Lui & Lei

varietà


di lincolincoln
10.01.2012    |    4.720    |    0 8.7
"Forse poche, con tutto quel bagaglio era più probabile che ci poteva essere qualcuna ad attenderla..."
l'ho conosciuta per caso. in treno. sono quelle situazioni in cui non sai perchè, ma ti ispira la persona che hai di fronte. saranno stati i capelli ricci, gli occhi vivaci e la stanchezza che portava imbarcata nelle sue valige e appesantite da quelle belle ed eleganti scarpe col tacco che poco aiutavano a rilassarla dal viaggio che la portava a casa. a pensarci può sembrare strafottente, ma chiederle da dove venisse è stata la mia unica prima frase. poi l'importante è il seguito. tornata dall'università. padova. e la città la scandita cercando tranquillità in qeullo sconosciuto che glielo aveva chiesto. così ho buttato ad indovinare, altrimenti la conversazione sarebbe finita lì: fatta la domanda, avuta la risposta. Psicologia? E ha annuito con la testa. Ultimo anno e tesi in corso. Bella. L'ho detto in riferimento alla facoltà, ma era anche sottinteso fosse un complimento per lei. E la tesi?
Appassionante. Per lo meno come me l'ha descritta lei, lo doveva essere. E soprattutto le piaceva parlare. Parlare da senso alla vita, lo fai buttando fuori un'eterogeneità di fattori vissuti che ti portano a constatare che anche le novità di cui ami circondarti fanno parte di un bagaglio inaudito di avvenimenti scritti dal destino chissà dove. Da lì a poco sarebbe sicuramente arriva la sua fermata. Sarebbe stato troppo bello che scendesse alla mia, magari per far alte quattro chiacchiere fuori dalla stazione. Forse poche, con tutto quel bagaglio era più probabile che ci poteva essere qualcuna ad attenderla. Si fermava qui per le vacanze e sarebbe ripartita a gennaio. Se una sera ti va di uscire questo è il mio numero. L'ho dato pensando che quell'azzardo l'avrebbe portata a segnarsi per un'attimo il numero e poi a cancellarlo. Ma in verità non volevo nemmeno essere invadente. Se l'accettava bene. Se no, non amo insistere. Questioni di etica.
Per lei andava bene. Ha registrato il numero e senza che me ne accorgessi mi stava facendo uno squillo perchè potessi registrare il suo. L'azzardo mi aveva portato fortuna e anche il suo nome: Sara. Scambiati gli ultimi convenevoli, l'ho saluta. Almeno finchè non ci fossimo rivisti e sentiti. Ovvio sotto natale, sarebbe stata occupata col parentado, ma una data l'abbiamo trovata. Ci siamo rivisti e abbiamo chiacchierato amabilmente in un piccolo bar, di quelli con le volte in pietra, in una saletta piccola e priva di altri avventori.
Poi siamo usciti a prendere l'aria fredda di questo inverno. Poi su un balcone affacciato al mare l'ho abbracciata. Lei automaticamente ha ricambiato il mio abbraccio, stringendo le mie al suo ventre. Piatto, leggero, mentre i suoi capelli mi solleticavano il viso. Ha chiuso per un attimo gli occhi, respirando quell'aria di salsedine e io ne ho approfittato per baciarle l'orecchio. Lei si è ritratta per un attimo. Ho proseguito sulla gola, facendole sentire i miei denti su quel collo delicato e intarsiato di profumi dolci e femminili. Poi sulla guancia sferzata dall'aria ghiacciata e umida di pioviggine. Lei si è girata fronte a me, cercando nei miei occhi. Ho avuto solo il tempo di tuffarmi dentro quel mare e affondare le mie labbra nelle sue. Non so per quanto tempo siamo rimasti così, un tempo altro, Un mondo altro. Poi il suo viso era più raggiante. Quello di una ragazzina. Abbiamo preso la macchina e ci siamo spostati. La serata era ancora lunga. L'ho baciata di nuovo e lei si è lasciata andare. Le ho preso i seni fra le mie mani, sensibilizzandole i capezzoli tesi dal freddo delle mie mani. Poi ci siamo scaldati. Lei ha cercato nei miei pantaloni, io le ho accarezzato quei glutei perfetti e tondi, stretti nei suoi jeans. Ho cercato il gancetto del reggiseno. Forse troppo presto, perchè lei ha provato a scherzare con un "Ehi!". Ma era già tolto. Poi il bottoncino dei pantaloni.
Faceva freddo. Ma quell'agitarsi di corpi era immerso in altri umori. Ci siamo spogliati. Le ho divaricato le belle gambe lunghe e le ho baciato le piccole labbra. Aveva due piccoli lembi tondi. Adorava come glieli leccassi e mordessi gentilmente. Ha iniziato ad ansimare. Ho proseguito. Mi piaceva sentire quei sospiri e quei piccoli gridolini di gusto. Poi ha preso la mia testa fra le sue mani. Allora mi sono piazzato fra le sue cosce e ho bagnato il pene dei suoi umori. Poi ho spinto piano piano. Lei ha ansimato. Ho spinto più a fondo. Abbiamo percepito lo stringersi e sparire degli spazi. Io sentivo lei e lei sentiva me, mentre le coprivo il suo corpo col mio. Con lentezza. Poi l'ho fatta sedere su di me. Lei ha preso il pene fra le mani e l'ha indirizzato, accovacciandosi sul sedile. Ha iniziato a muoversi, per sentirlo meglio. Io le mordevo i capezzoli all'insù sui suoi seni tondi e perfettamente plasmati su quel corpo così sinuoso. Lei ha preso il ritmo. Aveva voglia di venire. "Vengo!", lo ha detto bisbigliando, mentre non le riusciva di ricacciare le piccola urla di piacere. Ho sentito tutta lei avvolgersi sul mio membro, elettrizzati da una corrente che ci pervadeva completamente. Io ho sentito l'esplosione raggiungere il punto culmine e mentre lei continuava a scopare per raggiungere l'orgasmo, abbiamo sentito un'ondata di piacere, uno straboccante senso di goduria, l'esplosione più pura del sesso che ti colpisce ogni volta che questo ti prende d'improvviso magari proprio con una persona che ancora non conosci. Siamo venuti entrambi. Lei ha dato l'ultimo colpo di cosce e si è appoggiata a me, avvolgendomi il viso con i suoi capelli.
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