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Daniele e il mandingo


di singlebsx58roma
05.03.2017    |    27.060    |    9 8.5
"Il corpo, coperto da semplici vestiti, si vedeva che era robusto, ma non di palestra..."
Mancava un minuto alla partenza dell’autobus. Daniele allungò il passo, non voleva perderlo. Dopo poco era a bordo. Quindici secondi dopo il bus partì. Come al solito era pieno. Per la maggior parte erano viaggiatori stranieri, in maggioranza extracomunitari dal Sud America, dall’Africa, dall’Est Europa residenti nella periferia estrema. Ma prima di arrivarvi l’autobus attraversava la media periferia dove risiedevano la maggior parte degli Italiani che erano a bordo.
Daniele ebbe un moto di stizza. Così pieno all’inverosimile non lo aveva mai trovato. La rabbia di dover viaggiare compresso tra altri corpi lo fece diventare di ghiaccio. Ma non voleva perderlo. Doveva vedersi con la sua Sonia e perdere quel bus significava stare almeno una mezz’ora di meno insieme.
Riuscì a trovare un posto vicino all’angolo posteriore destro, stretto tra altri viaggiatori.
La partenza brusca lo fece sbattere addosso al passeggero dietro di sè.
Si girò per chiedere scusa ed incrociò due biglie di ebano incastonate in due gherigli di mandorle bianco latte. Le due mandorle erano contornate in alto da due eleganti sopracciglia, folte ma non spesse, da cui si estendeva un’ampia fronte la quale a sua volta confinava con una corta, nera riccioluta, capigliatura. Aveva orecchie piccole e dritte, mascelle forti, collo leggermente lungo e robusto. I lineamenti erano duri ma al contempo dolci e gentili. Anche il colore della pelle, come le pupille, era di un nero ebano. Era proprio un bell’uomo.
Il corpo, coperto da semplici vestiti, si vedeva che era robusto, ma non di palestra. Si capiva che era stato irrobustito dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza. La sua altezza sovrastava di otto, dieci centimetri il metro e settanta di Daniele.
Aveva un portamento fiero, nobile, nonostante il suo abbigliamento modesto.
Daniele rovistò nel suo cassetto della memoria per capire da quale posto, della geografia umana Africana potesse provenire. Non aveva dubbi. Doveva essere di etnia “Mandingo”, i fieri guerrieri progenitori degli schiavi d’America.
Non aveva le caratteristiche ibride dei nordafricani, ne quelle esili dei popoli del corno d’africa, ne quelle dei boscimani o dei pigmei. No, le informazioni che arrivavano dal suo archivio dicevano che era un “Mandingo”.
Lui abbozzò un timido sorriso alle scuse di Daniele.
Daniele si rigirò e dopo un po’, ricordandosi di immagini viste sul computer, cominciò a fantasticare, mentre il battito cardiaco cominciò ad aumentare.
“Sono sicuro che se glielo tocco non dirà nulla, e se per assurdo dovesse dire qualcosa potrei sempre dire che è stato lui a toccarmi…” Daniele pensò che qualora l’uomo dietro di sé avesse avuto una reazione negativa, difficilmente gli avrebbero creduto. E poi…..sicuramente era un clandestino, e questo, nel comune pensare dell’Italia odierna, lo faceva già stare in colpa. Ma nel pensare questo il suo io conscio ebbe un moto di stizza…. Come poteva fare questo, lui che aveva sempre condannato la sopraffazione, l’arroganza, la prepotenza di chi è più fortunato, di chi è in una situazione di vantaggio, di maggior potere???
Ma la coscienza fu messa a tacere da una semplice conclusione… “però non credo affatto che gli dispiaccia”.
Col battito cardiaco in continuo aumento, si fece coraggio e, facendo l’indifferente, portò il braccio dietro il suo corpo e poggiò il palmo della mano sulla patta del pantalone dell’uomo. Il “poveretto” ebbe ad irrigidirsi, ma non disse nulla.
Secoli di colonizzazioni e di soprusi da parte dei bianchi verso la popolazione nera costretta ad obbedire al padrone di turno, si erano ormai sedimentati nel loro DNA. Forse anche per il fatto di essere clandestino, come aveva pensato Daniele, egli “subì” questo, forse piacevole, sopruso senza profferire parola.
Vista la mancanza di reazione, Daniele strinse con più forza la presa. Dopo pochi secondi di stropicciamenti sentì la patta gonfiarsi. Vampate di calore avvolsero Daniele e fecero imperlare di sudore la sua fronte.
Si armò di altro coraggio e slacciò la lampo dei pantaloni del “mandingo”, vi intrufolò la mano e lo trovò lì, duro come l’ebano, in attesa. Lo palpò ben bene poi, tiratolo fuori lo poggiò sul suo sedere e spinse leggermente il suo bacino all’indietro.
Anche il cazzo di Daniele spingedo dentro lo slip diventò duro.
Daniele amava indossare tessuti naturali, ma in quel momento odiò il cotone dei suoi jeans che separavano la sua carne dal pene dell’uomo.
Chiuse gli occhi ed in un attimo si trovò lontano, molto lontano......
L’autobus arrivò alla fermata dove Daniele doveva scendere per raggiungere casa di Sonia, ma lui non scese, non poteva perdersi questa occasione unica…. Per Sonia c’era sempre tempo.
E poi….era molto lontano.
Si vide sdraiato su una stuoia in adorazione del suo “re e padrone” intenta a baciare la sua “spada sguainata”, mentre in lontananza un sole infuocato lo baciava con i suoi ultimi raggi per consegnarlo alla notte.
E la calda notte africana fu molto generosa….
Sentì le grosse labbra del suo re poggiarsi sulle sue, le sue mani afferrargli la testa e portarla al suo pene.
Infine la lingua del re leccare prepotentemente la sua intimità posteriore, per poi essere delicatamente penetrata dalla spada del re. Ormai non era più in sé,…era perso in quel limbo indefinibile dove il dolore si mischia al piacere….dove la coscienza lascia il posto all’incoscienza …..
E proprio mentre Daniele cominciava ad assaporare appieno la notte africana, pregna dell’odore di cannella e vaniglia, un caldo getto invase abbondantemente la sua mano riportandolo sull’autobus.
Il ghiaccio che si era impossessato di lui quando entrò nell’autobus, si disciolse lasciandogli il pene sotto tortura dentro i jeans.
Alle sue spalle un muto lamento fuoriuscì dalle labbra serrate del mandingo.
Prese il celllare e avvisò Sonia che non potevano vedersi.....
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