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Lui & Lei

Erotico Carnevale


di Membro VIP di Annunci69.it GiocoConTeXXX
04.02.2021    |    5.755    |    9 9.4
"Quando fu accontentato, la vista di quel sottilissimo perizoma che li separava lo mandò in estati..."
Il treno viaggiava a una velocità leggermente inferiore mentre lasciava la terraferma e percorreva ponte della Libertà, scivolando dolcemente sul binario. Seduta al suo posto finestrino e cullata dal lento avanzare del treno, Gina conosceva bene la sensazione di galleggiare quasi a pelo sull’acqua che di colpo affiancava la strada e i binari. Non era certo la prima volta, eppure non poteva staccare gli occhi dalle acque calme della laguna che riverberavano un pallido e gelido sole, trafitte di tanto in tanto dalle tipiche briccole. In lontananza, si stagliava lei. La città unica al mondo. Venezia.
Tutti i suoi compagni di viaggio, per lo più evidenti turisti con abbigliamento comodo e zainetto sulle ginocchia, condividevano la stessa meraviglia nell’osservare il celeberrimo campanile farsi sempre più vicino, stentando quasi a credere di essere finalmente approdati nella città famosa in tutto il globo e per la quale avevano attraversato svariati fusi orari seduti su stretti seggiolini.
Questi turisti mordi e fuggi le facevano pena perché sapeva che la loro gitarella diurna sarebbe stata semplicemente un’interminabile camminata interrotta solo per il rapido panino, furbescamente comprato alla stazione di Marghera, seduti sul gradino di qualche ponte. Non avrebbero colto che appena un lieve sentore di che cosa fosse Venezia, nella migliore delle ipotesi. Nella peggiore, si sarebbe tradotta in un asettico susseguirsi di ponti, palazzi, selfie e maschere. Sì, maschere. Era una mattina di febbraio, periodo del famoso carnevale.
Gina si ricordò improvvisamente perché era lì, anche lei quella sera partecipava al suo primo ballo in maschera. Forse definirlo ballo in maschera era un po’ riduttivo, ma cerco di non pensarci in quel frangente. Era entusiasta, impaziente, elettrica e intimorita allo stesso tempo e si chiese se qualcuno potesse leggerle in viso quel tramestio di emozioni.
Scese dal treno quasi senza accorgersene, tutta immersa nell’organizzare mentalmente la quanto mai insolita esperienza che si apprestava a vivere. Come ci si era ritrovata in quella situazione? Era partito tutto dai messaggi scambiati con lui. Feeling, simpatia, intesa mentale e poi una proposta. Aveva accettato, di pancia. Ora, proprio ora mentre calpestava il suolo di Venezia, stava razionalizzando che cosa aveva accettato.
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto quando scese tutti i gradini della stazione e si ritrovò sul piazzale. Fece un sospiro di bellezza. Per quanto Santa Lucia non fosse il miglior punto panoramico e per quanto conoscesse quel luogo, non poté non bloccarsi un momento lì in mezzo come una turista qualunque. Come sempre, come tutte le volte. Non si è mai davvero pronti a rivedere Venezia senza restarne incantati.
Rivederla le faceva ancora più effetto quella volta, non riusciva a credere a quello che stava per fare.
Mentre si avviava verso il cuore della città, si chiedeva se era pronta ad andare fino in fondo o se sarebbe stato meglio girarsi seduta stante e salire di corsa su un treno in direzione opposta. Cercava di calmare il turbinio di sensazioni e pensieri contrastanti, con scarsi risultati. Venezia non la aiutava, anzi. La sua bellezza avrebbe dovuto tranquillizzarla, ma la città palpitava, vibrava per l’atmosfera vivace e scanzonata del carnevale e Gina percepiva e assorbiva inconsciamente questa adrenalina che fluttuava nell’aria.
Era un giorno feriale, la città fortunatamente non era invasa di persone e Gina poteva camminare quasi meccanicamente, senza dover fare troppa attenzione ai turisti e totalmente immersa nei suoi pensieri.
Le venne in mente che conosceva un buon “bacaro” da quelle parti e decise che un autentico spritz veneziano era ciò di cui aveva bisogno. Lentamente sentì allentare l’incertezza e i dubbi e lasciò che l’aperitivo facesse il suo corso, infondendo una vivace curiosità ed eccitazione per l’avventura che stava per vivere.
Pensò a lui. Aveva voglia di scrivergli, di stuzzicarlo con un messaggio per capire come stava vivendo quei momenti, ma il patto che avevano fatto era chiaro. Si sarebbero sentiti solo alle 20.30 precise, per informarsi reciprocamente che erano pronti e per incontrarsi all’ingresso del bed & breakfast.
Gina finì lo spritz e si rimise in cammino per raggiungere il bed & breakfast a sestiere San Polo, passando tra adorabili campielli e perdendosi ogni tanto in calli che finivano in acqua, nonostante l’aiuto di Google Maps.
Fece il check-in sola, era l’unica cliente in reception in quel momento. Ebbe la tentazione di chiedere al gestore se un certo Ivano si fosse già registrato, ma resistì e salì in camera sbirciando furtivamente qua e là. Fu una sosta breve solo per prendere possesso della stanza e tornò tra le calli poco dopo, doveva andare a ritirare il costume noleggiato.
Era eccitatissima quando arrivò alla prestigiosa bottega artigiana che confeziona vestiti di carnevale da generazioni. Troppe volte era passata davanti a quelle splendide vetrine desiderando di rivivere per una notte la Venezia settecentesca di Casanova con i suoi intrighi, gli abiti suntuosi e sfarzosi, l’atmosfera di seduzione e il gusto del proibito. Immaginava i peccaminosi piaceri celati tra gli angoli bui delle calli nebbiose, le camere dei nobili palazzi affacciati sul Canal Grande ricche di segreti tra le lenzuola e le fughe notturne in gondola di amanti circospetti e furtivi, pronti a rischiare tutto per soddisfare le loro brame carnali.
Un brivido di eccitazione la attraversò. Aveva sempre catalogato tutto questo come una fantasia, giocosa e irrealizzabile, fino a che un perfetto sconosciuto mai incontrato prima, le confidò di subirne lo stesso fascino. Si ritrovarono in modo del tutto naturale a sfiorare questa fantasia comune restandone all’inizio un po’ sedotti e un po’ sorpresi, poi man mano nei loro scambi di messaggi si addentrarono sempre più nel ricrearne dettagli. Quando vagavano mentalmente per la città, ciascuno da dietro lo schermo del proprio telefono, si descrivevano a vicenda le immagini cariche di eros e i desideri nascosti, senza pregiudizi, e la fantasia di uno sollecitava e accendeva quella dell’altro. Così finivano spesso per incontrarsi in questi flash onirici, lasciandosi trasportare dalle loro menti, fondendo seduzione e intrigo ed entrando uno dentro ai desideri narrativi e carnali dell’altro.
Fino a quel momento non era stato che un gioco. Solo quando Gina entrò nella bottega di costumi e vide le brillanti stoffe colorate, i pizzi sofisticati, gli ampi cappelli con piuma e le superbe maschere, percepì che da questa pazzia non si tornava indietro.

L’abito che aveva scelto era composto da un corpetto senza maniche che fasciava e sottolineava la sua vita sottile, da cui partiva una gonna ampia ma non eccessivamente pomposa, lunga fino a terra. Il tessuto del corpetto era un elegante broccato che sulla gonna diventava più liscio e minimale, alleggerendo la suntuosità del vestito. Aveva scelto il rosso porpora con ricami neri e un solo accessorio, dei guantini neri di pizzo. Sopra avrebbe indossato una giacchina abbinata al corpetto, che lasciava ampiamente scoperto il collo e faceva il suo meglio per proteggere Gina dall’umidità pungente della nebbiolina che verso sera molto probabilmente sarebbe calata sulla laguna.
La maschera, invece, non aveva avuto bisogno di noleggiarla, ne possedeva una comprata qualche anno prima per sfizio. Era fatta a mano in cartapesta e di forma asimmetrica cosicché non tutto il viso era coperto, lasciando spazio all’immaginazione di ricostruire il volto di Gina.

Si era fatto pomeriggio e sulla strada di ritorno al b&b si iniziavano a incontrare le prime maschere e prendeva vita una Venezia d’altri tempi, in un’atmosfera elettrica e birichina, in cui il confine tra realtà e gioco si dissolveva man mano che ci si lasciava trasportare nel fascino del carnevale.

Attraversando un campiello, incontrò una piccola esposizione di abiti settecenteschi di rinomati atelier. I suoi occhi furono catturati da un mantello di velluto rosso scuro lungo fino ai piedi e, come tutte le donne, non poté resistere alla vanità femminile né alle lusinghe del commerciante di provarlo. Un flash le passò davanti agli occhi: si immaginò entrare nella sala del ballo avvolta con quello splendido soprabito e liberarsene sensualmente, con un gesto semplice ma volto a catturare l’attenzione. L’esibizionismo ebbe il sopravvento sulla ragione, lo comprò nonostante costasse una fortuna, ma senza alcun rimpianto.

Arrivata in camera, mentre iniziava i preparativi di trucco e parrucco dopo la doccia bollente, i suoi pensieri si spostarono proprio sul ballo, che non era esattamente quello ufficiale del carnevale né uno dei tanti altri pubblicizzati. Era di quelli riservati e senza locandina, a cui si arriva con un passaparola discreto e con accesso solo se presenti in lista. La serata iniziava alle 21 in un antico palazzo privato con splendido affaccio su un rio, consentite solo ed esclusivamente coppie, con dress code mascherato obbligatorio e possibilità di accedere a un ulteriore ambiente ancora più esclusivo.
Anche in questo caso l’immaginazione di Gina provava a prefigurasi qualche scena, in un’attesa sempre più crescente e febbrile, mentre infilava la biancheria di pizzo nero, comprata anch’essa per l’occasione. L’aveva scelta con una cura maniacale, voleva essere perfetta. Il reggiseno sotto al bustino avrebbe evidenziato il décolleté, mentre lo slip era poco più che un intreccio di pizzi che confluivano in un sottilissimo filo, insinuandosi in mezzo ai suoi glutei. Il reggicalze stretto in vita intrappolava delle autoreggenti quasi impalpabili che, assieme alle scarpe con cinturino alla caviglia e tacco alto, risaltavano la forma delle sue gambe.
Si infilò, infine, l’abito, i guantini e guardò l’ora. Come da accordi, mandò un messaggio a Ivano.
“Fra 5 minuti scendo”.
La risposta arrivò quasi subito.
“Perfetto”.
Dallo stomaco le salirono mille emozioni tutte insieme: aspettativa, eccitazione, nervosismo, impazienza e una inspiegabile sicurezza che la serata sarebbe andata come se l’erano tante volte immaginata.
Si allacciò la maschera dietro la nuca, si annodò il mantello al collo e si guardò un’ultima volta allo specchio. Perfino l’immobile maschera sembrò sorridere.

Scese con attenzione le scricchiolanti scale dell’edificio, uscì e nella piccola piazzetta illuminata finalmente si incontrarono per la prima volta.
Ivano indossava un abito da nobile gentiluomo con una lunga giacca nera di velluto decorata ai polsi e lungo la linea dei bottoni sui toni del grigio perla, con un risultato molto elegante. Portava una maschera che gli copriva integralmente il viso, con ipnotici motivi barocchi color argento sulla parte superiore, mentre mento e due splendide labbra parevano scolpite nel marmo.
Si avvicinò così tanto a Gina che quando si fermò di fronte fu quasi intimorita dal suo fare deciso. Si tolse la maschera.
“Ciao… finalmente”.
Gina era pressoché impietrita, non sapeva distinguere quale emozione la dominasse in quel momento.
Senza attendere, Ivano fece scivolare via la sua maschera sfilandola verso l’alto e scoprendole il viso. Un secondo dopo la stava baciando.
Ogni tensione si sciolse quando le labbra si toccarono, era da troppo che aspettavano quel bacio. Durò appena qualche secondo, appoggiandosi solo le labbra quasi come per riconoscersi, per confermarsi che sì, erano proprio loro.
Gina gli sorrise. “Ciao”.
Una pausa.
“Non ci posso credere che siamo veramente qua”.
“Sei bellissima”.
Dopo pochi minuti lei gli prese il braccio e si avviarono verso il palazzo della festa, nel sestiere San Marco, passeggiando senza fretta e immergendosi totalmente nell’atmosfera del carnevale. La conversazione venne spontanea e naturale, di fatto si conoscevano senza conoscersi.
Nella parte di città in cui si trovavano vi era un solo ponte per passare da un sestiere all’altro, ponte di Rialto. Lo attraversarono con un’indefinita sensazione di bellezza, eccitazione e febbrile attesa che li accompagnava da quando si erano incontrati poco prima e che non accennava a dileguarsi. Sulla sommità del ponte si fermarono istintivamente. Si tolsero le maschere e guardandosi capirono subito che la piacevole compagnia dell’altro si stava trasformando in un istinto più carnale e primitivo. Le immagini calde e sensuali che si erano scambiati fino ad allora tornarono alla mente di entrambi come un vortice, esaltati dall’essere finalmente i protagonisti di quel piccolo erotico sogno nel cassetto. Si sentirono per un momento come Casanova e la preferita delle sue amanti, appoggiati al parapetto di un’altra epoca che riviveva in quelle ore di follia e sregolatezza carnevalesca. Tutto sarebbe stato concesso, la maschera dilatava la realtà rendendo possibile l’assurdo e questa consapevolezza era pura adrenalina.
“Dammi un bacio”.
Le lingue bollenti si avvinghiarono, incuranti di finire nella galleria fotografica di chissà quanti smartphone. Ivano la prese per i fianchi, l’attirò con decisione a sé e nonostante i tessuti pesanti e il freddo invernale sentirono entrambi il calore dei loro corpi, scatenando uno sguardo di fuoco. Gina socchiuse leggermente le labbra, Ivano non poté non ipnotizzarsi osservandole e desiderandole terribilmente. Lei se ne accorse e si morse dolcemente il lato sinistro del labbro inferiore per stuzzicarlo ancora di più. Si ritrovò ancora con la lingua di lui in bocca e ricambiò, soddisfatta della provocazione.

Arrivarono al ballo ancora galvanizzati dalla scarica di piacere che li aveva percorsi. L’ingresso dell’elegante residenza d’epoca dall’esterno non lasciava trasparire nulla, ma una volta varcata la soglia entrarono in una dimensione parallela. Il tempo si era fermato al 1700. Un’anticamera adornata da alte colonne ai lati e illuminata soffusamente di rosso conduceva alla porta del salone principale. Erano soli, fatta eccezione per un discreto paggio che aveva il compito di prendere i loro soprabiti e aprire la porta di quel mondo che avrebbe lasciato, ne erano certi, un ricordo indelebile nella loro vita.
Ivano si girò verso Gina e la spogliò del mantello sciogliendo il nodo sul suo petto, sfiorandole volutamente la pelle con un tocco malizioso e fissandola dritta negli occhi, con uno sguardo talmente intenso che la trafisse. Aveva un’espressione sicura di sé e felina, che si accentuò ancora di più quando la vide sfilarsi anche il giacchino e poté guardarla con quel vestito, fino ad allora solo intravisto, che le imprigionava le forme in modo audace ed elegante al tempo stesso. Lo sguardo di Ivano si posava lungo tutto il suo corpo, era senza parole e dai suoi occhi Gina intuì facilmente che lo stupore lasciava piano piano spazio a un desiderio crescente. Non si sentì in imbarazzo nemmeno per un secondo, al contrario fu talmente appagata nel piacergli al punto che lo fissò di rimando con aria di dolce sfida. Gli stava chiedendo implicitamente: “Mi vuoi?”
Il salone era grande e magnificamente decorato come richiedeva la situazione. Dalle grandi vetrate si intuivano le stanze del palazzo di fronte separato dal rio e dalla nebbiolina che aleggiava, le pareti erano affrescate e i grandi lampadari in vetro di Murano, estremamente scenografici, dovevano valere da soli una fortuna. Emanavano una luce calda e soffusa, che si intrecciava con quella dei candelabri disseminati pressoché ovunque sugli alti tavolini in ferro battuto, abbelliti da un motivo floreale che si arrampicava sullo stelo portante. Sorreggevano piatti da portata in ceramica dipinta a mano, con golose stuzzicherie perfettamente impiattate e disposte su tovaglie dalla mise en place perfetta, intervallate da bouquet di fiori e calici.
Tra gli arredi curatissimi si muovevano sinuose circa 300 maschere, con abiti suntuosi e colorati, ricercati in ogni minimo dettaglio e con una grazia che parevano non essere reali. Il tripudio di bellezza lasciò Gina e Ivano per un attimo incapaci di avanzare nel salone, restarono ad ammirare il loro piccolo sogno nel cassetto che prendeva vita.
Si scambiarono un sorriso e si avviarono ad esplorare il salone. Le maschere si osservavano con curiosità, senza invadenza, alla ricerca di complicità o di uno sguardo particolare. Ogni coppia studiava con discrezione le altre e si instauravano piacevoli conversazioni, mentre i camerieri passavano a riempire i calici e offrire finger food da lunghi vassoi.
Iniziò la musica e con essa il vortice di ampie gonne ondeggianti, cappelli, piume e colori che si confondevano gli uni con gli altri, visi e maschere che ora apparivano e ora sparivano a seconda del ritmo. Performance di artisti circensi visionari e danzatrici in costumi sensuali permettevano di tanto in tanto di riprendere fiato e le maschere femminili approfittavano per sussurrarsi qualcosa all’orecchio, intrecciando la trama libertina del prosieguo.
Gina e Ivano erano totalmente immersi nell’atmosfera, si stuzzicavano maliziosamente con gli occhi e con il corpo e tradivano quella fame carnale di chi ha un bisogno ancestrale di scoprirsi ed esplorarsi senza freni. In un picco di voluttà, che non tentarono nemmeno di nascondere, si allontanarono dal centro del salone e finirono lei spalle contro gli affreschi e lui che le stringeva i fianchi spingendole contro il suo corpo, maledicendo tutti quegli abiti complicati. Le lingue si intrecciarono con foga togliendosi il respiro. Lei piegò il collo di lato con un gemito e lui non si fece scappare quell’invito. Scese con la bocca e con la lingua sul collo, tormentandolo con piccoli morsi e risucchi che la fecero sussultare. Gli teneva la tesa fra le mani per non farlo smettere, premendo il bacino contro di lui. Si sbranavano con gli occhi e con la bocca e i respiri si facevano più profondi.
Si staccarono e capirono tacitamente che era il momento. Si diressero verso un altro piccolo corridoio, in cui avevano visto sgattaiolare già svariate coppie, e al termine un pesante tendaggio di velluto rosso proteggeva una porta. Un’eccitazione alle stelle li percorreva lungo tutta la spina dorsale.
“Andiamo?” le chiese Ivano con la stessa espressione di desiderio con cui l’aveva spogliata del mantello.
“Andiamo” rispose Gina con la stessa bruciante voglia che stava per esplodere all’idea di ciò che li attendeva.
La prese per mano e oltrepassarono la porta.
Entrarono in una piccola stanza illuminata sommessamente di rosso come il primo corridoio che avevano percorso, ma più buia e più calda. La prima percezione che li colse fu il dolce profumo di olio per massaggi, mentre gli occhi provavano a distinguere le figure reali dalle statue orgiastiche e dalle colonne. Quattro grandi letti a baldacchino, uno per parete, arredavano la stanza assieme a dei divanetti, da cui provenivano gemiti e ansimi soffocati. Si addentrarono e fu come scivolare negli inferi del piacere.
Videro una donna appoggiata con le mani a una delle colonne, piegata quasi a novanta. Indossava solo il bustino e il reggicalze con lo slip abbassato alle ginocchia, l’uomo che la prendeva da dietro aveva soltanto la maschera.
Poco più in là un uomo di spalle abbracciava letteralmente un’altra colonna e solo passandogli accanto videro i suoi polsi legati e il viso premuto contro il granito. La camicia con i pizzi sbottonata si tirava quando i suoi muscoli si irrigidivano per effetto delle frustate, che la sua donna non gli risparmiava. L’intimo nero aggressivo, i tacchi altissimi e la maschera dall’espressione glaciale, con lunghe piume nere la rendevano sexy e autoritaria al tempo stesso, mentre lo schiocco della frusta contro la pelle infiammava visibilmente l’atmosfera tutto intorno.
Su uno dei letti due donne si baciavano appassionatamente. Una era completamente nuda a parte le autoreggenti che le scolpivano le gambe, con lunghi capelli ricci che si appoggiavano e avvolgevano il viso dell’amica ogni volta che le succhiava le labbra. L’altra veniva a mano a mano spogliata da uno dei due partner, impossibile stabilire se fosse il suo o meno. L’uomo, dietro di lei, le fece scivolare via il corpetto liberando un seno bellissimo e rotondo, che prese immediatamente tra le mani. Voleva sentirlo gonfiarsi nei suoi palmi mentre le donne si baciavano e accarezzavano, toccando quei capezzoli che si eccitavano sempre più. La riccia scivolò con la bocca e la lingua lungo tutto il corpo dell’amica e si immerse tra le cosce leccandola per lunghi minuti, mentre l’altra inarcò profondamente la schiena. Completamente in trance per il piacere, aprì istintivamente la bocca e iniziò a leccare entrambi gli uomini che si erano posizionati in ginocchio dietro la sua testa. Alternava bocca e lingua, passando da uno all’altro senza mai fermarsi se non per emettere un gemito di piacere. Ciascun uomo, mentre aspettava il suo turno, si toccava con la mano per tenere a bada quegli istanti di attesa che lo separavano dal poter essere nuovamente risucchiato fino in gola. A quel punto i muscoli dei loro glutei si irrigidivano spingendo tutta la loro erezione nella bocca di lei.
Tutto intorno, i presenti osservavano con occhi folli di voglia e lussuria e i respiri si facevano corti. L’aria era satura di eros, calore e voglia di qualunque cosa potesse procurare piacere.
Gina e Ivano si muovevano piano, assaporando queste e altre scene. Mentre percepivano gli orgasmi altrui fatti di sguardi stravolti, corpi avvinghiati e gemiti a volte profondi e a volte soffocati, si sentivano sempre più penetrare da un irrefrenabile desiderio di starsi addosso, di lasciarsi andare, di vivere tutto quello per cui erano arrivati fino a qui. Si cercavano con il corpo, mentre ai lati di un altro letto intravidero un groviglio di corpi maschili e femminili, fusi insieme da un incontenibile desiderio.
Gina dava le spalle a Ivano, premeva contro di lui i suoi glutei e iniziò a strusciarsi piano. Gli si premette contro con decisione e allargò leggermente le gambe. Quell’aprirsi a lui mandò in visibilio Ivano e lei percepì distintamente la sua immediata reazione tra le gambe. Lo stava portando al limite, come se la situazione già non stesse mettendo a dura prova il suo autocontrollo. Le avrebbe strappato i vestiti in quel momento esatto, ma si dominò aspettando che fosse lei a decidere quando sarebbero potuti esplodere insieme.
Gina si girò e lo fissò, le si leggeva in faccia che stava perdendo ogni freno.
Senza dire né pensare nulla, ma semplicemente guidata dall’istinto animale, lo allontanò spingendolo verso l’unico letto libero in quel momento. Sempre di spalle a lui, iniziò a togliersi la gonna che fino a quel momento era stato un impedimento tra loro due, facendola scivolare giù lungo i fianchi e indugiando di proposito. Si sentiva lo sguardo di lui incollato addosso e voleva prolungare quella dolce tortura. Ivano la osservava con una voglia disperata, la gola secca e il bisogno di strizzarle quei glutei non appena li avrebbe visti lì, esposti e nudi. Quando fu accontentato, la vista di quel sottilissimo perizoma che li separava lo mandò in estati. Gina si piegò leggermente in avanti, esponendo ancora di più il suo lato B e invitandolo a raggiungerla. Ivano la avvinghiò da dietro con una decisione tale che Gina fu nuovamente soddisfatta della sua provocazione. Voleva che la desiderasse, voleva che il cervello di lui non riuscisse a pensare a nient’altro che farla sua.
Ivano le morse il lato destro del collo e le mani risalirono il bustino dai fianchi al seno, che riuscì finalmente a liberare. Con il petto incollato alla schiena di lei, giocò avidamente con quei capezzoli che aveva così tanto immaginato imprigionati nel corpetto. Li voleva toccare da quando, sciogliendole il nodo del mantello qualche ora prima, aveva sfiorato maliziosamente il suo décolleté. Ora finalmente li stringeva, li sentiva vogliosi. Con una mano continuò a pizzicarli, l’altra la staccò per portarla sulle labbra di lei e infilarle un dito in bocca. Gina lo prese tra le labbra come se lo stesse aspettando e lo succhiò completamente. Ivano capì.
Staccò la mano dal suo senso gonfio e la portò tra le sue cosce. Non fece in tempo ad appoggiarsi che sentì quanto fosse calda e bagnata già da quel minuscolo triangolino di stoffa. Lo scostò con una tale facilità come se non esistesse, nulla poteva fermarlo dalla volontà di toccarla e sentire quanto fosse eccitata. Gli ribollì il sangue nel cervello, e non solo, al contatto tra le sue dita e gli umori di lei.
Gina divaricò leggermente la gamba destra premendo quel suo bel culo contro l’erezione di lui e gli fece spazio. Un dito scivolò dentro di lei provocando un intenso piacere che dalla nuca si irradiò lungo tutto il corpo di entrambi e Gina si lasciò sfuggire un gemito, che attirò l’attenzione di una coppia lì accanto.
Per qualche momento Gina e Ivano, lusingati e attratti al tempo stesso dall’interesse che avevano suscitato, diedero un piccolo spettacolo delle loro erotiche effusioni, aumentando ancora di più la loro stessa eccitazione e quella della coppia.
Dovevano essere entrati da poco poiché indossavano ancora i costumi e le maschere, ma sembravano tutt’altro che spaesati. Lei si mise di fronte a Gina e Ivano divenne più discreto nelle carezze per far sì che potessero interagire. Si lasciò sfilare la maschera e apparve una bella ragazza, più o meno della stessa età. Si avvicinò all’orecchio di Gina.
“Vi va di giocare con noi?”
Era così vicina che anche Ivano sentì la proposta e vide la testa di Gina fare cenno di sì.
Si avviarono tutti e quattro sul letto, mentre i nuovi amici lasciavano cadere pezzo dopo pezzo i loro vestiti a terra. Le due donne si scambiarono dei baci e delle carezze, sorridendosi e di tanto in tanto osservando i visi dei rispettivi partner. Giocarono come due gatte, senza mai perdere di vista il loro piacere e quello dei maschietti che le osservavano pazientemente, ciascuno dando forma mentalmente a incastri e posizioni che li facevano fremere.
Gina sapeva che cosa voleva Ivano, cosa lo avrebbe fatto impazzire.
Gli uomini furono invitati a prendere parte ai giochi. Gina attirò a sé Ivano e lo bacio con passione, le loro labbra e le lingue trasmettevano un desiderio indomabile, che si infiammava a vicenda. I loro nuovi amici fecero altrettanto, una sorta di tacito accordo prima di trasgredire a qualunque regola.
Gina si staccò da Ivano per concentrarsi sul lui di coppia. Lo fissò con sguardo felino e, dopo una rapida occhiata languida a lei, lo baciò. Gli prese le mani e le accompagnò sul suo corpo, guidandolo. Vide il suo desiderio crescere, il desiderio di possedere un’altra donna sotto gli occhi della propria. Lei, nel frattempo, si avvicinò a Ivano accarezzandogli le spalle e sfiorandogli la schiena con le unghie, in una sorta di ipnotico massaggio. Il lui di coppia invitò Gina a girarsi mettendosi a quattro zampe così da poter vedere l’altra coppia, mentre lui si mise dietro di lei, attirato da quel filo interdentale e dal reggicalze che Gina indossava, osservando a sua volta la propria compagna. Le baciò i glutei, li morse, li leccò e la sculacciò nel momento esatto in cui la sua donna baciò Ivano. Erano senza pudori e trascinarono Gina e Ivano in questo vortice. La lei di coppia si dedicò a Ivano, lanciando di tanto in tanto occhiate al suo uomo e a Gina. Era dolce e sensuale al tempo stesso, tanto che Gina provò una punta a metà tra il fastidio e la gelosia quando lo baciò.
Si irrigidì involontariamente e il lui di coppia se ne accorse. Con dolce fermezza riportò Gina in quel piacevole gioco e spostandole il perizoma la sfiorò con la lingua. Gina ebbe un brivido. Ansimò. Dimenticò l’amarezza di quel bacio traditore di Ivano e lo guardò con aria di sfida, decisa finalmente a lasciare andare ogni condizionamento e a giocare senza nessuna regola che non fosse il piacere di tutti.
Eccitata dalla situazione, mosse il bacino per stuzzicare il suo nuovo amico senza staccare per un secondo gli occhi da Ivano. Vide la sua espressione farsi selvaggia, la implorava silenziosamente di non fermarsi, di realizzare quella fantasia che gli faceva pulsare la sua erezione. Ivano si inginocchiò davanti a lei cosicché Gina si trovò tra i due maschietti, mentre l’altra lei si spostò dietro la schiena di Ivano, mordendogli il collo e abbracciandolo da dietro mentre con una mano lo accarezzava stringendo la sua erezione.
Gina inarcò la schiena e a sua volta andò a cercare la grossa erezione del suo nuovo amico strusciando le sue grandi labbra, totalmente depilate, bollenti e bagnate. Sentì spostare nuovamente a lato il perizoma e nel momento esatto in cui si sentì penetrare, completamente e pienamente, fissò Ivano come solo il demonio avrebbe potuto fare. La scarica di eccitazione fu travolgente.
Gina ebbe appena la forza per sollevare la testa chiedendo un bacio a Ivano. Lui tardò un attimo per poter guardare gli occhi di Gina stravolti dall’appagamento, le labbra socchiuse da cui uscì un gemito e che finirono per mordersi di piacere. Tutto il suo corpo vibrava e Ivano perse ogni logica quando le infilò la lingua in bocca e percepì quanto stava godendo. Riusciva a sentire ogni gemito soffocare nella sua bocca e le succhiava la lingua con foga per non perderne nessuno. Gina, in mezzo ai due, si sentiva travolta da un piacere mai provato prima che alimentava ancora di più la voglia, quasi il bisogno, di sentire come uno la sbatteva e come l’altro godesse di questo. Voleva portare Ivano al culmine più alto, voleva soddisfare se stessa per soddisfare lui in un vortice bulimico di eros e lussuria.
E in questa ebbrezza di voglie bollenti, lingue infuocate e passione senza freni che anestetizzava il cervello di Gina e Ivano, comparve davanti ai loro occhi un’immagine. Un’immagine onirica, felliniana che passò nella mente di entrambi nell’apice più alto di quella fantasia che li aveva uniti e condotti fino a lì. Sognarono letteralmente ad occhi aperti Casanova e la preferita delle sue amanti avanzare e unirsi a loro in quell’estasi dei sensi, in quel turbinio di sensazioni, umori, sospiri e gemiti, in quell’erotico carnevale di Venezia.
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