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Scambio di Coppia

Ci piace così. Episodio 1


di ReGiallo
10.04.2021    |    11.567    |    3 9.9
"Ci divertimmo per un po’ solo io e lei; io lasciavo P..."
La macchina viaggiava lungo la strada illuminata dai soli lampioni. Seduta affianco a mio marito stavo fantasticando già su cosa ci aspettava quella sera e la mia testa, andava spedita, molto più veloce del veicolo; da un certo punto di vista io ero già arrivata a destinazione.
“Mamma mia, schiaccia su quell’acceleratore! Non riesco più a controllarmi. Voglio arrivare”.
“Davvero?”. Mi disse lui sorridendo. “Sei già eccitata?”.
“Non puoi capire quanto. Senti qui”. Sollevai il gonnellino scoprendo le cosce e scostai con una mano le mutandine; gli afferai la mano destra e la condussi in mezzo alle gambe.
“Sei fradicia! Maialina che non sei altro senti qui! Mi starai macchiando anche il sedile…continua pure”. Disse lui indugiando con i polpastrelli dentro alle mie umide intimità. Estrasse le dite e se le portò istintivamente alla bocca. “Adoro il profumo che produci”.
“Mi sono vietata di masturbarmi tutto il giorno sai? Ho avuto l’istinto costante da stamattina appena sveglia ma mi sono conservata per la serata! Volevo arrivare “vergine” , a casa loro”. Dissi con finta ingenuità.
“Brava amore, hai fatto bene. Mi piace da morire quando ti trattieni”. Ora fu lui a prendermi la mano e a portarsela in mezzo alle gambe. “Anche lui mi sembra impaziente, che ne dici?”.
Aveva un’erezione gigantesca. Nonostante le mutande e i jeans stretti riuscivo a distinguere con precisione ogni sua forma e mi sembrava di sentirgli il membro pulsare. Glielo strinsi forte. “Poverino, sentilo qui come soffre chiuso in gabbia. Non ti fa male?”. Senza aspettare una risposta allentai le cinture e mi sporsi in avanti. Gli sbottonai i pantaloni; lui si tirò su appena il necessario per permettere all’indumento di scivolare verso il basso. Erano rimaste solo le mutande ma, a quel punto, non serviva più tanta fantasia per vederlo in tutta la sua eccitazione. “Merita di respirare un po’ non pensi?”. Gli sussurrai all’orecchio mentre con la mano avevo iniziato a masturbarlo, senza però liberarlo dalla biancheria.
Lui distese le braccia attaccate al volante e si spinse contro lo schienale. Guardava la strada con attenzione ma tutto quello che non serviva a condurre il veicolo in sicurezza, pensieri, sangue e ormoni, erano tutti diretti verso verso il rigonfiamento che stringevo in mano. Mi abbassai e, ancora senza osare liberarlo dalle mutande, glielo presi in bocca. Il sapore del cotone sulla lingua non impediva di percepire comunque il suo odore intimo proveniente al di sotto. Lo succhiai per un po’ e quando mi staccai, lo slip, proprio nel punto dove immediatamente sotto spingeva la punta del suo pene, era tutto macchiato di bagnato. Impossibile determinare se fosse solo la mia saliva o se ci fosse anche qualche goccia del suo piacere, almeno quello che anticipatamente produce un cazzo molto eccitato. “Ora lo rimettiamo via. Non posso mangiare io il regalo che stiamo portando a chi ci ospita”.
Eravamo proprio una bella coppia. Lo stesso modo di divertirci, lo stesso modo di discutere quando c’erano problemi. Solo così un matrimonio può durare per più di vent’anni ai tempi d’oggi. Non c’erano contesti in cui le nostre vedute divergessero, e il sesso era di certo uno degli aspetti più importanti. C’era stato un tempo, da ragazzina, in cui avevo temuto che a causa delle mie particolarità non avrei mai potuto conoscere qualcuno con cui legarmi in una vera e propria relazione: troppi istinti, troppe necessità, troppe curiosità! Certo non avrei fatto fatica a trovare degli uomini, pensavo. Non avevo mai avuto problemi nell’incontrare maschi attirati proprio dalla mia disinibizione, ovvio. Ma una relazione, o un matrimonio addirittura, era tutta un’altra cosa. Ero da sempre bisessuale: da quando avevo memoria mi avevano attirato sia i ragazzi sia le mie amichette e mi sono sempre masturbata richiamando alla mente immagini riguardanti entrambi i sessi. Fino a qui non ci sarebbero stati problemi; molti uomini avrebbero accettato di buon grado questo mio lato anche fino a lasciarmi libera di intrattenermi con qualche donna senza sentire offeso il proprio senso di orgoglio. Ma quanti avrebbero accettato di stare con me disposti a dividermi anche con tutti gli altri uomini? A chi mai sarebbe andato bene di sapermi troia tanto quanto potevo essere nel letto matrimoniale, ma con altri? E invece la vita era stata davvero generosa con me. Avevo conosciuto P. e la mia esistenza era andata ben al di là delle mie più rosee aspettative. Con lui, infatti, fu chiaro da subito che i miei desideri apparentemente contrastanti, potevano essere totalmente realizzati. P. era come me: un marito premuroso ma anche un maiale di prim’ordine! Non conosceva limiti quando si parlava di scopare; se qualcosa eccitava me, realizzarla, diventava anche per lui la cosa più libidinosa possibile.
La destinazione di quella sera era un esempio perfetto di quello di cui sto parlando. Da un paio di mesi avevo conosciuto una persona. Una gran bella persona, in realtà! Si tratta di Sara, la giovanissima stagista assegnata al mio ufficio. Avevo raccontato a P. che la prima volta in cui era entrata in studio avevo avuto un sussulto! Sara aveva passato da poco i vent’anni; non sapeva niente del nostro lavoro e pareva non sapere nemmeno nulla su come si presume occorra vestirsi in un ufficio. Come la guardavano quei porci dei miei colleghi, se la spogliavano con gli occhi! Dovevo assolutamente proteggerla da quei cretini e da subito mi offrì volontaria di assisterla per tutta la durata del sua permanenza. Legammo molto velocemente; anche se ero molto più vecchia di lei riuscimmo a creare da subito una certa complicità. Io, dal mio canto, non perdevo occasione per farle notare come gli uomini dell’ufficio la guardavano; continuavo a dirle cose come “Non sai cosa sta succedendo dietro di te mentre stai qui piegata alla mia scrivania. Il capo fra un po’ deve correre in bagno a toccarsi!” o “Hai visto come ti fissava le tette il cliente di prima? Io parlavo ma lui aveva la bava alla bocca!”. Lei rideva sempre e mi diceva di smetterla, ma era chiarissimo che quei complimenti non le dispiacevano affatto. Non aveva certo capito, almeno inizialmente, che tutto quello che attribuivo alle voci e ai pensieri degli altri uomini, a ben guardare, erano soprattutto le mie di fantasie! Ci bastò però uscire insieme un paio di weekend e, dopo un bicchiere di vino di troppo, capimmo entrambe di avere in comune molte più cose che il luogo di lavoro.
Ci divertimmo per un po’ solo io e lei; io lasciavo P. a casa e lei si liberava del suo ragazzo. Le nostre serate partivano sempre dal vino per poi finire in macchina in qualche parcheggio. Una volta, addirittura, in un motel. Ma quella sera le cose sarebbero andare molto diversamente dato che avevamo deciso di approfondire ancora di più la nostra conoscenza, presentandoci vicendevolmente anche i nostri rispettivi compagni.
“Ma sei sicura che a tuo marito piacerò?”. Mi aveva chiesto qualche giorno prima.
“Amore, ma scherzi? Hai presente come un uomo di cinquant’anni potrebbe vedere una come te? Sei bellissima. E comunque non pensare che non gli abbia fatto vedere già una tua foto”.
“Ah beh quello anche io l’ho fatto con Marco, la sera in cui ci siamo scritti su whatsapp”.
“E cosa dice lui?”. Avevo domandando io con la stessa sua preoccupazione, ma più motivatamente.
“Marco è tipo fissato con…le milf? Posso dire così? Insomma sì, ti adora già”.
“Beh, credo proprio di poter essere definita così in effetti! Bene, sono entusiasta; allora è deciso!”.
A questo e a tutto il resto pensavo mentre mio marito guidava risistemandosi i pantaloni. Ormai eravamo arrivati; abbassai lo specchietto nella visiera e mi sistemai le labbra aggiungendo un piccolo strato di rossetto. “Sì”. Pensai specchiandomi. “Sono proprio una bella milf!”.
La villetta era stupenda. Sembrava un’abitazione nata apposta per un incontro: era situata in fondo ad un vialetto, piuttosto lontana dalla casa più vicina e, come se non bastasse, circondata da una siepe che impediva la visuale su di essa e sul suo giardino. Se ricordava bene era stata un generoso regalo dei “suoceri”, anche se modesto se rapportato al patrimonio di famiglia di Marco. Riflettevo su queste cose per distogliere un po’ l’attenzione dagli altri pensieri. Allo stesso modo, mi schiarì la voce e suonai al campanello.
“Siete voi?”.
“Si tesoro apri!”. Mi voltai verso P. e gli sorrisi. “Pronto?”.
“Issimo”. Mi baciò e attraversammo il cancellino.


(continua)
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