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Lui & Lei

IL PASSAGGIO GENERAZIONALE


di Candido1967
28.02.2020    |    9.455    |    0 9.7
"Mi spalmo del gel sull’indice e sul medio destro e poco per volta li faccio entrare dentro Valentina, nel suo sfintere..."
Finalmente al posto di comando. Nell’ufficio di mio padre, seduto alla scrivania di mio padre, sulla sua poltrona dirigenziale. Da oggi l’agenzia è tutta mia. Le pareti, i mobili, le macchine d’ufficio ed i computer, i quadri appesi ai muri, la clientela e… la segretaria.
Dopo la mia laurea ed un paio d’anni d’affiancamento, il mio “vecchio” ha deciso di andare in pensione e di lasciare l’agenzia a me. Oggi passerà per le ultime disposizioni e per mostrarmi, così ha detto, un qualcosa di piacevolmente sorprendete che allieterà il mio lavoro in ufficio.
Voglio subito provare l’ebbrezza di essere il capo. Il capo unico. Citofono a Valentina e le chiedo di portarmi la pratica di apertura sinistro del sig. Conti. Aggiungo “chiedi a mia moglie. Lei sa dov’è. Ha aperto la pratica ieri mattina”. Dopo pochi minuti Valentina bussa alla porta. “Avanti”, le dico; entra sorridente con la pratica in mano.
Quando mio padre l’assunse in agenzia non aveva ancora vent’anni. Neo diplomata ragioniera. Io, in quello stesso anno, avevo fatto la maturità classica. L’aveva incontrata in palestra. Il suo corso di ginnastica aveva gli stessi orari del corso di danza moderna che lei frequentava. Non gli fu difficile attirare la sua attenzione con l’allettante prospettiva di una offerta di lavoro. Poi del resto, di un uomo educato e gentile che anagraficamente poteva essere il padre, la ragazza si fidò subito senza avere remore o paure nel farsi abbordare. Così, dopo pochi mesi dalla maturità, aveva un buon posto fisso e ben pagato. Non male. All’epoca passavo di rado in agenzia ma ricordo perfettamente la prima volta che la vidi. Ne rimasi folgorato. Il suo sorriso mi lasciò letteralmente senza fiato. Era una vera e propria dichiarazione d’intenti quel sorriso: significava chiaramente sono una persona trasparente, sincera e felice di vivere. Alta e snella, aveva seno piccolo, gambe lunghe e perfette, un culo tondo e proporzionato da far gridare al capolavoro. I capelli biondi e lunghi, che all’epoca potava, risaltavano perfettamente sulla sua pelle chiara ed i suoi occhi verdi. Nel complesso una gioiellino di ragazza come è raro incontrare quotidianamente. Me ne infatuai ma non ci provai mai con lei sia perché ero già fidanzato da un paio d’anni con Paola, che sarebbe poi diventata mia moglie, sia perché non volevo creare casini nell’ambiente di lavoro di mio padre. Decisi, per non essere tentato, di frequentare il meno possibile l’agenzia per tutto il periodo dei miei studi universitari.
Ed oggi eccola davanti a me, la mia segretaria. Indossa calze nere a righine che le assottigliano ancora di più le gambe ed ha una gonna con lo spacco che, mentre ancheggia sulle scarpe con tacco sette, lascia intravedere il triangolino della coscia. La camicetta bianca lasciata sbottonata nel punto giusto per mettere in mostra l’attaccatura dei piccoli seni. In mezzo a questi un filo di perle. Della stessa perla sono anche gli orecchini. Un ombretto grigio apporta luce alla cromia delle pupille, le sue labbra leggermente truccate si sono aperte, appena entrata, nel loro ammaliante sorriso. I capelli sono sempre biondi, quel suo biondo miele naturale, ma il taglio ora è corto e sfumato. Si avvicina alla mia scrivania. Aspiro il suo profumo mentre in piedi davanti a me mi allunga la cartellina gialla che tiene in mano. “Ecco la pratica, Alessandro. Ti serve altro?” Vorrei spogliarla e scoparmela subito, sulla mia scrivania, mentre mia moglie, nella stanza accanto, continua a scrivere al computer. Mantengo un atteggiamento professionale e cordiale. “No grazie, Valentina, niente altro per ora.”
Una volta che lei è uscita dalla stanza, mi ci vuole qualche minuto per riprendermi e ritrovare la concentrazione necessaria per studiare il fascicolo che mi ha appena lasciato. Riesco però ad immergermi nella lettura e nella comprensione di quel sinistro tanto che la mattinata mi vola in un soffio. E’ già passato mezzogiorno quando mia moglie mi citofona: “E’ arrivato tuo padre, lo faccio entrare da te. Io vado a casa a preparare il pranzo. Ci vediamo dopo”. Ecco il “vecchio” spuntare da dietro la porta, proprio al momento giusto, chiederò un parere anche a lui su quanto ho appena finito di esaminare.
“Allora Alessandro, come ti ci trovi al timone della barca?” Ha sempre usato queste espressioni da appassionato di vela e di mare. “Non male, papà, il vento soffia dalla mia e la barca va a meraviglia”. Gli sottopongo il fascicolo. Mi guarda con occhi furbi. “Abbiamo poco tempo, meno di un’ora. Lascia perdere il fascicolo e chiama Valentina, voglio mostrarti qualcos’altro di ben più allettante di un sinistro”.
Le citofono chiedendo di recarsi da me ma mio padre aggiunge “Dille di chiudere la porta dell’agenzia, così nessuno verrà a disturbare la nostra riunione” Obbietto “Ma papà, non è ancora orario di chiusura!”. “Non ti preoccupare, nessuno morirà se oggi chiudi un’ora prima, ripasserà nel pomeriggio e tu dirai che hai avuto un contrattempo imprevisto”. Faccio come mi ha ordinato.
Valentina entra e lancia un’occhiata d’intesa al “vecchio”. Lui le rivolge queste parole “E’ ora di mostrare a mio figlio il bello di questo lavoro, il motivo per cui mi attardavo sempre in ufficio oltre l’orario di chiusura. A te ed a mamma dicevo che avevo urgenti pratiche da terminare ma, da sempre, l’unico e piacevole motivo del mio restare in ufficio oltre l’orario è stato quello che ora ti mostrerò”.
Valentina si dirige verso lui buttandole le braccia attorno al collo, mio padre la cinge alla vita e, mentre io rimango seduto inebetito alla mia scrivania, si baciano davanti a me. E’ un bacio lungo e lento, passionale e umido. Le loro bocche son unite, le loro lingue intrecciate. Nel frattempo il “vecchio” ha infilato una sua mano nella scollatura della camicetta ed ha preso a palpare senza sosta il seno di Valentina. Non riesco a dire parola od a fare movimento. Assisto impietrito ed ammutolito a quello spettacolo.
Valentina comincia lentamente ad aprire la gonna in modo da scoprire la sua pelle bianca immacolata incorniciata dalle bretelline del reggicalze. Poi se la lascia scivolare alle caviglie per sfilarsela, infine, alzando i piedi sempre calzati da scarpe aperte che lasciano intravedere le dita del piede dalle unghie laccate di rosso. Poi armeggia alla cerniera dei pantaloni del “vecchio”; la abbassa, slaccia il bottone e in un colpo mio padre si ritrova in mutande. Ma anche queste vengono prontamente abbassate dalla sua ex segretaria ed il suo cazzo esce fuori già duro e pronto. Però, penso, non male per la sua età. Valentina, senza dire una parola e come se recitasse un copione già concordato e collaudato, si inginocchia davanti a lui.
Mio padre prende a strusciarle l’uccello sulla bocca. E lei comincia a succhiarlo, pizzicandogli le palle, tirandogliele e leccando tutto intorno. Ogni tanto si interrompe e si gira verso di me come per accertarsi che la stia guardando mentre spompina avidamente l’uccello di mio padre. E’ uno spettacolo, quello a cui sto assistendo, che al tempo stesso mi turba e mi eccita. Sono fermo ed impietrito ad osservarli.
Lei sembra conoscere i tempi ed i modi di questo loro gioco e quando capisce che il “vecchio” è pronto per il passo successivo si sdraia sulla scrivania, scosta il bordo delle mutandine quel tanto che basta per scoprire il solco della passera; con sguardo malizioso si rivolge a mio padre: “Dai, sbattimelo dentro”. Con una mano tiene le mutandine scostate. Lui le entra dentro con una forza tale che Valentina non può fare a meno di gridare.
Mio padre, in piedi di fronte a lei, con pantaloni e mutande alle caviglie, ha le gambe di Valentina sulle spalle, intorno al collo. Mena colpi vigorosi con il suo uccello turgido, senza mai un attimo di tregua. Rosso in viso e con la fronte imperlata di gocce di sudore. Ad ogni suo movimento di bacino i loro corpi, nelle parti rimaste prive di indumenti, sbattono l’uno contro l’altro producendo un rumore sordo di carne su carne. Con le mani palpa i seni della segretaria da sopra la camicetta che non le ha levato di dosso.
Mi ritrovo, sorpreso e turbato, ad osservarli mentre scopano. Valentina sdraiata; il culo e la schiena appoggiati alla scrivania. Ha gli occhi chiusi per il piacere. La sonorità del suo godimento è alquanto bizzarra: emette lamenti singhiozzanti simili a quelli di un neonato quando vuole poppare e, proprio come un lattante, alterna quei mugolii al gesto di portarsi il dito pollice destro alla bocca per succhiarlo con avidità.
Dopo qualche minuto, con un grugnito da animale infervorato, il vecchio scarica una dose abbondante di sperma nella fica della sua giovane segretaria che la riceve gridando “Si porco, riempimela tutta della tua sborra calda. Lo sai che lo adoro”. Quando lui si ritira e la lascia con le gambe che penzolano dal bordo della scrivania, dal suo solco cola in abbondanza quel liquido biancastro e viscoso.
Mi riprendo e riesco a pronunciare “Così avete scopato per tutti questi anni in ufficio?” Mio padre, ancora rosso in viso e con la fronte madida di sudore, mi guarda con sguardo malizioso “Certo, figlio mio. Credi che nella vita ci si possa accontentare sempre e solo di una fica sola? E poi lo hai sperimentato anche tu con Paola, spesso dopo alcuni anni di matrimonio fare sesso con la propria moglie diventa abitudinario ed insignificante. Si ha bisogno di una alternativa che riaccenda il desiderio sessuale che è innato in noi. Io l’ho trovata in Valentina.” Poi aggiunge: “Forza, ora tocca a te. Con l’agenzia hai ereditato anche la segreteria ed il diritto a scopartela a tuo piacimento. Era nelle condizioni che misi a Valentina quando accettò il lavoro. Soddisfare fin che sarebbe rimasta qui me ed ogni altro successivo suo datore di lavoro. E lei, sapendo che dopo me sarebbe toccato a te essere a capo dell’azienda, ha accettato di buon grado”.
Da sempre ho desiderato scopatemela questa bella biondina ma ora l’idea di farlo di fronte a mio padre e quasi come un obbligo professionale mi frena un po’. Ma non declino all’invito e mi faccio avanti verso lei ancora sdraiata sulla scrivania. La faccio mettere in piedi e comincio a spogliarla dai vistiti che ancora le rimangono addosso. A me piace scopare completamente nudi. Le sbottono la camicetta ed il reggiseno regalando finalmente ai miei occhi ed a quelli di mio padre la vista di quelle sfiziose piccole tette ben fatte e dalla pelle pallida e lucida con al centro un minuscolo bottoncino rosa chiaro. Da sole basterebbero a farmi gridare al miracolo tanto è piacevole ed invitante il corpo di questa donna. Poi le tolgo la gonna che le si è attorcigliata alle caviglie, le scarpe e le calze. Da ultimo sfilo le mutandine che Valentina aveva ancora addosso. Sono tutte bagnate dei suoi succhi e della sborra di mio padre. Le annuso per un attimo e poi le getto sulla mia poltrona. Ora le sua passera si mostra completamente al mio sguardo avido di contemplarla in ogni dettaglio. Che meravigliosa fica ha questa porca. Che voglia ho di sbattermela forte e d farla urlare di piacere. Ora vedrà cosa succede a provocare gli istinti dell’animale in calore che c’è in me. La scoperò fino a farla implorare di smettere e di aver pietà di lei. E farò vedere a mio padre come tratterò da qui in avanti la sua cara ed amata Valentina che mi ha ceduto con il resto dell’agenzia come fosse un mobile od un computer di mia proprietà.
Mentre penso queste cose fra me e me, Valentina, ora completamente nuda, si avvicina a mio padre. Nel fare questo mi volge la schiena e mi mostra il suo lato posteriore. I miei occhi si posano immediatamente su quel culo sodo e sulla rotondità invitante delle natiche. Non deve aver mai smesso di fare palestra a giudicare dalla tonicità di quelle chiappe di un color rosa pallido. Le voglio aprire il culo! La afferro con forza per le spalle e la spingo verso la scrivania. Le faccio piegare e sollevare una gamba che appoggia con il ginocchio sul piano di lavoro. L’altra è allungata ed ha il suo appoggio a terra, sul pavimento in legno. In questa posizione mi offre lo spacco aperto della sua passera ancora fradicia di sperma e poco sopra la rotondità inviolata del suo buco posteriore. Mi inumidisco un dito e lo infilo in quel foro grinzoso per allargarlo un po’. Lei si gira e protesta “fai piano, animale! Mi fai male.” La tengo ferma con una mano sulla spalla che esercita una forte presa su di lei. Mio padre intuisce la mia intenzione e prontamente dice “Aspetta. Ho quel che può fare per te.” Dal cassetto di uno degli armadietti dell’ufficio estrae un flacone a metà con del liquido trasparente. Capisco che è un gel lubrificante. Dunque il vecchio è attrezzato di tutto punto. Anche lui in passato ha goduto di quel buchetto stretto che ora mi appresto ad allargare a dovere! “Prendi e fai delicatamente senza farle male. Ricordati che te l’ho ceduta con il resto dell’agenzia ma che è libera di andarsene e di trovarsi un altro lavoro se non ti comporterai da gentiluomo e da signore con lei.”
Mi calmo e cerco di raffreddare i miei istinti. Prendo a baciarle ed a mordicchiarle la schiena e le spalle ed a pizzicargli da dietro, stringendoli fra i polpastrelli del pollice e dell’indice, i capezzoli dei seni. Lei a quei baci ed a quelle carezze si rilassa, volta il suo viso verso me e ci baciamo. Sento la sua lingua in bocca, le sue labbra morbide ed umide sulle mie. Si lascia andare e mi bacia con passione, con quel trasporto tipico del bacio dell’innamorata. Anche il suo corpo lo sento fremere e vibrare ai miei tocchi ed alle mie carezze. Questa donna mi desidera e si sente. Avverto la sua voglia di scopare con me. Questa percezione mi fa nuovamente ribollire il sangue nelle vene. Ho bisogno di farla mia, di possederla con la carne. “Dammi il culo Valentina, vuoi?” Lei mi guarda con occhi supplichevoli “Quello che vuoi Alessandro, ma sii dolce, non essere violento”. Mi posiziono con il viso in mezzo alle sue natiche; prendo a leccarle il buchetto. Ha un sapore speziato che mi inebria. Lo allargo leggermente con le dita in modo da porci infilare la lingua dentro il più possibile. E’ una cosa che adoro fare alle donne e Paola non ha mai voluto che lo facessi a lei. Ha ragione mio padre: Valentina è quella valvola di sfogo che permette di salvare qualsiasi matrimonio.
Ora la sua piccola apertura mi sembra più rilassata. Mi spalmo del gel sull’indice e sul medio destro e poco per volta li faccio entrare dentro Valentina, nel suo sfintere. Non incontro troppa resistenza e quando le dita sono dentro completamente comincio a muoverle in avanti ed indietro con movimenti lenti e regolari. Lei ha portato una sua mano alla fica e si accarezza delicatamente il clitoride. Ha gli occhi chiusi ed emette mugolii di piacere. Dopo qualche minuto avverto che la mia eccitazione è ormai matura e che non posso più controllarmi ulteriormente. Se mi ha permesso di violarle il buchetto posteriore con le dita, penso, sicuramente non si opporrà se a queste sostituisco il mio uccello. Mio padre a poca distanza si gode lo spettacolo della sua ex segretaria così impudicamente violata e di suo figlio che si appresta a sodomizzarla senza compassione.
Lubrifico bene la mia asta e la introduco senza troppa difficoltà nel culo di Valentina. Prendo a farla scivolare con movimenti ritmati in quell’orifizio che la avvolge perfettamente. E’ una meravigliosa sensazione avvolgente che mi dona un piacere ineguagliabile: un intenso godimento fisico ma soprattutto un formidabile appagamento mentale. Un capriccio per il cazzo e per il cervello quello di aprire il culo alla mia segretaria davanti gli occhi pieni di una divertita lussuria di mio padre. Lei, lì sotto, gode con quei suoi lamenti singhiozzanti che risuonano in tutta la stanza e nel mentre si sgrilletta freneticamente la fica con le dita. Che spettacolo, penso, si sta godendo il mio vecchio! Il passaggio di consegne della segretaria amante non poteva essere migliore.
Il culo e la fica di Valentina sono fradice dei suoi umori e quelle secrezioni hanno letteralmente inondato il mio cazzo e le sue mani. Mio padre le si avvicina; lei smette di sgrillettarsi la passera e posa le sue dita, zuppe di tutto quanto la sua fica ha lasciato colare, sulle labbra del suo ex capo. Lui apre la bocca e le succhia avidamente gustandosi quel nettare del piacere. Sembra ancora in grado di avere una nuova erezione malgrado l’età non più giovanissima e nonostante abbia avuto un orgasmo non più di una decina di minuti prima. Le porta il cazzo alla bocca. Valentina se lo fa sparire fra le labbra e con grande maestria inizia a spompinare il “vecchio”. Per un lasso di tempo durato qualche minuto o forse più, ho completamente perso la cognizione del tempo, la segretaria ha il culo farcito dal mio uccello e la bocca riempita dalla mazza nuovamente in tiro di mio padre.
Sento le palle gonfie di sborra, pronta ad inondare il culo di Valentina come un fiume di lava calda e densa. Emetto un grugnito da animale mentre affondo le mie unghie nella sua pelle morbida; esplodo il mio piacere con schizzate potenti e ripetute. Nel contempo mio padre le scarica in bocca consistenti fiotti di seme. Rimaniamo immobili ed in silenzio come bestie che hanno soddisfatto il loro istinto. Io ancora dentro Valentina ed interamente appoggiato con il mio corpo nudo sulla sua schiena. Mio padre, ad occhi chiusi, ha il cazzo che penzola a pochi centimetri dal viso della segretaria.
Intanto fuori dalla finestra dell’ufficio, giù in strada, avverto il frastuono del traffico dell’ora di punta e capisco che dev’essere già passata l’una del pomeriggio e che tutti stanno rientrando alle loro case per la pausa pranzo. “Si è fatto tardi” dico.
Valentina corre nuda in bagno a sciacquarsi. Io e mio padre l’abbiamo riempita di sborra in fica, in culo ed in bocca. Io ed il “vecchio” ci rivestiamo e riassettiamo alla meglio in vista del nostro ritorno a casa per pranzare in compagnia delle rispettive mogli.
“Ragazza favolosa, vero Alessandro?” Mio padre è quasi già pronto per uscire. Io ancora praticamente in mutande inebetito per quanto appena successo. “Certo, non l’avrei mai creduta così disponibile e disinibita” rispondo mentre mi infilo la camicia. “Disponibile e disinibita, certo. Ma in qualche modo in tutti questi anni l’ho sempre gratificata per questa sua apertura verso le mie voglie ed i miei desideri”. Guardo mio padre con l’espressione incredula e ribatto “Gratificata? In che modo?”. Lui mi si avvicina, mi cinge la spalla e risponde “Hai presente la voce Premio di Produttività in busta paga di cui mi chiedevi? Quella voce che varia di mese in mese. Ebbene, ecco la produttività di Valentina per cui merita quel premio. Lei non mi ha mai chiesto nulla in cambio. Lo fa per piacere suo e mio e con te lo farà ugualmente solo per piacere. Non abbiamo neppure mai stabilito delle cifre ma io, da sempre, le ho riconosciuto un premio in busta paga per questa sua disponibilità verso me. Ultimamente, ogni volta che mi ha dato la fica le ho riconosciuto un premio di cinquanta euro e quando mi ha dato il culo di cento”. Gli chiedo “Ed oggi che ha dato fica e bocca a te e culo a me?” Mio padre sorride “Beh, almeno duecento euro di premio vorrai riconoscergliele! Offri tu anche per me, vero? Del resto con quel che ti lascio in eredità mi sembra il minimo! Ma attento a non abusarne, altrimenti il premio lieviterà e diventerà difficile giustificarlo a tua moglie quando le capiterà sotto le mani la busta paga della nostra cara segretaria”.
Intanto lei esce dal bagno. E’ pronta, di nuovo sistemata e truccata come prima. Mio padre l’abbraccia cingendole la vita: “Forza ragazzi andiamo, si è fatto tardi e fra poco più di un’ora va riaperto l’ufficio. Io non ci sarò. Passerò a farvi visita di tanto in tanto ma a voi lascio sicuramente un ambiente di lavoro piacevole e godurioso”. Se la ride il “vecchio” mentre usciamo per andare a pranzare.
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