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Lui & Lei

Relazioni pericolose (p.1)


di Membro VIP di Annunci69.it PaoloSC
21.04.2024    |    3.597    |    5 9.8
"Francesca è la mia prima moglie..."
Relazioni pericolose
di Paolo Sforza Cesarani

Prefazione

Caveat lector!
Questo racconto è denso di cenni autobiografici. La struttura del racconto fa riferimento a situazioni reali, verificatesi oltre trent’anni fa. Francesca è la mia prima moglie. Ritornano Adriano e Dede che vi ho presentato nel racconto “Quell’estate in Grecia”, coppia di amici che Francesca ed io frequentavamo in quel periodo. I personaggi sono veri anche se sono stati cambiati nomi, location, aspetti, ecc. Anche alcuni luoghi e siti sono reali, seppure magari oggi non esistono più. Alcuni accadimenti sono frutto della mia personale rielaborazione di analoghe esperienze vissute a Roma ed a Cesena intorno alla fine degli anni ’80, opportunamente decontestualizzate. E per chi si ponesse la domanda, a Roma non esiste (e non è mai esistito, credo) un ristorante “Svizzerotta”. È però esistito qualcosa di simile che offriva a selezionatissimi clienti servizi analoghi a quelli descritti.
Però, per essere sicuro di non rischiare, asserisco: “I fatti narrati sono frutto della mia fantasia. Tutti i riferimenti a persone e/o situazioni sono casuali e non voluti”.
Inoltre, non potendo mettere on-line tutti i capitoli assieme, ne pubblicherò un paio a settimana, a seconda dell'interesse che essi genereranno.
Buona lettura.


Antefatto

Era la fine di marzo del 1989. Era stata una primavera fredda perché ricordo ancora la nevicata che mi aveva bloccato per due giorni in montagna giusto la settimana precedente.
Mi stavo recando a prendere un caffè con il collega Michele quando il mio capo, Donato, mi fermò e mi apostrofò: “Bell’amico, Paolo. Chi prende il caffè da solo si strozza. Te e quel figlio di buona donna di Michele, con rispetto per quella santa di sua madre, donna Livia!”. Eh sì, perché Michele era stato il testimone di nozze di Donato e le loro famiglie erano amiche da lunghissima data.
Feci una risata e risposi: “Allora accomodati, sei il benvenuto. Prendi il portafoglio, però!”.
“Paolo, ti devo parlare”, tono immediatamente serio.
“Dimmi, Donato.” Il mio capo era anche uno dei miei più cari amici, mio testimone di nozze, ci eravamo conosciuti in occasione della mia prima esperienza lavorativa e da quel momento, avevamo formato un team – assieme a Michele e a pochi altri – di assoluto spessore, passato già in blocco per un paio di aziende.
“Ho bisogno di chiederti un grosso aiuto ed un grosso sacrificio” mi disse con tono serio.
Non mi meravigliai più di tanto, ero uno dei senior nonostante la relativamente giovane età, ed ero già in rampa di lancio per divenire dirigente nella Big Company di cui al momento ero uno dei più giovani quadri aziendali; ciò comportava l’essere coinvolto nella quasi totalità dei progetti critici anche al solo titolo di consulenza.
“Di che si tratta?”
“Ti ricordi quel progetto che hai fatto per quell’organizzazione ortofrutticola?” Faceva riferimento ad un progetto di un sistema automatizzato di supporto decisionale – oggi parleremmo di AI e di sistemi esperti – ai produttori. Era un’iniziativa lungimirante che avrebbe dovuto, nelle intenzioni, fornire informazioni contestualizzate e utili alla decisione sul tipo di colture da impiantare su un certo tipo di terreno/area sulla base della concorrenza, dell’accesso ai mercati, ecc. Forse troppo innovativo. Ma io lavoravo per una Azienda che aveva sempre fatto dell’innovazione, quella vera, la propria bandiera.
“Certo che si. Ci sono novità?” chiesi.
“Si e no. O meglio, una novità ci sarebbe. Il sottosegretario XY ha detto che quel progetto è molto interessante e merita un approfondimento, ma che dobbiamo trovare appoggi tra i produttori.”
“Scusa, Donato, ma chi meglio del Ministro può trovare appoggi?” replicai.
“Paolo, non fare lo stupido. Lo sai che il Ministro sta con la concorrenza e con la Lega COOP. Noi stiamo con gli altri”. Eh già, anche a quei tempi c’era il ministro di un partito, supportato dalle sue organizzazioni di categoria, la cui influenza era sempre bilanciata da uno o più sottosegretari dell’altra (o delle altre) parte con i relativi appoggi (e traffici di influenze). La prima repubblica funzionava così, inutile nasconderlo; è storia.
“Devi preparare una presentazione del progetto per il sottosegretario e per l’organizzazione dei produttori.
È importante. Molla tutto e fai solo questo per i prossimi quindici giorni”.
Roba grossa. Di solito, i miei impegni consulenziali non erano mai più lunghi di due o tre giorni di fila.
“Ah, prendi Daniela e uno dei ragazzi. E tutto quello che ti serve.”
Daniela era una delle segretarie di direzione, molto brava nella dattilografia e nella impaginazione grafica dei testi e delle immagini. Aveva un occhio fantastico nel posizionare le immagini riquadrandole con il relativo testo a occhio. Era anche molto carina e disponibile ed essendo la più giovane del gruppo delle segretarie, era anche quella che doveva “scoppiare”, quasi vessata soprattutto dall’arcigna Signora Marina, detta la nazista, per cui l’idea di stare lontana da quell’arpia sarebbe stata di certo molto gradita. E comunque, sapeva relazionarsi molto bene con clienti e fornitori, avendo sempre il giusto approccio con ciascuno di loro.
Andammo comunque a prendere il caffè, poi tornammo e gli chiesi ulteriori informazioni.
“Vogliamo fare la classica pubblicazione che nessuno leggerà accompagnata da una brochure, o vogliamo buttarci su qualcosa di più impattante?” gli chiesi.
“Impattante in che senso?” Donato mi conosceva bene, e sapeva che avevo già un’idea che gli sarebbe costata un bel po’ ma che sarebbe stata probabilmente un successo.
“Facciamo una presentazione animata che proiettiamo su una parete di display” gli risposi.
“Eh ma ci vuole tempo! Deve essere pronta tra quindici giorni, e tra preparazione dei testi, riprese, sviluppo, film…”
“Ma che stai a di’?” lo blocco. “Guarda che sto parlando di altre cose. Altri sistemi. Ed un po’ di software lo abbiamo in casa, altro dobbiamo comprarlo ma credo di rimediarne una copia finché non otteniamo la licenza originale” dissi. Sarei andato la domenica successiva a Porta Portese, ero certo di rimediare due copie di Storyboard Plus e Harward Graphics utili alle mie necessità.
“Intanto scrivo i testi, seleziono qualche figura e butto giù la bozza del documento. Tu invece rimediami la roba che ci servirà.” gli dissi.
“Che roba?” chiese
“Un videowall, un proiettore SuperVGA, casse, microfoni, una matrice di commutazione video, un mixer audio. I computer li abbiamo. Prendiamo il mio M28 ed il nuovo prototipo M280. Tanto Daniela ha il suo. Comunque ti scrivo la lista” gli dissi.
“Se si tratta di pezzi di ferro, non darli a me, dalli a Silvio (il responsabile tecnico) che ci pensa lui con gli acquisti” mi rispose.
“A me serve un grafico, bravo, sveglio e che sappia possibilmente usare il computer. Non ne abbiamo, ma magari qualche nostro partner…”
Donato prese il telefono e premette un pulsante. “Marina, mi chiami per favore il dott. Rocca” e riattaccò.
Dopo trenta secondi risquillò e prese il microfono
“Dottore, il dott. Rocca per lei” sentii al microfono
“Me lo passi!” rispose.
“Reginaldo carissimo, ho bisogno del tuo aiuto. Mi serve una risorsa urgente per due settimane. Come dici? Da quando? Mah, direi da lunedì prossimo. Si, qui da me. Ora ti passo Paolo Sforza Cesarani che ti spiega cosa ci serve” e mi passò il microfono.
“Dott. Rocca buongiorno!” salutai il mio interlocutore.
“Si, mi serve una persona esperta di grafica.”
“Beh, deve aiutarmi a creare una presentazione, soprattutto degli schemi”
“Si, deve essere un grafico, ovviamente. Però deve saper usare strumenti informatici”
“Si, certamente, può lavorare da noi, anzi, deve lavorare da noi”
“Gli strumenti? Beh, noi abbiamo qualcosa qui, poi se la sua persona preferisce usare i propri, vedremo come fare.”
“Si, ho dei PC, si, si… di ottima configurazione. Il top!” risposi alle sue obiezioni.
Il mio interlocutore mi stava spiegando che avrebbe potuto mettermi a disposizione un architetto molto giovane e bravo, che era anche molto esperto nella grafica computerizzata e nel disegno, ma che avrebbe avuto necessità dei propri strumenti. A quei tempi i grafici avevano già abbracciato la fede Apple Macintosh adottandolo come strumento di computer graphics e desktop publishing per antonomasia.
“No, per i Mac nulla da fare. Noi usiamo Olivetti, ricorda?” gli spiegai.
Comunque, presi appuntamento per il successivo lunedì. Era giovedì, avrei avuto giusto il tempo di scrivere una traccia del documento da realizzare
Spiegai al mio capo i punti che avrei voluto toccare. Lui mi rispose “Fai quello che vuoi, basta che non sia troppo lunga, la gente si stufa.”
“Lunga quanto?” chiesi
“Diciamo dieci minuti”
“Vada per dieci minuti” e me ne andai.
Andai a trovare Daniela, le dissi che dovevo parlarle e che era meglio se andavamo nella mia stanza. Avevo un buchetto ricavato in quello che era uno sgabuzzino con finestra, dove entrava solo la mia scrivania, tre poltroncine, la mia cassettiera ed un armadio. Per aprire un cassetto dovevo alzarmi e spostare la sedia, per quanto era risicato lo spazio a disposizione. In compenso godevo di una splendida vista su Castel Sant’Angelo.
Feci accomodare Daniela sulla poltroncina di fronte alla scrivania e mi sedetti dalla parte opposta.
Mi accesi una sigaretta e le spiegai le mie necessità e ciò che pensavo di fare.
Le mostrai uno schizzo al volo di ciò che avevo in mente, le descrissi a grandi linee quel che volevo produrre e le chiesi di prepararmi un riassunto – abstract della proposta tecnico-commerciale che avevamo fatto al Cliente per quel progetto mai partito. Sarebbe stato utile avere pronti i numeri se e quando qualcuno avesse chiesto “Bello, ma quanto costa?”.
Le raccomandai di non parlare con nessuno di questa cosa e di dire alla sua kapò di parlare con l’amministratore delegato se avesse avuto problemi.
Ci demmo appuntamento per il giorno dopo per fare un primo punto della situazione.
La mattina successiva Daniela si presentò da me con un paio di fascicoli di documenti, alcune riviste ed un estratto del documento di offerta che avevamo preparato al tempo. Mi mostrò alcune pagine tratte dalla Rivista Olivetti che avevo consultato e da alcune altre riviste tipo la Rivista IBM e quella Notizie IRI , dalle quali voleva trarre spunto ed usare alcune immagini di uditorio, persone, cose.
Aprimmo il documento ed iniziai a estrarre le informazioni da mettere sulla presentazione. Mi ero dato una regola: un concetto, poche frasi semplici per ciascun foglio. Grazie al suo aiuto, in un paio d’ore ebbi tutte le informazioni necessarie pronte per essere trasferite.
“Paolo, se ti serve altro, fammi sapere. Due ore di lavoro ininterrotto con te sono molto meno faticose di dieci minuti con Marina!” mi disse la segretaria congedandosi.
La ringraziai e mi misi a scrivere i testi della presentazione, non prima di aver notato che aveva veramente un bel culo e che la minigonna molto corta che indossava le stava proprio bene.
Passai la settimana successiva a fare avanti e indietro tra la sede, lo stampatore che doveva comunque preparare la brochure da distribuire al convegno, il grafico che alla fine aveva preferito rimanere a lavorare in sede da lei e l’azienda di servizi che avrebbe messo a disposizione l’attrezzatura per il videowall ed il proiettore. Daniela mi accompagnò spesso, ed ebbi modo di ammirare più da vicino le sue gambe, sempre più scoperte. Inoltre, quella settimana il tempo era stato particolarmente clemente e soleggiato e chi conosce Roma sa che quando la primavera sboccia, le donne escono dal grigiore invernale e si scoprono. E Daniela non faceva torto a questa consuetudine.
Arrivai al 7 di aprile con le cose quasi tutte pronte. La presentazione era completata al 90%, mancavano alcune parti grafiche che avrebbe dovuto consegnare l’architetto entro la giornata o al massimo il lunedì successivo, le animazioni che avevo disegnato giravano abbastanza bene ma andavano un po‘ affinate nella transizione da una slide all’altra, i test di integrazione tra computer e sistema di videoproiezione erano stati conclusi mentre mancava il cavo definitivo per collegare il PC alla matrice video del sistema videowall. Il test era ok anche questa componente ma era stato fatto con un cavo volante da un metro mentre ne serviva uno da almeno 8 metri.
Daniela era sempre più insostituibile e passava tutto il suo tempo con me a ordinare le carte, rispondere al telefono, contattare le persone e, soprattutto, calmare quel senso d’ansia che mi stava prendendo per la paura che qualcosa dovesse andare per storto.
“Paolo, cosa vuoi che succeda, scusa?” mi chiese.
“Metti caso che il cavo non arriva?” risposi.
“Lo faremo fare dal laboratorio di elettronica qui sotto” disse. “Ho già preso contatto. Mi ha detto di dargli la piedinatura e lui lo fa. Gli ho chiesto che cosa fosse questa piedinatura e me lo ha spiegato. Allora ho chiamato quello del videowall e gli ho chiesto se aveva lo schema dei piedini così vedevo se a Milano ne avevamo uno e lui me lo ha mandato per fax. Sono scesa, gliel’ho portato e ha detto che ha già tutto il materiale e che non deve comprare nulla. Gli diciamo di farlo e lui in tre ore ce lo consegna. Ah, gliel’ho chiesto lungo il massimo possibile senza che ci siano problemi. Sono 15 metri. E costa solo 75.000 lire.”
Mi alzai in piedi di scatto, presi il viso di Daniela e la baciai sulla guancia, poi la abbracciai.
Rimasi così per qualche secondo, poi mi resi conto che forse stavo esagerando, mi distaccai e le chiesi scusa.
“Scusa di che?” ribattè.
“Di averti baciato!” risposi.
“Per così poco!!! Allora, per punizione stasera mi porti a cena” disse così, d'emblée.
“Certo! Decidi tu e prenota tu dove vuoi!” risposi senza pensarci.
“Eh no, caro. Il premio è mio e me lo devi dare tu. Decidi tu e fai tu. Io scendo. Ciao!!!” mi disse girandosi verso la porta, per poi rigirarsi verso di me mentre usciva per farmi un marameo con la mano. Hai capito la signora!!!
“CAZZO!!!! MIA MOGLIE” pensai. Era tutto il giorno che non ci sentivamo. Tornai al telefono e premetti il tasto di composizione breve di casa. Mi rispose la donna filippina a ore a cui chiesi notizie di mia moglie.
“Signora non c’è. Uscita stamattina con valigia e non tornata. Tu tornare casa cena stasera?”
E dove caspita era andata? Provo a chiamare in clinica. “La dottoressa non c’è oggi, è ad un congresso, torna lunedì. Deve lasciar detto qualcosa?”. Convegno? Non mi aveva detto nulla. Richiamai casa. “Ma mia moglie ti ha detto nulla? Ha lasciato una busta, un foglio?” le chiesi.
“Detto solo che lei parte e torna domenica sera per congresso tu sa tutto io cucinare pe’ tte tu mangia stasera no?”. La folgorazione!!! Mi aveva detto che sarebbe andata al congresso di medicina estetica assieme all’amica Dede ma avevo dimenticato. Chiamo il marito di Dede, Adriano. “Adriano, ma Dede è poi andata con Francesca?” gli chiedo.
“A’ Paole’, ma che te sei rincoglionito? Sono partite assieme stamattina in macchina. Francesca ha preso macchina tua…ma ‘ndo stai co’lla testa?” mi rispose.
Vabbè. È grave.
“Adriano, io non ho con me l’indirizzo ed il telefono dell’albergo, devo dire una cosa importante a Fra.”
“Dai, ti mando il foglio con i recapiti e gli orari per fax. Se chiami subito la trovi in intervallo”.
Attesi il fax e chiamai l’albergo. Alla reception provarono a passarmi la sala ma non rispose nessuno. Lasciai un messaggio in segreteria.
Chiamai quindi Daniela. “Allora, ok per stasera. Andiamo qui vicino?” le dissi.
“Non potremmo fare vicino da me? Così sposto la macchina e parcheggio sotto casa e poi mi riaccompagni tu” mi suggerì.
“Va bene, non so dove abiti però!” le dissi.
“Sulla via Laurentina, all’EUR!” rispose.
“Un altro po’ più lontano no?” dissi con una battuta.
“AHHHGHHH” urlai.
“Che c’è?”
“Sono in motorino. La mia macchina l’ha presa mia moglie. Devo andare a casa a prendere la sua. Speriamo non si sia portata via le chiavi!” dissi.
“Allora facciamo così: andiamo con la mia” disse Daniela.
“Ma io vengo in motorino!” risposi.
“Hai lo scafandro?” mi chiese.
“Come lo scafandro?”
“Diluvia. Non la senti?”
Ero talmente preso dalle mie cose che non mi ero reso conto che l’acquerugiola che scendeva fino a poco prima era diventata un acquazzone in piena regola. Veniva giù martellante, alternando scrosci torrenziali a pioggia battente fitta fitta. Sarebbe stato impossibile andare in motorino. Mi avrebbero dovuto appendere ad asciugare con le mollette se ci avessi provato.
“Senti, io devo andare a fare delle compere qui sotto l’ufficio a via Cola di Rienzo. Rientro verso le sette e tre quarti. Andiamo verso le otto qui vicino. Ce la fai?” mi disse.
“Si, certo. Non ti accompagno ma direi che va bene così. Ora chiamo da Giovanni per un tavolo.”
“Giovanni è chiuso. Oggi è venerdì. Riapre domani.”
“Allora la Svizzerotta a via Dionigi”.
“Ok per la Svizzerotta. Quando prenoti chiedi Tavolo12” mi disse.
“Tavolo 12?” chiesi con tono sorpreso.
“Dammi retta. Di che ti mando io” mi rispose.
Chiamai e chiesi del maitre. “Vorrei prenotare il tavolo 12. Mi manda Daniela!” dissi, con tono indeciso.
“Tavolo 12? Daniela? Vedo cosa posso fare. Per che ora?” mi chiese
“Diciamo per le 20:15?” timidamente.
“Non prima delle 20:30” mi rispose.
“Omaggi alla signora Daniela” concluse.
“Viene stasera con me” aggiunsi.
“Allora il tavolo sarà pronto per voi all’ora che le ho detto” e chiuse la comunicazione.
Mi rimisi a lavorare.

Verso le sette squillò il telefono e risposi. Era mia moglie Francesca.
“Mica mi ricordavo che andavi ad un convegno. Ma quando me lo hai detto?”
“La settimana scorsa. E poi anche l’altro ieri. E pure ieri. E stamattina quando ti ho detto che avrei preso la macchina tua e che non potevi prendere la mia perché si era scaricata la batteria. L’hai chiamato il meccanico?” mi rispose.
Cazzo!!!! Il meccanico! È vero, me lo aveva detto. Ma dove cazzo avevo la testa in quei giorni?
“Fra, scusa. È che questo progetto mi sta massacrando”.
“Me ne sono accorta. Pensi solo al lavoro. Solo a quel che dice Donato. Non esiste altro, per te. Ah, tanto per fartelo sapere, magari ti interessa. Sono incinta.” disse seccamente.
“INCINTA??? E come è possibile? Intendo: non prendevi la pillola? E poi, ti sembra questo il modo di dirmelo? Da quando lo sai? Chi te lo ha detto? INSOMMA CAZZO! MI VUOI FAR SAPERE LE COSE O VUOI TENERE TUTTO PER TE?” le dissi quasi urlando.
“E QUANDO CAZZO TE LE DICO LE COSE SE TU NON CI STAI MAI E STAI SEMPRE A PENSARE SOLO AL LAVORO?” mi rispose alzando la voce. “E comunque, me lo hanno detto oggi, mi ha chiamato la biologa della clinica per dirmelo di persona. Sono di cinque settimane e mezzo, quasi sei. Nascerà intorno al 3/5 novembre, se ho fatto bene i conti.”
“Dove sei ora?” le chiesi.
“Sono in camera. Ho le nausee. Sono andata a vomitare. Sto aspettando che Dede si vesta e poi andiamo a cena” mi rispose con una voce stanca e un po’ preoccupata.
“E comunque, tornando a noi, si, prendevo la pillola e ho continuato a prenderla fino a due settimane fa. Ora devo chiamare il ginecologo e chiedergli che cosa può essere successo perché francamente non lo so nemmeno io. E speriamo che le pillole che ho preso non facciano male al bambino.”
“Alla bambina!” dissi con un tono che non ammetteva repliche. “Bambina. Sarà femmina. Me lo sento” confermai. Sembrava che stessi vaticinando.
“Non fumare, non bere, non fare cazzate. Mangia poco, stai lontana da quelli che fumano” le dissi tutto assieme.
“SAPRÒ QUEL CHE DEVO FARE O NO? TRA NOI DUE, CHI È IL MEDICO?” rispose alzando la voce. “Se devi rompere in questo modo, vaffanculo. Ci sentiamo. Ciao” e attaccò.
Provai immediatamente a richiamarla e chiesi alla centralinista di passarmi la camera. Il telefono squillò a lungo ma non rispose nessuno. Richiamai, chiesi alla centralinista di passarmi il salone del banchetto. Mi rispose un cameriere che mi disse di richiamare più tardi. Stavano arrivando i primi ospiti e non poteva stare al telefono.
Chiamai per la terza volta il centralino e chiesi di passarmi la stanza di Dede. Mi risposero che non avevano alcuna Dede tra i loro ospiti. Ma come? Poi ricordai il suo vero nome: Domitilla! Mi passò un altro interno che squillò per qualche secondo fino a che sentii la voce di Dede rispondere.
“Paolo, dimmi, che succede?” mi disse.
“Che succede lo chiedo a te! Che sta succedendo? Possibile che venga a sapere solo oggi che Francesca è incinta? Tu lo sapevi? E perché non me lo hai detto? Potevi dirmelo, no? Bell’amica che sei. Eh già, ma tu non sei amica mia, tu sei solo amica di Francesca. A te degli altri non te ne frega nulla. Bell’amica, si si …” le vomitai addosso tutta la rabbia che avevo accumulato in quei minuti.
“Ti calmi?” mi rispose con calma serafica.
“Si” le dissi con un filo di voce.
“Allora: che Fra sia incinta lo sento ora da te. Mi aveva detto che aveva un po’ di nausee, ma mi ha anche detto che prendeva la pillola, per cui pensava che fosse una forma influenzale” ribatté. “E ora che me lo dici, due cose” aggiunse. “La prima: AUGURI!!!!!” urlò al telefono…
“E la seconda?” chiesi.
“SARO ZIA!!!” urlò. “Ora vado a cercarla. Baci e abbracci. Anzi. Baci al pupo!” disse scherzando.
“Alla pupa. Femmina. Sarà femmina!” dissi alla cornetta diventata muta.
Ero stravolto. Non riuscivo ancora a capacitarmi della novità. Sarei diventato padre.
Il telefono squillò di nuovo.
“Fra, amore, sei tu?” risposi senza nemmeno dire pronto.
“No, sono Daniela, Paolo. Sei pronto?” mi chiese.
“Ah Daniela, ciao. Scusa. Sali su un momento? Anzi, no, scendo giù io. Dammi un minuto.” Attaccai il telefono.
Richiamai un’altra volta l’albergo e lasciai un altro messaggio per Francesca. Poi chiamai casa sperando di trovare la filippina. Guardai l’ora: impossibile, se ne era andata da mezz’ora. La roba l’avrei rimessa dentro in frigo al mio ritorno.
Scesi di corsa le scale fino al piano terra.
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