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Lui & Lei

Il compito di italiano - prima parte


di RaccontiDiEnea
19.04.2022    |    461    |    1 8.0
"Tra le tante vetrine che aveva visto quella di un negozio di intimo attrasse la sua attenzione..."
Possono le parole essere in grado di fare perdere la testa ad una donna? La risposta la troverete nel racconto che segue in cui Maira, giovane insegnante di italiano si invaghisce dello studente migliore della sua classe.
N.B. I protagonisti del racconto si intendono maggiorenni e consenzienti

Era un tardo pomeriggio di dicembre. La luce di una lampada da tavolo spandeva luce soffusa nella sala professori di un liceo di periferia.
A terra, nella stanza, numerosi fogli di carta protocollo, un portapenne di legno rotto per la caduta dal tavolo su cui era posato pochi istanti prima e numerose penne di diversi colori sparse per il pavimento. Uno scricchiolio ritmato accompagnava il movimento del tavolo che continuava a dondolare e a muoversi sui piedi divenuti ormai traballanti.

Il suono di due respiri affannosi accompagnava lo scricchiolio. Sul tavolo a gambe spalancate c'era Maira, giovane insegnante di Italiano. Aveva la minigonna arrotolata sulla pancia, la camicetta semisbottonata, i capelli biondi sciolti sulle spalle, spettinati, la stoffa delle mutandine di lato per facilitare la penetrazione. Teneva gli occhi chiusi Maira, mentre il suo giovane alunno Paolo tra le sue gambe era intento a scoparla con ardore. Aveva ceduto alla tentazione e al fascino di quello che tutti consideravano un bravo ragazzo, le erano bastati pochi istanti per perdere il controllo e farsi sopraffare da quel giovane corpo desideroso di possederla con foga. Adesso Maira non poteva far altro che godere dei potenti colpi di Paolo che, oltre a scuotere il tavolino traballante, agitavano e scombussolavano il suo corpo. Lo teneva stretto a se, tra le sue gambe, tra le sue braccia, baciandolo con perversa passione, agitando la lingua nella sua bocca e cercando di soffocare con quel bacio appassionato gli incontenibili gemiti che il giovane le causava ad ogni affondo del suo sesso in lei.

Tutto era iniziato la mattina del giorno precedente.
Era il giorno di riposo di Maira e lei, dopo essersi alzata ed aver preparato la colazione per la sua famiglia, stava sorseggiando un caffè tenendo in mano il foglio di carta protocollo che Paolo le aveva consegnato qualche giorno prima. Lo aveva lasciato come ultimo elaborato da correggere di proposito. Paolo era il suo alunno favorito, un piccolo scrittore in erba che, malgrado la giovane età, riusciva a coinvolgerla con quello che scriveva. Il tema che aveva dato quel giorno riguardava le crociate, aveva chiesto ai ragazzi di esprimere la loro opinione sui vari aspetti delle guerre che avevano sconvolto Gerusalemme per anni. Moriva dalla curiosità di leggere cosa avesse scritto Paolo a proposito: era un tipo molto intelligente e perspicace, l'aspettativa di Maira era molto alta. Decise di aspettare che marito e figli uscissero prima di darsi alla lettura.

Appena rimase sola si buttò sul divano col sorriso che una ragazzina ha dopo aver comprato l'ultimo numero della propria rivista preferita. Rimase delusa nel vedere che il tema di Paolo iniziava con "Cara Maira". Non si perse d'animo e continuò a leggere, sebbene sapesse che avrebbe dovuto dare un cattivo voto a Paolo per essere uscito fuori tema. Man mano che le parole scorrevano sotto i suoi occhi, Maira si rendeva conto che Paolo le aveva scritto una confessione. Aveva iniziato con i sentimenti che provava per lei passando poi alle sensazioni che provocava in lui durante le lezioni. Passava poi a descrivere momenti precisi della giornata in cui l'eccitazione di Paolo si tramutava in desiderio carnale come quando con innocenza si sedeva sul suo banco per cercare di coinvolgere i ragazzi scendendo dalla cattedra, o quando Paolo guardando attraverso le aperture della cattedra rimaneva imbambolato a fissarle le gambe e la minigonna. Più andava avanti nella lettura più le parole di Paolo diventavano sempre più spinte e meno innocenti: il suo non era semplice amore, una cotta, ma una folle e perversa attrazione. Le descriveva infine senza mezzi termini come Paolo avrebbe voluto possederla, come avrebbe voluto affondare la bocca tra le sue gambe, di come avrebbe voluto leccarla, di come avrebbe voluto assaporare il miele prodotto dal suo sesso e di come infine avrebbe voluto farla sua.

Senza rendersene conto la mano di Maira scese lentamente tra le gambe cercando di placare quel prurito molto familiare che le veniva quando leggeva racconti erotici. In men che non si dica Maira si ritrovò a fantasticare quanto Paolo le scriveva, masturbandosi in modo sempre più frenetico. Non riuscì a terminare di leggere: un potente orgasmo le annebbiò la vista e la mente, lasciandola senza fiato. Era innegabile: quel maledetto ragazzino ad appena diciotto anni era già consapevole di quanto potenti potessero essere le parole e le aveva usate in modo sapiente, calibrato, trascinandola lentamente dove mai aveva pensato di arrivare. Ma ormai era troppo tardi, l'istinto aveva preso sopravvento sulla ragione e Maira si era ritrovata a desiderare di essere posseduta da quel ragazzino. Lanciò in aria i fogli urlando "Porco maledetto!", maledicendo il giorno in cui l'aveva conosciuto e tutti gli attimi che aveva dedicato a ad insegnargli la forza che certe parole messe nella giusta sequenza possono avere.

Cercò di distrarre la mente andando a farsi una doccia. Ma il tepore dell'acqua sul suo corpo e le parole del tema di Paolo la trascinarono nuovamente in quel vortice di perverso piacere da cui avrebbe voluto sottrarsi. Ancora una volta si ritrovò con una mano tra le gambe e la mente al suo Paolo, alla sua dannata bocca que la leccava tra le gambe facendola gemere come una maiala. "Figlio di puttana!" urlò mentre l'orgasmo scosse il suo corpo da cima a fondo, facendole perdere l'equilibrio. Si ritrovò inginocchiata ad ansimare sotto al tiepido getto d'acqua.
"Ti odio!" urlò, lasciando che le sue lacrime si mescolassero all'acqua della doccia. Non sarebbe riuscita a trovare il coraggio di tornare ad insegnare, a guardare in faccia i suoi alunni e soprattutto Paolo, per non parlare della sua famiglia, di suo marito e dei suoi figli. Si sentiva terribilmente sporca dentro, disperata, smarrita.

Cercò di farsi forza. Uscì dalla doccia e dopo essersi messa l'accappatoio si asciugò velocemente e si diresse in camera da letto.
Si buttò sul letto ancora disfatto cercando di trovare ristoro tra i cuscini. Chiuse gli occhi e provò a sgomberare la mente. La sagoma di Paolo comparve ancora una volta. Cominciò a sussurrargli di non muoversi, di fermarsi. Se qualcuno l'avesse vista in quel momento l'avrebbe sicuramente presa per pazza. Ancora una volta la sua mano scese a frugarle tra le gambe. E così, mentre nella mente Paolo la scopava senza darle tregua, la sua mano aveva iniziato a torturare il clitoride fino a portarla nuovamente sull'orlo di un orgasmo.
"Smettila, ti prego!" - disse con un filo di voce - "Esci dalla mia mente!"
Ma l'unica cosa che uscì da Maira qualche istante dopo fu solo un forte gemito di piacere, segno tangibile dell'ennesimo devastante orgasmo.

Alcune lacrime, uscite dai suoi occhioni azzurri, le rigarono lentamente il viso. C'era poco da fare: avrebbe dovuto rassegnarsi a convivere con quella sorta di mostro che l'aveva assalita già tre volte. Forse un giorno sarebbe riuscita a tenergli testa, a non lasciarsi sopraffare, ma per il momento l'unica strada che Maira vedeva percorribile era andarsi a nascondere quando quei luridi pensieri l'avessero sorpresa. Cercò di farsene una ragione mentre iniziava a svolgere le faccende domestiche che aveva tralasciato per leggere quanto le aveva scritto Paolo.
Rimise a posto la cucina, si asciugò i capelli, rassettò casa ed infine aprì il registro elettronico per fissare un appuntamento urgente con i genitori di Paolo.

Restò a pensare per qualche minuto davanti allo schermo del suo pc: coinvolgere i genitori di Paolo sarebbe stato eccessivo. Forse era meglio parlare prima con lui, cercare di capire meglio cosa realmente provasse per lei. Magari Paolo aveva voluto mettere alla prova le sue capacità tendendole quell'agguato, magari quel che aveva scritto non corrispondeva a verità. Spense il pc e prese il telefonino per inviare un messaggio al collega di matematica che quel giorno aveva due ore di lezione nella classe di Paolo. Scrisse lui chiedendogli di dire a Paolo di recarsi in sala professori alle 18 per un colloquio urgente. Dopo qualche minuto ricevette conferma dal suo collega che Paolo era stato avvertito.

A quel punto Maira iniziò a preparare il pranzo, a raccogliere da terra i fogli di Paolo, mettendoli insieme ai temi dei suoi compagni.
Provò di concentrarsi sul discorso da fare a Paolo, cercando di non pensare a cosa le aveva scritto. Non riuscì a cavare nulla di buono.

Decise di prepararsi per uscire. Passò in rassegna i vestiti del guardaroba lasciando che istinto e razionalità lottassero: meglio evitare di indossare la minigonna e rinunciare alla propria femminilità o meglio tentare di far finta che l'elaborato di Paolo non l'avesse toccata?
Guardandosi allo specchio arrossì un po' al pensiero di quello che le aveva scritto Paolo a proposito delle sue minigonne.
"Sono una stupida" - disse a se stessa rendendosi conto che era già un quarto d'ora che si guardava allo specchio. Decise di indossare una delle sue minigonne preferite, un paio di sexy autoreggenti, una camicetta leggera.

Dopo aver preso i compiti dei ragazzi e averli messi nella sua cartellina da lavoro decise di uscire di casa e fare un giro per i negozi del centro prima di andare a scuola. Tra le tante vetrine che aveva visto quella di un negozio di intimo attrasse la sua attenzione. Si fermò a guardare uno dei completini sexy esposti chiedendosi che effetto avrebbe potuto fare su Paolo. Improvvisamente era tornata a pensare a quel dannatissimo suo studente e alle parole che aveva letto quel mattino. Dovette cercare di corsa il bagno in un bar. Appena chiusa a chiave la porta la sua mente cominciò nuovamente a immaginare le perverse scene di sesso del tema di Paolo, mentre la sua mano correva tra le sue gambe a dare ristoro al suo sesso che reclamava nuovamente attenzioni. Raggiunse l'orgasmo in breve tempo, pronunciando in maniera compulsiva il nome del suo alunno.

Si prese il tempo necessario per tornare in se e ricomporsi prima di uscire dal bagno. Erano già le 17.30, mancava mezz'ora all'appuntamento con Paolo in sala professori.

(Continua sul mio blog...)
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