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Lui & Lei

La Grecia, pt 3


di Renee
04.08.2022    |    2.598    |    8 9.8
"A quel punto mi prese i capelli dietro la nuca con la mano destra e mi spinse la testa dolcemente verso i suoi pantaloni..."
"Allora? - continuai - lo faresti per me? O magari preferisci che li apra io i pantaloni, così puoi continuare a guidare senza problemi..."

Mentre eravamo in macchina e gli parlavo così, mi tornavano in mente alcune confessioni che ci eravamo fatti qualche mese prima, all’inizio della nostra conoscenza.
R. era molto timido sotto alcuni aspetti. Ricordo ancora, durante una delle nostre prime telefonate, che per caso eravamo finiti a parlare di dettagli, di cose particolari che ci piaceva fare e sentire durante il sesso. C’era questa cosa che voleva dirmi, ma non voleva dirmi. Proprio non ce la faceva. Allora mi disse, dopo tutto il mio insistere e il mio cercare di metterlo a suo agio: "Se indovini ti prometto che non te lo terrò nascosto. Ma non te lo posso dire per ora di mia spontanea volontà”.
Ci vollero alcune settimane per scoprire di cosa si trattasse, nel frattempo io avevo immaginato di tutto e di più: forse gli piaceva farsi fare pipì in faccia? forse gli piaceva farsi stimolare l’ano? Non riuscivo davvero ad indovinare. Quante possono essere le preferenze “imbarazzanti” per un uomo nel mondo del sesso, tanto da non poter essere dette a voce alta? Che poi, nulla di quello che riuscivo ad immaginare io mi dava l’impressione di essere estremamente imbarazzante da non essere condiviso. Sarà che io di mio ho la mentalità molto aperta…
Alcune settimane dopo quella telefonata, dopo una delle nostre sessioni intense e durature sdraiati sul letto sudati e soddisfatti, iniziammo a parlare del più e del meno. Non ricordo precisamente di cosa, ricordo solo di avergli detto ad un certo punto che mi piaceva sentire le gocce di un orgasmo scendere sul mio viso. In quel momento mi guardò per un istante con un sorriso compiaciuto e mi disse: "Era questo. Era questo che non ho avuto il coraggio di dirti… fino ad oggi".
Ero sbalordita, quasi piacevolmente divertita.
“Tutto qui? - gli dissi - era questo che non trovavi il coraggio di dirmi?”
“Be, si.”
“Sai, avevo pensato di tutto: un dito nel sedere, orge… oppure un dildo nel sedere! Quelle cose che non racconteresti mai a tua mamma insomma…”
“Beh, mi spiace di averti delusa”
“No, ma che delusa. Sono contenta che tu me l’abbia detto.”
Ci guardammo, io e lui. Come se fossimo complici, da sempre. Lo sentivo rilassato, come se si fosse sciolto un peso. Lo guardavo, come se fosse la cosa più bella che io avessi mai visto:
“Baby?” gli dissi.
“Si?”
“Quando hai intenzione di venirmi in faccia?”

In macchina i finestrini erano leggermente abbassati, la temperatura non era più così alta. Sentivo il vento scivolarmi addosso, sentivo la pelle d’oca.
R. teneva gli occhi sulla strada, sentivo il suo respiro farsi più profondo. Mi mise la mano destra sulla gamba, mi accarezzò la coscia scoperta, fino ad arrivare al bordo del pantaloncino. Mi passò la mano tra le gambe mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé.
Mi avvicinai piano, facendo attenzione a non distrarlo dalla guida in modo pericoloso. Con calma spostai leggermente la cintura di sicurezza dai pantaloni, allargandola. Guardavo la zip dei suoi pantaloni. Mi fermai un attimo quasi ad ammirarla, non perdendomi nemmeno un secondo di quella lunga attesa, immaginando la sorpresa che stava aspettando a pochi centimetri da me.

“Baby… forse dovrei fermarmi, che ne dici? Non vorrei distrarti troppo”. Lo guardai sorridendo e sollevando il sopracciglio sinistro.
R. poteva vedermi dallo specchietto retrovisore, sorrise. Sapeva che lo stavo solo stuzzicando.
Adoro prenderlo in giro così, fino allo sfinimento. Fino a farmi quasi pregare.

A quel punto mi prese i capelli dietro la nuca con la mano destra e mi spinse la testa dolcemente verso i suoi pantaloni.
“Questa volta le cose andranno un po’ diversamente, - mi disse - questa volta non usciamo da questa macchina finché non lo dico io”.
Le parole magiche che volevo sentire.

Mi ritrovai con la faccia vicinissima alla sua zip, sentivo nuovamente il leggero stato d’ebrezza dei cocktails che avevamo bevuto quella sera. L’effetto era un po’ passato durante la passeggiata ma stando in macchina, e con la testa in quella posizione un po’ scomoda, mi sembrava mi stesse risalendo leggermente. In più avevo bevuto un paio di bicchieri in più di lui, dato che io non avrei dovuto guidare.
Con gli occhi socchiusi cercai bramante il bottone, poi la zip… passai la mano sui suoi slip. Lo slip era leggermente bagnato e ci passai le labbra sopra. Sentì R. sussultare piano.

Ad un certo punto tirai su il viso e mi avvicinai nuovamente a lui.
“Baby?”
“Si?” mi rispose.
Intanto iniziai ad infilare piano la mano nei suoi slip.
“Baby… quando hai intenzione di venirmi in faccia?”
Lo sentì ansimare mentre iniziai a giocare con il suo pene ormai durissimo.
“Cosa vuoi che faccia? Dimmelo…”
Gli parlavo piano, sussurrando.
“Prendilo in bocca” mi disse.

Compiaciuta dalla sua risposta mi avvicinai nuovamente con il viso alle sue parti basse. Passai la lingua sulla punta, bagnandolo per bene.
Intanto lui continuava a guidare, nessuno a parte noi due sapeva cosa stesse accadendo in quel momento, in quella macchina.
Il suo sapore mi riempì la bocca, il suo ansimare era una sinfonia.

Mi fermai un attimo e mi bagnai le labbra con la saliva prima di farlo scivolare completamente all’interno della mia bocca. Inizia a fare su e giù, su e giù… prima più lentamente e fino a metà, poi tutto, fino a sentirlo in gola. Continuavo così, alternando, fino a che non sentì un paio di lacrime scendermi sulle guance. Mi fermai per un istante, mi tirai di nuovo su e gli feci passare la mano sul mio volto per fargli vedere il risultato della mia grande devozione per lui.

Non posso sapere cosa gli passava per la testa, so solo che ad un certo punto il ragazzo timido non c’era più. Mi prese di nuovo la testa, questa volta con più decisione e stabilendo il ritmo dei miei movimenti. La cosa mi fa perdere il controllo, sempre. Ero sua, completamente, pronta a fare qualsiasi cosa lui volesse fare con me e di me. Ogni tanto si fermava, come per paura di mancarmi di rispetto. Ma i freni in me erano ormai andati già da un po’. Appena mi lasciava i capelli gli riprendevo la mano per poi posarla dietro la mia nuca. Volevo che fosse sicuro di sé, volevo fosse sicuro del fatto che avrebbe potuto usarmi come voleva, volevi fosse sicuro del fatto che io volevo essere usata da lui.

Sentì il suo respiro cambiare, farsi sempre più affannato. Sentì i muscoli delle sue gambe contrarsi lentamente. E poi sentì il suo pene pulsare leggermente. “Ci siamo” pensai, continuando a farlo sparire tra le mie labbra più a fondo che potevo.
Lo sentì gemere piano, poi un po’ più forte… fino a che tutta l’eccitazione di quella giornata passata ad eccitarci a vicenda non si trasformò in un’esplosione di piacere. Era tanta. Mandai giù una buona parte e lasciai che il resto mi colasse sulle labbra e sulla mano.
Continuai ancora per un po’, più lentamente, fino a quando non sentì che gli spasmi delle sue gambe erano finiti.
“Wow - mi disse - non ho altro da dire”
“Sei stato bravo, siamo quasi arrivati all’hotel e siamo ancora vivi”, dissi ridendo.
Mi guardò dallo specchietto. Mi portai le dita alle labbra, pulendo con il pollice l’angolo della bocca per poi leccarlo.
Mi disse:
“Ora tocca a te, ne riparliamo tra 2 minuti in albergo”.
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