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Le vacanze di René - 18


di July64
03.07.2017    |    23.876    |    8 9.7
"Mi chiesi a cosa si riferisse, se al mio sperma o al riali… Fine capitolo 18..."
Le vacanze di René – parte diciottesima


Un nuovo capitolo della mia vita, anzi della vita dell’intera mia famiglia, stava per essere scritto. Un capitolo importante, fondamentale per la futura nostra esistenza. Dopo la festa (in tutti i sensi) fatta alla nonna e soprattutto dopo il significativo discorso di mio padre, gli scenari della nostra vita erano radicalmente mutati. Grazie alla nonna, che si era fatta penetrare ovunque e da chiunque, con infinita gioia, tutti avevamo ottenuto, per mutuo accordo, un “passaporto ad amare”.

Io avevo fatto l’amore con mia madre davanti a mio padre, alle mie sorelle ed alle mie zie, mio padre a sua volta aveva fatto l’amore con sua suocera davanti a suo marito, alla propria moglie, ai propri figli. Incredibile. Ma questo insolito ed inatteso epilogo era stato accettato, ritengo da tutti noi, persino da mia sorella Jacqueline, la più ritrosa, con estrema naturalezza, come un fatto quasi scontato, o meglio il cui verificarsi era considerato inevitabile.

E quindi, dopo la palese autorizzazione di mio padre e l’altrettanto esplicita accettazione delle nuove regole da parte di tutti, ero certo avremmo potuto sfrenarci a nostro piacimento. In realtà, pur apprezzando le grazie di coloro che mi si erano già concesse, io avevo occhi amorosi soltanto per mia madre. Affetto, ovviamente, ne nutrivo per tutti, ma l’amore, infinito, totale, quello era riservato solo alla mamma. Naturalmente se fossero capitate “altre” occasioni non mi sarei affatto tirato indietro, come era sinora accaduto. Ma io sapevo di appartenere alla mamma.

Trascorrevo le mie giornate in modo molto attivo, in ogni senso: andavo a pesca e raccoglievo frutti di mare per procurarci il cibo necessario alla nostra sopravvivenza: per fortuna le risorse naturali polinesiane si rivelarono assai generose. Ma soprattutto curavo in modo quasi maniacale la mia piantagione di “riali”. Ero consapevole che gran parte della nostra vita sessuale sarebbe stata condizionata, e in meglio, da quel frutto miracoloso.
E i miei sforzi ben presto mi dettero le soddisfazioni che mi attendevo. Grazie anche a quel clima tropicale il rigoglio delle piante si manifestò in tempi brevissimi e i primi frutti non tardarono a nascere. Preferivo lasciarli attaccati alla pianta ed utilizzarli durante i nostri pranzi: avevano sempre effetti sorprendenti.

Un giorno, subito dopo il pranzo, durante il quale avevamo consumato molti frutti di riali, mi diressi verso il mare per distendermi sulla sabbia, all’ombra dei palmizi, per riposarmi. L’atmosfera era dolce ed intrisa di profumi: quello del mare si mescolava con le fragranze del bosco. Il sole, filtrato dai rami delle palme, mi accarezzava dolcemente il corpo, completamente nudo: ormai la maggior parte di noi aveva preso l’abitudine di girare per l’isola senza indossare abiti. Ero abbastanza eccitato da quella nuova e strana situazione, ma il richiamo di quella spiaggia era stato più forte. Mi tuffai in acqua, nuotando per un bel po', poi ritornai sulla spiaggia e mi sdraiai tra due rocce: dopo qualche minuto caddi in un sonno profondo.

Fui risvegliato da una sensazione dolcissima, che era localizzata a livello pelvico. Riemersi a fatica dal sonno e mi resi conto che mia sorella Virginie, anche lei completamente nuda, mi stava succhiando avidamente il pisello, che nonostante fosse in posizione di semiriposo, ci mise esattamente venti secondi per tornare duro come una roccia.

“Mmhhh, fratellino mio, che buon sapore hai…” diceva Vir in un momento nel quale non aveva la bocca piena. “Vedi, mi sono fatta dare lezioni da Annette: mi fa impazzire quando vedo che ingoia un cazzo per intero senza soffocare e senza vomitare.” E mentre diceva questo andava avanti con il suo meraviglioso pompino. Nei suoi movimenti di va e vieni ogni volta ne infilava in bocca un pezzo in più, era bravissima. Lo tirava tutto fuori, girava intorno alla punta con la lingua, la infilava quanto più possibile nel meato urinario, lo leccava tutto per lungo, soffermandosi sul frenulo e poi lo rinfilava in bocca quasi per intero. “Sai, René, è tutta una questione di respirazione, mi ha detto Annette. Io non sono ancora brava come lei, ma ce la sto mettendo tutta e tu devi darmi una mano: ho bisogno di esercitarmi…”

E dicendo questo continuava a succhiarmelo, mentre io non rimanevo immobile, ma cercavo di ricambiare il piacere girando con il dito intorno al suo clitoride, bagnandolo nel liquido del piacere che fuorusciva in abbondanza dalla sua fica. Virginie mugolava, mentre mi diceva: “Sarà tutta colpa del riali che ho mangiato, ma mi eccita più la sensazione che provo succhiandoti il cazzo che quella che mi dai tu pastrugnandomi il clitoride e la fica, sono proprio una pervertita e mi piace tanto esserlo…”

“Dai René, vienimi in bocca, ho bisogno di gustare il sapore del tuo sperma, un dessert mooolto raffinato!” Cercai di prolungare al massimo il piacere di sentirmi succhiare così bene da mia sorella, ma la sua tecnica raffinata e le parole che mi rivolgeva mi avvicinarono ben presto ad un orgasmo travolgente: un vulcano di lava cominciò ad eruttare dai miei lombi. Appena Virginie ebbe sentore delle mie contrazioni serrò le labbra attorno al mio pisello e lasciò che un fiume di sperma le si riversasse in bocca.

Terminata la tempesta, Virginie, sorridendo, si lasciò scivolare fuori il mio pisello, che si staccò da lei con un “plop”. Guardandomi fisso negli occhi, aprì la bocca, piena del mio sperma e se lo fece girare in bocca con la lingua. Poi con un sorriso ingoiò tutto, deglutendo parecchie volte, data l’abbondanza della mia eiaculazione. Poi, senza dire una parola, si sollevò, mi diede un bacio che sapeva tutto di sperma, si girò e sculettando scomparve nel boschetto.

Ero sconvolto. Le gambe mi tremavano per l’emozione e il cuore mi batteva forte nel petto. Mi sedetti sulla sabbia, nel tentativo di rilassarmi. Ripensando a tutti i momenti appena trascorsi mi distesi con le braccia in alto e le mani che mi reggevano il capo. Cullato dalla brezza, all’ombra delle palme, mi addormentai.

Non so quanto tempo durò il mio riposo, ma presumo non tanto, perché il sole era ancora alto. Sentivo nelle vicinanze come un leggero cinguettare ed uno strano rumore, che non riuscii a definire. Sollevai la testa oltre le rocce che mi proteggevano – e mi nascondevano alla vista di tutti – e fui fulminato da una visione sorprendente.

Le mie zie, Jeneviève e Juliette, che a pranzo avevano mangiato riali a profusione, erano arrivate in spiaggia, evidentemente per fare un bagno in mare e stavano chiacchierando allegramente tra loro. Ogni tanto zia Jul scoppiava in una risata argentina, seguita subito dalla sorella, evidentemente per qualcosa che si stavano dicendo.
Si tuffarono in acqua e nuotarono insieme, sempre chiacchierando. Ascoltandole mi dissi che era una fortuna che nessuno di noi si fosse fatto prendere dallo sconforto. Del resto eravamo dei naufraghi su di un isola deserta, lontano dal resto del mondo e senza speranza, almeno per il prossimo futuro, di poter tornare alla nostra vita normale. Le zie ritornarono presto a riva e si sedettero su di un telo che avevano portato con loro. Zia Juliette, la solita intraprendente, si slacciò subito il reggiseno del bikini. Il seno piccolo e appuntito svettò subito nell’aria, con i capezzoli ritti per il bagno in mare appena terminato.
Dopo qualche attimo la zia fu imitata dalla sorella: zia Jeneviève sfoggiava un seno sontuoso, grande quasi quanto quello della mamma, ma più sodo, non avendo mai allattato.

Udivo zia Juliette, la quale evidentemente aveva fatto la mia stessa considerazione, complimentarsi con la sorella per la sua forma splendida. Contemporaneamente zia Juliette sollevò una mano e accarezzò un seno della sorella. Una carezza dolce, affettuosa, in apparenza priva di contenuto sessuale.
Evidentemente, però, il riali la pensava diversamente e condizionò i successivi comportamenti delle mie ziette, le quali senza dire nulla, accostarono le labbra e…cominciarono a baciarsi.
Dapprima furono baci quasi casti, anche se dati sulle labbra, dopodiché l’eccitazione prese il sopravvento: le bocche delle zie si aprirono affamate e le lingue cominciarono ad intrecciarsi, ingaggiando una battaglia furibonda. La zia Juliette prese per le spalle la sorella, come se volesse imprigionarla nel suo abbraccio e continuò a saettare la sua lingua nella bocca di zia Jeneviève. Percepivo distintamente lo sciacquio dei baci, umidi e scambiati voracemente tra le due zie.

In questo scambio amoroso, quasi furioso, le salive delle due zie cominciarono a divenire abbondanti e a mescolarsi. Nel momento in cui un filo di saliva scendeva sulla guancia di zia Jeneviève zia Juliette era pronta a risucchiarlo con la bocca. Quando un altro filo di saliva scendeva giù dalla bocca di zia Juliette la sorella lo lasciava cadere sul seno e con la bocca lo aspirava contemporaneamente al capezzolo.

I mugolii delle due sorelle cominciarono a farsi sentire. Io continuavo a tenermi nascosto tra le rocce perché non volevo perdermi per nessuna ragione al mondo quello spettacolo eccitantissimo. La produzione di saliva delle due zie, per l’intrecciare delle loro lingue, aumentò a dismisura, consentendo loro di giocare ancora di più. Zia Jeneviève apriva la bocca, lasciando cadere un filo di saliva nella bocca della sorella, che a sua volta lo riceveva nella sua bocca aspirandolo con gusto, come se fosse stato il migliore dei dolci.

Nel contempo Juliette tormentava i capezzoli della sorella, girandoli e rigirandoli tra le dita, poi facendo cadere un filo di saliva sulle tette, per poi avere l’occasione di risucchiarselo in bocca mentre ciucciava un capezzolo. Questa schermaglia amorosa andò avanti in crescendo per circa mezz’ora. I respiri delle due sorelle si facevano sempre più affannosi, i mugolii cominciarono a divenire degli “ahh” di godimento profondo.

I corpi delle zie erano pieni di saliva. La zia Juliette, che era medico e conosceva tutte le tecniche per incrementare la formazione di saliva, si infilava le dita profondamente in gola, come per stimolare il vomito. Questa manovra evidentemente determinava un’abbondante produzione di saliva densa, che la zia scambiava con la sorella. Anzi non solo si infilava le dita in gola, ma le infilava anche nella gola della sorella, per stimolare anche in lei la produzione di saliva. Docile e remissiva, zia Jeneviève si faceva fare tutto, non solo senza fiatare, ma con una espressione di godimento infinito sul volto.

Un filo lungo e interminabile di saliva scendeva dalla bocca di zia Juliette e zia Jeneviève apriva la sua per accogliere la saliva della sorella, con gratitudine ed eccitamento. Poi a sua volta lasciava scendere il rivolo di saliva sul seno di zia Jul, per poterla spalmare sui suoi capezzoli. Ovviamente queste manovre non facevano che accrescere parossisticamente l’eccitazione nelle mie zie, che evidentemente non ritenendo più sufficienti i baci profondi ed umidi che si scambiavano, pensarono di passare ad altro tipo di divertimento. Come se si fossero rivolte un segnale, contemporaneamente le loro mani corsero agli elastici degli slip e li trascinarono in basso. Finalmente le zie furono completamente nude in tutto il loro splendore.

Bellissime donne, con due corpi invidiabili, abbronzatissime. Si sistemarono meglio sul telo da mare, con zia Jeneviève distesa sulla schiena e zia Juliette che si spostò per raggiungere con la sua bocca la fica della sorella e cominciare con lei un meraviglioso 69. Lo sciacquio delle lingue che saettavano nella fica di ognuno di loro si distingueva perfettamente e le grida di godimento di entrambe ora si liberarono nell’aria.

Avevo quasi deciso di intervenire per unirmi alla festa, quando accadde qualcosa che mi bloccò. Zia Juliette, il medico, stava dicendo alla sorella: “allora, mia cara, da quanto tempo non ti fai inculare dal nostro fratellino Marcel?”
E la zia Jeneviève, senza scomporsi, rispose: “solo dai ieri, tesoro mio; sai quanto mi fa impazzire prenderlo nel culo; sai anche che il mio buchino è tanto elastico e gradisce moltissimo l’intrusione di un bel cazzo fino in fondo…”

“Eh, lo so bene”, rispose zia Juliette. “Anche a me non dispiace quando me lo mettono nel culo, ma tu hai un dono particolare: il tuo bucone, perché non lo chiamerei più buchino, dopo che ti sei infilato di tutto lì dentro, è talmente elastico che…”
Zia Juliette interruppe improvvisamente il lavoro di lingua che stava facendo godere la sorella, fece cadere un grosso rivolo di saliva sulla mano destra e la lubrificò completamente. Dopodiché cominciò ad infilare un dito nel culo di zia Jeneviève. Ero interessatissimo a quello che stava per accadere. Dopo il primo dito, zia Jul ne infilò un secondo, poi un terzo, poi progressivamente tutta la mano nel culo di zia Jen, che stava urlando per il godimento. “Dai sorellina, sfondami il culo con la tua mano, senti come è bagnato, senti come sono calde le mie pareti. Ahh, che bello, continua, non fermarti o ti uccido. Vai su e giù con la mano, ti prego, fammi godere…”
Non avrei mai creduto che zia Jen avesse questa capacità. La mia famiglia si stava rivelando una fonte continua di sorprese!

Ma zia Jul evidentemente non era ancora appagata della penetrazione richiestale dalla sorella. Vidi che estrasse la mano dal culo di zia Jen, prese ancora della saliva e si bagnò tutto l’avambraccio. Avvicinò la mano sinistra alla fica di zia Jen e vi prelevò il liquido che usciva in abbondanza per quel 69 appena interrotto e lo spalmò sul suo braccio destro, per intero. Riavvicinò la mano al culo di zia Jen e con delicatezza la introdusse di nuovo. Ma questa volta non si limitò alla mano; lentamente faceva scivolare nel culo della sorella tutto l’avambraccio. Notai distintamente che il braccio di zia Jul era sparito nel retto di zia Jen fino al gomito!

Questa manovra estrema fece urlare zia Jen. Io cominciai a preoccuparmi perché temevo che la parete anale della zia potesse in qualche modo lacerarsi. Ma mi ero sbagliato, perché le urla di zia Jen erano di puro godimento: “dai Jul, è fantastico, non è mai stato così bello, sto godendo, vengo, vengoooo… ohhhh”. Zia Jen dimenava la testa da una parte all’altra, completamente infoiata.
Ad un tratto zia Jul rivolgendosi alla sorella disse: ”mi piace farti godere così tanto; ma ora guarda che ti faccio…guardati la pancia!”
Anch’io fui attratto dalle parole di zia jul e osservai attentamente: la zia evidentemente mosse la mano che era completamente infilata nell’intestino della sorella. Improvvisamente la pancia di zia Jen si mosse come se fosse piena di qualcosa. Infatti era piena del braccio di zia Jul, che spostava la sua mano verso l’altro in modo da far gonfiare il ventre della zia Jen, come se questa fosse incinta. Un fenomeno tanto strano quanto arrapante. Tutte queste manovre provocavano nella zia Jeneviève un intensificarsi dell’eccitazione. Ormai era senza freni e gridava disperata il suo godimento estremo. Mentre mi sollevavo per raggiungere le zie ed unirmi a loro vidi che la zia Juliette estraeva repentinamente il braccio dal culo della sorella, che era oscenamente allargato, anzi lasciava intravedere l’interno di colore rosso.

Non ancora soddisfatta, la zia Juliette pose due dita sui margini slabbrati del culo di zia Jen, tirò forte per aprirlo ulteriormente e ordinò alla sorella: “ora solleva le gambe molto in alto e spingi, Jen, spingi forte!”. Zia Jenevieve, infoiata più che mai, ubbidì al comando della sorella, che evidentemente sapeva cosa faceva. Improvvisamente comparve oltre il bordo del buco tenuto allargato dalle dita di Juliette una specie di fungo rosso fuoco, che non riuscivo a capire cosa fosse. Indirettamente la spiegazione la fornì zia Juliette, che, essendo medico, conosceva bene l’anatomia umana. “Vedi Jen” disse zia Juliette “ti ho fatto venir fuori un bel prolasso anale, che ora ti leccherò tutto quanto!”
Si abbassò tra le cosce della sorella e prese tutto in bocca quel fiore rosso che fuorusciva dal culo di zia Jeneviève. Lo leccò, lo succhiò, lo accarezzò mentre zia Jen si sfiancava dalle urla e dal godimento.

Non ce la feci più: uscii fuori dal mio nascondiglio non voluto e la mia comparsa improvvisa fece spaventare zia Juliette, che sobbalzò e lasciò il culo di zia Jen. Il risultato fu che il prolasso rientrò immediatamente al suo posto e il culo di zia si richiuse come se non fosse stato mai spalancato dalle manovre di Juliette.

Non mi feci pregare: senza dire una parola, mi inginocchiai tra le cosce di zia Jen, che erano ancora sollevate ed in un solo colpo gli infilai il mio pisello, duro come il ferro, non nella fica, ma nel culo. Sembrava di entrare nel burro, tanto era largo. Nel frattempo zia Juliette, riavutasi dallo spavento, iniziò a baciarmi esattamente come aveva fatto prima con la sorella, mentre io cominciavo un frenetico movimento di va e vieni nel culo di zia Jen. Anche questa fase durò tantissimo. A me il riali dava una resistenza quasi infinita e zia Jul stava smaltendo nella mia bocca tutta la saliva che aveva accumulato per leccare il prolasso della zia Jen, che dal canto suo mostrava di aver gradito molto la mia “intrusione”: a movimenti alterni contraeva le pareti anali, riuscendo, nonostante fosse stata penetrata addirittura da un braccio, a stringere il mio cazzo come in un tenero abbraccio.
“Dai, nipotino mio”, mi diceva zia Jen, con voce rotta dall’eccitazione, “spingi forte nel mio culo, sì, più forte, così, amore mio, godo, sto godendo, godooooo”.

Io invece non avevo ancora intenzione di venire: c’era tanto ancora da fare per divertirsi ed io pompavo come un ossesso nel culo di zia Jen. Nel frattempo baciavo e scambiavo litri di saliva con zia Juliette, mentre le tormentavo i capezzoli con le mani, provocando un intensificarsi dei baci e della quantità di saliva che dalla sua bocca si riversava nella mia.

Il mio andirivieni nel culo di zia Jen le provocò altri due orgasmi devastanti. “Ti prego René”, disse ad un tratto zia Jen. “E’ stato bellissimo meraviglioso. Ti amo, ma il cuore mi sta scoppiando. Per favore ora fermati a fai divertire anche Juliette”.

Non aspettavo altro che sentirmi dire questo: uscii fuori dal culo di zia Jeneviève, mi avvicinai a zia Jul e cominciai ad accarezzarla lentamente. Poi, incuriosito dallo scambio che lei aveva avuto con la sorella, volli provare anch’io a trasferire nella sua bocca un po’ della mia saliva. Zia Juliette non aspettava altro che assaggiare i miei liquidi salivari. Aprì la bocca, mi diede un profondissimo bacio risucchiando la mia lingua e prosciugandomi di tutta la saliva. Poi riservò anche a me lo stesso trattamento di sua sorella: mi infilò profondamente due dita in gola. Immediatamente la mia bocca si riempì nuovamente di saliva, che prontamente zia Juliette risucchiò nella sua bocca, lasciando che un rivolo cadesse attraverso le sue labbra direttamente sul mio pisello e spalmandomela su tutta la sua lunghezza.

Ero sempre duro come il ferro: la mia cappella violacea a pulsante era alla frenetica ricerca di un nido caldo in cui rifugiarsi. Continuai a scambiare baci allagati con zia Juliette, poi, come per una ispirazione, le dissi: “zia, perché non mi fai provare anche il tuo culo?”
“Ma che domanda mi fai, ora, René?” esplose zia Juliette, “ma ora hai bisogno di chiedermi anche il permesso per farmi godere? Avanti, sbrigati e mettimelo subito nel culo”.
Con il cuore che mi andava forte come una locomotiva, mi inginocchiai alle spalle di zia Juliette, la feci piegare leggermente in avanti e cominciai a leccarle il buchino, che sapeva di salato e profumava di mare. Prima tutto intorno, poi con la lingua cominciai a penetrarla. Zia reagiva divinamente alle mie manovre, mugolando come una gatta e accarezzandomi i capelli.

Ad un certo punto mi prese una mano, la portò alla bocca e la riempì di saliva, leccandomi tutte le dita, una per una e mi disse: “ora prova con queste…” Non mi feci pregare e, ricordandomi ciò che aveva fatto lei a zia Jen, cominciai ad infilare prima il medio, poi vi aggiunsi l’indice, poi, poco per volta le altre dita. Il buchino di zia Jul era strettissimo, quindi non volli rischiare di farle male infilandole tutta la mano come aveva fatto lei a zia Jen. Mi limitai a lubrificarle abbondantemente il culo e, come preso da una foga senza fine, piazzai la punta del mio pisello contro il suo buco ed iniziai lentamente a spingere.

“Ah, René, lo sento. E’ enorme, mi sfonderà il culo, ma non mi importa; fammi godere e fammelo diventare come quello di Jeneviéve.” Non aspettavo altro: continuai a spingere lentamente, ma inesorabilmente, fino a quando il mio bacino non fu a contatto con le natiche di zia Jul.
“Oh, René, ora lo sento tutto. Fermati un attimo”. Io ubbidii subito perché non volevo trasformare quel divino piacere in un fastidio. Sentii che le pareti anali della zia si rilassavano, quando mi disse:
“Ora vai, nipotino mio, pompami forte nel culo”. Non aspettavo altro: zia Juliette si appoggiò al tronco inclinato di una palma e spinse il bacino verso di me. Cominciai un lento movimento di va e vieni nel culo lubrificatissimo della zia, che ansimava sempre più forte. Nel contempo, le tormentavo il clitoride con una mano.
“Oh, René, è bellissimo”, diceva zia Jul con voce affannata, “non ricordavo che dal culo si godesse così tanto. Dai, nipotino, pompami più forte, aprimi il culo.”

I tremiti di zia Jul si intensificavano in modo proporzionale alle spinte, sempre più forti, che imprimevo al mio bacino per entrare sempre più a fondo nel suo culo. Avevo lasciato il clitoride per stringere forte, alternativamente, i suoi capezzoli, manovra che le dava ulteriore eccitamento.
“Spingi, René, sfondami, mi piace da morire, voglio diventare come mia sorella Jeneviève, con il culo tutto aperto. Ora che abbiamo la possibilità di far l’amore con tutti voglio farmelo mettere nel culo da zio Marcel, da tuo padre e persino dal nonno André. Voglio che papà mi metta nel culo tutto quel monumentale pacco, comprese le palle… Ah, René, sto venendo, vengo, godoooo!!!”

In quel momento le pareti anali della zia mi strizzavano il pisello in modo estremo, segno del godimento che era partito in lei, a ripetizione, con movimenti alternati forti e deboli. Quando il godimento terminò, zia Jul, non ancora soddisfatta, mi ordinò: “non ti permettere di tirarlo fuori per nessuna ragione al mondo. Devi farmi godere ancora tante e tante volte!”
“Zia, ma non hai bisogno di chiedermelo: io sono qui per questo”, le risposi con un sorriso, mentre zia Jen, appena ripresasi dai suoi orgasmi multipli, ricominciò ad accarezzare la sorella, sui capezzoli, sul ventre, sulla fica, riaccendendo, se ve ne fosse stato bisogno, la sua eccitazione.

Continuai i miei movimenti e le mie spinte nel culo della zia, il cui canale era sempre più bagnato, dai suoi e dai miei liquidi. Ah il “riali”, che frutto miracoloso! Il mio bacino sbatteva con forza sulle natiche della zia, che gradiva molto, a giudicare dai suoi “ahhhh, ooohhh e godooooo”.
Contai almeno altri sei orgasmi della zia, favoriti sia dalla mia inculata, sia dalla zia Jen, che le ciucciava senza sosta capezzoli e clitoride, quando, sfinito, cominciai a sentire il solito rimescolamento nel mio basso ventre, segno di un orgasmo vicino.

“Zia, sto arrivando, vuoi sentirmi nel culo?” chiesi a zia Juliette. Al suo posto mi rispose zia Jeneviève: “Dai, René, vienici in bocca, siamo stufe di scambiarci saliva: ci scambieremo il tuo sperma”. Queste parole contribuirono ad accelerare ulteriormente il mio orgasmo. Feci appena in tempo ad estrarre il mio arnese dal culo di zia Juliette che incontrai due bocche fameliche delle zie che si avvicinarono alla mia punta. Zia Jen prese saldamente in mano il mio pisello e lo puntò verso la bocca aperta di zia Juliette, che nel frattempo si era rigirata per ricevere il “dono” della mia sbora. Il primo spruzzo la colpì direttamente in gola e la zia non poté fare a meno di ingoiare. I successivi finirono in modo alternato, grazie alla maestria di zia Jen, nelle bocche di entrambe, riempiendole quasi completamente: prodigi del “riali”.

Alla fine zia Jen lasciò il mio pisello ancora sgocciolante e si avvicinò alla sorella, scambiando con lei un bacio profondo, pieno di sperma, che passava da una bocca all’altra. Quando un rivolo per caso sfuggiva da una delle bocche, l’altra provvedeva e recuperarlo. Dopo alcuni minuti, appagate, le zie fecero scomparire ogni traccia del mio sperma ingoiandolo. “Ah che buono, sa di mare e… di riali!!!”
“René, dobbiamo mangiarne più spesso…” disse zia Juliette, leccandosi le labbra. Mi chiesi a cosa si riferisse, se al mio sperma o al riali…


Fine capitolo 18
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