La scusa segreta

E' un vecchio mac.
Sta nell'angolo del mio armadio inutilizzato e, purtroppo, ormai inutilizzabile.
Lo accompagna una leggera nostalgia che mi sfiora ogni volta che lo scopro cercando un qualche capo di abbigliamento.
Per raggiungerlo, prima che venisse ad abitare da noi, era stato necessario suonare il campanello di uno stabile, salire al terzo piano ed entrare all'interno di un soggiorno cucina poco illuminato e piuttosto in disordine dal quale era possibile accedere ad una delle due stanza da letto della casa.
Non so dire se quella in cui entrammo fosse la più in disordine o la più curata.
Lui era lì, in bella mostra sul comò e quando la persona lo accese per mostrarci che funzionava ancora, diede il meglio di sé, senza pudore e incurante del fatto che probabilmente sarebbe passato di mano nel corso della serata.
Tanto io quanto mio marito eravamo affascinati da quell'oggetto che fino a poco prima pareva economicamente irragiungibile, ma - data la stuazione - dovevamo dissimulare il nostro desiderio al proprietario e al suo amico che, in seconda fila e dietro noi, sembrava pronto ad intervenire per fornire eventuali indicazioni e supporti di natura tecnica.
Mac passava facilmente da un programma all'altro: Word, Excel, Power Point, Quark Xpress, File Maker. Eravamo rapiti dalla velocità con cui si susseguivano le schermate, dalla nitidezza della grafica, dai colori che via, via si presentavano quando trasalii: una mano si era posata sul mio gluteo e contemporaneamente immagini inaspettatamente hard stavano polarizzando l'attenzione mia e dei presenti.
Mi irrigidii, ma non mi scomposi. Ora sei occhi erano puntati sullo schermo e continuavano a guardare in prima fila lo schermo.
Dietro me altri occhi avevano deciso di dare consistenza alla seconda fila e mettere in secondo piano il povero Mac.
Ne mio marito, ne il proprietario si erano lasciati distrarre e nessuno si era accorto che alla mia schiena colui che era il supporto tecnico aveva deciso di creare altri tipi di supporto per la serata.
Guardavo lo schermo immobile, abbracciata a mio marito mentre sentivo che una mano estranea al nostro menage era ferma e ben decisa a far sentire la sua presenza al mio fondo schiena.
Altre due mani, più audaci, e inequivocabilmente appartenenti ad una terza persona, avevano iniziato una dolce discesa lungo la gonna e, al termine di questa, avevano deciso di risalire lentamente la pelle fino al punto più caldo del mio corpo.
Le immagini dello schermo stavano piacevolmente turbando mio marito che tenendomi una mano sulla spalla voleva quasi condividere con me l' impudica sfacciataggine di fotografie e pose decisamente legate all'intimità degli interpreti.
Io, invece, ero decisamente turbata da altro e avevo naturalmente e istintivamente proteso la mia mano aperta all'indietro, oltre il fianco cercando presenze che sentivo senza poter vedere. Quando la sentii piena e potei finalmente provare a stringere tra le dita ciò che mi veniva regalato, stavamo tutti guardando lo schermo, ma qualcosa era cambiato e, questa volta, tutti ne eravamo consapevoli.
Un diverso clima pervase la stanza e, per quella sera, il vecchio Mac perse il suo fascino e rimase inutilmente acceso in disparte, mentre sul desktop scorrevano immagini hard.
Sembrava non sapere che gli sarebbe capitato di cambiare casa per sempre.