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La Riffa


di Membro VIP di Annunci69.it Karenina_Vronskij
17.02.2023    |    4.998    |    5 6.0
"Appena 5 minuti dopo la chiusura della Riffa riceve un messaggio in latino sul telefono con un codice alfanumerico..."
INNOCENTI EVASIONI
In montagna tutti i giorni scorrono uguali ed il crepuscolo inghiotte precocemente quel che rimane della luce solare già dal primo pomeriggio.
L’altopiano è costellato da tantissime piccole abitazioni illuminate dalla luce artificiale tanto da sembrare un’estensione del cielo riflesso nel vicino lago e l’antico convento, pigramente adagiato su una delle alture, tenuamente illuminato, ricorda la luna.
Il convento è il fulcro della vita sociale dell’intera zona, piccoli villaggi abitati da gente che si guadagna duramente la vita su questo mondo, sfidando una natura mai tenera con gli uomini, sperando in una vita migliore nell’altro. I frati, solerti, mondano le anime dei villici con assidue confessioni e dure penitenze.
Se con un telescopio, esplorando il firmamento artificiale, si focalizzasse lo sguardo lontano dal centro del villaggio ma molto vicino al convento si scoprirebbe una stella solitaria, e mettendo bene a fuoco si noterebbe una piccola casa in muratura.
Una delle finestre, senza tenda, offrirebbe discretamente, uno scorcio della vita privata degli occupanti, quasi un pettegolezzo sussurrato tra due comari.
Un appassionato d’arte penserebbe ad un dipinto di Hopper, il pittore del silenzio, solo che qui siamo nel Bellunese e non a New York.
Mettendo bene a fuoco, si scorgerebbe una grande gabbia, una di quelle utilizzate per tenere cani di grossa taglia e soltanto la presenza di ombre in movimento farebbe intuire che ci sia qualcuno in quella casa.
Qualcuno dentro c’è, qualcuno che, come quasi tutti gli abitanti della zona, supera la noia di quei giorni tutti uguali godendo dei piaceri che il nostro essere umani ci concede.
Dicevamo della gabbia, non è vuota, contiene una giovane donna che ha appena compiuto la maggiore età, ed una ciotola per cani. La donna è completamente nuda, al collo ha un collare di pelle nera fissato con una catena ad un anello saldato ad una delle sbarre. Le mani sono fissate con le manette ai lati della gabbia costringendola a tenere le braccia aperte come se volesse volare mentre il bacino è fissato con una solida cintura di cuoio al lato corto della gabbia per costringerla in un innaturale posizione carponi. Davanti alla sua bocca è fissata la ciotola piena di un liquido giallastro che lei lappa con avidità. Un enorme plug al quale è fissata una folta coda in pelo nero sembra farle esplodere l’ano.
Marcella è appena maggiorenne, il suo sguardo, pregno di soddisfatta malizia, è fisso sulla coppia che è con lei nella stanza.
“Dai, da brava, bevi cagnolina, bevila tutta che ti fa bene. Ne abbiamo fatta tanta solo per te” le dice la donna mentre l’uomo le batte la figa con un frustino da fantino.
Daniele fa stendere Giovanna sulla gabbia ed inizia a penetrarla alternando forti spinte a trazioni della catena al collo della giovane. Scopa forte Daniele, e fa godere Giovanna che squirta come una fontana bagnando Marcella dei suoi umori; i mugolii di piacere di una ed conati di vomito dell’altra si alternano ritmici entrando in risonanza con le spinte di Daniele.
Giovanna viene fatta girare da Daniele a pancia in giù, in maniera da avere il culo e la figa della giovane a portata di lingua e l’uomo inizia a sodomizzarla. Giovanna continua a squirtare mentre sperma ed umori le colano dalla figa sulla schiena madida di Marcella che riceve, dall’uomo, violente frustate attraverso le sbarre e dalla donna sensuali leccate di figa mentre le scuote violentemente il plug portando l’ano vicino al prolasso.
Successivamente Giovanna si siede sulla gabbia a gambe aperte in maniera che Marcella le possa leccarle il culo e la figa grondanti mentre Daniele passa a penetrarla utilizzando il manico del frustino. Marcella lecca voracemente il buco del culo di Giovanna e si bagna sentendolo pulsare ed allargarsi, cedendo ai colpi della sua lingua. Non è la prima volta che Giovanna riempie di sé la bocca di Marcella, è il gioco che i tre definiscono, eucaristia immonda.
Daniele apre la gabbia strattonando Marcella con la catena e trascinandola al centro della stanza per assicurarla per le braccia a due anelli metallici fissati al soffitto della stanza mentre le gambe le vengono legate da Giovanna alla gabbia facendo in modo che siano ben divaricate.
Giovanna inizia a baciare Marcella con passione mordendole a sangue le labbra e continuando a leccarla seguendo il rivolo rosso che scorre fino alla folta peluria nera tra le sue gambe. Mentre le lecca il clitoride, Giovanna le infila due dita in figa, assicurandosi che entrino in profondità e fa lo stesso con altre due dita dell’altra mano, nel suo retto. Le mani di Giovanna sono bagnate dai liquidi della giovane e non fanno fatica ad entrare del tutto sia in figa che nel culo.
“Marcella, sei una peccatrice, devi espiare. Anche noi siamo dei peccatori ed espieremo attraverso le tue sofferenze” le dice Daniele mentre le fissa un imbuto in bocca utilizzando del nastro carta.
“Sei pronta per la pulizia della tua anima attraverso il vino, che è il sangue della divinità?” le chiede Daniele iniziando a versare vino rosso nell’imbuto.
Nel contempo Marcella le infila una bottiglia di vino frizzante nel culo dopo averla ben agitata e velocemente stappata.
“Marcella, il sangue divino entra nella tua bocca per ripulire la tua anima dannata dal peccato e tutto il lordume dovrà essere raccolto nella bottiglia fissata nel tuo culo” continua Daniele.
La giovane sembra soffocare mentre inghiotte il vino versato nell’imbuto, sembra che tutto quello che le entra dalla bocca le esca dal retto.
“Daniele non esagerare, noi amiamo la nostra cagnolina, non vorremmo che le succedesse qualcosa, almeno non ora” dice Giovanna redarguendo ironicamente il marito.
“Dai cara vatti a fare una doccia che sei impresentabile, poi dovrai pulire la stanza in maniera ineccepibile altrimenti sai che ne sarei delusa e non so come potrei reagire” le dice Giovanna.
“Tra un po' sarà notte, una notte molto particolare, la notte di Halloween. Questo, per te, sarà un giorno indimenticabile” dice Daniele guardando la ragazza sotto la doccia.

UN IMPROBABILE TERZETTO
Marcella è rassegnata, sa che lo spazio offerto da quella montagne è troppo stretto per un’anima che chiede soltanto di poter volare libera.
Sua madre l’ha abbandonata presto per scappare con quel commesso viaggiatore, lasciando al padre l’incombenza di crescere quella ragazza che tutti definiscono semplicisticamente, difficile.
Fin da piccola, Marcella evade da quelle montagne grazie alla sua fantasia che, appena diventata donna, si trasforma in pulsione erotica incontrollata, ribelle, quasi a gridare tutto il suo odio per quella madre che è volata via, inseguendo il suo piacere, lasciandola ostaggio di quelle montagne.
Daniele e Giovanna il convento lo frequentano da sempre, lui affianca al suo lavoro di fotografo del paese quello di sagrestano mentre lei si occupa delle pulizie e della cucina per i frati.
Lui ha 50 anni e lei 23, sono una coppia di quelle che si definirebbero sbilanciate, non tanto per l’età quanto per la loro assoluta diversità fisica e caratteriale.
Daniele è un buon amico dell’abate del convento, Padre Candido, un amico particolare dicono i maligni, il quale ha contribuito non poco sia all’incontro che al successivo matrimonio tra i due. Il suo viso fa intuire una sfiorita bellezza e il suo corpo riflette una vita degenerata, le languide movenze mal combaciano con il suo enorme sesso.
Giovanna è stata cresciuta dalle suore, figlia di un errore non riparato, ha avuto tante madri ma nessun padre. È bionda e minuta, androgina, seno appena accennato, personalità anaffettivamente lussuriosa, ai più ricorderebbe la lonza incontrata da Dante nel primo canto della Divina Commedia.
I due vivono, da sempre, un rapporto di dominanza-sottomissione con la discrezione che richiede la vita in una piccola comunità.
I tre si frequentano da circa un anno, fin da quanto la coppia ha avvicinato Marcella nella sala giovani del convento, un posto che lei odia ma che il padre le impone di frequentare per ritagliarsi qualche ora di libertà.
Marcella esce dalla doccia e, ancora nuda, inizia a sistemare la stanza, che è davvero in condizioni pietose. L’atmosfera inizia distendersi ed i tre tornano a scherzare in maniera amichevole. “Vestiti scema, ti ammalerai, fuori saranno -6 gradi” le dice Giovanna aiutandola con le pulizie mentre Daniele versa della grappa casalinga fatta dai frati.
In lontananza si sentono le urla dei bimbi che fanno “dolcetto scherzetto”. Una strana tensione pervade l’aria; si sente che non è una notte come tutte le altre.
“Senti Marcella, perché non indossi quel costume gotico che ti abbiamo regalato così andiamo a fare uno shooting fotografico nei sotterranei delle vecchie rovine romane?” le chiede Daniele.

IL VIZIETTO DELL’AVVOCATO
Enrico è il titolare di una stimata concessionaria di auto multimarca, si può dire, senza tema di smentita che quasi ogni auto che circola sull’altopiano sia stata acquistata presso di lui. È un avvocato, oltre che padre di Marcella; abbandonato da una donna che lo definiva un grigio ometto senza personalità e senza alcuna potenza sessuale. È molto cattolico Enrico e combatte da sempre contro i suoi demoni arrivando a mortificare le sue carni con il cilicio anche se, per motivi di conformismo o forse vigliaccheria, non ha avuto mai il coraggio di mettere in pratica le sue fantasie. Ma si sa, per un cattolico bastano i pensieri per soccombere tra i tentacoli del peccato. Quale modo risulta più efficace di una contrita confessione per esorcizzare i dolorosi sensi di colpa? Se poi alla confessione si aggiungono generose offerte al convento, le turpi fantasie diventano peccatucci veniali. Enrico è un uomo generoso, e lo è anche con quella figlia strana e ribelle. È vero, è un padre assente e tiepido negli affetti che ritiene poco conformi al suo compito di educatore ma deve pur lavorare per guadagnarsi il paradiso in terra e magari un posticino al sole nell’altro mondo. La ragazza è, di fatto, abbandonata a sé stessa.
La concessionaria è vuota quando il citofono inizia a suonare facendo sussultare Enrico che era rapito dalle sue fantasie. Sono i bimbi che cercano dolcetti, quasi una ventata gelida sul viso, un deciso richiamo alla realtà. Fantasticava Enrico, pensava alla Riffa che i frati del convento organizzano ogni anno ad Halloween ma che lui, non ha mai vinto.
Enrico si alza e con passo esitante, a causa dei dolori del cilicio, si reca all’ingresso della concessionaria con una grossa busta di dolcetti che dona ai bimbi. Sono furbi loro, sanno che quel signore taciturno è sempre molto generoso ma quello che non possono sapere è che sono loro a fornire un servizio all’uomo che, con ogni singola caramella donata, credi di fare un passo verso il paradiso.
L’uomo torna nel suo ufficio e sprofonda nella sua avvolgente poltrona di pelle nera, lo sguardo diretto verso un vistoso crocefisso rosso in vetro di murano posato sulla scrivania. Accanto al crocifisso è posato uno dei suoi telefoni, che quasi non ha il coraggio di guardare, è quello personale, quello che utilizza per i suoi giochini virtuali e sul quale è installata l’App della Riffa. Alla fine si fa coraggio, lo afferra e lancia l’App della Riffa.
Alla Riffa si partecipa mediante un App criptata scaricabile dal Dark Web, le credenziali d’accesso vengono fornite dall’abate soltanto a persone appositamente selezionate.
Sull’altopiano esistono persone benestanti e molto osservanti come Enrico, che mondano i propri vizi, praticati nell’anonimato, con assidue partecipazioni alle messe e frequenti confessioni ai frati del convento.
Pochi e selezionatissimi individui ricchi dei comuni del circondario, uomini e donne, hanno l’occasione, una volta all’anno ad Halloween, grazie ad una Riffa molto speciale, di vivere senza limiti il loro peggior vizio, portandolo fino alle estreme conseguenze potendo confidare sul perdono di Dio garantito direttamente dall’Abate del convento e sull’impunità alla legge degli uomini assicurata dalla rete connivente dei frati.
È frate Candido stesso a sceglierli sulla base delle segnalazioni che riceve dai frati confessori. I confessori, a conoscenza di ogni dettaglio intimo loro parrocchiani più ricchi, sono in grado di popolare l’App con i migliori concorrenti possibili garantendo al convento, per ogni partecipante, sia grosse disponibilità economiche che la certezza della assoluta omertà, in quanto ricattabili.
I confessori provvedono anche a compilare un elenco riservato di giovanissimi sia maschi che femmine che, sulla base delle confessioni, mostrano tratti borderline della personalità idonee allo scopo e che l’abate provvede a scegliere come premio per la Riffa.
Ma torniamo ad Enrico, ancora immobile sulla sua poltrona, con il telefono in mano e lo sguardo perso ad osservare lo scorrere delle offerte, “Questa volta non permetterò che il premio mi scappi, forse ha ragione la mia ex moglie, non ho la personalità del vincente, mi arrendo sempre alla prima difficoltà. Ma questa volta non sarà così, non si è perdenti a vita” riflette Enrico. Lo scorrere delle cifre ha un effetto ipnotico, siamo già a 30.000 euro, lo scorso anno il premio è andato via a 52.000 euro.
Anche quest’anno si sa poco, la descrizione è stringata” Donna, maggiorenne, esile, anima persa e quindi inutile al disegno di Dio. Sacrificabile”. I frati non sono mai generosi di dettagli ma chiedono un impegno economico considerevole a fronte di profili magari imperfetti. Ma si sa, il vizio costa, e poi il perdono divino dopo averlo praticato, non ha prezzo.
Gioca forte Enrico, punta con poca frequenza per non far crescere troppo velocemente le offerte ma quando punta lo fa con decisione, con la voglia di vincere. La Riffa si chiude alle 20:00 mancano circa 30 minuti e siamo già a 65.000 euro, le offerte vanno veloci, sembra che quella peccatrice esile interessi a tutti. Il logo dell’App è il profilo di San Gaetano Thiene, il protettore dei giocatori d’azzardo, lo sfondo in dark mode con il sorriso beffardo e la barba rossa del santo sottolineano l’ironia del creatore dell’App.
L’offerta di Enrico è stata ancora superata, c’è chi la vuole davvero tanto quella ragazza, “Ma cosa avrà mai” pensa stizzito l’uomo determinato ad essere, almeno una volta nella vita, un vincente. Alza la posta di 15.000 euro, le offerte si fermano, non si è mai raggiunto un livello così alto, mancano 5 minuti, ormai è fatta. Quasi allo scadere del tempo un profilo femminile aggiunge 10.000 euro all’offerta di Enrico che bestemmiando rilancia allo scadere di 20.000 euro.
Un vincente, per la prima volta nella vita ha dimostrato carattere, 110.000 euro sono il prezzo di una delle macchine di lusso che ha in vendita nella concessionaria, una macchina per una ragazza esile e peccatrice, è evidente che non è un buon affare ma alla fine lui è diventato un vincente. Il premio conta meno del suo stato mentale, è il riscatto di una vita da perdente.
Appena 5 minuti dopo la chiusura della Riffa riceve un messaggio in latino sul telefono con un codice alfanumerico. È il codice che dovrà esibire per entrare nel convento, alle 24:00 e riscattare il suo premio.
È ora di andare a casa a prepararsi, è una serata speciale. Il messaggio diceva di presentarsi vestito in maniera ordinaria e non portare nulla con sé, avrebbe trovato sul luogo tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno per godersi il suo premio in serenità e discrezione.

SHOOTING TRA LE ROVINE
Daniele e le donne escono di casa che è ormai notte, per recarsi alle vecchie rovine per fare qualche foto. L’uomo è un appassionato di fotografia a tema BDSM e Gotico tanto da averne fatto anche una discreta fonte di entrate vendendo gli scatti sul Web.
Le rovine sono in realtà un intricato sistema di antichi tunnel che si insinua nel ventre dell’altopiano. Nessuno lo ha mai esplorato del tutto, si dice che colleghi i vari villaggi con i luoghi energeticamente più importanti della zona, compreso il convento. Di tanto in tanto, vengono rinvenuti antichi resti di abitazioni, strade o manufatti che la gente del posto chiama per semplicità “Le Rovine”. Il posto ha un aspetto sinistro e nessun abitante ci andrebbe di notte, tantomeno la notte di Halloween.
A pochi metri dalla casa della coppia, si apre un anfratto carsico che punta deciso verso il basso, nel ventre della terra. I tre procedono in fila indiana con l’aiuto di lampade montate sulla fronte e con una ingombrante attrezzatura sulle spalle.
Mentre camminano lungo i tunnel il tempo sembra fermarsi, l’aria si fa pesante ed un pungente odore di muschio riempie le narici.
Ad un tratto, lo stretto tunnel si apre in una caverna circolare dalla volta molto alta, le pareti sono levigate e piene di simboli strani. Sembrano simboli alchemici, nulla che faccia pensare all’arte di un antico popolo quanto piuttosto a sinistri rituali.
Al centro della caverna è posto una lastra di pietra squadrata che ricorda un altare e delle colonne, ormai spezzate riverse sul fianco mentre sulla parete retrostante si intravede un crocicchio con due passaggi laterali ed una grata vuota che, con tutta evidenza, in passato, ha ospitato qualche immagine sacra.
“Questo posto è davvero fantastico, faremo delle foto favolose” dice Daniele mentre inizia a preparare l’attrezzatura. Intanto le due donne si siedono sulla lastra di pietra accendendosi uno spinello, giusto per rilassarsi.
“Forza preparatevi, mi servite sveglie e pimpanti altrimenti il servizio verrà fuori uno schifo” urla l’uomo dopo aver sistemato l’attrezzatura. Le lampade fanno il loro lavoro rendendo il posto abbastanza illuminato e nello stesso tempo ancora più misterioso grazie ai chiaroscuri.
“Dai Marcella, inizia a stenderti sulla lastra, cavoli sei proprio fatta e tu Giovanna, spogliati ed inizia a scopartela. Ma cavoli devo dirvi tutto io?” si lamenta Daniele. Le due donne, benché abbiano la pelle accapponata per il freddo, grazie alla droga che hanno assunto iniziano a lesbicare con vigore, come in una danza. Giovanna è nuda del tutto mentre Marcella indossa il vestitino gotico che poco lascia all’immaginazione.
Daniele gode mentre fa foto guardandole attraverso l’obiettivo impegnate in una forbice, le due fighette ormai umide strisciano una sull’altra, il nero vello di Marcella accarezza il pube imberbe di Giovanna. “Ora fate un bel 69, e mi raccomando culo alto a favore di obiettivo” ordina Daniele. Le due donne eseguono docili mentre le loro lingue entrano l’una nella figa dell’altra. Giovanna infila due dita nel culo di Marcella che freme.
“Brava amore, ora piscia, fammi vedere come la inondi e tu bevi tutto, ogni goccia” dice Daniele mentre fotografa e si tocca il cazzo ormai duro.
Le due donne sembrano due bisce mentre si intrecciano, entrambe magrissime e flessuose, efebiche e terribilmente voluttuose.
Mentre Le due continuano a leccarsi ed a penetrarsi con le dita Daniele scatta e si eccita sempre più fino a posare la macchina fotografica e penetrare Marcella. “Dai vacchetta, fammi godere, non riesco a starti lontano, mi ecciti troppo” dice con voce rotta dal piacere l’uomo mentre continua a spingere. “Tu continua a leccare amore, facciamola godere questa puttanella, questa è la sua notte” urla Daniele mentre con un gemito sborra nella figa di Marcella.
“Brutto stronzo, sai che non prendo nulla, cosa cazzo mi sborri in figa, lo cresci tu il bastardo che mi fai partorire?” sibila Marcella livida in volto. “Chi cazzo lo vuole un figlio da uno stronzo come te, ma come ti è venuto in mente di sborrarmi in figa, sai bene che sono anche in periodo fertile. Te l’ho anche detto, testa di cazzo” continua urlando Marcella.
“Non rompere il cazzo puttanella, ci penseremo domani, magari sarete cibo per i vermi tu ed il tuo bastardo prima che sorga il sole. Facciamoci una canna e poi torniamo a casa” continua Daniele.
I tre si rivestono e si coprono con coperte di pile, poi si accendono una canna che si passano senza proferire parola. Forse per la stanchezza ma molto più probabilmente per l’effetto delle due canne, Marcella cade addormentata mentre Daniele e Giovanna l’osservano abbracciati sorridendo sinistramente.

UNA OSCURA CERIMONIA
La cripta del convento conserva i resti dei monaci tumulati nel corso dei secoli, sistemati su sedute in pietra e vestiti delle loro tonache. L’ordine che gestisce il convento non prevede che un monaco che entri nel convento ne possa uscire, nemmeno da morto.
La cripta è perfettamente circolare con 33 anse scavate nella pietra che contengono i resti dei monaci tra di loro separate da una colonna nera che porta una torcia, per un totale di 33 torce. Un lampadario in ferro battuto e vetro nero scende dal soffitto ed illumina l’altare con 33 candele nere.
L’assafetida che brucia nei tre bracieri intorno all’altare pervade le narici dei presenti mentre una musica ossessiva e ripetitiva con frequenza 440 Hz risuona nell’ambiente. La frequenza di 440 Hz è disarmonica rispetto alla naturale risonanza dell’Universo ed è in grado di generare effetti negativi sul comportamento e la coscienza umana.
Alla cripta si accede dalla chieda superiore attraverso una pesante porta in ferro munita di tre chiavistelli che apre su una scala ovoidale in pietra con 33 scalini.
Al centro della cripta vi è un altare in marmo nero di forma parallelepipeda perfettamente regolare, con incisioni dorate e lungo i lati vi sono delle scanalature che finiscono in quattro fori di quelli per far passare i fluidi. I quattro fori convergono in un canale che circonda la base dell’altare e che si dirige, perpendicolarmente verso una vasca tonda di marmo rosso 333 centimetri più avanti.
Accanto all’altare vi è un tavolo sul quale sono disposti abiti neri impermeabili, guanti, maschere varie ed ogni sorta di Sex Toys ed oggetti da lavoro come martelli, seghe, ganci, pistole calde, trapani, insomma un’attrezzatissima officina meccanica.
Tra due anse, subito dietro all’altare vi è un crocicchio che nasconde due passaggi laterali, i quali evidentemente danno la possibilità di accedere alla cripta senza passare dalla chiesa superiore. Al centro del crocicchio vi è una grata che contiene l’immagine di Arimane, un demone antico molto potente.
Ai piedi del crocicchio si intravede una grata con all’interno il corpo di un essere deforme che sembra mummificato, vestito con paramenti sacerdotali. Ecco rivelata la vera divinità alla quale è dedicato il convento, ecco la divinità nel nome della quale i frati assolvono i peccatori.
Disposti in cerchio intorno all’altare si intravedono 12 monaci vestiti di nero, scalzi, con i cappucci calati sul volto mentre il tredicesimo monaco, il Gran Maestro, è accanto all’altare vestito in abiti cerimoniali di colore viola con una croce nera rovesciata sul petto, scalzo e con un cappuccio rosso che ne nasconde il volto.
La musica diventa assordante mentre il Gran Maestro distribuisce un preparato erboristico ai monaci che lo assumono in silenzio eccitati dall’odore dell’assafetida.
In pochi minuti i monaci, tranne il Gran Maestro, iniziano ad avere rapporti omosessuali tra di loro dando luogo ad una blasfema ed immonda orgia nera.
Nel mentre i monaci hanno rapporti tra di loro, dai lati del crocicchio entrano Daniele e Giovanna. La donna si spoglia e si stende sull’altare mentre Daniele ha un rapporto omosessuale passivo con il Gran Maestro.
Un calice di alabastro raccoglie il seme dei monaci impegnati nell’orgia e poi quello del Gran Maestro impegnato con Daniele. Infine, da un taglio praticato dal Gran Maestri sulla vagina di Giovanna viene raccolto nel calice il sangue della donna. Le energie sessuali degenerate, derivanti dai rapporti omosessuali maschili vengono mischiate a quelle femminili di Giovanna.
A questo punto, il Gran Maestro celebra un empio rito in latino, una sorta di messa alla rovescia, nel cui culmine intinge un’ostia nella vagina di Giovanna e la consuma bevendo un sorso della sostanza dal calice di alabastro.
Tutti i monaci ed anche Daniele hanno la possibilità di avere l’ostia intinta nella vagina di Giovanna e bere un sorso della pozione dal calice mentre una nebbia dai tratti umanoidi sembra fluire fuori dalla grata.
Il Gran Maestro recita una potente evocazione auspicando che Arimane torni presto a camminare definitivamente sulla terra per riprendersi ciò che una volta era suo e che gli è stato sottratto dalla Chiesa. Il Gran Maestro annuncia che questo è il Grande Sabbath che ha luogo una sola volta all’anno, nella notte di Samhain, l’unica notte dell’anno nella quale ad Arimane è permesso di camminare di nuovo sulla terra.
Poi annuncia che, in onore della divinità, sarà presto incassato il premio della Riffa. Un’energie negativa e maligna pervade ogni angolo della cripta.

A ME IL PREMIO
Enrico entra nella cripta, ha uno sguardo stupito anzi sembra stordito, quasi non si renda conto di dove si trovi.
L’uomo è giunto con l’auto all’ingresso del convento e dopo aver mostrato il codice ricevuto sul telefono ad un monaco è stato bendato ed accompagnato nella cripta. Molto probabilmente la benda era intrisa di qualche sostanza atta ad alterarne le facoltà.
I monaci portano sull’altare una giovane donna addormentata. Il corpo della donna è avvolto nel latex nero, in maniera da essere del tutto irriconoscibile quasi a ricordare una scultura di Rodin. Le sole parti visibili sono i genitali ed i seni, mentre una mascherina forata ne copre la bocca, permettendole di respirare. Il corpo viene assicurato con solide cinghie alla struttura di pietra.
Enrico viene preso per mano da Giovanna, che lo accompagna vicino all’altare, l’uomo incredulo si guarda intorno, ma è incapace di organizzare i suoi pensieri.
“Forza figliolo, incassa il tuo premio” le dice il Gran Maestro, “Quello che succederà questa notte non varcherà mai i confini di questa cripta e ciò che accade qui dentro è nascosto agli occhi di Dio, quindi con costituisce peccato” continua il monaco per poi concludere, “Conosco bene le abiezioni che albergano nel tuo animo, Arimane farà in modo che escano fuori dal tuo cuore corrotto e diventino realtà. Dunque non esitare uomo, prendi ciò che è tuo”. In coro, i monaci incitano “Uomo depravato e corrotto, prendi ciò che è tuo”.
Enrico, titubante, accarezza il corpo della giovane, e pensa “Ho sognato per anni di avere un’occasione simile ed ora che ci sono, ho paura. Ora che l’impunità dalla legge di Dio e degli uomini è assicurata, io esito. Ma che uomo sono, un aborto di maschio”.
Lentamente inizia a leccare i capezzoli della ragazza, si fa più audace, le penetra con le dita, sente che lei inizia a muoversi e questo lo eccita. Prende dal tavolo un dildo ed inizia a sodomizzarla mentre con una mano le strizza i capezzoli. Poi passa all’utilizzo delle pinzette per i capezzoli torturando i seni della ragazza, ormai sveglia.
Le urla della ragazza, filtrate dai fori della mascherina, hanno un suono sinistro, non umano. Il fatto che lei sia senza volto e senza corpo, avvolta nel latex, con i soli seni e genitali visibili fanno di lei una non persona, un giocattolo erotico da usare a proprio piacimento senza alcun senso di colpa. È l’identità che colpevolizza, non ci si può sentire responsabili del male procurato a qualcuno che non è, che non esiste in quanto essere umano. È di fatto un manichino, e si sa, i manichini non possono soffrire. Questi sono i pensieri che attraversano la mente ottenebrata di Enrico.
L’uomo diventa sempre più audace e sempre più sadico. Passa dai Sex Toys agli attrezzi da officina. Inizia a smontare quel manichino per poi rimontarlo in posizioni strane, goffe, surreali. Si sente un artista Enrico, sta creando un corpo nuovo, forse lui è Dio, Si, deve essere proprio così, lui è un novello Dio che crea e trasforma un non corpo in una fantastica creatura, unica nel suo genere.

NON CHIEDERE MAI PERCHE RISCHIERESTI DI OTTENERLO
Inizia ad albeggiare quando Enrico, sconvolto dalla fatica e dalle droghe, si ritrova davanti all’altare ad ammirare la sua creatura. La donna nuova, quella perfetta, come l’ha sempre sognata nelle sue perverse fantasie. A lui non sono mai piaciute le donne ordinarie, lui non è come gli altri, lui ama Picasso, i canoni della bellezza classica lo annoiano.
Enrico si è innamorato della sua creatura, la trova bellissima, è eccitato e vuole farla sua. Si libera dei vestiti grondanti di sangue e si lascia cadere su quella fantastica creatura. “Sei mia, sei l’unica cosa che ho vinto nella mia vita” le sussurra l’uomo, “Ti ho resa bellissima ed ora voglia farti mia”, continua.
Inizia a penetrarla mentre con le mani le stringe la testa ancora avvolta nel latex cercando di baciarla. Dalla mascherina forata non viene fuori nemmeno un rantolo, ma a lui non importa, lei è sua.
Mentre Enrico entra dentro di lei, la nebbiolina maligna fluisce attraverso la grata nel corpo mummificato, tanto anche quest’anno ha avuto il suo tributo di sangue.
Scopa Enrico, scopa forte, dopotutto vuole renderla felice, lei è sua, lui la vuole con sé per sempre. Mentre ne stringe il volto tra le mani, il latex cede e lo sguardo spento di lei incontra per un attimo quello di lui.
È solo un attimo, ma sembra un’eternità, quello sguardo accusatorio non può sopportarlo, è al tempo stesso un monito ed una condanna. Gli hanno mentito non è vero che Dio non può vedere ciò che accade nella cripta, per un attimo per un solo attimo, Dio lo ha guardato negli occhi ed è penetrato dentro di lui indicandogli l’unica cosa da fare.
Il trapano è accanto all’altare, la punta è ancora sporca di sangue ed ossa, la stessa punta che gli penetra nel cervello, come gli occhi di Dio sono penetrati nel suo cuore.
Ciao Enrico.
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