il tragitto, tuttavia, Giulia tolse il soprabito lasciando che l'uomo sbirciasse nella sua scollatura. Giulia mi guardò divertita mentre la moglie lanciava un'occhiataccia al marito.
Appena fuori dell'ascensore cominciammo nuovamente a baciarci.
Riuscimmo a raggiungere la camera appena in tempo prima che decidessi di spogliarla nel corridoio.
Appena entrata Giulia buttò a terra il soprabito e andò a sedersi sul letto.
"Mi dai qualcosa da bere" chiese mentre toglieva una delle scarpe.
Presi dal frigobar una delle piccole bottiglie presenti e la versai in un bicchiere.
Giulia bevve il liquido tutto d'un fiato, quindi, disse "Dammene ancora".
Dopo il secondo bicchiere, ridendo, si buttò all'indietro sdraiandosi sulla schiena.
Pensai ancora una volta che fosse bellissima. Il vestito, salito leggermente nel sedersi sul letto lasciava scoperte le sue gambe lunghe e magre. Mi inginocchiai per guardarle meglio e con un dito accarezzai il tessuto delle calze
"Mi fai solletico così" disse ridendo.
Con delicatezza le sollevai un po’ di più il vestito in maniera da intravedere la stoffa delle mutandine e l'orlo delle autoreggenti.
"Sei bellissima" le dissi
"Grazie" rispose Giulia mimando con le mani nell'aria il gesto che di solito accompagna un inchino.
Nella sua freschezza e ingenuità sembrava una ragazzina.
Le alzai ancora di più il vestito mettendo completamente in mostra il suo intimo.
Con il pollice e l'indice cominciai a carezzarla sopra il tessuto che già cominciava a far trasparire la sua eccitazione.
"Uhmmm" disse lei chiudendo gli occhi senza smettere di sorridere.
Le aprii maggiormente le gambe in maniera tale da poter osservare meglio la pelle nuda tra le calze e le mutandine.
Sentivo la mia eccitazione crescere di momento in momento e la vista di lei abbandonata alle mie carezze rendeva tutto ancora più ingestibile.
Decisi di sfilarle del tutto il vestito. Giulia assecondò i miei movimenti e rimase in reggiseno.
Tolsi anche quello e mii avvicinai per guardare da vicino quelle meraviglie. I seni erano sodi e la pelle tutta intorno era coperta da decine di piccoli nei che sembravano disegnare un percorso del piacere. Presi a succhiare uno dei capezzoli mentre con la mano, inconsciamente, cominciai un movimento come se la stessi mungendo. Lasciata la presa con la bocca, cominciai la stessa manovra con entrambe le mani. Le chiesi di girarsi in maniera tale da vedere la sua schiena e poterla toccare da dietro.
Giulia ubbidì e inarcando la schiena sporse il petto in fuori.
In quella posizione, oltre ai seni, Giulia mi offriva la vista del suo culo praticamente nudo ad eccezione di un sottilissimo filo che lo solcava per metà. Sorrisi pensando che avevo indovinato.
Cominciai a baciare la pelle del sedere, cercando di individuare l'odore del suo sesso. Ad ogni bacio la vedevo incurvare di più la schiena.
"Posso" le chiesi mentre cominciavo a sfilarle il perizoma
"Devi" disse lei di rimando.
Quando fu sceso fino alle ginocchia mi trovai finalmente davanti a quello che avevo sognato dal primo momento in cui era entrata nel ristorante.
I suoi umori bagnavano completamente la sua apertura mentre il buchetto posteriore sembrava chiedere le mie attenzioni. Con la punta della lingua cercai il suo sapore e al primo tocco vidi una delle sue mani raggiungere il clitoride.
Rimanemmo così per qualche istante mentre lei scossa dal piacere si accarezzava ed io con la lingua raccoglievo i succhi prodotti dall'eccitazione.
Liberatomi dei pantaloni accostai il mio membro al suo sedere.
Mentre con la cappella strusciavo la sua carne chiesi di nuovo "Posso?"
"Devi" disse nuovamente, mescolando nella voce l'ilarità ed il godimento.
Spinsi la mia asta dentro di lei e cominciai a muovermi lentamente per gustare appieno il calore e la morbidezza della sua vagina.
Giulia cominciò a gemere sottovoce mentre con la mano continuava a masturbarsi.
Mentre entravo ed uscivo da lei, osservavo piccole chiazze dei suoi umori disegnare delle striature sulla mia pelle.
Giulia continuava ad essere percorsa da tremiti.
"Vorresti qui anche tuo marito ora?" mi venne da chiederle
"Si" rispose con un filo di voce
"Vorrei sentirlo nella mia bocca" aggiunse
L'idea del suo corpo diviso tra due maschi aumentò a dismisura la mia eccitazione e dopo aver inserito più volte la mia carne fino alla base le venni dentro.







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