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Lui & Lei

A mani nude


di Masterpiece68
23.10.2020    |    4.405    |    15 8.2
"Il dito medio riprese a spingere cercando di infilarsi nemmeno lui sapeva troppo bene dove mentre le altre dita palpavano bellamente quanto c’era attorno…..."
Ho fatto le medie in collegio, a centinaia di chilometri da casa…
Come tante esperienze della mia vita non fu certo facile, non fu certo una passeggiata, tutt’altro… Eppure fu al contempo una delle esperienze più belle e formative, perfino esaltante…
Entrai che ero un ragazzino e ne uscii che ero un piccolo uomo… le scelte dirimenti della mia vita le presi lì, le cose davvero importanti per me le capii lì, lì mi resi conto di cosa ero davvero e potevo fare e diventare e per converso ed esclusione cosa assolutamente non volevo essere e diventare…

Finalmente giunsero come tutti gli anni le vacanze di natale, siamo nei primi anni 80, ultimo anno…
Come sempre per tornare a Roma prendevamo il treno, i treni di una volta, interminabili corridoi finestrati con gli scompartimenti con la porta scorrevole… tanta formica di un marrone anonimo e freddo acciaio lucidato, una miriade di targhette in diverse lingue rivettate ovunque.
Scendemmo dal pullman tuffandoci nel freddo umido di una mattinata di dicembre, quell’anno non aveva ancora nevicato ma il tempo era quello tipico con il cielo bianco ed un freddo pungente, quelle cazzo di divise che avevamo addosso stavano all’abbigliamento invernale quanto un dito al culo sta all’igiene orale, collo scoperto e piedi freddi, i guanti in pelle li avevo persi… come sempre.

Ci dirigemmo alla spicciolata verso il binario dove il treno ci attendeva, l’orologio tipico delle stazioni dell’epoca indicava che eravamo un quarto d’ora in anticipo, i tabelloni con lettere e numeri bianchi su fondo nero si aggiornavano di continuo col caratteristico ed unico rumore sfarfallante delle caselline che cadevano l’una sull’altra sino a trovare quella desiderata…
Restiamo con i compagni a dire cazzate vicino alla carrozza di coda poi gli altri man mano salgono e si dirigono ai loro posti ed io mi attardo…
Noto pochi passi avanti a me Loredana, una ragazzona alta quasi quanto me, piena di curve e con due tettone da sbavo (come dicevamo all’epoca), capelli biondo scuro lunghi e mossi, un bel viso e due profondi occhi verdi sempre calmi e placidi… non ricordo di averla mai vista perdere la calma o lasciarsi andare ad eccessi particolari… ci avevo ballato qualche lento (come si chiamavano) e mi era sempre piaciuta, anzi a dire il vero mi aveva sempre attizzato parecchio per la sua abbondanza di forme.
Ci guardiamo e scambiamo due chiacchiere banali sul freddo, sulle vacanze e sul fatto che per me sarebbe stata comunque l’ultima volta visto che ero all’ultimo anno finché lei azzarda un sincero “peccato” ed io rispondo pronto “beh, si… per tante cose sarà un peccato” ed era vero, avevamo gradi di libertà impensabili per i nostri coetanei, eravamo spinti ad essere autonomi e responsabili.
Da quel momento le chiacchiere banali tra noi cessarono e restammo a guardarci dritto negli occhi per istanti che parevano secoli… volevo fare quel mezzo passo che ci separava e baciarla ma eravamo potenzialmente davanti a tutti e a quell’età (e a quei tempi) ci facevamo un sacco di pippe mentali (io non solo mentali a dire il vero!), quindi restammo così, immobili, uno di fronte all’altra.
A spezzare l’empasse ci pensò la burbera e spiccia responsabile che arrivando tutta trafelata coi biglietti in mano ci intimò di sbrigarci a salire, ci diede i biglietti e mi chiese “saliti tutti?” gli dissi che per quanto ne sapevo mi sembrava di si, di quelli che erano arrivati lì c’eravamo solo io e Loredana… “sbrigatevi ci vediamo più avanti, siamo verso la testa del treno”, salì e sempre a passo svelto si allontanò in direzione locomotore, sentimmo il tipico scalpiccio delle scarpe comode col tacco basso perdersi a distanza fino a scomparire.
Noi con tutta calma salimmo le scalette in metallo traforato, feci andare avanti lei e mi gustai quel magnifico culone che tendeva il tessuto blu scuro della gonna al ginocchio…
Per la prima volta nella mia vita mi scatto qualcosa dentro, una parte che non conoscevo, con cui non avevo ancora mai avuto a che fare… non era arrapamento o l’eccitazione sessuale, la voglia di toccare ed esplorare un corpo femminile, no, quelle cose le conoscevo già, questo era qualcos’altro, qualcosa che poi anni dopo avrei definito “modalità killer”, one shot, one kill… una determinazione ed una lucidità estrema unita ad una consapevolezza, calcolo e capacità d’analisi delle dinamiche che avevo attorno impressionante…
Decisi che volevo mettere le mani su quel culo che ancheggiava da un lato e dall’altro ad un passo da me… le girò la testa e vide che avevo gli occhi incollati al suo posteriore ed invece di ancheggiare cominciò proprio a sculettare… “eh cazzo” mi dissi...
Mi godei la cosa per pochi passi poi accorciai la distanza a mezzo passo e poi presi il ritmo dei suoi piedi seguendolo con i miei e annullai la distanza, appoggiai decisamente la mano destra sulla sua chiappa destra e la presi letteralmente in mano, lei ebbe un sobbalzo ma non si scompose, azzardò un “ma dai” e continuo a camminare come nulla fosse…
Il treno partì ed usci dalla stazione, la parte di me non in “kill mode” si disse “ma era così facile? Davvero? Ma che cazzo!”, anni di reciproci avvicinamenti alla lontana, di giri di parole e milioni di cose non dette, di dubbi amletici, di sguardi furtivi e di seghe mentali spazzate via in un attimo… “ah, allora è cosi che funziona, buono a sapersi”…
In realtà con gli anni imparai che non era proprio tutto “così semplice” ma il “kill mode” ha comunque sempre dato prova di se con risultati tra il sorprendente e lo spettacolare… anche se lo uso davvero di rado nel relazionarmi all’altro sesso, mi sento un figlio di puttana, mi pare di barare spudoratamente.

Passammo in questo simpatico modo uno scompartimento dopo l’altro, alcuni aperti altri chiusi, poca gente, qualcuno seduto leggeva un quotidiano o chiacchierava, altri intenti a finire di sistemare i bagagli…
Ci facemmo tre vagoni interi cosi, le nostre valige, la mia a sinistra la sua a destra celavano abbastanza la mia mano appoggiata al suo culo e poi eravamo entrambi con la divisa dello stesso identico colore, non si capiva bene dove finiva lei e dove iniziavo io… dopo poco con il medio cominciai a farmi strada e a spingere decisamente, infine ruppi gli indugi e con una mossa velocissima mi abbassai e rialzai infilandole la mano sotto la gonna e spostando le mutandine di lato… ebbi così libero accesso ad un mondo caldo e morbido, sentivo i muscoli dei suoi glutei lavorare, tendersi e rilassarsi ad ogni passo.
Il dito medio riprese a spingere cercando di infilarsi nemmeno lui sapeva troppo bene dove mentre le altre dita palpavano bellamente quanto c’era attorno…
Lei senza scomporsi avanzava piano, con passo misurato e al termine della carrozza apriva le doppie porte ed io la seguivo letteralmente incollato al suo bel culo… arrivati alla fine della terza carrozza decido che non aveva senso andare oltre, avremmo rischiato di incontrare qualche compagno di scuola ed io volevo assolutamente proseguire quella esplorazione tanto eccitante e temeraria… poi ormai ero in modalità “killer” e nulla avrebbe potuto frapporsi tra me ed il mio obiettivo.
Giunti quasi alla porta le dico di fermarsi e di spostarsi a destra, di lato, per far passare quel paio di persone che sopraggiungevano da dietro e di cui sentivo i passi avvicinarsi, lei ubbidisce senza fiatare e resta immobile con la mia mano che piano piano cominciava a farsi strada tra le cosce, finalmente con la punta delle dita sento le grandi labbra, la mia mano sparisce dentro quei bei glutei formosi e lei comincia a respirare diversamente… ha ancora la valigia in mano, il treno è ancora semivuoto (si riempirà lungo il tragitto), non arriva più nessuno e l’eccitazione è in aumento esponenziale.
Mi avvicino ancora di più a lei e poggio la valigia che avevo nella mano sinistra che immediatamente le appoggio sulla pancia per poi spingere con più forza con la destra e raggiungere con le dita la sua morbidissima vagina appena appena umida, le dita dischiudono le labbra e frugano senza infilarsi più di tanto… un po’ per la posizione un po’ per l’inesperienza… ma che goduria!!!

Lei si appoggiò a questo punto alla parete e lasciò andare valigia e borsetta che teneva con la stessa mano in terra, se qualcuno fosse passato avrebbe visto solo una coppia di ragazzetti che guardavano la mappa dell’Italia con i vari snodi e tratte ferroviarie nei vari colori, verde, blu, rosso…
Io continuai a frugarle la morbidissima fighetta sempre più bagnata con metodo e costanza, ero eccitatissimo eppure nessuno dei due in quel momento pensò di infilarsi nel cesso a disposizione li accanto… l’inesperienza appunto.
Farlo così, alla luce del sole, davanti a tutti col rischio che qualcuno ci vedesse (anche se ad onor del vero non passò nessuno, per fortuna) era per noi inesperti che esploravano la reciproca porcaggine per la prima volta già abbastanza (molto più che abbastanza) appagante, quasi totalizzante ed estremamente godurioso, una esplosione di novità bagnate ed incredibili…
Ormai la mia mano era tutta nelle sue mutandine e fu costretta ad ad allargare maggiormente le gambe, lo fece con un sospiro caldo e sensuale che mi fece arrapare come una bestia ed un’ondata di calore mi pervase… se qualcuno si fosse fermato ad osservarci non ce ne saremmo nemmeno accorti, il mondo esterno semplicemente non esisteva più, si era dissolto… eravamo immersi nel nostro personale universo e ci trovavamo benissimo.
Cominciò ad emettere gemiti gravi e bassi ad ogni respiro, io spostai il mio peso su di lei perché volevo sentire il suo corpo premere sul mio, volevo sentire il suo calore, la sua stupefacente, prospera morbidezza… le presi il seno sinistro con la mano libera e cominciai a stropicciarlo attraverso la giacca, la camicetta ed il reggiseno, poi sbottonai il primo bottone e lo infilai sotto la giacca, subito sentii sul palmo il capezzolo drizzarsi e farsi duro, cominciai ad accarezzarlo con le dita attraverso il tessuto...
Poi lo presi a mano piena e scoprii quanto è piacevole sentire tra le mani il peso di una bella mammellona calda e morbida, lo impastai a lungo…
Nel frattempo la mia mano destra non si era fermata un attimo e sfruttando il fatto che la Lory aveva allargato le gambe era arrivato in zona clitoridea… sentii tra le dita questo cicciolo morbido di carne, più consistente di ciò che aveva intorno, e cominciai a giocarci… fu istinto, nemmeno sapevo esattamente cosa fosse o a cosa servisse…
lei abbassò la mano destra e la portò, sempre sopra il tessuto della gonna, all’altezza delle mie dita e cominciò a dettare il ritmo, facendomi capire quanto potevo e dovevo spingere ed esercitare pressione…
Ora cominciava ad essere decisamente zuppa, sentivo la mano bagnata e cominciavo a sentirne l’afrore, l’inconfondibile profumo di fregna fradicia che tante volte in seguito mi capitò di sentire… Fu lì, fu quel giorno, in quel preciso momento che imparai ad amarlo…
La mia mano era tutta tra le sue gambe e lei rantolava sommessamente ad ogni respiro, con dolcezza, a tono basso ma io ero con la testa a fianco della sua e sentivo perfettamente tutto e godevo di quelle sensazioni, di quelle intensissime emozioni.
Il mio pollice si trovava ormai alla portata di quel bel culetto morbido ed elastico che agognavo dal principio e che avevo sfiorato qualche minuto prima, lo appoggiai sull’orifizio che trovai bagnato dagli umori vaginali portati dalla mia mano che faceva avanti e indietro e quando spinsi piano la punta entrò senza trovare resistenza alcuna…
Lei se la godeva ed io non ero da meno, il mio cazzetto da adolescente imberbe era duro come il marmo dentro i pantaloni della divisa e lo strusciarmi contro di lei era in fondo una sorta di masturbazione… sapevo benissimo cosa era la masturbazione (mi ammazzavo di pippe, diciamolo e da anni ormai) e mollai per un momento quella splendida mammella per prenderle la mano d’appoggio e dirigerla sul mio pacco in tiro.
Lei senza più mani con cui tenersi si trovò con la faccia spalmata contro la formìca marrone, effetto finto legno, l’effetto involontario fu che mi ritrovai quella bella bocca carnosa a portata della mia e ne approfittai prontamente cominciando a baciarla… prima senza lingua poi lei fece guizzare fuori la sua e la mia rispose prontamente al richiamo della foresta… baci di sbieco, sbilenchi, storti ma appassionatissimi ed incredibilmente caldi e goduriosi.
La sua lingua era caldissima, umida come la sua (sicuramente bellissima ma chi l’aveva mai vista?!) fregna odorosa… che goduria… i primi veri baci, “ah, questo quindi significa baciare davvero… bello, bellissimo… voglio farlo tutta la vita” mi dissi…
Il secondo effetto collaterale dell’averla sbattuta al muro fu che si piegò maggiormente in avanti esponendo ancor di più quel bel culone alle mie fantasie… non me lo feci ripetere due volte ed il pollice che già aveva fatto capolino nel meraviglioso (e per me nuovo) mondo dell’anal cominciò lentamente ma inesorabilmente a sprofondare in cotanta invitante burrosità.
Lei ora era inchiavardata al muro con un bel pollice nel culo, quattro dita che le frugavano le piccole e grandi labbra e le stimolavano il sempre più turgido clitoride, la mia mano sinistra che si era riposizionata sulla sua bella tettona morbida e la mia faccia sulla sua con le bocche e le lingue che si cercavano ed inseguivano furiosamente… godeva e si divertiva, rantolava e gemeva, soprattutto quando tirava fuori tutta la lingua perché me la risucchiassi in bocca… con la mano sinistra cercava di continuare ad accarezzarmi il cazzo ma la posizione ormai mal si prestava, le ero troppo addosso ma non mi interessava, nemmeno ci pensavo, ero troppo preso da quel tutto, da quel quasi troppo per essere vero...
Un tutto nuovo, animalesco, incredibilmente coinvolgente, caldo ed eccitante, gravido di incredibili promesse future… “se questo è l’inizio...” mi dissi…
Io, visto che con la mano lei non ci arrivava bene, ripresi a strusciarmi sulla sua coscia e lei la mano la utilizzò per aggrapparsi ai miei pantaloni e tirarmi a se…
Godemmo quasi contemporaneamente, trattenendo la goduria in gola, solo sospiri strozzati, fiato rotto… sentii le sue cosce stringersi e serrarmi la mano con il pollice tutto dentro il suo culetto, dovetti girare la mano e metterla di taglio per non farmi fare male tanto stringeva, si raddrizzo e si riappoggiò al muro, le bocche si staccarono ed io potei appoggiarmi alla sua coscia ancora meglio…
lei si irrigidì emettendo un gemito trattenuto e lungo, un sospiro di godimento ed io mi venni nelle mutande con quello che sembrava essere un litro di sborra, continuava ad uscire ed uscire…
Restammo lì, immobili e tremanti, appoggiati io su di lei e lei al muro per un tempo che sembrò lunghissimo… infine rilassammo i nostri corpi, sentii le sue cosce rilassarsi ed aprirsi, ritirai piano, con estrema lentezza, quasi cautela la mano…
Il pollice salutò quel morbido ed odoroso recesso a malincuore, feci scorrere le mie dita un paio di volte lungo tutto il suo solco delle natiche, accarezzandolo con dolcezza, lei girò la testa per guardarmi negli occhi con uno sguardo per me difficile da decifrare all’epoca… oggi so che era dolcezza, passione, complicità, gratitudine, porcaggine condivisa, sorpresa ed appagamento… era uno sguardo d’intesa, d’intima intesa…
Cercai di restituire lo stesso sguardo ma credo che il mio fosse diverso, forse meno adulto, più superficiale, forse più (stupidamente? Ingenuamente?) maschile… io ero estasiato e fiero, forse perfino tronfio, pensavo già al dopo, a quello che avremo potuto fare alla fine delle vacanze quando ci saremmo rincontrati…

Passammo tre quarti d’ora cercando di pulire gli slip e farli asciugare… pensai pure di metterli fuori dal finestrino del bagno ma avevamo troppa paura volassero via…
Alla fine li reindossammo cosi com’erano e l’unica cosa visibile era la macchia umida sui miei pantaloni, per fortuna di un blu scuro che mimetizzava abbastanza e poi la falda bassa della giacca contribuiva a coprirne l’evidenza.
Uscimmo con circospezione dal cesso e ci dirigemmo verso la nostra carrozza con la paura che ci si leggesse in faccia tutto quello che avevamo fatto… cosi non fu, ovviamente, nessuno ci disse niente o notò nulla.
Avevamo entrambi ancora voglia di stare assieme, senza dire molto e non sapendo nemmeno cosa dire in quei momenti per noi nuovi, quindi posammo i bagagli nelle rispettive cappelliere ed uscimmo in corridoio spostandoci un po’ da dov’erano i nostri compagni… non volevamo far sapere niente, non volevamo sbandierare niente, eravamo ragazzetti, sai le domande, le battute e le prese in giro?!
Arrivati quasi alla fine del vagone ci mettemmo uno di fianco all’altra appoggiati coi gomiti sul montante del finestrino aperto per metà… lessi tutte le targhette di avviso presente in varie lingue, lo facevo sempre, una mia abitudine quasi compulsiva…
Ci godemmo quella vicinanza, spalla a spalla, anzi gomito a gomito, senza abbracciarci o toccarci oltre… restammo così per tanto tempo, parlando poco e quasi solo di quello che ci vedevamo passare davanti al naso, paesaggi, fiumi, boschi, cittadine con bellissimi castelli e rocche medievali, grandi spazi verdi, cieli azzurri, assenza di confini, tutto il futuro davanti...

Loredana io non so dove tu sia ora, cosa faccia, non ricordo nemmeno il tuo cognome e non so cosa ne sia stato della tua vita (e ti auguro il meglio) ma sono sicuro che quando ripensi a quei momenti ancora ti bagni come la ragazzina splendida e porcella che eri… e pensi a me proprio come io ora penso a te, un bacio, ovunque tu sia…
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