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Non aprire quella porta - 6 - Chi ha paura dell'uomo nero?


di leatherbootsfetish
20.01.2023    |    4.691    |    11 9.8
"“Francesco si occupa di me da tanti anni e mi chiedeva se tu avessi mai dimostrato almeno un po’ di gratitudine per tutto ciò che sto facendo per te..."
Mi sembrava che fosse tutto quasi pronto quando Francesco entrò in cucina allegro e sicuro di sé facendomi sentire, ancora una volta, inadeguato e provinciale.
Indossava un paio di chaps attillati (adesso sapevo come si chiamavano) che coprivano le gambe e gli stivali neri. Aveva anche robuste cinghie in cuoio che gli imbrigliavano petto e schiena. Il suo cazzo penzolava libero e il culo era completamente scoperto. Notai che aveva le lettere M e D tatuate su una chiappa ma non indagai.
Guardando la mia faccia rise di gusto: “Ti ho già detto che gli piacciono molto, no?” Poi mi guardò “Ma tu non sei ancora pronto. Dov’è il perizoma che ti ha regalato”
Mi ero completamente dimenticato del perizoma e feci per andare di corsa in camera ad indossarlo.
Francesco mi trattenne e mi portò in bagno. “Non so che intenzioni abbia stasera” mi disse con un tono complice “ma tu devi essere sempre pronto per qualunque evenienza”.
Detto ciò, mi fece sedere sul bidet nudo con gli stivali ancora indosso e mi praticò il mio primo clistere, ripetendo la manovra fino a quando non fu completamente soddisfatto.
Dopo esserci lavati accuratamente mi aiutò a indossare il perizoma. Avvolgeva completamente il mio pacco, ma il filetto infilato tra le chiappe mi solleticava il buchino trasmettendomi strane sensazioni e pruriti continui.
Tornammo in cucina facendo a finta di niente giusto pochi secondi prima che entrasse Mike dicendo: “Allora, siamo pronti?”
Annunciai loro che la cena era pronta e che potevano accomodarsi a tavola.
Francesco mi guardò sorridendo e, alzando i pollici di nascosto in segno di approvazione, uscì con Mike.
Mentre servivo a tavola nel mio micro-abbigliamento mi resi conto della confidenza e della complicità che esisteva tra loro e la cosa mi infastidì un po’. Ma ci mancava solo che diventassi geloso…
Francesco si rivolgeva a Mike chiamandolo “dottore” e dandogli del lei ma era evidente la stima reciproca e la complicità che si era instaurata tra di loro nel corso degli anni.
Non mi sfuggirono nemmeno i continui sguardi che Francesco riservava al mio perizoma e al mio posteriore e mi resi conto che la cosa non mi infastidiva.
Finita la cena Francesco mi fece i complimenti e si accomodò insieme a Mike sul divano mentre io sparecchiavo e rimettevo in ordine.
Quando il mio padrone mi chiamò, mollai tutto e corsi di là.

Li trovai entrambi sdraiati sul divano con Francesco che stava accoccolato con la testa sul suo petto e teneva la mano infilata nei jeans del mio padrone ed era evidente che glielo stava impugnando mentre lui gli accarezzava lentamente il culo scoperto. Un nuovo moto di gelosia mi assalì ma mi ripresi immediatamente.
“Francesco si occupa di me da tanti anni e mi chiedeva se tu avessi mai dimostrato almeno un po’ di gratitudine per tutto ciò che sto facendo per te. Gli ho detto che poteva stare tranquillo, ma lui preferisce sincerarsene di persona. Avanti, fagli vedere di cosa sei capace”.
Guardai Francesco che mi sorrideva con uno sguardo complice e stetti al suo gioco.

Mi buttai a quattro zampe ai piedi del mio padrone, gli sbottonai rapidamente la patta dei jeans sfilando il cazzo eretto dalla mano di Francesco e, impugnatolo alla base, cominciai a leccarglielo come se si trattasse di un morbido cono gelato, guardando quell’uomo fisso negli occhi e ammiccando con lo sguardo. Mi stava velocemente trasformando in una vera troia!
Francesco si godeva la scena e, grazie al fatto che non indossava altro che i chaps, il suo cazzo svettava eretto in bella mostra.
Il mio invece stava crescendo velocemente all’interno del perizoma che non riusciva più a contenere l’erezione. Mi dava molto fastidio, ma non potevo certo interrompere quel momento per sistemarmelo.
Continuai il mio lavoro di bocca aiutato da una mano mentre l’altra accarezzava il corpo scolpito del mio padrone fino ad arrivare ai capezzoli duri che cominciai a stuzzicare tra pollice e indice.
Non lo perdevo mai di vista e fui molto compiaciuto delle smorfie di godimento che gli leggevo in viso.
Poi cominciai a cucciare piano quel palo mentre con la mano libera soppesavo e accarezzavo le sue palle.
Dopo un po’ il mio padrone si girò verso Francesco e gli ordinò: “Preparalo”.
Francesco sparì per qualche minuto e tornò con alcuni dei prodotti che avevamo comprato insieme.
Sentii le sue mani che mi sfilavano il perizoma liberando finalmente il mio pene, duro come la pietra, e la lingua che cominciava a leccarmi e stuzzicarmi il buchino facendomi impazzire dal godimento. I brividi di piacere correvano lungo tutta la schiena fino al mio cervello.
Versò un po’ di gel e con le dita si assicurò che fosse ben lubrificato anche all’interno.
Mentre io continuavo a lavorare l’asta del mio padrone con la bocca, Francesco disse: “Dottore, … posso?”
“Caro Francesco, tu sai che l’ospite è sacro in questa casa e non ho nessun problema a prestarti qualunque cosa mi appartenga”.

Ricevuta l’autorizzazione Francesco entrò.
Il mio buco allargato, lubrificato e stimolato accolse senza problemi il suo cazzo e Francesco cominciò con lenti affondi. “mmmh Paolo, hai un culo da favola”
Ero in trappola, bloccato tra due uomini che stavano abusando di me sia davanti che dietro.
Il mio padrone si rivolse a Francesco dicendo: “Cosa ti dicevo? Hai visto quanto è troia? Ormai non può più fare a meno di cazzi. E più ne ha, più gode felice”
Se qualcuno dei miei amici mi avesse visto in quel momento, non avrebbe potuto credere a quanto stava succedendo. E anch’io mi stupivo dell’enorme piacere che quei due uomini mi stavano regalando con le loro mazze.
Ma rimanevo concentrato sul mio padrone che alternava lo sguardo tra me e Francesco, godendosi la scena di lui che mi inculava piano.
A un certo punto mi tirò fuori il suo cazzo dalla bocca, si sfilò gli stivali e ne avvicinò uno al mio naso affinché inalassi l’odore dei suoi piedi sudati.
Poi si alzò e sempre troneggiando davanti a me si tolse la giacca e la camicia, si sfilò i jeans e lentamente si rimise gli stivali per poi sedersi nuovamente a gambe larghe sul divano davanti a me.
Mentre Francesco continuava a pompare io guardavo abbagliato il mio padrone completamente nudo con soltanto gli stivali indosso e la sua mazza che svettava in mezzo alle gambe.
Guardandomi con i suoi occhi freddi disse: “Tu non lo sai, ma ho sempre voluto avere un cane. Loro sono istintivamente fedeli al loro padrone e non lo tradiscono mai.
Si rivolse a Francesco: “Riesci a procurarmi un cane?”

Francesco uscì da me e cominciò ad armeggiare alle mie spalle ma non volendo distogliere lo sguardo non riuscii a capire cosa stesse facendo. A un certo punto mi fece passare una catena attraverso la testa fissandomela al collo. Poi sentii che stava cercando di inserire dentro di me qualcosa che il mio retto accolse a fatica.
Il mio padrone si alzò, mi scavalcò con le sue lunghe gambe e disse. “Andiamo a spasso”.
Tirò la catena che avevo al collo e mi fece muovere a quattro zampe intorno alla stanza fino ad arrivare al grande specchio a muro di fianco alla porta d’ingresso.
Nell’immagine riflessa potevo finalmente esaminare quella lunga appendice di gomma nera che sporgeva dal mio retto. Era collegata al plug che mi avevano infilato nell’intestino e oscillava trasmettendo vibrazioni intense al mio corpo ogni volta che mi muovevo.
Il padrone si posizionò davanti a me in modo che io potessi vedermi riflesso nello specchio davanti alle sue gambe aperte.
“Annusa il tuo padrone e memorizza il suo odore” disse. E sporgendo il bacino verso di me strofinò l’uccello e le palle sul mio naso e su tutta la faccia mentre io inalavo profondamente quel maschio odore.
“Fammi vedere quanto ti piace” e cominciai a scodinzolare muovendo con il bacino la mia coda di gomma.
“Sei un bravo cane” disse premendomi la testa sul pacco tenendola ferma dalla nuca. “Ti meriti una ricompensa. Tra poco avrai l’osso del quale non puoi più fare a meno”
Come se avesse letto nel suo pensiero, Francesco estrasse delicatamente la coda e versò altro gel sul buco mentre l’altro si posizionava alle mie spalle.
Rimasi immobile finché non cominciò a far scorrere lentamente la lunga mazza tra le mie chiappe picchiandomela ripetutamente sul buchino. Poi cominciai a cercarlo con il culo.
Ero psicologicamente e fisicamente in suo potere e non vedevo l’ora che me lo piantasse tutto dentro.
Francesco si sedette per terra davanti a me e, tenendomi ferma la testa, cominciò a limonarmi.
Io contraccambiai con passione, rendendomi conto in quel momento che per la prima volta in vita mia stavo baciando un uomo.

E alla fine il mio padrone entrò, violento, forte e vigoroso come solo lui sapeva essere.
Mi mancò il fiato nonostante questa volta fossi stato preparato, allargato e lubrificato a dovere e rimasi a bocca aperta nell’estasi del momento mentre Francesco continuava a sbaciucchiarmi.
Cominciò a pompare come un animale tenendomi per i fianchi.
“Sei molto meglio di una figa. Caldo, avvolgente e stretto. Questa volta ti sfondo definitivamente”.
Appoggiando le mani a terra si appoggiò alla mia schiena con tutto il suo peso e il cazzo piantato dentro il culo, continuando a penetrarmi.
La visione che vedevo riflessa nello specchio in quel momento era molto simile all’accoppiamento tra due bestie. Una pantera nera che scopava selvaggiamente la sua preda, prima di divorarla.
Continuava a pompare puntandosi a terra sui piedi e sulle mani, pronunciando frasi sconce che rinforzavano il mio stato di sottomissione.
Quello specchio restituiva l’immagine della mia faccia che si contorceva da smorfie di piacere sotto la furia dei suoi colpi, mentre lui mi fissava con il suo sguardo intenso.
Sentivo il suo sudore che mi gocciolava sulla schiena e accompagnavo i suoi affondi con movimenti del bacino. Lo volevo tutto. Lo volevo fino in fondo.
E lui lo sapeva.
Staccò le mani dal pavimento e raddrizzò il busto tirandomi a sé, rimanendo sempre piantato dentro di me. Quando ci ritrovammo in ginocchio con il suo petto che premeva sulla mia schiena, cominciò a pizzicarmi i capezzoli con le mani e smise di pompare.

Stava lasciando ancora una volta l’iniziativa in mano mia per valutare sia il mio livello di libidine che la mia devozione nei suoi confronti. Così risposi cominciando a ondeggiare sensualmente il bacino avanti e indietro per impalarmi da solo su quella verga di marmo.
Poi ci alzammo in piedi, mi fece appoggiare una gamba su una sedia e così, completamente esposto, me lo batté di nuovo in culo, infoiato come una bestia, tenendomi per i fianchi.
Il mio cazzo eretto penzolava rigido e Francesco non si fece sfuggire l’opportunità. Si infilò sotto di noi prendendolo in bocca e cominciando a ciucciare voracemente.
Non potei andare oltre e gli spruzzai in bocca ettolitri di sborra calda che mandò giù mentre si masturbava velocemente e, poco dopo, venne anche lui.
Ero distrutto dal piacere, ma il mio padrone sembrava avere una resistenza fuori dal normale.
Mi sdraiò per terra su un fianco, mi alzò una gamba e ripiantò il suo manganello caldo dentro di me inculandomi come una furia fino a che svuotò le sue palle.

Quindi si sdraiò esausto e lucido di sudore sul morbido tappeto, con le gambe e le braccia aperte e Francesco ed io ci affrettammo a leccare le ultime gocce da quel cazzo che andava ammosciandosi.
Poi, cercando di tamponare con la mano la sborra che sentivo colarmi lungo la coscia, corsi in bagno a ripulirmi.
Quando tornai vidi che stavano ridendo e confabulando sottovoce, nudi sul divano.
Francesco si dichiarò soddisfatto e annunciò ad alta voce affinché sentissi anch’io: “Ok dottore, adesso sono sicuro che quando lei è a casa è in buone mani come quando sta con me in ufficio” e mi strizzò l’occhio.
Poi si alzò e andò di sopra a rimettersi i vestiti con i quali era arrivato.
Io proposi al mio padrone un bagno caldo ma lui si allontanò dicendo che era stanco per la lunga settimana di lavoro. Avrebbe fatto una doccia rapida e sarebbe andato a letto e così si incamminò su per le scale, nudo nei suoi stivali.

Salutai quindi Francesco ringraziandolo per quanto aveva fatto e non mi ritrassi quando mi stampò sulla bocca un bacio della buonanotte.
Il salone che era appena stato teatro delle nostre battaglie era in pieno caos e l’acro odore di sesso misto a sudore aleggiava nella stanza. Raccolsi da terra il perizoma ed andai nella mia camera. Indossai il grembiulino di pelle e tornai di là per rimettere tutto a posto e aprire le finestre.
Poi feci anch’io una doccia rimanendo un tempo infinito sotto l’acqua calda e rilassante che scorreva sul mio corpo, andai a letto e mi addormentai felice, nonostante il culo indolenzito per ciò che aveva dovuto subire per tutta la serata.

Prossimo episodio: "La luce in fondo al tunnel"
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