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Storia di un cuckold (racconto)


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
15.07.2021    |    29.404    |    11 9.1
"«Ma non saresti geloso vedendomi con un altro?» mi chiese, mentre con le dita giocava con il mio cazzetto, che rimaneva però ostinatamente molle..."
Molti particolari di questa storia sono frutto di una mia chiacchierata con un cuckold, altri sono di mia invenzione. Scriverlo mi ha eccitato molto, come spero succeda a voi leggendolo. C’è un piccolo acrostico con i nomi propri dei personaggi, se ne avete voglia divertitevi a risolverlo.

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Mi chiamo Claudio e sono un cuckold.
Quando ho deciso di raccontare la mia storia è questa la prima frase che mi è venuta in mente, talmente chiara da non poter fare altro che trascriverla su un vecchio taccuino. È curioso che ricalchi quasi esattamente quella con cui i nuovi alcolisti anonimi si presentano al gruppo di aiuto di cui entrano a far parte.
Curioso perché, se lo scopo dei 12 passi è accettare di non essere in grado di venire fuori da una dipendenza senza l’aiuto di una forza superiore, il mio è quello di aiutare quelli come me, che sono tanti, a usare liberamente la loro droga, ad accettare la loro natura, a cedere alla tentazione e a vivere felici con le proprie compagne.
Vi chiederete di cosa parlo, e soprattutto che cosa sia un cuckold. Forse dopo aver letto l’incipit del racconto avrete fatto una rapida ricerca su Google, ma internet non potrà spiegarvi davvero cosa si prova a vedere la propria donna posseduta da un maschio molto più virile di quanto voi possiate mai sperare di essere, con un membro enorme che vostra moglie guarda estasiata a bocca spalancata.
Una voce di Wikipedia non riuscirà a mai farvi capire l’intreccio di gelosia, amore e lussuria che vi assale quando un grosso cazzo duro affonda nell’intimità della vostra compagna strappandole un gemito di godimento che non le avevate mai sentito emettere prima, oppure quando vedete la sua faccia ricoperta dallo sperma caldo del bull, o dei bull, di turno.
Ma andiamo per ordine.
Io e Ursula siamo sposati da circa dieci anni e ancora oggi mi sorprendo che una donna di tale sensualità abbia scelto me come suo compagno di vita, un uomo ordinario, di oltre dieci anni più vecchio di lei, poco dotato e non particolarmente passionale. Ma forse dicendo questo la sottovaluto, perché, anche se non ne ho la conferma, forse a livello inconscio aveva già intuito in me le caratteristiche che le avrebbero permesso di esprimere al meglio la sua prorompente fisicità. Dovete sapere che Ursula, al contrario di me, è una donna che si fa notare, grazie alla sua 4ª di seno e alle curve generose, caratteristiche messe in risalto da un atteggiamento seduttivo involontario e naturale che fa girare la testa agli uomini.

Fin dall’inizio la nostra vita sessuale si era stabilizzata su un binario tranquillo, né insoddisfacente né particolarmente passionale.
Allora non lo sapevo ancora, ma a lei non bastava e per un certo periodo aveva avuto delle storia parallele.
Il fatto importante, però, è che non bastava neanche a me. Avevo il desiderio inconfessabile di vederla fare sesso con un altro, che con il tempo era diventato sempre più forte al punto da crearmi un vero e proprio problema fisico. Facevo cilecca sempre più spesso, il mio cazzetto si rifiutava di collaborare nonostante lei lo leccasse e lo blandisse in tutti i modi, e finivo spesso col lasciarla delusa e piena di voglia.
Questo non faceva altro che acuire il mio desiderio nascosto. Quando, dopo quasi un anno di sofferenza, decisi di parlargliene, sulle prime non la prese benissimo.
«Fammi capire, pensi che io sia una troia?» mi rispose, molto alterata.
«Assolutamente no» risposi, mantenendomi calmo grazie alla cura con cui avevo preparato quella conversazione, sviscerando tutte le possibili risposte e programmando una strategia precisa per ciascuna di esse. «È solo che io vorrei vederti soddisfatta e felice.»
«Io sono soddisfatta e felice» ribatté Ursula con rabbia, rabbia che aumentò quando si rese conto che stava dicendo una pietosa bugia. Fu evidente dal cambiamento della sua espressione, che divenne confusa e smarrita per poi volgere al pianto.
Fui bravo ad abbracciarla e a consolarla, permettendole di metabolizzare la proposta senza nessuna fretta.
Ma il seme ormai era stato piantato.
Fu lei a tornare sull’argomento, qualche settimana più tardi.
«Ma non saresti geloso vedendomi con un altro?» mi chiese, mentre con le dita giocava con il mio cazzetto, che rimaneva però ostinatamente molle.
«Sì, lo sarei» risposi sinceramente.
«E allora perché vuoi che lo faccia?»
Cercai di spiegarglielo, anche se non era facile rendere a parole quello che mi agitava dentro. Ma mi ero preparato anche a quel momento. Da bravo giocatore di scacchi, sono abituato a prevedere il futuro con molte mosse di anticipo.
«Secondo te» le domandai, iniziando un discorso pronto da mesi, «qual è il contrario di piacere?»
«Boh, non saprei esattamente» rispose, dopo un attimo di riflessione, «forse dolore.»
«Giusto» concordai. «Però per un masochista le due cose sono strettamente legate. Non può provare l’uno senza l’altro.»
La gelosia era parte del piacere di un cuckold, insieme alla volontaria umiliazione e al grande amore per la propria compagna, una miscela che per un amatore poteva diventare inebriante come un vino della migliore annata.
«Quindi continueresti ad amarmi, saresti geloso e soffriresti come un cane, ma allo stesso tempo saresti felice?»
Sembrava poco convinta, ma la prova che non mentivo le arrivò in quel preciso momento, quando il cazzo le divenne duro tra le dita quasi istantaneamente.
«Io ti amerò sempre e comunque» risposi in un sussurro e, mentre lei si chinava per prendere in bocca il mio cazzetto, seppi di aver vinto la mia battaglia.
Meno di un mese dopo, di comune accordo, decidemmo di mettere in atto la mia, anche se forse a quel punto avrei dovuto dire la nostra, fantasia. Il patto era che sarebbe stata lei a scegliere, a suo insindacabile giudizio, e che io avrei potuto assistere. Ero molto curioso ed eccitato dalla prospettiva di scoprire che tipo d’uomo avrebbe scelto, se il classico toro da monta ben dotato oppure qualche altra categoria di maschio.

Decidemmo di andare in un locale, un posto piuttosto elegante con un discreto pianobar, luci soffuse e divanetti molto comodi da cui guardarsi intorno in modo discreto.
Ursula indossò un vestito bianco scollato che esaltava il seno sontuoso e l’abbronzatura estiva. Sprizzava sesso da tutti i pori e fece girare un sacco di teste, non solo maschili. I sandali tacco 12 le slanciavano ulteriormente le gambe già lunghissime.
C’erano molti uomini single, alcuni dei quali sfoggiavano pacchi considerevoli, ma non avrei saputo dire se Ursula stesse valutando quell’aspetto. Si limitava a guardarsi intorno muovendo appena gli occhi mentre sorseggiava molto lentamente un mojito con una cannuccia rosa shocking.
Dopo una ventina di minuti mi accorsi che aveva cominciato a succhiare il piccolo cilindro di plastica con movimenti sempre più sensuali, quasi stesse facendo un pompino, e seguendo la direzione del suo sguardo identificai il maschio che aveva scelto. Un bell’esemplare sulla quarantina, abbronzato e in forma, con un pacco notevole che gonfiava la patta dei jeans Armani in modo molto interessante.
«Ti piace?» le chiesi, con un nodo alla gola ora che il mio sogno stava per concretizzarsi.
«Non è male» mi rispose, sorniona. «Ci si può provare. Va’ a farti un giro. Ti dico io quando tornare.»
Mi affrettai a obbedire, rischiando di rovesciare il bicchiere in cui restava ancora un po’ del mio Bailey’s con ghiaccio. Mi tremavano le mani a causa dell’eccitazione trattenuta a stento.
Me ne andai in bagno,
Quindici minuti più tardi un messaggio Whatsapp di Ursula mi avvertì di rientrare.
Lei e la sua conquista stavano ridendo seduti molto vicini sul divanetto. Lui le teneva la mano sulla coscia abbronzata, a pochi centimetri dall’attaccatura. Le dita robuste carezzavano piano la pelle serica, sotto i miei occhi.
«Lui è Carlo» lo presentò lei. «È molto contento della nostra proposta.»
«Lieto di conoscerla» risposi, imbarazzato.
«Dammi del tu» ribatté lui ridendo. «Se devo farmi tua moglie le formalità non servono.»
«Preferirei continuare a darle del lei, se non le dispiace.»
In quel momento non avrei saputo dire il perché di quella scelta. Mi ci volle del tempo per realizzare che si trattava di una forma larvale di sottomissione al maschio alfa, cui consentivo di parlarmi familiarmente mentre io lo trattavo come un superiore gerarchico. Ero eccitatissimo, con un’erezione quasi perenne che cominciava a essere dolorosa.
Mentre guidavo per tornare a casa loro due, seduti sul sedile posteriore, cominciarono a baciarsi con ferocia animale. La mano di Carlo si infilò nelle mutandine di Ursula, che a sua volta cominciò a segargli un cazzo di dimensioni molto generose.
«Sbrigati» mi incitò lei, «ho la fica in fiamme.»
Sentii come una pugnalata al petto, ma allo stesso tempo rischiai di venire nei pantaloni.
Se riuscite a capire questa apparente dicotomia, benvenuti nel mondo cuckold.
«Vuoi che te la scopi?» mi chiese il bull con voce arrochita dall’eccitazione, ovviamente a beneficio di Ursula. «Comunque, anche se non vuoi me la scopo lo stesso» proseguì poi, prima che potessi aprir bocca.
Ursula rise di gusto della battuta e della mia espressione, visibile nel retrovisore, e a quel punto qualcosa nel suo volto cambiò. Fu come guardare quegli ologrammi che si modificano cambiando leggermente la prospettiva. Alla Ursula solitamente dolce, la mia compagna di una vita, se ne sovrappose un’altra più dura e cinica che non avevo mai visto prima ma che presto mi sarebbe divenuta familiare.
«È questo che vuoi, cornuto?» disse mentre parcheggiavo sotto casa nostra.
Non trovai la forza di rispondere, ma non ce n’era bisogno. In ascensore continuarono a slinguarsi e toccarsi con frenesia, mentre io rimanevo in un angolo.
Appena in casa Ursula si inginocchiò di fronte ad Carlo, tirò fuori il grosso cazzo e ne ingoiò oltre metà, cominciando a pomparlo con un’abilità che rese evidente la sua esperienza in materia.
«Mancava la materia prima per un gran pompino» mi avrebbe raccontato in seguito, ridendo, dopo avermi confessato le quattro storie che aveva avuto mentre eravamo già sposati.
Il ragazzo mi guardò e mi rivolse un ghigno soddisfatto, molto eccitato dalla situazione ad alta carica erotica che stava vivendo.
Mentre succhiava e insalivava quella mazza poderosa, Ursula mi rivolse con la mano il segno delle corna, gesto che da quel momento in poi le sarebbe divenuto abituale.
Ma la mia carriera da cuckold sottomesso iniziò ufficialmente solo qualche minuto più tardi, quando chiesi al bull il permesso di potermi segare.
«Posso masturbarmi mentre lei scopa mia moglie?» chiesi, inghiottendo saliva a vuoto.
Lui guardò Ursula, che aveva in bocca il suo cazzo, ed entrambi scoppiarono a ridere, tanto che lei quasi soffocò a causa della massa di carne che gliela riempiva.
«Ma sì, divertiti anche tu» concesse lui con una risata, «guarda come la monto. Ti piace, eh, cornuto? Fammi vedere come ti seghi il cazzetto.»
Lo tirai fuori con tanta velocità da apparire probabilmente patetico. Era in piena erezione e Ursula rischiò ancora di soffocare per le risa, probabilmente a causa del confronto impietoso con la dotazione imponente del suo attuale bull, cosa che trovai incredibilmente eccitante.
Mentre mi segavo loro si spostarono in camera da letto, dove iniziò una monta lunga e intensa, di cui non persi un attimo.
«Adesso sei un cornuto!» mi insultò la nuova Ursula dai tratti diabolici. «È quello che volevi, no? D’ora in poi farai invidia ai cervi.»
Il bull la stava sfondando sotto i miei occhi con colpi impressionanti che le strappavano urla di piacere.
Chiesi a entrambi il permesso di guardare da vicino mentre Ursula lo prendeva. Lei e il bull si guardarono, poi si parlarono all’orecchio senza che potessi capire cosa si stessero dicendo, e alla fine me lo concessero.
«Sdraiati per terra» mi ordinò Ursula, «e prendi anche i due cuscini.»
Pensai che fosse gentile a preoccuparsi della mia comodità, ma avrei dovuto capire che non poteva essere quello il motivo. Sdraiato sulla schiena, guardai Ursula mettersi a cavalcioni sulla mia faccia. La testa, sollevata dai voluminosi cuscini in memory foam, venne a trovarsi meno di cinque centimetri dalla fica, che comunque non osavo leccare senza prima aver prima chiesto il permesso.
Carlo si posizionò dietro di lei e la penetrò con sospettai voluta lentezza, perché vedessi tutto perfettamente. Mentre il cazzo inguainato in un preservativo spariva dentro mia moglie centimetro dopo centimetro, mi incantai a guardare l’anello di secrezioni biancastre che si era formato nel punto in cui il lattice sfregava contro la carne tenera delle piccole labbra.
Essere a pochi centimetri dalla fica di mia moglie slargata dalla mazza del bull era uno spettacolo incredibile.
Dicono che in certe situazioni il tempo rallenta. Per me quella volta fu così: mi parve che quella penetrazione durasse minuti, ore, giorni, e provai qualcosa di molto vicino alla felicità.
Poi cominciò la monta. Tenendole le mani sui fianchi cominciò a darle dei colpi violenti, che mi fecero schizzare sulla faccia una pioggia di goccioline dense. Ero a bocca aperta, letteralmente, e sentivo colare sulla lingua il succo sempre più abbondante del piacere di Ursula.
Quando Carlo si sfilò per un attimo la grossa mazza finì sulla mia faccia, e fu allora che capii il perché dei cuscini. Con gesti lenti, il bull me la strofinò sul viso fino a portare la cappella a contatto con le labbra, lasciandovi sopra una scia umida. Non ebbi il coraggio di fare nulla: ero come paralizzato.
«Il cornuto ha avuto quello che voleva» intervenne Ursula, «ora torniamo sul letto che voglio stare comoda.»
Sul letto la monta selvaggia riprese a pieno ritmo e si concluse con quattro orgasmi consecutivi di lei, li avevo contati con invidia, vergogna e folle eccitazione, e una clamorosa sborrata in faccia finale. Passandosi la lingua sulle labbra per leccare lo sperma di cui erano coperte, Ursula mi fece ancora il gesto delle corna. Io ero venuto due volte, schizzando il mio misero carico sul pavimento.
Quando se ne accorse, Ursula mi costrinse a pulire con la lingua, tra le risate sue e del bull.
Dopo il sesso, cominciarono a scambiarsi coccole affettuose come se io non ci fossi. Baci, chiacchiere mormorate all’orecchio, risate soffocate e leccatine sulle labbra. Questo succedeva tre anni fa.
Gli incontri proseguirono per parecchio tempo, anche se non frequentissimi, finché decidemmo di far evolvere la situazione introducendo nel ménage un bull fisso.
La scelta cadde su un suo collega, con l’obiettivo di renderlo partecipe della mia condizione di cornuto consenziente.
Kevin era un 45enne che si teneva in forma con il nuoto e non si faceva mancare nulla in fatto di sesso.
Secondo Ursula, si era scopato tutte le colleghe dell’ufficio e adesso anche lei voleva la sua parte. Aveva sentito dire che a letto era un Dio e voleva verificare di persona.
Il problema, al solito, era come coinvolgerlo. L’occasione capitò durante una cena tra noi tre organizzata da Ursula per parlare di un progetto cui lavoravano entrambi.
Ursula si mise in tiro e riscosse subito un grande successo. Kevin non riusciva a smettere di guardare le generose porzioni di corpo che lei metteva in mostra con classe e impudicizia.
Dopo cena, mentre Ursula rimetteva in ordine in cucina, chiacchierando con lui feci cadere il discorso su mia moglie.
«È bella ma soprattutto molto intelligente» commentò, tenendosi sul vago. «È la vera mente creativa dell’ufficio.»
«Questo è niente» buttai lì, calando l’asso. «Dovrebbe vederla in lingerie.»
«L’ho vista in foto, in costume» rispose, per nulla imbarazzato e con una luce concupiscente nello sguardo. «Ma immagino non sia la stessa cosa.»
Chiamai Ursula e le dissi che il suo collega aveva voglia di vederla in lingerie.
«Voi siete matti» rise lei, prima di sparire nella zona notte.
Io e Kevin continuammo a bere l’amaro senza più parlare, poi Ursula tornò lasciandolo a bocca aperta. In guêpière nera, perizoma rosso, auto reggenti e sandali tacco 12 era semplicemente abbagliante.
«Va bene così?» esordì, mettendosi in posa in mezzo al salotto.
Misi su un po’ di musica che avevo scelto per l’occasione e lo invitai a ballare con lei.
Cominciarono un lento sensualissimo, bacino contro bacino, con Kevin che faticava visibilmente a tenere le mani lontane dal culo sodo di mia moglie.
Quando la musica finì Ursula si girò a guardarmi.
«Lo devo baciare?» mi chiese.
Le feci cenno di sì con la testa e lei gli infilò la lingua in bocca.
Fu un bacio lungo, erotico e dolce. Quando si staccarono, di malavoglia, Kevin mi fissò.
«È sua se vuole» lo incitai. Non se lo fece ripetere due volte. Vedevo il pacco gonfio da scoppiare.
Cominciarono a divorarsi le bocche a vicenda, le lingue intrecciate, finché lei si inginocchiò di fronte a lui e tirò fuori un cazzo di buone dimensioni. Si avventò sull’asta come un animale da preda. Kevin cominciò a gemere e ad ansimare. La bocca di mia moglie era un’idrovora, anche se io non l’avevo mai provata con quell’intensità.
Cominciò così la monta sul nostro letto matrimoniale, dapprima a pecora, con colpi violenti che le fecero ballare le tette come durante una corsa, poi in tante altre posizioni. Per la prima volta Ursula non volle usare il preservativo.
«Dioooo siiiiiiiii» gridò, eccitata come l’avevo vista di rado, dandomi la prova di un coinvolgimento molto più profondo del solito. «Era una vita che volevo questo cazzo!»
Come ormai era mia abitudine, chiesi a Kevin il permesso di potermi masturbare, ma lui me lo negò.
«Per ora guarda e basta» disse tra un colpo e l’altro, con durezza. «Impara come si fa godere una femmina.»
«Vuoi far soffrire il mio cazzetto frocetto?» intervenne ansimando Ursula. «Così glielo farai scoppiare.»
Obbedii, limitandomi a guardare come si faceva mia moglie. Era molto bravo e la stava facendo godere moltissimo.
«Guarda come si scopa, frocio» mi gridò Ursula mentre veniva. «Ora sì che ho dentro un cazzo verooooohhhhh…»
Quasi contemporaneamente anche lui raggiunse l’orgasmo con un grugnito animalesco, riempiendole la fica di sperma.
Io, con il cazzo che scoppiava, fui costretto a guardarli mentre si baciavano durante le coccole post coitali, rilassati e sazi. Non potei fare a meno di notare la crema che colava fuori dal sesso di mia moglie, aperto come un’orchidea.
«Vado a darmi una sciacquata» disse Kevin dopo una decina di minuti. «Poi ricominciamo.»
«Aspetta» lo interruppe lei, guardandomi con un sorrisetto. «Facciamo fare qualcosa anche al cornuto. Dai, coglione, pulisciglielo.»
«Vado a prendere un fazzoletto umidificato» risposi, eccitato da morire per questa evoluzione inaspettata.
«Lascia perdere i fazzoletti» ribatté lei. «Hai già tutto quello che ti serve.»
«Non capisco…»
«Usa la lingua, coglione. Leccaglielo.»
Rimasi di nuovo paralizzato com’era accaduto anni prima con il primo bull. Si trattava di superare un tabù virile ancora più radicato della fedeltà della sposa, profondamente inculcato in ogni maschio italiano fin dalla più tenera età. Prendere in bocca il cazzo di un altro uomo…
«Allora?» mi incalzò Ursula. «So che lo vuoi, frocetto. Sbrigati a leccare quel cazzo, sto perdendo la pazienza.»
Mi avvicinai al letto, da cui mi ero tenuto a debita distanza per non disturbarli mentre scopavano, e mi inginocchiai dal lato in cui di solito dormivo e che ora era riservato all’amante di mia moglie.
Kevin non sembrava affatto sorpreso. Forse la cosa non era nuova per lui quanto lo era per me.
Allungai piano la mano destra e presi delicatamente in mano il cazzo ancora abbastanza turgido nonostante avesse goduto. Era appiccicoso a causa delle abbondantissime secrezioni vaginali di Ursula. La sensazione fu molto diversa da quella che provavo quando prendevo in mano il mio, che era molto più piccolo anche in erezione.
Avvicinai le labbra alla cappella, guardando negli occhi Ursula che aveva un’espressione intensa, rapace.
Tirai fuori la lingua e ne passai la punta sul glande, una, due, tre volte. Sentivo il sapore di Ursula mescolato a quello estraneo di Kevin, che emise un sospiro soddisfatto. Stavo leccando il cazzo di un uomo sotto gli occhi di mia moglie.
«Bravo il mio frocetto» rise Ursula. «Ma puoi fare di meglio. Prendilo tutto in bocca, forza, coglione.»
Obbedii, perché ormai ero il loro balia e non potevo fare altro, ma anche perché volevo farlo. Ero eccitato da morire, più di quanto ricordassi di essere mai stato prima.
Anche molle mi riempì completamente la bocca.
«Ora succhia. Ti ho fatto vedere come si fa» mi incitò lei.
Cominciai a succhiare e quasi subito sentii che Kevin apprezzava e reagiva. Dopo meno di un minuto avevo la cappella dura in gola. Facevo scorrere le labbra sull’asta con un ritmo lento e regolare, dato che la finzione della pulizia aveva ceduto il passo a un vero e proprio pompino. Quando Kevin mi mise la mano sulla testa e mi ficcò tutta l’asta in gola fino soffocarmi venni nei pantaloni senza neanche toccarmi. Fu una vera e propria epifania. Avevo trovato la mia dimensione di cuckold sottomesso e umiliato, ed ero felice.
«Basta così» mi bloccò Ursula. «Vedo che entrambi apprezzate e la cosa diverte anche me, ma quel cazzo è mio. Ora puliscimi la fica che ho voglia di ricominciare a scopare.»
Mi spostai dall’altro lato, con rimpianto perché avrei voluto farlo godere, e cominciai a ripulire la fica di moglie immaginando che quella sborra che ingoiavo mi fosse stata schizzata in bocca dal suo collega e bull.
Grazie alla mia lingua Ursula andò su di giri al punto che, a un certo punto, mi spinse via e si impalò sul cazzo ora durissimo di Kevin, duro grazie alla mia lingua, pensai non senza orgoglio, e iniziò una lunga cavalcata feroce.
Quella prima volta scoparono tutta la notte come animali in calore. Io dormii disteso per terra accanto al letto, ripulendoli ogni volta che me lo chiedevano.
Questo succedeva un anno fa.
Da quel momento in poi Ursula divenne a tutti gli effetti la donna di Kevin, sia in casa che fuori. In un paio di occasioni la scopò insieme a un suo amico, in un’altra le ruppe il culo, sempre insultandomi e chiamandomi frocio, cazzetto e coglione.
L’ultimo gradino della scala dell’umiliazione lo discesi qualche mese fa.
Dopo la monta, come al solito avevo ripulito il cazzo di Kevin prima di fare un bidet con la lingua anche a Ursula. Contrariamente al solito avevano bevuto entrambi tantissimo, anche se non faceva caldo. Avrei scoperto presto perché.
Lei si era messa in piedi nella doccia mentre io, in ginocchio, la ripulivo ingoiando la sborra del suo bull.
D’un tratto, alzando lo sguardo, vidi Ursula sorridere mentre cominciavo a sentire un calore umido sul collo e sulla schiena: Kevin mi stava pisciando addosso.
Quasi contemporaneamente, mia moglie mi pisciò a sua volta nella bocca, che era praticamente incollata alla fica. Il liquido mi finì in gola e io lo ingoiai. Sembrava non finire mai. Era aspra e caldissima.
«Bevi, coglione» mi ordinò lei. «Manda giù tutto.»
Entrambi scoppiarono a ridere e io venni nei pantaloni del pigiama fradici.
Mi impedirono di lavarmi e cambiarmi, per cui rimasi bagnato finché il pigiama non mi si asciugò addosso. Puzzavo come un bagno pubblico ed ero felice. Fu meraviglioso.
Diventare la loro latrina aggiunse un altro tassello al mio personale paradiso terrestre, tanto che arrivai a implorarli di pisciarmi addosso anche quando andammo al mare quell’estate. Fecero di meglio: sparsero la voce e alla fine ricevetti in faccia una decina di pisciate, compresa quella di una ragazza diciottenne che aveva perso la testa per Kevin, la quale, eccitata dall’essere osservata e incitata dagli altri, mentre mi affogava ebbe un orgasmo tremendo grazie alla semplice pressione delle dita sul clitoride.
So che alla maggior parte di voi la mia storia sembrerà una discesa all’inferno, ma non è così, perché io sono un cuckold e questa è la vita che ho scelto.
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