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Lui & Lei

La maestra


di Membro VIP di Annunci69.it TANYEFRA
10.01.2024    |    304    |    3 9.3
"Appena si fu distesa la guardai e accarezzai le sue gambe..."
La maestra:
Era un pomeriggio invernale
I bambini della classe giocavano tra loro su quel tappeto ad incastro
C’erano i birilli da posizionare come un puzzle.
Cerchi che disegnavano perimetri circolari.
Da brava maestra mi dava una mano inserendo nei cerchi quei piccoli coni colorati che tanto le piacevano per spiegare la teoria degli insiemi.
Un connubio tra pratica e spiegazione matematica.
Mentre la guardavo nella sua tuta attillata, percorrevo le linee del suo corpo che non erano delle rette ma curve sinuose.
Lì davanti a me piegata compresi che in un punto le linee non c’erano.
Non c’erano linee a delineare indumenti intimi ma scorsi due piccoli monti.
Due protuberanze geografiche che si stagliavano come due piccoli monti divisi da una valle percorsa da un fiume.
Era quella si, una retta.
Una retta che poteva solo portare a scoprire una cavità da esplorare.
Sì voltò proprio in quel momento e guardandomi sorrise scuotendo la testa.
Avevamo incrociato gli sguardi, avevamo incrociato i nostri rossori, io estasiato tra le sue gambe e lei raggiante per aver colto che quel panorama geografico e matematico aveva prodotto in me un piacevole sussulto scaturito in un rigonfiamento che sembrava essere equiparato ad uno strumento di misurazione di notevole dimensioni.
Avremmo mai misurato quella cavità?
Avremmo mai esplorato quella cavità disponendo poi una mappa dettagliata di come quel piacere si estrinsecava?
Chissà
Quello che accadde dopo non mi diede modo di comprendere i suoi pensieri.
Un celere sorriso dinnanzi alla scuola all’uscita dei pargoli fecero da corollario si miei pensieri solitari la sera.
La mano accarezzava il mio sesso come fosse un calco di quel promontorio di cui avevo avuto il piacere di godere alla vista.
Come se stessi pensando ad un paesaggio, nella
Mia fantasia fantasticavo sui profumi scaturiti attraversandolo, la temperatura del luogo, la sua umidità.
Venni come un fiume in piena immaginando di irrorare quella valle.
Due giorni dopo mentre ero al lavoro un whatsapp mi portò ad uno stato di agitazione.
La maestra mi chiedeva di raggiungerla il pomeriggio in sala professori per aggiornare il registro elettronico.
Dovevamo dar conto di quanto i ragazzini avevano svolto durante l’ora motoria e in cosa consisteva la mia presenza lì.
Arrivai in orario ma, come si sa il termine delle lezioni è sempre qualcosa di caotico e non la vidi.
Mi accomodai in segreteria sotto lo sguardo vigile del preside e della segretaria che mi informavano che tutto il corpo docente stava andando via e così anche il personale ATA.
Cosa fare non lo sapevo nemmeno io.
Chiamarla sarebbe stato un entrare nella sua privacy familiare, non sapevo che fare fino a quando non apparve.
Salutò me e gli astanti, comunicò al preside che si sarebbe trattenuta lì e che avrebbe chiuso lei la scuola come altre volte aveva fatto e ci recammo in quella sala con tanti armadietti per i docenti e un grande tavolo centrale.
Oggi niente tuta ma una gonna nera, collant neri a rete larga e tacchi.
L’eleganza della docente si manifestava davanti a me in maniera quasi collegiale.
Mentre spiegavo quello che volevo fosse il filo conduttore delle nostre lezioni e l’applicazione pratica mi venne spontaneo creare visivamente un esempio.
Non amavo concedere ai ragazzi giochi collettivi come il calcio per i maschietti e pallavolo per le femminicce ma preferivo che individualmente creassero i loro esercizi motori di base con gli strumenti che a scuola avevamo.
Presi ad esempio un esercizio con un bastone per roteare le spalle e mentre lo afferravo a due mani si scostò accavallando le gambe.
Niente collant.
La rete delle calze finiva con un bellissimo pizzo che si stagliava al confine con la gonna.
La vidi sorridere sornione e soddisfatta di avermi messo all’angolo ma, non volevo demordere da farle comprendere che potevo essere guidato o guidatore di una eccitazione che stava crescendo.
Arrivò il Preside a cancellare quel trasporto comunicandoci che andava via e avrebbe chiuso il portone d’ingresso.
Sentimmo il portone chiudersi e lei si alzò chiedendomi il permesso di assentarsi.
Tornò poco dopo, non aveva più il suo cappotto ma solo una camicetta bianca che pareva essere posta direttamente su quel seno importante.
Vedevo il rigonfiamento di due capezzoli grandi e duri tenere su la camicetta come il palo di una tenda da campo.
Ero in estasi, deciso di fare la mia mossa e le chiesi di maneggiare il bastone come avrei voluto che facessero i ragazzi.
Ero li che la vedevo prendere il bastone e afferrarlo nei palmi senza davvero chiedere le mani ma quasi massaggiandolo.
Le dissi di avere una presa più salda ma lei mi rispose che preferiva prima rendersi conto dell’intera struttura e guardandomi mi chiese di alzarmi per aiutarla a sostenerlo dall’alto.
Ero lì in piedi davanti a lei.
Lei mi chiese di tenere il bastone dall’alto, scavallò le gambe e le tenne leggermente aperte e il bastone si fece strada tra quelle gambe.
Il bastone era sorretto dalle mie mani e le sue gambe.
Fu allora che sentii delle dita sul mio sesso.
Apri il jeans e lo tirò fuori e iniziò a soppesare un altro bastone e altre dimensioni.
Usò la stessa tecnica applicata al pezzo di legno.
Una lunga carezza a due mani.
Non potevi fare altro che tenere il legno tra le mani, vedevo lei avvicinarsi con le labbra al glande e farsi scivolare tutta la verga nella sua bocca.
Profondità nascoste inghiottirono tutto.
Sognavo o ero desto?
Sentivo il piacere pervadermi tutto.
Se non smetteva sarei venuto.
La fermai e le dissi che volevo provare a far fare il ponte ai ragazzi perciò le chiesi di alzarsi e provare a stare di schiena sul tavolo così da provare la posizione.
Appena si fu distesa la guardai e accarezzai le sue gambe.
Si aprirono e potei guardare cosa celava la gonna.
NULLA.
Il promontorio che avevo immaginato ora si vedeva come in un quadro incorniciato dalla gonna era liscio e le labbra avevano come una rugiada del mattino a imperlearne le sommità.
Aprii la camicetta e i capezzoli erano un sogno, un sogno da succhiare e così feci.
Scesi tenendo due dita sul seno e mi concessi la possibilità di odorare il suo sesso.
Odore di femmina, sapore dolciastro al primo lieve tocco della mia lingua.
Aspiravo i suoi umori leccando.
Scoprii una piccola vetta da raggiungere.
Il clitoride era duro e accentuato dal mio tocco, continuai a leccarlo e succhiarlo.
Sentii le grandi labbra contrarsi, lei inarcarsi e le sue mani che attanagliavano la mia testa lì mentre godeva e schizzava i suoi umori.
Attesi che si riprendesse.
Mi disse con uno sguardo non più dolce, scopami e non me lo feci ripetere.
Era bagnatissima.
La baciai facendole sentire i suoi stesi umori nella bocca e entrai inesorabilmente dentro di lei come uno speleologo entra nella grotta.
Sentii il fondo davanti a me.
Sentii che ero nella sua tana più profonda.
Sentii come i suoi muscoli mungevano da soli il cazzo che fermo assaporava ogni istante.
Iniziai a muovermi volevo guardarla godere, ora non era più la maestra mielosa con i suoi alunni ma, una dolce femmina in calore piena di desiderio di essere posseduta.
Tremò ancora era venuta, gli occhi verso il cielo, la bocca aperta.
La feci alzare e girare, volevo vederla sui tacchi di spalle e godere di quel culo che si ergeva maestoso dinnanzi a me.
Scivolai ancora dentro la sua fessura, era piacevole colpirla mentre si teneva al tavolo, afferrai i suoi capelli e si inarcò, la baciai e guardandola negli occhi le dissi: DAMMELO mi rispose una vocina trafelata e un semplice PRENDILO, fu la risposta.
Ero lì dietro di lei, il mio cazzo bagnato sull’uscio del suo ano.
Il mio cazzo bagnato dei suoi umori entrò dentro di lei mentre si masturbava.
Volevo godere e inizia a spingere forte dentro quel posto buio si inarcò ancora a bocca aperta mentre la riempivo del mio seme.
Uscii da lei lei si teneva al tavolo con le mani e il sedere, colava da lì il mio sperma, lo prese con le dita e lo assaggiò e poi ripulì il mio sesso.
Uscimmo da scuola con nuove idee per i nostri bambini.
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