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La voglia di essere femmina di mio marito - 1


di Membro VIP di Annunci69.it Lallatrav
30.01.2022    |    18.892    |    52 9.9
"E ritornò al suo richiudere i bottoni, senza più degnarmi di una parola..."
Quando ho sposato Luigi ancora non mi ero resa conto del vero motivo per cui, prima ancora di chiedermi di sposarlo, mi chiese di andare ad abitare assieme; lo scoprii col tempo: il vero motivo era la sua passione per i miei vestiti.
Avevamo all'incirca la stessa taglia, per cui non potevo trattenerlo dal curiosare nel mio armadio, quando non c'ero, provando ogni vestito che avevo.
Quando l’ho scoperto eravamo già sposati e la cosa mi ha fatto davvero incazzare, ma lo amavo e quindi ho pensato, va bene, se lui vuole indossare abiti da donna, ecco cosa gli farò fare, a tempo pieno. Non solo come mio marito, ma come mia domestica.
Quando glielo dissi, ammise che in realtà non gli importava tutto il lavoro che avrebbe dovuto fare come governante, perché il farlo gli avrebbe fatto realizzare il suo desiderio più grande: essere in gonne a tempo pieno.
Così approfittammo del veglione di Carnevale e acquistammo in un grande magazzino gestito da cinesi un vestito da cameriera, nero e col grembiulino bianco, e una pacchianissima parrucca bionda, che Luigi indossò non senza scatenare l’ilarità degli amici presenti alla festa.
Con quel vestito in un paio di occasioni si presentò anche a letto e la cosa non mi dispiacque affatto, perché stranamente l’indossarlo lo faceva diventare decisamente più baldanzoso e arrapato.
Ma poi ha continuato a tormentarmi.
Perché doveva indossare sempre e solo l'uniforme da cameriera?
Perché non poteva indossare alcuni dei miei abiti anche se solo per qualche occasione?
Lui voleva di più.
Bene, per quanto mi riguardava, una domestica è una domestica e dovrebbe essere sempre vestita come tale.
Per portarlo (o portarla?) a pensare a sé stessa come a una vera donna e non una serva umile che comunque, da quel momento , sarebbe stato tutto ciò che io la avrei considerata, ho pensato ad un vestito speciale fatto solo per lei.
Tempo fa ho frequentato un corso da modellista e, dopo aver messo giù uno schizzo per un vestito che davvero dimostrasse quanto succube e femminile potesse essere, l’ho chiamato per farglielo vedere.
Quando gliel'ho mostrato è andato in visibilio, non credendo che io lo avessi davvero disegnato apposta per lui e non credendo, però, che io gliel'avrei mai regalato.
Mi piacque lasciarlo nel dubbio, per il suo abito dei sogni.
Era un abito vistoso, lungo e molto stretto ai fianchi, di raso rosa, come quelli che si vedono nei balli eleganti dei vecchi film, pieno di pizzi e con strati di enormi balze di tulle sul fondo.
Per creare il modello mi ero fatta consigliare da Claudia, una mia amica con la passione della sartoria, con cui condivido anche bei momenti per le nostre confidenze, sempre più frequenti, dato che ultimamente lei è un po’ in crisi col marito, sempre assente sia a casa che nel letto, nonostante lei sia davvero una bella donna, mora e con un fisico davvero desiderabile.
Ma torniamo al vestitino per Luigi…
Così un giorno mi sono decisa e sono andata in merceria per comperare la stoffa di satin rosa e il tulle, anch’esso rosa, ma fin da subito, parlando con la commessa, è emersa tutta la difficoltà che avrei trovato nel creare quel vestito così impegnativo.
Ho cercato quindi su diversi siti internet e ho trovato un modello incredibilmente simile al mio modello, su un sito di costumi carnevaleschi, che subito ho ordinato. Ero eccitata come una bambina e ho aspettato con ansia il corriere, sperando che la misura del vestito fosse vicina alle mie misure e a quelle di Luigi.
Così non fu. Il vestito era decisamente troppo grande e ho dovuto adattarlo, in alcune serate di lavoro per cui ho chiesto ancora aiuto a Claudia, che è stata ben felice di aiutarmi, ma durante una delle serate in mezzo ad aghi, forbici e filo rosa, ha iniziato a farmi strane domande, puntando sul fatto che non trovava adatto a me un simile vestito, conoscendo bene i miei gusti.
Dopo un po’ di insistenze le ho confessato il vero motivo, raccontandole di Luigi e della sua insospettabile passione per gli abiti femminili, dato che mio marito è dirigente in una multinazionale ed ha decisamente un ruolo importante e di comando su molti suoi sottoposti.
Dopo un suo primo momento di stupore, siamo entrambe scoppiate in una fragorosa risata. Non è forse il sogno di tutte noi, fin da ragazze, avere un’amica da poter vestire a nostro piacimento?
E Luigi lo sarebbe stata per entrambe. Sì, perché Claudia mi ha chiesto, in cambio del suo aiuto, di poter assistere alla prima sessione di prove ufficiali del vestito per la mia nuova governante.
“A proposito, e come la chiamerai?”, mi chiese Claudia divertita.
Gigi! La chiamerò Gigi! Ma non come un uomo. Gigi con entrambe le “G” pronunciate alla francese, un pochino strascicate…
Dopo alcune serate di lavoro l’abito era finito e Claudia mi disse che non poteva mancare la prova su di me, per capire se ci eravamo almeno avvicinate alla misura ideale per Gigi. Così mi ha convinta ad indossarlo per lei, per capire gli ultimi ritocchi da dare.
Un po’ mi sono vergognata, nello spogliarmi davanti a lei, ma poi è stata così carina e ricca di complimenti, che non ho fatto neppure caso a come abbia poi saputo accompagnare la stoffa lungo i miei fianchi, con continue carezze, colpettini e schiaffetti ai miei fianchi, tanto che in un paio di occasioni mi hanno fatto salire un brivido lungo la schiena.
Da quanto qualcuno non mi toccava così? E da quanto qualcuno non mi faceva i complimenti per il mio fisico, come stava facendo Claudia con piacevole insistenza?
“Però il solo vestito non basta!” sbottò ad un tratto Claudia. In che senso? Le chiesi.
“Nel senso che una governante che si rispetti deve avere anche le sue cosine, adatte a farla sentire femmina totalmente.”
“Un paio di scarpe decolletè, ad esempio!” incalzò Claudia. “E l’intimo? Non abbiamo pensato all’intimo!”
Dai, non scherzare Cla! E invece non scherzava affatto! “Dai, togliti il vestito, vai di là e prendi qualcosa di carino! Col pizzo, magari… Poi per le scarpe penseremo a qualcosa…”
Senza pensarci su troppo sono scivolata fuori dal vestito, sono volata in camera e ho tirato fuori dal cassetto un paio di completini molto sexy che mi aveva regalato Luigi, ma che avrò usato si e no un paio di volte, per uscire a cene eleganti con lui e i nostri amici. Poi, in un angolo del cassetto, ho trovato un pacchettino, con un completo che mi ero regalata anni prima, pensando che prima o poi avrei trovato una serata adatta per fargli una sorpresa, ma mai l’avevo neppure aperto e me ne ero sinceramente dimenticata.
Era un completo in pizzo nero, con reggiseno a balconcino, leggermente aperto per mettere in evidenza le tette (dato che io solo ho una seconda misura), mutandine a perizoma aperte sotto (quelle che lasciano scoperto tutto il solco insomma…) e un reggicalze meraviglioso, coordinato con tutto il set. Mi ero anche dimenticata che quella volta che l’avevo acquistato avevo voluto esagerare e avevo anche aggiunto un paio di calze cubane con riga e tacco nero, che ora erano spuntate, assieme al completino, in fondo al cassetto.
Tornai da Claudia che, non appena vide il contenuto del pacchettino, scostò subito il resto della lingerie, con fare disgustato.
“E’ questo!” e lo disse con un tono che non lasciava spazio a nessuna altra possibilità di scelta, “Luigi, per diventare la nostra Gigi, non può che iniziare indossando questo!”.
E lo disse con uno scintillio negli occhi e un tono di voce che non le avevo mai visto, quasi stesse anche lei cambiando, come mio marito, l’idea che si era fatta di sé stessa fino ad allora.
Che stessi creando due mostri? Mi sorpresi a guardarmi nello specchio, con un sorriso inaspettato, mentre Claudia mi aveva già sfilato la tuta che indossavo e l’intimo sportivo di sempre e li stava già sostituendo con il completino nero.
“Dai siediti, che proviamo anche le calze!”. E mi diede una leggera spinta che mi fece cadere sulla sedia, giusto di fronte allo specchio verticale che di solito uso in guardaroba.
Ero come in trance… Mi guardavo seminuda nello specchio, pensando a come sarebbe stato vedere Luigi con addosso la stessa lingerie che Claudia mi aveva sapientemente fatto indossare e, ora, alle sue mani che mi stavano facendo scorrere quelle splendide calze di seta nera lungo le mie gambe affusolate.
Era in ginocchio, davanti a me, e mi stava trattando e vestendo quasi fossi una bambola, la sua bambola.
Guardarmi allo specchio, con Claudia inginocchiata ai miei piedi che mi fermava l’ultimo gancio del reggicalze accompagnando il bordo di seta nera con il dito in quella che sembrava una carezza impercettibile alla mia coscia, con un gesto quasi servizievole, ma con un comportamento più dominante che succube, e sentire improvvisamente il suo profumo così vicino e così dannatamente inebriante, mi fecero trasalire: mi ero totalmente bagnata sotto! E lei se ne era accorta, vicina com’era alla mia passerina, lì in ginocchio davanti a me.
Le brillò lo sguardo e senza neppure degnarmi di una parola, ma guardandomi fissa negli occhi, allungò la mano, che solo ora mi accorsi era magnificamente smaltata di rosso, e me la infilò leggermente ma con decisione proprio lì, dove avevo un lago che stava macchiando il perizoma, sul davanti.
Non so come, ma rimasi impietrita, guardandomi nello specchio mentre lei mi frugava dentro, aggiungendo un dito e poi un altro, con decisione e con un modo di fare che faceva capire che quella non era la sua prima volta. E l’ultima immagine di me che ricordo fu quella della mia testa che scivolava indietro, mentre mi abbandonavo al tocco di Claudia, che mi sembrava ora così stranamente esperta.
E strano, ora, mi sembrava anche il rosso carminio dello suo smalto, indubbiamente messo da poco e perfettamente disteso sulle sue mani, come se si fosse preparata apposta per essere più carina in questo nostro incontro, che a me fino ad allora era sembrato del tutto casuale.
“Dimmi che ti piace…” la sentii dire piano, con una voce che sembrava venire da lontano, come fosse in un’altra stanza.
Non risposi a parole, ma capì. Il mio mugolare e i miei fianchi che, allontanandosi dalla sedia, cercavano le sue dita, erano la migliore risposta che potessi darle.
“Dimmi che lo faremo anche a lei…”
Trasalii.
Lei chi?
Di chi aveva il coraggio di parlarmi Claudia, mentre con fare imperioso e sapiente mi frullava tre dita nella fica, oramai fradicia?
“Ti ho sempre ammirata, Paola. E, spesso, mi sono immaginata di fare l’amore con te. Ma ora quest’occasione di avere te e la nostra Gigi assieme, mi fa sembrare tutto un sogno.”
Mentre mi sussurrava questa sua idea si era fermata per un attimo e io mi ero rizzata sulla sedia, incredula. Nello specchio una visione stupenda: io, sudata e vestita come una puttana d’alto bordo, con la mia padrona davanti a me, con la mano fra le mie cosce. E nella mente Gigi. La “nostra” Gigi… Che ancora non sapeva nulla di questi nuovi giochi, di questi nuovi momenti da vivere assieme, io, lei e Claudia.
Venni come non facevo da tempo. Una cascata irrefrenabile inondò la sedia e la mano di Claudia che, senza lasciarmi il tempo di pensare, si alzò, mi si accostò e, piegandosi su di me, mi ficcò la lingua in bocca in un caldo bacio appassionato.
Poi si staccò improvvisamente, come se nulla fosse successo e si portò la mano alle labbra, assaporando il mio umore.
“Cazzo Paola, se sai di buono!”.
E, giratasi verso il vestito lo prese ed era pronta per farmelo provare, come se nulla fosse accaduto fra noi. E già armeggiava con i bottoni, mi tese la mano per farmi alzare e per iniziare la prova. Senza neppure più guardarmi.
“Ma non hai un paio di scarpe col tacco?”, mi chiese di botto. Sssssì…. Sono di là. Ero ancora stordita. Incredula. Bagnata…
“Dai, prendile, che ti voglio vedere ancora più troia!”. E mi sorrise attraverso lo specchio, lanciandomi un’occhiata complice, come fossimo due sorelle che si erano appena scambiate la confessione di segreti indicibili.
Quella situazione mi fece ancor più arrapare; immaginavo già che non sarebbe finita lì, che ci sarebbe stato dell’altro, in futuro. E scattai in guardaroba, tirando fuori il più bel paio di scarpe che avessi mai posseduto: quelle Louboutin nere che mi aveva regalato Luigi, un San Valentino di anni prima, quando ancora impazzivamo d’amore uno per l’altra e che mai avevo più indossato, per la sola paura di rovinare la leggendaria suola rossa.
Così, con quelle splendide scarpe che mi facevano saettare in alto le chiappe, sode per le ore di spinning in palestra e ora splendidamente bordate di pizzo nero, ritornai da Claudia allo specchio, conscia di essere totalmente nelle sue mani.
Mi prese un polso facendomi fermare giusto di fronte allo specchio, così come si farebbe con una bimba capricciosa, e mi fece scivolare di nuovo addosso il vestito che, grazie ai nostri accorgimenti, mi stava davvero a pennello.
A dire il vero il vestito era dannatamente scomodo e anche un po’ kitch, con il suo strettissimo corsetto da sala da ballo, e doveva poi essere allacciato lungo tutta la schiena, con un’interminabile fila di almeno 50 occhielli e bottoncini, che avrebbero sicuramente fatto diventare la vestizione di Gigi – pensai - un rito tanto lungo quanto irresistibilmente eccitante.
Claudia mi si mise dietro, mentre mi guardavo allo specchio compiaciuta di quello che vedevo. La sentii iniziare a chiudere la lunga abbottonatura sulla schiena, iniziando dal basso. Bottone dopo bottone. Occhiello dopo occhiello.
“Claudia, non occorre che abbottoni tutto, no?” le dissi.
Mi prese per i capelli, tirandomi a sé, e guardandomi fissa negli occhi attraverso lo specchio mi zittì con un perentorio “Zitta! Troia!”.
E ritornò al suo richiudere i bottoni, senza più degnarmi di una parola.
Sentivo la mia fichetta sempre più bagnata, lì sotto, e la sola idea che avremmo poi vestito allo stesso modo anche Luigi mi fece pensare a quale ruolo avrei dovuto assumere io, alla presenza di Claudia, ora così spontaneamente dominante.
“Fatto!” la sentii trillare felice, mentre armeggiando sull’ultimo bottone, appena dietro la mia nuca, mi faceva capire che la lunga fila di bottoni era finalmente chiusa. “Dai, zoccola, girati un po’ e fatti guardare!” mi disse con un sorriso spiazzante. “Che te ne pare?”.
Roteai su me stessa, non certo aiutata dai tacchi a spillo, e mentre mi ammiravo di sfuggita allo specchio inciampai con fare maldestro, finendo per caderle rovinosamente addosso. Claudia, con una velocità sorprendente, mi prese al volo per i fianchi e mi attirò a sé.
L’azione costringente del corsetto, il suo abbraccio improvviso e il bacio che mi scoccò senza neppure chiedermi “Posso?” mi diedero un senso di stordimento totale, quasi fossi in un corpo non più mio. L’unica cosa che continuavo a sentire con una forza devastante, in quel momento, era “lei”, la mia patata, che pulsava e continuava a colare, facendomi ora sentire umida fino alle calze.
Mi guardai un’altra volta nello specchio e…. ridevo?
Sì! Perché in quel momento incredibile, mentre Claudia mi succhiava avidamente la lingua, un solo stupido pensiero mi passò per la testa: “Oh cazzo! Dovremo lavare tutto l’intimo!”.
Avrei voluto continuare ridere, di quella scempiaggine nella mia testa, ma sentii all’improvviso che lei aveva già trovato la via, fra decine di strati di tulle, per arrivare ancora alla mia fica. Le sue dita mi diedero il colpo finale e venni copiosamente fra le sue braccia, piena di lei. Della sua lingua e delle sue dita.
All’improvviso un piccolo ma fastidiosissimo trillo ci fece trasalire entrambe. Era un messaggio whatsapp di Luigi che mi avvisava che aveva appena lasciato l’ufficio e stava per rientrare a casa.
Così ci ricomponemmo, non senza quello che mi sembrò un interminabile attimo di silenzio e di colpevole pudore, promettendoci di ritrovarci al più presto per mettere in atto quella che ci venne spontaneo chiamare “la deflorazione di Gigi”.
E lo specchio ci sorprese in una fragorosa, complice risata.
(continua)
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