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L’ho tradito ed è stato stupendo (racconto) Parte 2


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
07.01.2021    |    23.551    |    10 9.6
"Al momento di far entrare Micheli nel suo ufficio si accorse di essere tesissima e la cosa la rese furiosa con se stessa..."
«Ti hanno assegnato Micheli?» chiese Milena, con una smorfia, mentre aspettavano il loro turno vicino al timbro, in attesa di strisciare il badge e iniziare la giornata. «Cavallo Pazzo?»
«Danilo Micheli» confermò Laura, con un pizzico di disagio. «Perché lo chiamate Cavallo Pazzo?»
«Chi te l’ha passato?»
«Fusco.»
«Dall’alto, quindi. Ci sono due possibilità, e nessuna delle due è particolarmente buona. O ti ha scelto lui sul catalogo escort del nostro sito, oppure questa è la tua Kobayashi Maru.»
«Parla in modo comprensibile, per favore. Se è una delle tue citazioni da serie TV, ti avverto che non l’ho capita. E cosa diavolo sarebbe il catalogo escort?»
«La Maru è storia della televisione, bella mia: Star Trek serie originale. È un test che non si può superare, puoi solo decidere come perdere, e il catalogo escort è la pagina del personale sul nostro sito. Hai visto che foto hanno messo? Sembriamo le ragazze in vetrina del quartiere a luci rosse di Amsterdam.»
«Quindi?»
«Quindi, se ti ha scelto Micheli vuol dire che ti ha visto sul sito e vuole trombarti, se invece te l’hanno passato le alte sfere significa che ti stanno mettendo alla prova per vedere come riesci a gestire una situazione spinosa. In entrambi i casi, se fossi in te, mi procurerei tanta tanta vaselina.»
«Cerchi di spaventarmi?»
«No, ti preparo all’inevitabile. Se vuoi fare carriera dovrai scendere a compromessi o farai la fine di quella che ti ha preceduto. Micheli ci proverà, fidati, e alla fine ci riuscirà, e ha un lato A talmente esagerato che dopo camminerai a gambe larghe per due settimane.»
«Addirittura?»
«Lo chiamano Cavallo perché ce l’ha come un palo della luce e Pazzo perché se non ottiene quello che vuole diventa una belva. E, dato che muove quantità industriali di soldi, ottiene sempre quello che vuole, col consenso dei nostri illuminati dirigenti. Si è fatto metà delle nostre colleghe, ovvero tutte quelle che gli interessavano, e sottolineo tutte, tranne la Castoldi, che ora guarda caso è infognata in Culonia con zero possibilità di carriera. Per cui, se vuoi rimanere qui, preparati a lasciargli ficcare quel mostro in tutti i tuoi buchi.»
«Io sono e resterò nella metà che non ha trombato» disse Laura, che non dava mai molto credito alle chiacchiere da ufficio. «Tanto per curiosità, si è fatto anche te?»
«Per fortuna non gli interessavo. A lui piacciono alte e more. Chiedi alla tua segretaria, se non credi a me. A proposito, come ti trovi con lei?»
«Sonia è in gamba e soprattutto molto attenta.»
«E anche particolarmente servizievole, mi dicono» insinuò Milena in tono divertito.
Laura stava per darle una risposta tagliente, ma il suono di un messaggio Whatsapp la interruppe prima che potesse farlo. Era la sua amica Clelia, che aveva conosciuto qualche anno prima di passare alla Castell Estate.
“Ciao Laura, scusa se ti disturbo ma ho bisogno di parlare con qualcuno. É successo un casino”, lesse.
«Scusami» disse alla collega. «Rispondo un attimo alla mia amica.»
“Nessun disturbo, figurati. Che succede?”, scrisse velocemente.
La risposta arrivò dopo pochi secondi.
“Marco è andato via di casa.“
“😱 Perché?”
“È lunga da spiegare. Quando hai un momento per prendere un caffè insieme?”
Laura controllò l’agenda e trovò un’ora libera da impegni.
“Giovedì dopo pilates. Ci vediamo al bar della palestra alle sei e mezza, se per te va bene.”
“Va benissimo, grazie. Da te a casa tutto ok?“
Laura rimase in dubbio per un attimo se scrivere o meno la verità, poi si limitò a un laconico “Tutto ok, grazie.”
Dopo pochi secondi, però, aggiunse: “A giovedì. Cerca di stare su. Vedrai che si sistemerà tutto. Un abbraccio.”
Aspettò ancora qualche secondo, in caso Clelia decidesse di rispondere, ma non arrivarono altri messaggi.
«Problemi?» si informò Milena.
«Un’amica ha bisogno di una spalla su cui piangere. Il marito se n’è andato di casa.»
«Gli uomini sono tutti stronzi» sentenziò la collega. «Andiamo, che ho una montagna di carte da smaltire. E non dimenticarti la vaselina.»
Laura le mostrò il medio, stemperandolo con un sorriso.

Sonia la accolse con un sorriso radioso. «Buongiorno dottoressa.»
Erano passate due settimane dall’episodio della biancheria intima, durante le quali i loro rapporti erano stati improntati alla più totale correttezza professionale. Andrea era tornato un paio di volte alla carica, ma gli aveva concesso solo un bacio, anche se non era stato facile resistergli e si era trovata ancora una volta con le mutandine bagnate.
«Le porto il caffè?» chiese la ragazza.
«Si, grazie. Ne avrò bisogno perché mi hanno dato un cliente nuovo e sembra anche parecchio importante.»
«Arriva subito. Di chi si tratta?»
«Di Danilo Micheli.»
Sonia fece una smorfia, non dissimile da quella di Milena di poco prima.
«Che c’è?» sbottò. «Perché fate tutte la stessa faccia quando sentite quel nome?»
«Le chiedo scusa, dottoressa, non era mia intenzione irritarla.»
«Prima Milena, poi tu. Ma è così terribile questo tizio?»
«Non è una bella persona» si limitò a rispondere Sonia. «Le preparo il caffè.»
Tornò dopo pochi minuti con portando il vassoio su cui, oltre alle solite cose, quella mattina c’era anche una rosa rossa.
«E questa?» chiese Laura, sorpresa.
«Se le dà fastidio la tolgo subito.»
La ragazza, per un attimo, sembrò intimorita.
«No, assolutamente, è solo che… Ma è per me?»
«È un modo per farle capire quanto tengo a lei» confermò Sonia. Laura, per motivi professionali, aveva sviluppato l’abilità di valutare le persone in pochi secondi, e si rese conto con una certa sorpresa che la preoccupazione di Sonia sembrava correlata alla sua reazione a quell’iniziativa.
Si sforzò di non arrossire, riuscendoci solo in parte. «Grazie, è molto bella» la ringraziò, con un sorriso che riportò immediatamente il sereno sul volto della ragazza. «Dovremmo metterla in un vaso.»
«Ci penso io, lei beva pure.»
Il caffè era molto buono, come sempre, ma Laura non era in vena di apprezzarlo. Anche se non lo avrebbe ammesso volentieri, i discorsi di Milena e la reazione di Sonia l’avevano preoccupata non poco. Stava investendo molto nel lavoro e temeva di perdere tutto se qualcosa fosse andato storto.
Appena Sonia tornò le chiese di procurarle tutti gli incartamenti relativi a Micheli, in modo da essere pronta per l’incontro. Il fascicolo risultò essere piuttosto voluminoso e riuscì a sfogliarlo solo superficialmente prima dell’appuntamento. Al momento di far entrare Micheli nel suo ufficio si accorse di essere tesissima e la cosa la rese furiosa con se stessa.
Micheli era un sessantenne in pessima forma fisica, con un addome prominente che tendeva fin quasi al limite di rottura la giacca di sartoria che indossava in modo maldestro.
Anche se aveva cercato di resistere, lo sguardo le cadde sulla patta dei pantaloni, che sembrava abbastanza normale, giusto un po’ più gonfia della media, almeno a una prima occhiata.
“Le solite chiacchiere pettegole”, pensò, sollevata.
«Buongiorno, dottor Micheli. È un piacere conoscerla. Io sono Laura Morelli.»
«Piacere mio, ma chiamami Danilo e dammi pure del tu. Non sono dottore, ho appena la terza media. Ho dovuto sporcarmi le mani per arrivare dove sono.»
«Posso offrirti un caffè?» propose Laura passando al tu. «Puoi scegliere tra diversi tipi di cialde.»
Micheli le rivolse un sorriso che a Laura ricordò quello di uno squalo, nonostante la dentatura da fumatore incallito dell’uomo non fosse certo impeccabile.
«Mi piace nero, forte e deciso, come le mie donne.»
Il sorriso professionale di Laura perse solo una minima frazione della sua intensità, anche se mantenerlo le costò uno sforzo considerevole.
«Te lo faccio fare subito» disse, avvertendo Sonia con l’interfono. «Intanto che aspettiamo, se vuoi puoi dirmi a che tipo di investimenti saresti interessato.»
Micheli sorrise ancora. Laura notò che con la mano destra si strofinava piano la gamba dei pantaloni. Una specie di tic, concluse, anche se non sembrava nervoso.
«In realtà oggi volevo più che altro conoscerti. Se devo affidarti i miei soldi vorrei prima capire che tipo sei.»
«Be’ ho all’attivo parecchi contratti importanti, nel mio portafoglio clienti ho Luigi Davoli, tanto per citarne uno, e in più gestisco gli investimenti di alcune grosse società farmaceutiche come la Biochem e la Genetech. Se vuoi sul nostro sito puoi leggere il mio curriculum completo, anche se immagino che l’avrai già fatto.»
«Mah, quelle sono solo parole, io volevo vedere com’eri fatta in carne e ossa. Finora ti avevo visto solo su uno schermo.»
«L’azienda ci fa fare periodicamente delle foto da inserire nel sito» spiegò Laura che, ripensando alle parole di Milena sull’album delle escort, cominciava a sentirsi a disagio. «Ce le scatta un fotografo specializzato in ritratti.»
Gli shooting duravano intere giornate perché quelle foto erano un biglietto da visita più importante di mille parole.
«Le ho viste, anche più di una volta, ma devo dire che di persona sei molto più affascinante. Sei sposata?»
«Sì» mormorò, inghiottendo saliva. Non le piaceva quella conversazione e soprattutto non le piaceva lui.
«Ma io non sono geloso» disse con una risata. «Scherzo, naturalmente» aggiunse subito dopo, rivolgendole un’occhiata penetrante che sottintendeva esattamente il contrario.
Laura riuscì in qualche modo a mettere insieme un sorriso teso che si fermava un centimetro sotto gli occhi.
«Anche le altre tue colleghe erano sposate, sai? Però quelle furbe hanno capito fin da subito quali erano le giuste priorità. Le altre, be’, probabilmente non le hai incontrate. Comunque tranquilla che a tuo marito non diciamo niente.»
Non riusciva a pensare, a elaborare una risposta sensata. Si sentiva esposta e violata come se quel verme la stesse violentando. Quello sguardo le dava la sensazione di milioni di zampe d’insetto che camminassero sulla sua pelle. Rabbrividì senza riuscire a controllarsi.
Lui spostò indietro la poltroncina, facendola scivolare sulle rotelle che Sonia lubrificava regolarmente ogni due settimane, e contemporaneamente sollevò la mano che aveva tenuta poggiata sulla gamba.
Laura, involontariamente, si ritrovò a bocca aperta per la sorpresa. Una specie di enorme serpente tendeva la stoffa della gamba destra dei pantaloni, fino a metà coscia, un mostro che era venuto fin lì con l’intenzione di infilarsi nelle sue mutandine e in tutti gli orifizi che queste celavano.
Venne istantaneamente assalita da un forte senso di nausea.
Quell’uomo era davvero il porco da cui l’avevano messa in guardia Milena e Sonia e lei era stata stupida a sottovalutare la cosa, anche se non avrebbe potuto comunque farci nulla. Se quel tipo aveva davvero intenzione di farsela, avrebbe potuto soltanto seguire il consiglio di Milena e procurarsi tanta vaselina.
Con molta difficoltà riportò lo sguardo sul viso di Micheli, che appariva molto compiaciuto.
“Sai dove puoi mettertelo quell’affare?“ pensò con disgusto. Solo l’idea di prendere dentro quel mostruoso bastone di carne le dava il vomito. Avrebbe preferito farsi penetrare da un cavallo piuttosto che da quell’essere viscido.
Sonia arrivò con il vassoio in mano, l’espressione tesa, quasi avesse assimilato l’umore nero di Laura. La pausa caffè sarebbe finita fin troppo presto e nulla avrebbe potuto evitarle il seguito, eccetto quello che accadde proprio mentre faceva questa amara constatazione.
Sonia, solitamente precisissima e impeccabile, scivolò un attimo prima di posare il vassoio sulla scrivania, facendo volare la tazzina dritta addosso a Micheli. Il caffè caldo si sparse sui pantaloni di sartoria mentre la ragazza emetteva un gridolino di orrore. Si gettò immediatamente in ginocchio tra le gambe del cliente e, tirando fuori da chissà dove una salvietta umidificata, cominciò a strofinare la macchia, sotto la quale pulsava il suo mostruoso arnese.
Dapprima Micheli sembrò intenzionato a scatenare l’inferno, ma la carezza di Sonia, perché tale era diventata dopo appena pochi secondi, gli fece cambiare idea. La piccola mano della ragazza correva su e giù lungo il bastone gonfio e il porco sembrava gradire, anche perché aveva Laura come spettatrice per la sua performance.
«Continua piccola» disse infatti. «Puliscimelo bene. Strofina tutto.»
«Sì, signore.»
«Tirami giù i pantaloni, altrimenti tra poco si sporcano» ordinò, indirizzando a Laura un sorriso incrostato di carie e tartaro.
«Subito, signore» rispose la ragazza.
Con pochi gesti rapidi Sonia tirò giù i pantaloni, scoprendo un pene di dimensioni equine che nessun paio di mutande avrebbe mai potuto contenere, problema che Micheli aveva risolto evitando di indossarle. Poi si tolse la maglietta, la gonna e il reggiseno, in modo da non sporcarli quando Micheli, di lì a poco, le sarebbe venuto addosso. Sonia cominciò a masturbarlo a due mani tenendo il glande a pochi centimetri dal volto, mentre Laura osservava la scena incapace di intervenire o di distogliere lo sguardo.
Non aveva mai visto una simile mostruosità, tranne una volta in una fattoria, anni prima, quando uno stallone aveva montato una giumenta. Era spesso come un ramo d’albero e lungo probabilmente trenta centimetri, coperto di vene turgide che formavano un intricato reticolo lungo tutta l’asta. Il glande era immenso, e il pensiero che qualcuna delle sue colleghe potesse essere stata sodomizzata da quell’enorme cazzo le strinse la gola in un principio di attacco di panico. Altro che due settimane: se Micheli glielo avesse infilato dietro Laura avrebbe camminato a gambe aperte per tutta la vita.
Il movimento delle mani di Sonia, così come il respiro di Micheli, si fece più rapido. La ragazza si stava umiliando al posto suo, concedendo a quel maiale di godere delle sue carezze invece che della vagina, della bocca o dell’ano di Laura, almeno per il momento.
«Dai» mugolò Micheli. «Dai che vengooooohhh…»
Il volto di Sonia fu investito da una serie di abbondantissimi getti di sperma che lo ricoprirono quasi del tutto, colando poi sul seno e sulla pancia.
«Ahhh, che sborrata…» ansimò il porco. «Ti è piaciuto prenderla in faccia, eh?»
«Sì, signore. Grazie di avermelo concesso.»
«Ora puliscimi con la lingua.»
«Sì, signore.»
Sonia prese in bocca il pene ancora semi rigido e lo leccò con cura per rimuovere tutto lo sperma, fino a lasciarlo pulito e lucido di saliva.
«Ora posso andare a lavarmi, signore?»
«Vai, intanto io parlo con la tua padrona.»
Sonia si pulì alla meglio il viso e il corpo con alcuni fazzoletti umidificati per igiene intima, poi si rivestì in fretta e uscì dall’ufficio. Micheli intanto aveva tirato di nuovo su i pantaloni con un sospiro soddisfatto.
«La tua segretaria è in gamba, potrei pensare di portartela via. Per oggi è andata bene così, a parte la macchia di caffè sui pantaloni, ma la prossima volta ti vorrei più partecipe.»
Laura arrossì di rabbia ma non disse nulla.
«Ci vediamo, è stato un piacere conoscerti. A presto.»
Appena Micheli fu uscito, Laura lasciò che le lacrime scorressero libere. Fu così che Sonia la trovo qualche minuto più tardi.
«Mi dispiace molto per ciò che è accaduto, dottoressa» esordì la ragazza. «Sono stata imperdonabile. Oggi stesso chiederò di farle assegnare un’altra segretaria.»
«Ma cosa stai dicendo?»
«Non sono stata all’altezza, non merito di servirla.»
«Oggi mi hai evitato una profonda umiliazione.»
«Domattina avrà una segretaria più degna. Mi dispiace di averla delusa.»
«Perché dici così? Non mi hai affatto delusa.»
«Sì, invece.»
«Smettila. Tu non vai da nessuna parte.»
«Se è proprio decisa a tenermi, credo che lei dovrebbe punirmi.»
«Punirti? Di che parli?»
«Penso che lei dovrebbe prendere un severo provvedimento nei miei confronti, dottoressa.»
«Non se ne parla.»
«Allora temo che non potrò continuare a essere la sua segretaria. Ho il permesso di andare all’ufficio del personale?»
«No. E va bene, come vuoi. Devo farti un richiamo scritto?»
«Pensavo a qualcosa di più personale, che possa davvero impartirmi la disciplina che mi manca.»
«Tipo?»
«Si fida di me, dottoressa?»
«Sì.»
«Al punto da farmi scegliere il tipo di punizione che merito?»
«Se è questo che vuoi, va bene. Ma capisci che è surreale? Mi stai implorando di punirti.»
«Questa cosa per me è molto importante. Allora, ho la sua fiducia?»
«Sì. Ora però mi dici di cosa si tratta.»
«Lo farò a tempo debito, ma lei deve promettermi, anzi no, deve giurarmi, che farà quello che le chiederò.»
«Ora pretendi troppo.»
«In questo caso non credo di poter rimanere oltre alle sue dipendenze. Arrivederci, dottoressa. È stato un piacere lavorare per lei.»
«Ok, va bene, se la metti così, prometto, anzi, giuro.»
«Grazie, dottoressa» rispose la ragazza, serissima ma con un ombra di sorriso sulle labbra.
«Possiamo tornare al lavoro, adesso?»
«Le porto subito una tisana. Le calmerà i nervi. È stata una brutta esperienza per lei.»
Lei aveva preso in faccia un’enorme quantità dello sperma del vecchio porco che era stata costretta a masturbare e si preoccupava per Laura. Era sempre più assurdo.
Per tutto il giorno Sonia continuò a portarle tisane e caffè, finché Laura sentì il bisogno impellente di andare in bagno.
Avvertì Sonia che andava un attimo alla toilette ma, con sua sorpresa, la ragazza si alzò per accompagnarla.
«Devo solo fare pipì» obiettò. «Torno subito.»
«È il momento della punizione» chiarì Sonia.
«Che diavolo hai in mente?»
«Ha giurato, ricorda?»
«Ok, ma sappi che questa storia non mi piace per niente.»
Tuttavia, mentre lo diceva, si rese conto che non era così. Si sentiva eccitata e si stava bagnando.
“Cosa diavolo mi prende?” si chiese, non per la prima volta da due settimane a quella parte.
Sonia la seguì in bagno ed entrò con lei nel box, spazioso e lussuoso com’era nello stile della Castell.
«E adesso?» chiese, una volta che furono dentro.
«Adesso dovrebbe tirare su la gonna, abbassare le mutandine e sedersi.»
Laura obbedì, ormai certa che Sonia la stesse manipolando per ottenere quello che voleva. Ma anche sapendolo non riusciva a provare fastidio. Anzi.
«Posso farla?» chiese, sentendosi ridicola.
«Non ancora. Posso chiederle di aprire bene le gambe?»
«Così?»
«Di più. Sì, così. Dottoressa, il suo fiore è meraviglioso.»
Laura cominciava a sentirsi fradicia, e la situazione peggiorò quando Sonia si spogliò e si mise in ginocchio tra le sue cosce aperte, portando la bocca a pochissimi centimetri dalla sua vagina così oscenamente offerta.
Non riusciva più a trattenere la pipì.
«Sonia, devo farla, non resisto più.»
Lei la guardò dal basso verso l’alto, con un gesto simile a quello di un cagnolino fedele, poi annuì e spalancò la bocca.
«Mi punisca, dottoressa, mi punisca ora. Me la faccia ingoiare tutta.»
Laura non poteva più trattenersi, e a quel punto non lo voleva neanche. Era eccitatissima e pronta a impartire a Sonia la lezione di cui aveva bisogno.
Lasciò che l’urina sgorgasse in un glorioso getto che riempì la bocca della sua segretaria, un flusso che, alimentato dalle innumerevoli tisane che aveva bevuto, sembrava non dovesse finire mai e che la ragazza mandò giù come acqua di fonte.
Ci volle quasi un intero minuto perché il getto si riducesse a uno lento sgocciolio, e Sonia non ne perse una goccia.
«Asciugamela con la lingua» le ordinò, quando ebbe finito di pisciare.
«Sì, padrona» rispose lei, provocandole un brivido caldo tra le cosce spalancate.
Andrea era stato bravo, ma lei apparteneva a un’altra categoria. Sembrava sapere esattamente dove e come leccare per mandarla fuori di testa, quasi le leggesse corpo e mente, e le procurò il più stupefacente orgasmo della sua esistenza, una nuova e incredibile vetta del piacere.
Quando si riprese, vide Sonia con un sorriso stampato sul volto bagnato di urina e secrezioni vaginali, ancora inginocchiata tra le sue cosce.
Stupendo se stessa una volta di più, si chinò in avanti e le infilò la lingua in bocca, cogliendo il sapore salato della propria vagina, mescolato a quello più acre dell’urina e alla dolcezza di fragola dell’alito della ragazza.
Lasciò che il bacio si prolungasse, spinta da un profondo moto di affetto per quella creatura dolcissima e sensuale con cui aveva condiviso quel delicato momento di intimità.
Subito dopo, però, le piombò addosso la consapevolezza di aver imboccato un sentiero estremamente pericoloso che portava dritto alla fine prematura del suo matrimonio. Ma, nonostante tutto, non era affatto sicura di riuscire a fermarsi in tempo.
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