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Lui & Lei

Vita da Studenti Universitari a Napoli -


di hellinhead
26.11.2010    |    16.015    |    0 6.8
"Era alta probabilmente intorno al metro e 75, un gran bel fisico, si vedeva che aveva frequentato la scuola di danza sin da bambina con ottimi risultati..."
Le avventure di un ragazzo sempliciotto di provincia catapultato per motivi di studio nella caotica città di Napoli. Verrà svezzato ai piaceri del sesso dalla sua coinquilina Alessandra in un crescendo di erotismo e passione.
I primi due capitoli sono solo introduttivi e non contengono scene erotiche. Ma dal terzo, sarete accontentati. I capitoli 4 e 3 sono quelli di maggiore successo...

Non saprei in che categoria inserirlo, di certo i 10 capitoli previsti conterranno scene lesbiche, etero, trio, orgia, voyerismo.
Per commenti (anche negativi) e suggerimenti: [email protected]


capitolo 1 - la casa nel rione sanità

Sapete, essere nati in un piccolo paesino di provincia ha molti aspetti negativi. E’ un ambiente ristretto con una mentalità molto arretrata dove non ci sono prospettive e se vuoi studiare all’università sei costretto ad andartene spesso anche molto lontano, magari in grandi città molto diverse dalla tranquillità in cui vivevi prima. E’ appunto quello che è capitato a me, giovane ragazzo della provincia molisana, che per studiare medicina è stato costretto a trasferirsi nella grande e caotica metropoli di Napoli.
All’epoca avevo solo 18 anni, ero poco più che un ragazzino, imbranato rispetto a certi aspetti della vita incluse le questioni di sesso. Avevo dato soltanto qualche carezza o bacetto, in effetti, non ne sapevo quasi niente. Per fortuna la mia monotona vita sessuale stava per prendere una piega che mai avrei immaginato prima e questo grazie alla gran troia che si rivelò essere la mia coinquilina.
Naturalmente per vivere così lontano da casa è necessario trovarsi una stanza dove appoggiarsi, dove studiare, e dormire la notte. Napoli da questo punto di vista è ottima, puoi trovare di tutto a seconda di ciò che cerchi. Dai costosi appartamentini nei condomini chic dei quartieri alti, ai subaffitti più economici in palazzi molto spesso fatiscenti dei rioni popolari.
Non appartenendo ad una famiglia molto facoltosa e non volendo pesare troppo sulle spalle dei miei genitori, ho deciso di accasarmi in un piccolo appartamento situato in un ex convento di monache nel quartiere Sanità, uno dei rioni più popolari e controllati dalla delinquenza organizzata di tutta la città partenopea. Nonostante tutto, oggi non credo che questa sia stata una scelta sbagliata o negativa, se ti fai i fatti tuoi e non dai fastidio agli altri, è un quartiere abbastanza normale. La casa era abbastanza spaziosa anche se aveva bisogno di una ristrutturazione urgente. C’erano tre stanze da letto di cui una, quella più lontano dalla porta d’ingresso, davvero molto spaziosa e che poteva essere usata come una doppia, una cucina vecchia ma funzionante, un piccolo salottino e soprattutto due piccoli bagni che si riveleranno essenziali nello sviluppo della nostra storia.
L’avevo trovata grazie ad uno di quegli annunci che i ragazzi attaccano con lo scotch alle cabine telefoniche fuori alle università. Ricordo ancora che non appena lessi l’annuncio subito chiamai il numero segnato. Mi rispose una ragazza dalla voce un po’ roca dicendomi che quel giorno stesso aveva già preso appuntamento con un paio di ragazze e che probabilmente le due stanze libere sarebbero state affittate. Comunque aggiunse che se volevo passare non c’erano problemi, magari le due ragazze avrebbero potuto decidere di dividersi la stanza doppia, lasciandomi quindi libera l’altra.
“Farsi un’affacciata non costa niente -pensai- è qui vicino e non perderò molto tempo.“
Così presi la via dei decumani e mi avviai verso la stazione di Piazza Cavour seguendo le indicazioni che la voce mi aveva dato per telefono. Senza molta difficoltà trovai la casa che cercavo, era nel vico dietro alla stazione, proprio all’ingresso della Sanità. Sotto al palazzo, un gruppo di ragazzotti intenti a vendere sigarette di contrabbando, giocavano a carte per perdere tempo, io sapevo che in verità erano le sentinelle di qualche boss del quartiere pagate per controllare ogni minimo movimento da Fuori Porta San Gennaro. Niente poteva entrare o uscire dal rione senza saperlo, anche uno spillo veniva notato.
Senza dargli molta attenzione, salì i gradini dell’ingresso dell’ex convento e bussai al citofono. Riconobbi la stessa voce roca che mi aveva risposto al telefono. Mi disse di salire al primo piano porta a sinistra delle scale. Si vedeva che era un ex convento, il soffitto dell’ingresso del portone portava ancora intonacato l’affresco della madonna circondata dagli angeli e nel cortile centrale, un vecchio pozzo sigillato faceva bella mostra di sé. Con mia grossa sorpresa, mi venne ad aprire una ragazza piuttosto grande di età, si vedeva che aveva superato da tempo i 30 anni, i capelli erano castani chiari ma sbiaditi come quelli di chi si avvia al grigiore dell’età matura, il suo volto era segnato dalle rughe ed i denti giallognoli forse per il molto fumo non le davano un aspetto attraente. Doveva essere stata abbastanza carina da giovane, ma certamente adesso la giudicavo alquanto bruttina. Si chiamava Lucia ed era di origini Pugliesi, pure essendo nata in Australia da immigrati ritornati in Italia negli anni 80.
Mi fece accomodare in cucina, spiegandomi che era amica intima della proprietaria e che essendo quest’ultima molto impegnata col lavoro fino a tarda sera, le aveva delegato di trovare dei nuovi coinquilini. Come avevo supposto, scoprì successivamente che era abbastanza grandicella (all’epoca aveva 36 anni), lavorava come lettrice di Inglese presso una scuola paritaria del vomero. Era “l’inquilina storica” di quella casa in cui viveva da ben otto anni. Mi fece vedere le due stanze, la singola a cui ero interessato era quella più vicina all’ingresso. Un vecchio balcone con infissi di legno tutto scheggiato e in parte sverniciato di bianco dava sulla strada sottostante, un’altra finestra laterale dava su uno stretto vicoletto che andava alla stazione. Il pavimento era delle vecchie mattonelle di ceramiche rosse schizzate di nero tipiche delle vecchie case. In compenso, la stanza era bene arredata. Un grande letto matrimoniale occupava un angolo della stanza, mentre due armadi erano stati incastrati nello spazio della porta interna che collegava la stanza con quella adiacente di Lucia. Ma quello che mi attirò di più fu l’enorme scrivania arancione che troneggiava al centro, era così larga che ci potevano studiare benissimo in due senza avere impiccio.
-Ambiente molto sporco -pensai- ma con una bella pulitina credo sia più che sufficiente per adesso. - Decisi di propormi come affittuario, il prezzo era più che buono, solo 170 Euro, spese di corrente, acqua e gas escluse, per una stanza di 20mq a pochi metri dalla metropolitana e dalla mia università.
Lucia ribadì che, come già mi aveva accennato, era in attesa di una coppia di ragazze che l’avevano contattata prima di me e che erano indecise se prendersi entrambe le stanze libere oppure la doppia. Inoltre, aggiunse che comunque le avevo fatto una buona impressione, che si vedevo ero un bravo ragazzo e certamente mi avrebbe informato sugli sviluppi. Mentre già ci avvicinavamo all’ingresso ed eravamo ai saluti, in quel momento suonò il campanello. Erano le due ragazze di cui Lucia mi aveva parlato poc’ansi. Decisi, sotto suggerimento della stessa Lucia, di rimanere magari per sfruttare l’occasione e tentare d’influenzarle nella loro scelta.
Erano due tipe alquanto carine, entrambe avevano lunghi capelli neri. In particolare una delle due mi colpì maggiormente, si chiamava Alessandra. Era alta probabilmente intorno al metro e 75, un gran bel fisico, si vedeva che aveva frequentato la scuola di danza sin da bambina con ottimi risultati. I capelli lunghi fino alle spalle incorniciavano il suo volto delicato in cui spiccavano gli occhi grandi e neri come la notte, che mettevano i brividi solo a guardarli. Tutte le volte incrociavo il suo sguardo mi sentivo a disagio. Come se qualcosa mi si muovesse dentro, una sensazione che mai avevo provato prima. La piccola bocca rossa e carnosa da cui spiccavano denti perfetti, e il nasino alla francese la rendevano ancora più carina. Indossava un vestitino scuro abbastanza scollato che lasciava intravedere una terza abbondante. Un ciondolo di ambra a forma di tartaruga faceva bella mostra di se sul suo petto. Le parte inferiore del corpo indossava una gonna stropicciata viola scuro che le arrivava a mezza coscia, mentre ai piedi calzava degli stivaletti neri.
L’altra ragazza, Cristina, veniva dalla provincia di Potenza e studiava anche lei medicina a Napoli. Era molto più bassa della sua amica, credo che non arrivasse al metro e mezzo. Nel complesso era fisicamente meno carina di Alessandra, ma aveva un viso molto solare, in particolare labbra carnose che sorridevano sempre ed anche i suoi modi di fare graziati e garbati rendevano la sua presenza piuttosto gradita.
Rimanemmo in cucina a parlare per una mezz’oretta, al termine della quale le ragazze decisero di venirmi incontro e di dividersi la camera doppia per 230 Euro. Per fortuna, il fatto che sarei stato l’unico “uomo” nella casa non era stato un problema. “Anzi” disse Lucia scherzando “un uomo in casa è utile per una protezione, e per i lavori pesanti.”
Mi accordai con Lucia per entrare in casa dall’inizio del mese successivo. L’accordo, naturalmente in nero, prevedeva due mensilità di caparra che mi sarebbero state restituite quando avrei lasciata la stanza.
Fu così che trovai la mia prima casa da studente.

capitolo 2 - vita a quattro

Quando dopo 18 anni di vita a casa con i tuoi dove c’è una madre che pensa a tutto, cucina, lava i tuoi vestiti, pulisce la tua stanza, fa la spesa, vieni di colpo catapultato in una nuova realtà in cui devi sopperire a tutti questi bisogni da solo, se non ti senti perso e un po’ spaventato all’inizio, NON SEI NORMALE.
I miei genitori mi avevano aiutato nel trasloco di quelle poche cose essenziali di cui avevo bisogno per sopravvivere. Vestiti, coperte, vettovaglie, qualche libro ed una piccola vecchia televisione in bianco e nero. Caricammo tutto sulla vecchia Alfa-33 grigia di mio padre e partimmo, dopo avere salutato mia madre che piangeva stringendo un fazzoletto nella mano sinistra, neanche stessi andando in guerra.
Ricordo bene i primi mesi nella nuova casa, probabilmente i più duri.
Non ero da solo in casa e, quindi, si dovevano fissare delle regole comuni da rispettare, come dividersi gli spazzi nel frigorifero e quelli per le nostre vettovaglie, stabilire il turno di chi doveva buttare l’immondizia o andare a pagare le bollette. Per fortuna, non ci furono molti problemi a sistemarci. Il frigorifero era suddiviso in quattro ripiani, per cui decidemmo di occuparli uno ciascuno. Io, scelsi quello inferiore, Lucia prese quello superiore mentre i ripiani centrali contenevano le provviste di Christina ed Alessandra. Per le pulizie della casa, ognuno era indipendente per la propria stanza, mentre gli spazi comuni andavano lavati almeno una volta a settimana. Organizzammo un calendario settimanale a rotazione. Per cui, ogni settimana ci toccava lavare uno tra l’ingresso, il salottino, la cucina o i due bagni. Nel caso in cui qualcuno avesse saltato il turno veniva sostituito con l’obbligo di recuperarlo nelle settimane successive.
Tutto sommato mi ripresi presto dall’impatto iniziale con l’indipendenza. Facevo la spesa nel supermercato sottocasa quando ritornavo dall’università, e pian piano incominciai anche a cucinare qualcosa. Il primo semestre dei corsi da seguire si distribuiva in tre giorni alla settimana. Lunedì, mercoledì e giovedì lasciandomi molto tempo sia per studiare sia per le faccende di vita quotidiane.
In casa mi trovavo abbastanza bene, in particolare con Cristina e Alessandra si era creato un bel rapporto di amicizia. Purtroppo non ci vedevamo molto durante le giornate, a causa dei nostri impegni, però la sera si pranzava sempre insieme tutti e tre. Ore nove e 30 in punto, tutte le sere per quattro anni. Forse avevo un rapporto alquanto freddo e formale con Lucia. Ma mi era sempre parsa un po’ acida nel suo modo di fare, un po’ certamente perché apparteneva ad una generazione differente. In parte credo per una difficoltà nel socializzare che si portava dietro dal trasferimento in Italia. Doveva essere stato un bello shock passare dalle spiagge assolate di Adelaide al grigiore di un paese sperduto tra le colline Foggiane.
Di solito nel dopo cena ce ne stavamo tutti e tre seduti a chiacchierare nel salottino al buio. Attraverso le grandi finestre filtrava la luce arancione delle lampade sospese per strada. Era il momento più tranquillo e rilassante della giornata, anche se a volte da fuori proveniva l’urlo sgraziato di qualche scugnizzo napoletano in sella al suo scooterone truccato. Del tutto normale nella Sanità . Alessandra e Cristina erano solite sedere sulle due poltroncine stile ‘800 ai lati del finestrone, mentre io, più ingombrante, me ne stavo sul divanetto marrone di fronte a loro. Avevamo anche una bella televisione a colori gentilmente donatoci da Adelia, la padrona di casa.
Mi piaceva molto stare lì a parlare con loro, si chiacchierava degli avvenimenti della giornata o magari un ricordo divertente emerso durante la visione di un film. Senz’altro posso dire che mi sentivo felice, facevamo ormai parte della stessa famiglia. Ci volevamo bene.
E’ stato intorno al periodo natalizio che il mio rapporto con le ragazze iniziò a cambiare, questo certamente grazie ad Alessandra la quale, non sapevo perché, aveva iniziato sempre più spesso a spostare gli argomenti delle nostre conversazioni serali sul sesso. Come ho già detto, aveva un bellissimo corpo ed un fascino che ammaliava chiunque entrasse nella sua orbita. Cristina, invece, era molto più timida e di solito durante i racconti della sua amica sorrideva imbarazzata senza dire parola. Decidemmo di festeggiare Natale e Capodanno il 22 di dicembre. L’ultimo giorno in cui eravamo insieme prima che ognuno fosse ritornato a casa dai propri parenti. In verità mancava Lucia che era partita il giorno prima e non sapeva niente della festa, ma non era gradita. Forse gelosa della nostra amicizia, aveva iniziato a fare dei veri e propri dispetti. Come staccare l’interruttore dello scaldabagno dalla corrente dopo essersi lavata, costringendosi spesso a docce congelate. Oppure lamentarsi delle nostre discussioni notturne dicendo che facevamo troppo chiasso e che lei non riusciva a dormire.
La diffidenza iniziale nei suoi confronti si trasformò in ostilità a causa delle bollette della luce. Infatti, Lucia era l’unica che usava per il riscaldamento, spesso per tutto il giorno, una stufa elettrica, incurante dei consumi eccessivi di corrente che puntualmente arrivarono. Ben 367 Euro tra Ottobre e Dicembre, una cifra che neanche a casa mia avevo mai visto. Nonostante le nostre proteste con la proprietaria, che se ne lavò le mani, alla fine fummo costretti a cedere ed a dividere le spese per quattro. Ma da quel momento Lucia venne bandita e non entrò mai nel “nostro cerchio”.

Capitolo III - Sbigottimento

La cena, preparata con cura dalle ragazze, consisteva in un primo piatto di fettuccine con gamberetti e zucchine seguito da un secondo di gamberetti in salsa tonnata dentro uova sode tagliate a metà. Naturalmente non mancavano né il vino né la birra, di cui le ragazze apprezzavamo molto le virtù. Melone bianco, mele ed arance sbucciate facevano bella mostra nel vassoio della frutta. Mangiammo con gusto, era il nostro primo pranzo di Natale insieme. Ricordo ancora il sapore delizioso dei gamberetti nella mia bocca, le mie papille gustative sprizzavano gioia da tutti i pori.
Finita la cena, intorno alle 11, Alessandra e Cristina mi invitarono nella loro stanza per bere un’ultima birra. Accettai di buon grado, sopra il tavolo c’erano una decina di lattine, un pacchetto di Chesterfield rosse da 10 e una marea disordinata di valigie, in parte ancora da preparare. Ben presto la serata si animò, le birre avevano fatto effetto, ed eravamo tutti e tre distesi sul letto che avevamo unito a mo di matrimoniale. Non ero solito bere molto e certamente mi sentivo alticcio se non totalmente ubriaco. Iniziammo a fare battute su Lucia e Adelia. Dicevamo che erano due vecchie lesbiche frigide e che i soldi del riscaldamento dovevano ficcarseli su per culo. Ridevamo a crepapelle, non riuscivo più a fermarmi. Ad un cero punto, tutto quel bere si fece sentire avevo la vescica piena e non ne potevo più. Lasciai le ragazze ed andai in bagno a fare pipì e a rinfrescarmi un attimo.
Passarono 5-6 minuti, quando uscii dal bagno rimasi allibito dalla scena che mi si presentava davanti, non credevo ai miei occhi. Le mie due coinquiline erano quasi completamente nude sul letto e si stavano toccando reciprocamente alla grande tra le mutandine colorate. Rimasi impietrito sullo stipite della porta. Non si erano ancora accorte della mia presenza tanto erano prese. Vedevo le loro mani che si toccavano e massaggiavano. Un movimento ritmico che mi ipnotizzava, Cristina che accarezzava il seno di Alessandra, mentre quest’ultima le frugava tra la mutandina bagnata. Mi eccitai all’istante, avevo il cazzo duro che mi doleva nei pantaloni. Indietreggiai istintivamente in modo da nascondermi, abbassai la mano sinistra iniziando a massaggiare delicatamente il glande. Non poteva essere vero, pensai, era un sogno, uno di quei bellissimi sogni causato dal troppo alcol. Le ragazze si erano tolte anche le mutandine, vedevo i loro cespuglietti in fiamme. Alessandra afferrò violentemente la testa di Cristina stampandole un bacio bollente sulle bocca. Le loro lingue si contorcevano come serpenti in calore, incrociandosi, roteando vorticosamente per poi lasciarsi andare prima di ricominciare. La testa di Alessandra scivolava lentamente lungo il corpo di Cristina disegnando con la sua lingua una scia che dalla bocca scendeva sul collo, poi tra i seni abbondanti succhiati con grande avidità. Continuò a scendere lungo il ventre finché si fermò tra le cosce della sua amica. Mormorandole “Fidati di me, vedrai quanto ti piacerà”. Allargò delicatamente le grandi labbra con l’indice e il pollice mettendo in evidenza l’interno della vulva di Cristina ed il clitoride gonfio che sembrava un piccolo pene. Iniziò a leccare la figa della sua amica, prima con colpi leggeri, poi, con forza sempre maggiore, infilava la lingua nella fessura movendola ritmicamente in senso antiorario soffermandosi a succhiare il clitoride. Cristina iniziò a gemere di piacere, contorceva i fianchi come in una danza orgiastica, mentre con le sue mani si aggrappava forte al lenzuolo del letto, rischiando di strapparlo. Poi, Alessandra afferrò il bacino di Cristina e lo tirò a se. Le sollevò le gambe mettendo in evidenza le sue belle chiappette sode tra cui si schiudeva l’invitante forellino. Si inumidì le dita della mano destra leccandosele una ad una prima di iniziare a massaggiare delicatamente entrambi i buchi di lei. Cristina pareva in estasi, gemeva di piacere, iniziò a toccarsi la figa presa da un’eccitazione spasmodica. Alessandra continuava a massaggiarla, finché ad un certo punto fece forza sul buchetto ancora vergine del culo penetrandolo lentamente con due dita. Quella scena fu per me irresistibile, non riuscivo a trattenere l’eccitazione. Il sesso anale al mio paese era visto come qualcosa di inconcepibile, un tabù, una malefica perversione. Dovetti sbottonarmi i calzoni abbassandoli fino alle ginocchia e tirare fuori in mio cazzo che era diventato duro ed enorme. Mi sentivo morire non sapevo cosa sarebbe successo se si fossero accorte di me in quelle condizioni. Sarei voluto intervenire ed entrare nel loro gioco, ma non avevo il coraggio la paura mi paralizzava e rimasi a spiarle dalla porta mentre mi masturbavo freneticamente con la mano. Il loro gioco si fece sempre più caldo. Alessandra stantuffava il culo di Cristina penetrandolo con le dita mentre le leccava la figa. Cristina muoveva sempre più velocemente il bacino, il suo respiro diventava sempre più affannoso, finché ad un certo punto emise un urlo di piacere. Dalla vulva emerse un fiotto di liquido incolore che schizzo sulla faccia di Alessandra che lo bevve con gioia come se si trattasse del getto d’acqua di una fontanella. Cristina aveva avuto il suo primo orgasmo lesbico. Lentamente si riprese, il suo volto era paonazzo e tremava tutta, pian piano il respiro le tornava normale. “Non avevo mai provato niente del genere” disse “neanche col mio ex ragazzo. E’ bello da morire” e aggiunse “Ora però permettimi di ricambiarti il piacere, è il tuo turno di godere”.
Cristina si tirò a sedere sul letto appoggiandosi allo schienale. “Vieni qui, appoggia la tua figa sulla mia bocca, voglio sentire il tuo sapore”. Alessandra da brava ragazza si alzò in piedi sul letto e rispettando il suo comando allargò le gambe sedendosi letteralmente sulla bocca di lei. Vedevo la lingua di Cristina mulinare, Alessandra aveva iniziato a muovere i fianchi come se stesse cavalcando un cazzo enorme. Gemeva la troia, la sentivo godere. I suoi gemiti erano un suono troppo eccitante, non riuscivo più a mantenermi. Sentivo i miei spermatozoi muoversi attraverso il mio pene, era una sensazione che mai avevo provato prima. Tentai di trattenermi per evitare di venire, ma ormai la frittata era fatta. Venni con tre o quattro abbondanti fiotti di crema lattiginosa sparandola direttamente sul pavimento della moquette delle ragazze. Per fortuna queste non si erano accorte della cosa. Nonostante l’orgasmo, il mio cazzo si rianimò subito alzandosi ancora. Decisi di non riprendere a masturbarmi ma rimasi a guardare le ultime fasi della “lesbicata” che si stava esaurendo. Dopo pochi minuti, infatti, Alessandra venne direttamente nella bocca di Cristina quasi annegandola nei suoi fluidi. Si scambiarono un ultimo bacio, prima di sdraiarsi l’una accanto all’altra tenendosi per mano.
La serata era definitivamente conclusa, mi dileguai lentamente nella mia stanza in punta di piedi senza farmi sentire. Mi spogliai velocemente e mi misi nel letto. Non riuscivo a chiudere occhio, ero ancora eccitato. Nella mia mente rivedevo Cristina e Alessandra mentre si contorcevano davanti ai miei occhi. Iniziai a masturbarmi di nuovo, quando sentì bussare alla porta. Mi fermai sorpreso, risistemai le mutande al loro posto e chiesi chi fosse.
“Va tutto bene Vin” era la voce di Alessandra
”non sei più ritornato. Non è che qualcosa ti ha fatto male?”
“Non preoccupatevi” risposi ”devo avere mangiato troppo, vedrai che per domani mi sarà già passato. Non sono abituato a tutte queste birre. Mi dispiace di non avervi avvertito, magari mi avete aspettato parecchio.”
“Nessun problema. Anche noi abbiamo bevuto troppo. Ci siamo addormentate poco dopo che ti sei allontanato. Mi sono svegliata adesso e Cris ancora dorme di là. Buona notte, allora. Se hai bisogno di qualcosa non so un antiacido, una camomilla, non esitare a chiamarci.”
“Ti ringrazio Alex, se sarà necessario certamente vi chiamerò. A domani allora, buona notte anche a te. ”
Alessandra uscì dalla mia stanza socchiudendo la porta. Ancora eccitato, ripresi il lavoro interrotto poco prima smanettando il mio fallo che emergeva da sotto le coperte del mio letto. Non sapevo che fuori alla porta Alessandra era ancora lì che mi stava spiando, come io d’altra parte avevo fatto con loro.


Capitolo IV - Solitudine a due

Le vacanze di Natale passarono veloci. Come ogni anno, io e la mia famiglia ci eravamo riuniti insieme al resto dei nostri parenti nella grande casa patriarcale di nonno Vincenzo (nel meridione spesso è usanza chiamare il primo nipote col nome del nonno paterno). Ovviamente, i parenti non facevano altro che chiedermi della mia vita a Napoli. Risposi cortesemente alle loro domande dicendo che mi trovavo bene ed che anche lo studio proseguiva senza problemi. Naturalmente omisi di parlare di ciò che era successo l’ultima sera. Passato il capodanno, decisi di ritornare a Napoli il 4 di gennaio, in modo da avere un po’ più di tempo per organizzarmi e ripetere le lezioni poiché i corsi stavano per finire e gli appelli di Febbraio erano ormai vicini. Come al solito, arrivai davanti al portone d’ingresso tirandomi dietro su per le scale l’ingombrante trolley piuttosto pesante visto che era pieno delle cibarie natalizie. In particolare, salami, soppressate e prosciutti freschi tutti “donati con generosità” dal porco scannato, come da tradizione il 27 di dicembre. Infilai le chiavi nella serratura e girai. Con mia grande sorpresa, la porta era stata chiusa solo con una mandata e non quattro. Quindi, dedussi che qualcuno dei miei coinquilini doveva avermi preceduto ed essere già tornato. Entrai guardandomi in torno, l’orologio segnava le 4 e 20. Nel corridoio non vi era nessuno, l’attaccapanni era vuoto. Allungai l’orecchio in cerca di rumori, ma non ne sentii. “Forse non c’è nessuno” pensai. Aprii la porta della mia camera, posai il trolley affianco al letto e spalancai sia il balcone che la finestra poiché la puzza di chiuso era più che fastidiosa. Mi diressi nella cucina. Passando notai che la stanza di Lucia era ancora chiusa a chiave, quindi non doveva essere in casa. La cucina era come l’avevamo lasciata, naturalmente dopo un’accurata lavata, prima di partire. Aprii il trolley iniziando a poggiare sul tavolo i vari salumi che conteneva prima di riporli o nel frigorifero o nel mio vano. Iniziai a sentire l’esigenza di andare in bagno. Dopo un viaggio in autobus lungo quasi quattro ore una bella pisciatina era più che apprezzata. Mi diressi verso il bagno più vicino alla cucina. Girai la maniglia ed entrai facendo attenzione a non inciampare nello scalino. Purtroppo, per distrazione non mi ero accorto che il bagno non era libero e non appena alzai lo sguardo dal pavimento i miei occhi incontrarono il corpo nudo di Alessandra che si stava lavando nella vasca.
“Che cazzo fai!” mi gridò coprendosi subito con un braccio le tette nude “Sei ammattito”. Diventai subito rosso e scappai fuori. “Che figura di merda. Mi dispiace, sono appena tornato e non mi sono reso conto che eri dentro. Scusami, davvero non volevo. Perdonami.”
“E va bene. Per questa volta lasciamo perdere, ma la prossima volta fai più attenzione. Bussa.” Dopo averle ancora chiesto scusa mortificato, mi diressi nel secondo bagno, quello di fronte alla porta di Lucia, ancora imbarazzato per ciò che era appena successo.
Mi chiusi in camera e fino alle nove di sera non ebbi il coraggio di farmi vedere in giro, ma sciaguratamente i morsi della fame si facevano sentire. Quatto-quatto mi affacciai dall’uscio della porta sbirciando nel corridoio. Era vuoto anche se le luci provenienti dalla cucina mi dicevano che non era vuota.
“Pazienza, ho già detto che è stato un incidente. E poi, pensandoci bene doveva chiudere la porta a chiave.” Trovai il coraggio di uscire e dirigermi in cucina. Seduta al tavolo intenta a mangiare, probabilmente filetto di platessa, c’era Alessandra. Indossava il pantalone blu del pigiama non troppo aderente ed una camicia da notte di colore rosa. La salutai con un gesto della mano, ero ancora imbarazzato e non riuscivo né a parlarle né a guardarla. Presi dal frigo un pezzo di capicollo e lo tirai fuori tagliandone una fetta bella spessa che poi ridussi a dadini, insieme a due uova. Mi era venuto in mente di prepararmi un po’ di carbonara a modo mio, visto che pancetta non c’era.
Ci vollero pochi minuti, il tempo di buttare la pasta e soffriggere la carne. Mescolai il tutto con le uova sbattute direttamente nella pentola ancora sulla fiamma e servì nel mio piatto.
Mi sedetti di fronte ad Alessandra che era passata alla frutta. Iniziammo a chiacchierare.
“Sono tornato prima per gli esami, non mi aspettavo di trovare qualcuno. Da quanto tempo sei qui?” per fortuna la mia tensione andava sciogliendosi.
“Anche io sono tornata oggi. Poco prima di te. Il viaggio mi ha stancata parecchio e così ho deciso di farmi una doccia, prima che arrivassi tu” disse guardandomi sarcasticamente. “Comunque lasciamo perdere, ho capito che è stato un incidente. Ho telefonato a Chiara. Dice che tornerà dopodomani e Lucia prima di partire mi ha detto che la sua scuola riapre direttamente l’11. Quindi, non credo che tornerà presto. Saremo soli per almeno un altro giorno.”
Lo disse con uno sguardo così malizioso che sentii una leggera pressione nei calzoni. La cosa stava diventando piccante.
Dopo cena come al solito ci spostammo nel salottino di fronte per vedere un film alla TV. Non c’era molto da vedere, qualche replica del solito DR. House, un documentario naturalista e un talk show monotono. Lasciammo sintonizzato su una televisione locale, c’era un vecchio film Americano degli anni ’80 ma non è che lo seguivamo più di tanto.
Ci mettemmo a parlare delle vacanze natalizie. Anche Alessandra le aveva passate in famiglia. Era originaria di Cosenza, si era iscritta al corso di giurisprudenza alla “Federico II”. Mentre stavamo parlando, dalla televisione partì una strana sigla. Era passata la mezzanotte e non ci eravamo accorti che il film era finito, lasciando il posto al programma della notte. Immagini erotiche di film pornografici tagliati si alternavano nello schermo. La sigla finì ed iniziò un film chiaramente vietato ai minori.
Mi alzai per cambiare canale, ma Alessandra mi fermò dicendo “No lascia. Non sapevo che questo canale trasmettesse questi film. Non sei curioso di vedere di che si tratta?”. Io, come mio solito imbarazzato non aggiunsi parola. Ci sedemmo entrambi sul divano a guardare il film. Non che questo avesse una trama, era tutto tagliato ma si capiva parlava delle avventure
“hard” di una giovane ragazza che voleva emergere nel mondo della moda. Alessandra non pareva a disagio, anzi, ad ogni scena sottolineava quanto le attrici fossero scadenti e che si vedeva che gli amplessi erano finti.
Ad un certo punto mi guardò fisso negli occhi chiedendomi se il film mi mettesse a disagio e volevo cambiare. Risposi che non c’erano problemi e che poteva lasciarlo.
“Ma ti senti eccitato? Dammi la mano, fammi sentire se è diventata calda.” Imbarazzato le passai la mano, lei la prese tra le sue col palmo all'insù ed iniziò ad accarezzarmi dolcemente con le dita.
A scaldare la situazione fu una scena del film piuttosto familiare in cui una modella sorpresa nel bagno veniva poi scopata da un omone nero col cazzo credo di almeno 25 cm.
Certamente io e Alessandra dovevamo avere pensato alla stessa cosa perché ci guardammo in faccia prima di iniziare a ridere.
“Ti sarebbe piaciuto vedere di più oggi in bagno eh?”
Me lo disse guardandomi negli occhi, non l'avevo mai vista così maliziosa, mi piaceva.
“Certo che mi sarebbe piaciuto” le dissi “ma ho il presentimento che se restavo un altro po’ uscivi dalla vasca e mi prendevi a schiaffi” Le posai le mani sulla spalla.
“Dimmi una cosa. Confessa, l’altra sera ci hai spiate. Abbiamo trovato la moquette sporca. Inoltre, dopo che ti ho bussato, ho visto come eri eccitato. Porcellino.”
“Sì, lo confesso. Mi sono nascosto a guardarvi mentre scopavate. Mi sono eccitato e mi sono fatto una sega.”
Alessandra sorrise, “Hai visto le mie tette? Forse non ti piacciono?” E nel dirlo con una mossa veloce fece scivolare le spalline della camicia da notte liberando i suoi seni. Potevo vederle le tette, vedevo chiaramente i capezzoli un po' induriti svettare da quei seni. Non mi aspettavo una sua mossa così... ero rimasto senza parole.
“Allora, non ti piacciono?” E si girò verso di me per mostrarmele meglio.
“Certo che mi piacciono... hai delle tette davvero belle”
Mi prese una mano portandola sul suo seno, aveva la pelle liscia, cominciai subito a palpargliela. Erano morbide ma anche un po' sode, bellissime. Non resistetti alla tentazione e le presi le tette con entrambe le mani, mi abbassai e cominciai a baciarle, mi soffermavo con le labbra sui capezzoli. Lentamente la mia lingua cominciò a leccarglieli.
“Mmmm si mi piace” e si vedeva, aveva portato una mano fra le gambe e si massaggiava da sopra i pantaloni. Con la mano liberà cominciò a palpare il pacco del mio cazzo diventato chiaramente durissimo.
Aveva uno sguardo da porca, non l'avevo mai vista così, mi eccitava ancora di più.
Quasi in estasi le dissi: “Cosa stai facendo?”
“Questo..” rispose e con entrambe le mani prima mi sbottonò i pantaloni, poi abbassò i boxer. Rimase qualche secondo a guardare il mio cazzo duro davanti alla sua faccia e poi disse “Mmm. Ma che bella sorpresa, fammi assaggiare” e con la lingua cominciò a leccarmi il cazzo partendo dalle palle per arrivare fino alla cappella. Lo prese con una mano e continuò a leccarmelo, la sua lingua calda si soffermava a giocare con la mia cappella. Io rimasi in piedi davanti a lei, sempre più eccitato mentre il mio cazzo cominciava a scomparire fra le sue labbra, era davvero brava, lo succhiava mentre la sua lingua roteava attorno alla mia asta. Con una mano cominciai a palparle di nuovo le tette e con l'altra accompagnavo il movimento della sua testa. Era fantastico, con una mano cominciò ad accompagnare il pompino e con l'altra si toccava fra le gambe. Allargò le gambe per facilitarsi la penetrazione, sentivo che ansimava con il mio cazzo in bocca, ogni tanto si fermava per leccarmelo tutto e poi riprendeva a succhiarlo. Stavo scoprendo che Alessandra era una gran pompinara. Senza mai fermare quel fantastico su e giù con la sua bocca si levò pigiama e slip mostrandomi la sua fighetta tutta bagnata. Poi sempre succhiandomelo mi guardò negli occhi ed aprì ancora di più le sue gambe e senza mai smettere di fissarmi si infilò due dita dentro al sua fighetta grondante di umori. Era davvero porca, e quella visione mi eccitò ancora di più, stavo ormai per venire e la avvisai. Lei di risposta prima aumentò il ritmo della pompa poi lo fece uscire tenendolo sempre saldamente in mano, poggiò la cappella sulla punta della sua lingua e cominciò a farmi una sega sempre più veloce. Voleva che le sborrassi in bocca, era evidente, e questo mi eccitò ancora di più. Il suo sguardo malizioso era un invito a godere e non resistetti più. Le sborrai copiosamente in bocca. Lei continuò quella sega fino all'ultimo schizzo, poi lo riprese in bocca ripulendolo tutto.
Ancora ansimante per l’orgasmo avuto, la tirai su per i capelli e la bacia ficcandole la lingua direttamente giù nella gola.
“Sei fantastica, ti desidero ancora. Sono affamato di te”. L’afferrai per la schiena, la caricai sulle spalle e la portai in camera sua dove la gettai sul letto.
Chiusi la porta alle nostre spalle, in fondo il tempo passava veloce e noi avevamo ancora un giorno.
Soltanto un giorno di solitudine.

gli altri capitoli li aggiungo poi ... see U space cowboys
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