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Lui & Lei

La consulente


di rasss
09.10.2019    |    9.238    |    9 8.3
"Il suo lavoro era quello di fornire consulenza presso le sedi delle imprese affiliate alla propria società..."
Il suo lavoro era quello di fornire consulenza presso le sedi delle imprese affiliate alla propria società. Perciò era costretta a girare in macchina tutta la provincia, recandosi da una sede all’altra.
Erano perlopiù piccole imprese artigiane: meccanici, ditte edili, carrozzieri.
I titolari, che aveva imparato a conoscere, si erano dimostrati sempre gentili e accondiscendenti con lei, anche perché attratti da quel suo corpo fantastico e la sua “parlantina” di ragazza ambiziosa.
Era evidente come a loro non importasse nulla di quelle consulenze e che l’unica cosa che avrebbero gradito era scoparla e darle il ben servito, pronti a tornare al lavoro.
Una mattina di luglio doveva recarsi presso l’autofficina di un cliente, oramai piuttosto anziano, situata fuori città, in quella che una volta era stata una attiva zona industriale e che ora era un agglomerato di capannoni abbandonati e caseggiati dismessi utilizzati per lo più come ricoveri di fortuna.
A causa dell’afa e dell’umidità decise di non indossare il suo canonico tailleur, ma un vestitino di stoffa leggero e dei sandali.
In fin dei conti, si disse, a quegli energumeni dei suoi clienti, poco importava dell’abito professionale, anche perché poi, dopo la consulenza, avrebbe voluto fare una passeggiata al mare.
Mentre guidava la sua mente correva da un pensiero all’altro. Si trovò a ripensare alla scopata di qualche sera prima con il suo oramai ex fidanzato e alle oscenità che erano uscite dalla bocca di entrambi mentre si avvinghiavano e laccavano come due animali selvaggi.
Lui l’aveva lasciata perché lei gli aveva confessato di essersi scoperta attratta dal sesso femminile dopo che una sera si era ubriacata insieme alla sua coinquilina con la quale aveva avuto un rapporto saffico, poi divenuto stabile.
Tuttavia aveva chiesto al suo ex di continuare a frequentarla e di avere rapporti sessuali con lui, perché, come gli aveva spiegato, nonostante amasse sentire la lingua di un’altra donna leccarle la figa, le tette e il buco del culo, sentiva la mancanza del cazzo.
Aveva provato a sopperire con vibratori di ogni genere, wurstel e cetrioli infilati nei preservativi, che però non davano la stessa sensazione di un palo di carne caldo e pulsante e che non eiaculavano quella sborra calda e cremosa con la quale tanto le piaceva riempirsi la bocca.
Mentre pensava a tutto ciò, si sentì all’improvviso calda e bagnata, mentre un orgasmo le montava dal basso.
Dovette immediatamente accostare per non uscire fuori strada. A causa dell’eccitazione si scostò le mutandine di stoffa leggera e sì masturbò furiosamente; un dito infilato nella figa e due che sfregavano le grandi labbra, mentre con la nuca spingeva contro il poggiatesta e con la bocca aperta miagolava oscene parole di piacere.
Era in trance. Ogni rumore era sparito. Le parve di sentire un colpo di clacson e un lungo fischio, ma non riuscì a realizzare se fosse stato il frutto della sua fantasia o la realtà.
Quando riuscì a liberare l’orgasmo che aveva in corpo, si rese conto che le mutandine erano completamente inzuppate e sudice e che anche la parte posteriore del vestitino che indossava si era impregnata del suo liquido, così come il sedile dell’auto.
Mentre ansimava, accaldata e matida del sudore che le imperlava il décolleté e la testa che le girava, si leccò le dita che sapevano dei suoi umori e di piscio.
Si accese una sigaretta. Pensò che le sue mani avevano lo stesso odore di quelle di una troia di borgata: di piscio, fumo e sudore. Mancava solo un deodorante da quattro soldi per farla sembrare tale.
Poi le cadde lo sguardo sul cambio e pensò di essere stata un’idiota a non mettersi a cavallo dei due sedili e infilarselo nella figa. Aveva una forma e delle dimensioni che la attraevano, ma che non aveva mai avuto la fortuna di provare. Lo impugnò con la mano destra e si ripromise che alla prima occasione lo avrebbe utilizzato per impalarsi a dovere e darsi quel piacere misto a dolore che tante volte aveva agognato.
Richiamata alla realtà dal senso del dovere, scacciò via i pensieri lussuriosi che aveva in testa, si tolse le mutandine e le infilò tra il vetro e il montante dello sportello così che il vento potesse asciugarle un po’ durante il viaggio residuo. Le avrebbe indossate di nuovo giunta in prossimità della autofficina.
Mentre viaggiava, le mutandine volarono via. Arrestò l’auto e le raccolse dal bordo della strada. Erano però oramai sporche di terriccio e quindi inutilizzabili. Non sapeva cosa fare. Decise di effettuare comunque la consulenza prestando attenzione ai movimenti affinché il vestitino non rivelasse la sua nudità
Una volta giusta a destinazione, entrò nella serranda aperta della vecchia autofficina che, come il piazzale, e tutto quel plesso industriale era deserta.
Chiamò a voce alta il titolare che però non rispondeva. Mentre era sul punto di andare via notò una porticina laterale con un il cartello ufficio. Era socchiusa e dall’interno proveniva il vociare di una televisione. Chiamò ancora, ma non ebbe risposta.
Senza bussare aprì piano la porta.
Il vecchio meccanico se ne stava lì, nella penombra, su un divano logoro, con la sua tuta sporca e aperta, mentre con la mano ruvida si tirava una gran sega guardando un porno d’annata. L’attrice era forse una giovane e bellissima Erika Bella.
Per terrà una bottiglia di birra e un posacenere con un sigaro ancora acceso.
Avrebbe voluto gridargli che era un vecchio porco, ma le parole le morirono in gola quando pensò che anche lei, aveva fatto la stessa cosa poco prima di arrivare lì. Tutto ad un tratto, il vecchio iniziò a grugnire e lei assistette ad una copiosa sborrata che si riversò a terra.
Lui si alzò in piedi e senza neanche pulirsi infilò l’uccello nella tuta e, imboccato il sigaro, si avviò alla porta mentre si puliva le mani addosso.
Divenne pallido quando la vide inebetita davanti alla porta e le chiese scusa in ogni modo.
Lei borbottò che non c’era problema, e che era meglio se fosse andata subito via.
Il vecchio le disse che, tanto che era arrivata fin lì, poteva fargli firmare quei “pezzi di carta” di cui aveva bisogno per mandare avanti la sua attività.
Dando le spalle al meccanico, si abbassò per prendere i documenti che aveva nella borsa e solo in quel momento realizzò che era senza mutandine e che gli stava praticamente sbattendo la figa, ancora gonfia e umida, in faccia.
Successe tutto molto velocemente.
Sentì le mani ruvide del vecchio afferrare le sue natiche e divaricarle.
Disse “no”, ma appoggiò le mani sul tavolo e tirò su il suo culo mettendolo bene in mostra.
La sua lingua umida, prima che potesse far finta di protestare ancora, già le bagnava il buco del culo e la barba le sfregava contro le chiappe.
Lei spingeva come se avesse voluto sederglisi in faccia. Poi, gli disse che voleva ciucciargli l’uccello.
Il vecchio meccanico non oppose resistenza e lo tirò fuori dalla zip della tuta.
Quando si inginocchiò quasi ipnotizzata davanti alla cappella lucida avvertì l’odore stantio della sborra che il vecchio non si era curato di pulire poco prima.
Ma, anziché provare disgusto, l’odore la eccitò e impugnò il cazzo nodoso per portarlo alla bocca vogliosa di assaporare quel sudiciume misto di sborra sudore e saliva, grasso e polvere.
Lavorò di bocca per un tempo che le sembrò infinito, mentre il turgore del vecchio non accennò neppure per un attimo a diminuire e la sua figa era oramai un lago di umori e attraversata da un pruriginoso desiderio.
Lui le riempì la bocca con una gran quantità di sborra. Non sembrava affatto che lui si fosse svuotato le palle pochi minuti prima.
Lei ingoiò quello che poté, ma la una parte di sborra iniziò a colarle lungo il mento e poi sul vestito.
La figa calda, pulsante era però inappagata. Perciò gli chiese se aveva voglia di sbatterla per bene in figa.
Il vecchio disse di sì e aggiunse che se avesse voluto le avrebbe rotto per bene anche il culo.
Lo trascinò, tirandolo a sé, oramai in preda ad un raptus, verso la prima cosa alla quale potette appoggiarsi e si tirò su il vestitino. Gli mostrò la figa e lo incitò a sfondarla.
La figa colava di umori che le avevano imbrattato l’interno delle sue belle cosce scure e tornite. Il vecchio si tuffò su quel ben di dio e con la lingua assaporò il premio che quella giornata gli aveva inaspettatamente regalato.
Poi, senza grazia, impugnò il cazzo e glie lo affondò nella figa imbibita di piscio e saliva, iniziando a stantuffare.
Lei lo guardava come una porca infoiata e i lasciò andare a quella penetrazione senza riguardi. Sentì il cazzo del vecchio crescerle sempre più nella figa e quando sentì l’orgasmo montare mugolava come un mantra “dai, dai, dai ….”. Il vecchio la immobilizzò e mentre le mordeva il collo la farcì con un enorme quantitativo sborra.
Lo scostò e lo spinse indietro, poi si voltò e con la mano bagnata di saliva si bagnò per bene il buco del culo. Lo guardò e gli fece cenno di sì. Il vecchio era stremato, ma l’eccitazione teneva il suo cazzo ben dritto. Lei appoggiò la faccia e il torso su un bancone pieno di pezzi di ferro e con le mani si teneva le chiappe aperte. All’improvviso urlò “sfondami, vecchio porco di merda, rompimi il culo, mi devi far sanguinare”.
Il vecchio non credeva alle sue orecchie. Una esortazione del genere, mista ad una implorazione, non l’aveva davvero mai sentita. “Quanto le piaceva il cazzo?” – pensò … “beh”, si disse, “buon per me!”.
Non si fece pregare e mentre lei si protendeva verso di lui la inculò in un sol colpo. Lei urlò per il dolore, ma a lui non importò nulla. Le afferrò i capelli e premendole la testa sul bancone continuò ad incularla incurante dei suoi lamenti. Voleva solo svuotarsi le palle in quel giovane culetto moro che sembrava uscito da una rivista porno patinata. Uno bello e sodo così davvero non l’aveva mai maneggiato.
Mentre formulava confusamente questi pensieri, avvertì sempre minor resistenza da parte della ragazza e anzi si rese conto che la sua partecipazione alla penetrazione stava aumentando … poi ad un tratto lei sbottò gridando “godooooo, siii, spaccami, rompimi, ti prego, aaaaahhhh”.
Il vecchio le riversò il suo succo nel culo, che presto iniziò a fuoriuscire e, insinuandosi nella sua bella figa rosa e depilata, a stillare a terra.
Rimase così a godersi la sensazione di quel cazzo ancor ben dritto piantato nel culo. Poi, lo sfilò e senza salutare tornò in macchina e andò via, pronta, per una nuova giornata di lavoro l’indomani.
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