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Prime Esperienze

Il Tarlo Ivoriano [ Pt . 3 L’avvicinamento ]


di freddoesmilza
18.11.2022    |    5.719    |    12 9.7
"Rimanemmo in silenzio a guardarci e baciarci..."
Ma la colpa è mia. Soltanto mia.
Avete presente quando passeggiate con la vostra donna nelle vie dello shopping, tra vetrine illuminate ricche d’abiti ed accessori accattivanti?
Ecco, vi sognereste mai di far notare alla vostra lei una borsa di cui essa non si è accorta ma che secondo voi le starebbe d’incanto?
No.
No perché a quel punto instillerete in lei la voglia di provarla e magari farla sua con tutte le conseguenze del caso che non starò qui ad elencare, ma le conosciamo tutti bene.
Io invece la vedo diversamente e per mia moglie voglio solo il meglio.
Mi piace viziarla, mi piace darle il benessere di cui il suo corpo e la sua mente hanno bisogno.
Allo stesso tempo mi piace poterle togliere questi privilegi per far sì che ne senta la mancanza e sia lei a richiederli.
Pazzo penserete voi, da parte mia stuzzicarla ogni volta che ve ne era la possibilità sul fatto che mi sarebbe piaciuto vederla insieme e possederla insieme ad un altro uomo.
Sono conscio che la natura abbia esagerato nel fornirmi un attrezzo così sorprendentemente fuori dal comune, e sto parlando del cervello.
Certo, avesse fatto un 50:50 con ciò che per molti determina l’unità di misura della virilità dell’uomo magari sarebbe stato differente, e sto parlando del cazzo.
Immaginarla in difficoltà nell’accogliere dentro lei un arnese di notevoli dimensioni, ha sempre eccitato e non solo me.
Vederla con la bocca completamente aperta fino quasi a farsi venire un crampo alla mandibola cercando, senza far toccare i denti, di ingoiare quel pezzo di carne gonfio, grosso e duro che ad ogni pompata sparisce un po’ di più nella sua gola e ne esce ogni volta più umido di saliva, fino a quando un conato di vomito le fa capire che ha raggiunto il limite, ma lei non si arrende, prende fiato e torna a chinarsi su quel membro per vedere fin dove può arrivare.
Sapere che la sotto si sta bagnando senza che nessuno la tocchi, solo perché il suo desiderio di avere a disposizione tutti quei centimetri per godere appieno di ciò che potrà donarle, non ha prezzo.
Come dicevo, la colpa è solo mia che iniziando per scherzo, non ricordo più quanto tempo fa a farle battutine sugli africani ed i loro big bamboo ho finito per far sì che desiderasse proprio quello.
All’inizio è stato difficile farglielo ammettere, ma un bel giorno si è liberata di questa negazione che non faceva altro che limitarne la sua sessualità e femminilità.
Ricordo ancora molto bene quel giorno, stesi sul divano a chiacchierare uno di fronte all’altra.
Lei con le gambe distese e leggermente divaricate, io che con il piede ogni tanto le accarezzavo il sesso facendo pressione con l’alluce come se volessi penetrarla nonostante i fuseaux e l’intimo sottostante.
Si, mi è difficile non stuzzicarla, anche quando non abbiamo voglia, finisce sempre che qualche modo per accrescere il desiderio lo trovo.
Non richiuse le gambe, anzi, si avvicinò leggermente e si mise un poco più distesa in modo da poter apprezzare meglio quel massaggio particolare che sapeva essere il preludio di ben altro.
Non passò troppo tempo che mi ritrovai per l’ennesima volta con le labbra tra le sue cosce a baciare quel fiore nascosto dagli abiti, ma che emanava il suo solito, inconfondibile ed inebriante profumo.
Riuscivo a percepire dei flebili gemiti, sapevo che da lì a poco mi avrebbe invitato ad andare in camera da letto oppure si sarebbe tolta pantaloni ed intimo per godere appieno dei piaceri che le dono, ogni volta, con la lingua senza mai stancarmi.
Così fece. “Aspetta che mi spoglio”, disse.
La aiutai a sfilare i pantaloni, prima portandoli subito sotto i glutei, senza fretta.
Ora si vedeva bene quel tanga nero con dei ricami lungo l’elastico ed i bordi.
La mia mano, con un movimento quasi involontario cercò di insinuarsi tra l’intimo ed il suo sesso ma il tutto risultò scomodo, optai così per spostarlo leggermente con il dito indice da sinistra verso destra per avere finalmente accesso al suo piacere.
Il dito scivolò dentro lei, fino in fondo.
Iniziai un lento movimento dentro e fuori cercando di toccarla in tutti quei punti che la fanno sussultare.
Estrassi il dito, era ricoperto dei suoi umori.
“I primi sono per te, amore. Senti che buono”, le dissi avvicinando dito alla sua bocca.
Non batté ciglio e lo succhiò un paio di volte per raccogliere tutto quel nettare.
“E’ buono, vero?”, le chiesi io.
Non rispose ma fece un cenno di approvazione con la testa.
Già questo iniziò a risvegliare in me un certo istinto animalesco, sentii aumentare il battito cardiaco e notai che il cazzo stava prendendo consistenza.
Le sfilai i fuseaux senza troppa cura mentre lei alzò il sedere per togliersi il tanga.
“Lascialo!”, le imposi con tono autoritario.
Fu un attimo che mi stesi sopra lei e mentre la mia lingua cercava la sua, iniziai a spingere forte il cazzo contro quella fessura ancora nascosta dall’intimo.
Non potevo togliere i boxer, non volevo stare un solo secondo in più fuori da quella piccola cavità che mi tirava a sé come un magnete.
Lo feci uscire spostando parte del boxer e subito lo puntai verso la sua figa ancora parzialmente coperta dal tanga.
Senza troppa grazia e con un colpo deciso entrai e lo spinsi fino in fondo, tanto da guardarmi con gli occhi spalancati, rimanendo senza fiato.
Ogni volta che la vedo godere è come fosse la prima volta, ma dopo qualche spinta i pensieri iniziarono a farsi strada:
“Chissà come godresti se adesso al posto mio avessi un bel cazzone nero”, le sussurrai all’orecchio.
Fece finta di non aver sentito, era palesemente imbarazzata.
Aspettai alcuni secondi durante i quali rallentai il ritmo delle spinte per poi riprendere improvvisamente forza e le richiesi:
“Allora? Non vorresti un bel nero molto dotato che ti sfondasse per bene come meriti?”
“Si che lo vorrei, ma non c’è quindi continua a scoparmi”.
Si accorse subito che questa sua risposta aveva fatto scaturire in me maggior vigore.
Ora il cazzo era veramente duro, sembrava dovesse esplodere a tal punto che poco dopo mi fermai, lo estrassi con l’idea di aprirle le gambe in modo da avere maggior spazio di movimento ed allo stesso tempo che non strusciasse troppo contro le pareti vaginali ma lei non fu della stessa idea e infatti me la ritrovai con la testa in mezzo alle mie gambe mentre ero in ginocchio sul divano.
Lo fece sparire subito nella sua bocca, probabilmente perché era intriso dei suoi stessi umori. Quegli stessi umori che prima aveva avuto il privilegio di assaporare.
Un pompino di rilascio, durò relativamente poco ed iniziò a segarmi con forza.
Troppa forza ed in modo troppo veloce.
“Rallenta!” le intimai.
Mi lanciò uno sguardo di sfida con il sogghigno di una che vuole fartela pagare per qualcosa.
Strinse ancora più forte la mano intorno all’asta e con un movimento lento ma profondo riportò il cazzo verso la sua bocca.
Riprese a pomparlo, l’erezione era forte ma l’eccitazione di più, tanto da chiudere gli occhi ed iniziare a spingerle la testa verso me tentando di bloccarla per non liberare il cazzo da quel sottovuoto dato dalle sue abilità nell’usare mano e bocca.
Continuammo così per alcuni minuti, finché riuscii a riprendere in mano la situazione spingendola sul divano.
La feci stendere, le divaricai le gambe ma notai che mentre era dedita al pompino si era liberata del tanga.
Lo raccolsi ed avvicinandolo al viso per annusarlo notai che era completamente fradicio dei suoi umori.
“Brava!”, le dissi guardandola dritta negli occhi.
“Cos’è ti sei eccitata prima immaginando che al mio posto ci fosse qualche bel moro?”, le chiesi con un minimo di timore ma certo della risposta affermativa.
“Che ti frega?” rispose lei con di nuovo quel ghigno sul volto.
Tra me e me pensai: “Hai capito? Non lo sapevo ed invece ho sposato una maiala!”
Inutile dirvi che subito sentii aumentare il vigore in me e non persi tempo, mi stesi nuovamente sopra lei che era rimasta immobile, a pancia sopra e con le gambe aperte, ma stavolta una piccola vendetta sentivo di meritarla.
Al posto di penetrarla iniziai un lento strofinamento della cappella dal clitoride fino al buchino del culo, per poi spingerlo pian piano verso la sua fichetta ma inserendo solo la punta per poi tornare a strofinarlo sui suoi punti più sensibili.
Aveva iniziato subito a gemere.
Scesi verso il suo culetto, certo che mi avrebbe chiesto di penetrarla.
“Dai, mettimelo un po’ nel culo amore, oggi ancora non l’hai preso”, disse con quella vocina rotta di chi è pronta a godere a pieno a causa di un’eccitazione eccessiva.
“Stavolta non puoi averlo”, esclamai io, ma non feci in tempo a finire di parlare che mi accorsi di quanto furbescamente stava provando ad ottenere ciò che voleva, tirandomi a sé in modo che il cazzo entrasse dentro lei.
Difficile resistere in una situazione simile ma con un colpo di reni riuscii a direzionare l’uccello nuovamente verso la sua fichetta.
Oggi è lì che doveva stare.
“Maledetto!”, esclamò lei.
Andammo avanti per qualche decina di minuti;
Movimenti lenti e profondi;
Diverse volte era stata ad un passo dal venire, ma puntualmente le ritardavo l’orgasmo cambiando ritmo e profondità dei colpi.
A forza di baciarle il collo e succhiarle i lobi delle orecchie c’era saliva ovunque.
Il profumo della sua pelle emanato dalla frizione dei nostri corpi riempiva la stanza.
Azzardai chiedendole nuovamente:” Lo vuoi provare un bel cazzone nero ADESSO?”
“Si che lo voglio ma come facciamo?”, rispose con quella voce che si ha quando si sente il bisogno di liberarsi del peso dell’orgasmo negato.
“Ci penso io, ti ho comprato un regalino l’altro giorno”, le dissi voltandole le spalle mentre mi dirigevo nell’altra stanza.
“Non prendere niente che tanto non uso niente”, mi rispose, ma non le diedi ascolto.
Tornai da lei con la mascherina per dormire, la sistemai delicatamente sui suoi occhi e tornai di la, dove avevo nascosto il pacco arrivato contenente svariati sex toys, tra cui lui:
Fallo ultra realistico Black da ben 23cm di lunghezza e 5cm di diametro.
Lo estrassi dalla confezione e pensai che forse avevo esagerato.
Anche il peso era notevole.
Aveva messo un po’ di timore a me, non osavo immaginare se lo avesse visto lei.
Un lavaggio veloce, un po’ di gel sul glande ed i primi centimetri dell’asta e tornai in soggiorno.
Era ancora lì distesa sul divano, con gli occhi coperti ma aveva serrato le gambe accavallandole e con le mani a protezione ulteriore del suo sesso.
“Che stai facendo messa così? Mica avrai paura?”, le chiesi con tono scherzoso.
“Non so che cosa hai comprato ma posso immaginare”, disse lei con un velo di sufficienza.
“Apri le gambe, rilassati e fidati di me”, esclamai con fermezza.
Questo è uno di quei casi dove bisogna infondere fiducia e sicurezza nell’altro prima che la magia finisca.
Mi avvicinai con la bocca alla sua fichetta ed iniziai a baciarla, dapprima fuori per poi esplorare con la lingua quella cavità ricca di piacere ma che molto ancora aveva da offrire.
Ripresi il fallo e lo appoggiai alla fessura.
Si rese subito conto dell’imponenza del pezzo, tanto che d’istinto tentò di togliersi la maschera dagli occhi per guardare.
“Fermati. Resta bendata”, le intimai.
“Va bene ma lo sento, è troppo grosso. Di sicuro non ci passa o mi farà male”, esclamò.
Non osai ribattere.
Iniziai a spingere con tutta la delicatezza che avevo, la punta sparì insieme ai primi centimetri.
Mi fermai non appena notai che stava contraendo i muscoli vaginali per agevolarne l’ingresso.
“Vuoi che mi fermo così ti abitui alla sensazione”, le chiesi.
“Continua. Te lo dico io se ti devi fermare”, comandò.
Poche cose sono sicure, ma sul fatto che in un attimo mi trovai col cazzo di marmo, era una certezza.
Continuai a penetrarla con quel grosso cazzone nero ricco di venature e lo spinsi fin dove arrivava.
Entrò quasi tutto a dire il vero.
Iniziai un movimento avanti e indietro, dentro e fuori lasciando dentro sempre l’enorme glande di cui era dotato.
Pochi colpi, una decina al massimo ed urlò” Non fermarti, sto venendo”.
Ebbe un orgasmo molto forte, ricco di tremori e gemiti che durò diversi secondi.
Estrassi delicatamente quel membro possente da dentro il suo corpo, le liberai gli occhi e le feci vedere quello che a mia insaputa sarebbe diventato il suo secondo giocattolino preferito.
Non disse niente ma aveva l’aria soddisfatta.
Poggiai il fallo sul tavolino a cui si attaccò grazie alla ventosa sottostante e rimase li eretto.
Mi stesi accanto a lei, avevo ancora voglia ma vidi che era esausta, però ogni tanto lo sguardo le cadeva in direzione di quel membro che svettava imponente.
Rimanemmo in silenzio a guardarci e baciarci.
Il piacere per me era rimandato.
Poco male.
Avevo goduto ampliamente anche se in modo differente nel vedere lei ormai libera quasi totalmente da ogni inibizione, remora o tabù.
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