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Gay & Bisex

Il Camaleonte 4


di pixel-bsx
08.01.2009    |    8.348    |    2 7.7
"Mi tolsi maglione e camicia, maglietta di lana, pantaloni, rimanendo…… in mutande..."
CAPITOLO UNDICI

Inizia ora per me, la seconda parte della mia vita.
Fui mandato in una cittadina abbastanza lontana dall’abitazione dei miei, per” farmi le ossa”, come allora si diceva, cioè per imparare bene il lavoro.
Fui costretto, a causa della distanza a prendere una camera in famiglia; i miei mi accompagnarono, decisero tutto loro.
Trovammo una stanza in una famiglia di persone anziane: avevo diritto ad una stanza arredata con letto, armadio, scrivania, potevo usufruire della cucina e del bagno.
Rimanevo in questa cittadina tutta la settimana, per fare rientro nella mia città il venerdì; poi la domenica sera, con mezzi pubblici rientravo per trovarmi sul posto riposato il lunedì mattino, pronto a riprendere servizio.
I primi tempi furono un po’ duri, ma poi mi abituai, mangiavo fuori in una trattoria e rientravo nella mia stanza solo per dormire o per riposarmi.
In quanto a sesso neanche a parlarne, non feci mai trasparire la mia indole, ero irreprensibile sia nel lavoro sia nei rapporti con gli altri.
Fui apprezzato e stimato dai miei colleghi e dai clienti con i quali venni a contatto; si sa che la continua frequentazione spinge verso la confidenza, io ebbi con tutti degli ottimi rapporti, ma non confidai a nessuno i miei desideri, mi accontentavo di ripassare tutte le mie avventure al chiuso della stanza ove alloggiavo e sdraiato sul mio letto.
Durante il corso della settimana, avevo modo di rivedere nei pensieri tutti i miei “uomini”, tutti i cazzi che mi avevano sfondato il culo; al solo pensiero, mi eccitavo e godevo, ma nessuno scoprì mai nulla su di me.
E’logico che uno come me non poteva stare tanto tempo senza avere un cazzo tra le mani per spompinarlo e per farsi inculare, ma i cazzi me li andai cercare nella mia gran città, dove ce n’erano ad iosa, bastava saperli cercare e così avvenne.
Era, ricordo benissimo, il mese di maggio e la stagione estiva si preannunciava benevola; infatti, le giornate erano soleggiate, tiepide ed invitavano ad uscite fuori porta.
Io ero libero solo sabato e domenica mattino, nel pomeriggio del giorno festivo mi preparavo a rientrare nel mio alloggio per riprendere puntualmente servizio il lunedì mattino.
Fu uno di questi sabati che uscii in bici con il desiderio di fare una lunga passeggiata fuori città.
Partii presto, uscii verso la campagna, pedalai pian piano, la strada pianeggiante lo permetteva, poi, mi fermai a riposare, mi gustai il panorama che s’offriva davanti ai miei occhi e soddisfatto pian piano ritornai verso la città.
Non avevo premura di rientrare a casa, i miei erano ormai abituati alle mie uscite in bici, spesso non rientravo a pranzo in quanto mi trattenevo a pranzare in qualche trattoria rustica tipica dei paesini intorno alla grande città.
Quella mattina rientrando in città, mi fermai in un locale che sembrava un bar - bettola ove c’erano alcunepersone anziane che giocavano a carte, c’erano altri tavolini con sedie, ma vuoti, un lungo e scuro banco dovei clienti consumavano caffè, altri anche vino ed altri alcolici, io chiesi un caffè al banconista, pagai, e consumato il caffè mi affrettai ad uscire da quel locale buio, tetro, maleodorante.
Uscito fuori m’ accorsi che il cielo s’era riempito di nubi scure che presagivano un violento temporale.
Avevo con me qualcosa con cui coprirmi la testa e le spalle, ma mi sarei sicuramente inzuppato i pantaloni che indossavo; cercai di fare presto e di giungere in fretta a casa mia, ma non fu così.
In città potevo muovermi a rilento a causa del traffico cittadino e dei pedoni che camminavano sui marciapiedi e che spesso attraversavano la strada.
Ero ancora molto distante da casa quando cominciò a piovere a più non posso; cadeva acqua a catinelle, accompagnata da tuoni, fulmini e raffiche di vento che obbligarono tutti i pedoni ed anche me a cercare riparo sotto qualche balcone o qualche androne aperto di qualche palazzone.
Pedalando per cercare subito un riparo, vidi l’insegna di un barbiere, il cilindro rotondo con una striscia rossa rotolante all’interno di chiara matrice americana.
L’apertura del negozio era piuttosto ampia e rientrante verso l’interno, inoltre aveva una grande tenda parasole che purtroppo era ritirata.
Io mi avvicinai rapido verso l’entrata di questo negozio di barbiere in quanto era vuoto, non s’era fermato nessuno a ripararsi; c’era una grande vetrata coperta da una tenda leggera e poi la porta d’entrata.
La tenda era scostata ed il proprietario teneva il viso incollato al vetro per guardare l’improvviso temporale; io tenendo la bici con una mano, mi accostai al vetro e mi scusai col proprietario cercando di fargli capire che appena smetteva di piovere me ne sarei andato.
Per tutta risposta, il signor barbiere, aprì la porta e facendomi lasciare la bici davanti al vetro, m’invitò ad entrare ad asciugarmi.
“ Sei così giovane, ma ciò non significa che così bagnato non potresti buscarti ugualmente qualche malanno, mi disse, pertanto spogliati, ti darò un asciugamano per asciugarti addosso, ai capelli penserò io mentre metterò i tuoi panni ad asciugare davanti alla stufa in cucina”.
Io non so perché eseguii alla lettera quanto mi disse il signor barbiere, ero inzuppato fino all’osso, solo i piedi si salvavano perché portavo degli stivaletti alti e stretti.
Mi tolsi maglione e camicia, maglietta di lana, pantaloni, rimanendo…… in mutande.
La situazione era veramente imbarazzante, anche perché non sapevo se nel negozio poteva esserci qualcun altro; ma, a togliermi da tale situazione imbarazzante, fu lo stesso signore barbiere il quale m’informò che viveva solo e che era abituato ad avere a che fare solo con gli uomini, data la sua professione e che non trovava in me nulla di ridicolo e d’imbarazzante.
Prese i miei panni, li portò con se nel retrobottega che costituiva l’abitazione, prima di andarsene m’aveva dato un asciugamano con il quale asciugai tutto il mio corpo.
Subito dopo il signor barbiere ritornò portando con sé un lungo e capiente accappatoio che mi permise di coprirmi e non sentir freddo.
Poi mi fece accomodare su una delle tre poltrone del negozio, accese il phon e cominciò ad asciugarmi i capelli.
“Non so come ringraziarla per il disturbo che le sto arrecando, - dissi – cercherò di sdebitarmi con lei in qualche modo, la ringrazio, - aggiunsi – per tutto ciò che lei sta facendo per me”.
“Dammi del tu, mi disse, poi aggiungo che per un bel giovane come te avrei volentieri fatto questo ed altro”.
Io ero lusingato e non sapevo come sdebitarmi, ma evidentemente era destino che qualcosa sarebbe sicuramente successa e che saremmo stati pari.
Il signor barbiere messosi al mio fianco, con spazzola e phon cominciò ad asciugarmi i capelli, passava da una parte all’altra per asciugarli tutti.
Parlammo del più e del meno, ma non so come finimmo a parlare di sesso, di seghe e di pompini; erano argomenti piccanti che però avrei desiderato non approfondire per paura di compromettermi.
Il signor barbiere, il quale evidentemente era abituato, cominciò ad appoggiare il suo pube sul mio gomito che usciva dal bracciolo della sedia.
Prima lo fece in modo impercettibile, prima su un braccio e poi sull’altro, dopo un paio di strofinamenti giudicati casuali, passò a movimenti più mirati e decisi poiché io non avevo spostato i gomiti, quasi a volergli comunicare che accettavo il suo messaggio.
Fu così che mi sentii appoggiare il suo molle cazzo sul mio braccio che sentii nonostante la stoffa dei pantaloni e dell’accappatoio da me indossato.
I capelli erano quasi asciutti, il signor barbiere, quindi, pensò bene di aprirsi la patta dei pantaloni e mettere a nudo un cazzo non ancora del tutto duro che cominciò a strofinare con vigore contro il mio braccio.
Io lasciai fare, lui passò dall’altro lato e mi disse di prenderlo in mano e di farglielo diventare duro perché aveva un gran desiderio di fare delle belle cose con me.
Io che ero eccitato quanto lui, stesi la mano, lo strinsi con le mie dita e cominciai a fargli una lenta sega, la posizione non era del tutto comoda, ma i capelli ormai del tutto asciutti, permisero di ovviare a tale inconveniente.
M’invitò ad alzarmi, chiuse a chiave l’entrata, dopo aver messo dentro la bici, appese la dicitura “chiuso” e m’invitò a passare nel retro dove aggiunse saremmo sicuramente stati più comodi.
Era l’ora di chiusura, m’ accorsi, e quindi anche l’ora di pranzo, e quando glielo dissi, mi rispose che per pranzare non c’era alcun problema, potevamo pranzare insieme dopo i piacevoli giochi.
Mi portò in una stanza dove c’era un grande letto, ai piedi un grande armadio con enorme specchiera, una grande cassettiera, comodini ai lati del lettone ed ai piedi due grandi poltrone senza braccioli.
Era la stanza matrimoniale dei suoi genitori, m’informò, ed essendo figlio unico non sposato, aveva continuato il mestiere del padre ed essendo morti entrambi i genitori ne aveva ereditato lavoro, casa e mobili.
Come fisico non era un granché, molto magro, di statura media, aveva le gote incavate, il naso aquilino e due occhietti neri e furbi.
Mi disse di stare tranquillo, mi fece denudare totalmente, lo stesso fece anche lui, così potei ammirare un cazzo di discrete dimensioni in posizione semimolle.
Saliti sul letto, lo feci sdraiare e cominciai a prendergli il cazzo fra le mani, poi scalpellatolo, lo infilai nella mia bocca e cominciai a succhiarlo.
La novità fece sì che il cazzo cominciò ad indurirsi nella mia bocca divenendo ben presto duro come il marmo; dopo lo estrassi, lo leccai tutto, poi mi misi a pecorina e lo invitati a mettermelo nel culo.
Lui non si fece pregare e appoggiata la cappella contro il mio buchetto, spinse decisamente trovandosi con pochi colpi dentro fino ai coglioni.
Il cazzo era di modeste dimensioni, non raggiungeva i diciotto centimetri di lunghezza ed era molto sottile e leggermente curvo, perciò strinsi i muscoli anali per poterlo sentire meglio e farlo godere.
A causa dell’eccitazione il signor barbiere venne copiosamente dentro di me inondandomi con la sua calda sborra; poi soddisfatto si sdraiò sopra di me rimanendo con il suo cazzo dentro al mio culo.
Soddisfatto della scopata m’invitò a pranzo con lui, in attesa che il temporale finisse completamente, io accettai e mi rimasi a pranzo, finito il quale, il signor barbiere volle rifare un’altra scopata.
Io accettai, glielo rifeci diventare duro con un maestoso pompino, mi misi in posizione e ben presto lo sentii tutto dentro.
Stavolta cambiammo posizione più volte finchè non lo sentii sborrare dentro di me copiosamente.
Mi rivestii con gli abiti ormai asciutti, ripresi la bici e dopo la promessa che ci saremmo ben presto rivisti, ripresi la via di casa in quanto era da tempo che aveva smesso di piovere.
Io mantengo sempre le promesse, specialmente quando si tratta di farmi inculare o poter fare qualche bel pompino.
Ritornavo dal barbiere il sabato sempre dopo le dodici, se c’era qualche cliente attendevo il turno come se dovesse servirmi.
Solo che ogni qualvolta entravo io, lui metteva subito esposto dietro la porta il cartellino “chiuso” per non fare entrare altri clienti dopo di me.
Dopo aver chiuso la bottega, si passava nel retro e si cominciava a scopare, preceduto da tutti i preliminari: strofinamenti, toccatine, denudamenti, per poi passare a leccamenti.
Quando eravamo eccitati, io glielo prendevo in bocca, lo succhiavo fino a farlo diventare duro come il marmo. Dopo mi mettevo in posizione e mi facevo inculare con sommo diletto di entrambi.
La storia andò avanti per tutta l’estate, ormai era diventato il mio unico amante della città; essendo estate non andavo neanche al cinema a “pescare” altri cazzi, mi bastava lui come fine settimana, per il resto dei giorni lavoravo ed ero irreprensibile.
Anche durante le ferie che trascorrevo la mare mi accontentavo di farmi delle seghe meravigliose ricordando tutti i cazzi dei miei amanti e godendo solo al ricordo di ciò che avevo fato con loro.
Tornato dalle ferie ripresi il contatto con il barbiere, divenuto ormai il mio unico amante, mi facevo scopare traendone sommo diletto dalla scopata.
Durante uno dei nostri incontri, mentre m’inculava voluttuosamente, mi propose di farlo in tre: io, lui ed un altro.
Ero ormai abituato ai triangoli da vecchia data, la cosa non mi sorprese e con sua somma meraviglia accettai purché fosse giovane, sano e pulito.
Mi disse si trattava di un uomo intorno ai quarant’anni sposato, che sognava di inculare un giovane maschio come me anche perché la moglie non accettava di farsi inculare.
Ricordo che l’incontro avvenne la domenica in tarda mattinata poiché l’attività era chiusa potevamo essere tranquilli ed agire indisturbati.
Il nuovo amico era già dentro quando io bussai per farmi aprire, la prima impressione a vederlo non fu del tutto esatto: uomo piuttosto grassoccio e basso, sembrava un salsicciotto insaccato; gli indumenti gli erano serrati addosso e lo facevano apparire più grasso di quel che effettivamente era.
Gentile ed educato mi propose, se non c’erano contrarietà, a passare direttamente in camera da letto in quanto era particolarmente eccitato.
Era inutile fingere sul perché di quell’incontro quindi passammo in camera anche se a dire il vero quell’uomo non era il mio tipo, non mi attraeva per nulla ma rimasi ed accettati la proposta.
Di sorpresa, infatti, si trattò quando vidi cosa pendeva in mezzo alle sue gambe; l’amico, infatti, entrato in camera si era totalmente denudato e gli pendeva qualcosa di particolarmente interessante anche se era ancora semieretto.
Aveva un cazzo di notevoli dimensioni e come egli stesso ebbe a dire raggiungeva le ragguardevoli misure di centimetri ventitré di lunghezze e ben diciotto di circonferenza.
La cosa cominciava a farsi molto interessante, era una graditissima sorpresa, anche se il fisico del nuovo arrivato non era interessante, il suo cazzo meritava ogni massima attenzione da parte mia.
Infatti, ancora vestito, mi avvicinai e cominciai a prenderlo fra le mie mani, lo scalpellavo e lo segavo delicatamente; mi accorsi che s’induriva sempre di più, lo accarezzai delicatamente e lo sentii duro come il marmo.
Era un cazzo maestoso, bello, lungo, grosso, con una rossa e scolpita cappella che rivelava nel mezzo un forellino ben aperto.
A corredo pendevano due grossissime palle, due coglioni netti e separati grossi quasi come un uovo.
Non potei fare a meno di abbassarmi e leccare quella rossa e turgida cappella, poi, la infilai decisamente in bocca e la succhiai voluttuosamente.
Il trattamento piacque tanto al nuovo uomo che mi pregò di fermarmi perché stava per venire, tanta era l’eccitazione, io mi fermai per spogliarmi e dedicarmi anche al barbiere che nel frattempo si era tanto eccitato da denudarsi completamente e presentarsi con il cazzo già duro.
L’unico ancora vestito ero io; i miei due maschi, attesero che mi denudassi, mentre loro si tenevano il loro cazzo duro fra le mani e lo segavano delicatamente.
Quando anch’io fui totalmente nudo salimmo tutti e tre sul letto e mi ritrovai avvinghiato in mezzo a loro che mi strofinavano i loro cazzi, uno davanti e l’altro dietro, eccitandomi sempre di più.
Dopo un po’ di questi strofinamenti, il nuovo arrivato disse che non resisteva più e che voleva incularmi.
Io accettai, mi misi a pecorina, mi allargai le natiche offrendogli il mio buco; lui lo umettò ben bene con della saliva, si bagnò anche la cappella del suo cazzo e l’appoggiò al mio buco.
Sentii le pareti allargarsi e pian piano la cappella penetrò tutta dentro. si fermò ben bagnare ancora il cazzo e cominciò pian piano a scivolare dentro.
Che piacevole sensazione, mi sentivo allargare le pareti dell’ano com’ero da sempre stato abituato a farmi sfondare, sentivo un po’ di dolore, ma sapevo per esperienza che ben presto si sarebbe trasformato in dolcissima goduria.
Quel cazzo sembrava non finisse mai, il mio inculcatore ci sapeva fare, si vedeva che era pratico di culo, entrava un po’ e si fermava, poi bagnava e delicatamente spingeva, fece tante soste, ma alla fine, dopo alcuni minuti, mi sentii dentro tutto quel poderoso cazzo che mi aveva sfondato il culo facendomi sentire anche i due grossi coglioni che sbattevano contro le mie natiche.
Quando il cazzo fu tutto dentro, si fermò per gustare la totale penetrazione, mentre io feci mettere davanti a me il barbiere e facendogli allargare le gambe gli presi il cazzo in bocca e cominciai un bel pompino.
Forse fu l’eccitazione della prima volta insieme che fece sborrare quasi subito entrambi: il barbiere mi riempì la bocca di calda sborra, che mi affrettai ad ingoiare, mentre mi sentii inondare il culo di quella calda sostanza che tanto bene conoscevo.
In pratica nessuno dei due cazzi aveva scopato, il barbiere m’era venuto in bocca, il mio nuovo inculcatore invece non ebbe nemmeno il tempo di riprendere la scopata che venne anche lui, io avevo goduto come una troia solo sentendomi penetrare da quella maestosa e superba mazza.
Rimanemmo alcuni minuti fermi, ognuno gustandosi la propria goduria, il cazzo rimase fermo nel mio culo e lo sentii a poco a poco ammorbidirsi per poi uscire definitivamente; il barbiere invece continuava a tenermi il suo cazzo ancora in bocca anche se era ormai molle.
Io mi sentivo soddisfatto ed appagato, avevo scopato divinamente con due cazzi che m’avevano arrecato tanto godimento.
Prendemmo il caffè in cucina, cominciammo a scherzare entrando maggiormente in confidenza, toccandoci nelle nostre parti intime poiché eravamo intenzionati a farci ancora un’altra scopata.
Trascorsa circa una mezz’oretta, ritornammo in camera da letto, feci sedere i miei due uomini sul bordo del letto, feci loro allargare le gambe, poi m’inginocchiai sul tappeto e cominciai a fare un pompino ad ognuno di loro.
Il primo cazzo a diventare duro fu stranamente quello del mio amico barbiere: forse perché non m’aveva inculato o forse si eccitava a causa della situazione che stava vivendo, comunque ben presto ebbe il cazzo duro e pronto a mettermelo nel culo.
Il nuovo amico invece traeva godimento dal mio pompino, io leccavo tutto il cazzo per poi infilarlo decisamente in bocca e spingerlo fino in gola, poi imprimevo alle mie labbra un continuo andirivieni facendo scopare il cazzo nella mia bocca.
Anche lui s’indurì, ma stavolta il barbiere volle incularmi per primo, messosi, infatti, dietro di me, mi penetrò decisamente e con un solo colpo fu tutto dentro di me fino ai coglioni.
Io feci sdraiare il mio super cazzo sul letto, mi misi a” culo a ponte” e mentre il barbiere m’inculcava, continuavo a spompinare l’altro cazzo.
Avendo già precedentemente sborrato, la scopata durò di più, più volte cambiammo posizione, ma in ogni caso avevo sempre un cazzo in culo ed uno in bocca.


Dopo circa una ventina di minuti, finalmente il barbiere venne dentro di me con una copiosa sborrata e subito il mio nuovo amico prese il suo posto.
Le pareti del buco erano ancora umide e larghe per la precedente scopata e non fu difficile al super cazzo di entrare tutto dentro di me facendomi sentire ben presto le palle condannate a rimanere fuori.
Conquistata che ebbe la posizione, cominciò a scoparmi divinamente, usciva ed entrava, entrava ed usciva, prima delicatamente poi passando ad un ritmo sempre più veloce e quasi violento.
Sentivo quella mazza sfondarmi ed allargarmi il buco sempre di più, mi sentivo tutto aperto, accettavo con goduria quella magnifica scopata, godevo e non capivo più nulla, avrei desiderato non finisse mai.
Più volte sentii il cazzo uscire completamente per poi rientrare subito con un solo colpo fino alla radice; ci sapeva fare il mio inculcatore, sapeva come far godere e trarre il massimo godimento dall’inculata.
Durò parecchio la scopata, ma alla fine, dopo avermi fatto assumere tantissime e stranissime posizioni, …. poteva permettersele, favorito dalla lunghezza del suo cazzo, venne copiosamente dentro di me.
Eravamo tutti e tre stanchi, sudati, ma soddisfatti, avevamo goduto magnificamente, avevamo sborrato copiosamente ed eravamo felici della nostra relazione a tre.
Essendosi fatto tardi, io rientrai a casa dando loro appuntamento per la domenica successiva alla stessa ora, ormai non potevo più fare a meno di loro due almeno una volta la settimana.
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CAPITOLO DODICI

Iniziò così questa nuova avventura a tre, ma la cosa più interessante fu che dopo tre anni di permanenza fuori sede per lavoro, i dirigenti dell’istituto di credito, decisero di trasferirmi proprio nella mia città.
La mia città si era notevolmente ingrandita, enormi palazzoni erano stati costruiti anche in periferia, facendo assumere pian piano l’aspetto di una metropoli con tantissimi negozi d’ogni genere e quindi anche di tanti istituti di credito tra cui il mio.
Poiché avevo accumulato tanta esperienza sul campo, nella nuova sede non fui più messo allo sportello, ma ebbi un ufficio tutto mio ai piani superiori di questo modernissimo palazzo di proprietà dell’istituto.
Fui felicissimo così pure i miei, ritornavo a vivere in famiglia ed ero di nuovo nella mia città tra i miei amici e le mie abitudini.
Ripresi i contatti con i pochi amici rimasti, andavo spesso al cinema, mi creai nuovi divertimenti serali, non avevo paura d’essere riconosciuto, poiché la città era ormai grandissima, era difficile riconoscermi e collegarmi con il lavoro da me svolto, malgrado ciò, fui sempre attento a non fare passi falsi anche per non bruciare la mia reputazione.
Non diedi mai il mio recapito a nessuno, non portai mai nessuno a casa mia, non desideravo farmi rintracciare da nessuno.
Soltanto io cercavo, solo io fissavo gli appuntamenti e stabilivo le modalità, queste erano le condizioni, se trovavo qualcuno che cercava di non rispettarle, lo allontanavo decisamente.
Avevo raggranellato un piccolo capitale durante i miei tre anni lavorativi fuori sede, poiché il piccolissimo appartamentino del mio primo amante era stato messo in vendita, comunicai ai miei la decisione di comprarlo e ristrutturarlo.
Mia madre non era d’accordo temeva, infatti, che mi sarei definitivamente trasferito nel mio nuovo locale, la tranquillizzai affermandole che l’avrei trasformato nella mia sala hobby solo per le ore libere del giorno, mentre per mangiare e dormire sarei rimasto sempre in famiglia.
Sicuramente i miei avrebbero desiderato che mi sposassi, ma forse l’idea non andava a genio nemmeno a loro poiché ero figlio unico, sposandomi non mi avrebbero rivisto quotidianamente, pertanto intorno al matrimonio non si faceva parola, sembrava un argomento chiuso e ciò mi stava bene.
Riuscii a prendere contatto la sorella del defunto per acquistare l’appartamentino, andai a trovarla un sabato ed insieme con i miei stabilimmo il prezzo d’acquisto.
Dopo una settimana ero già proprietario della casa dei miei ricordi d’infanzia; le feci ripulire da una squadra d’operai specializzati in tali imprese, e quando fu totalmente libera e pulita anche della polvere, finalmente da solo l’andai a visitare.
Quanti ricordi mi assalirono entrando lì dentro dopo tanti anni, l’appartamento spoglio d’ogni cosa, mi faceva rivedere come su uno schermo ogni momento, ogni attimo di felicità trascorso in quel luogo.
Tutto mi ritornò alla mente: il mio amico, l’uomo che mi fece conoscere ed assaporare in profondità i piaceri del sesso, i mobili, li rivedevo nella loro posizione originaria, tutto mi era chiaro nei ricordi e tutto scorreva come se avvenissero in quell’istante.
Uscii dalla casa e contattai un mio ex compagno divenuto architetto, per poterlo risistemare a nuovo.
Il mio amico architetto m’illustrò a voce le modifiche che desiderava apportare e chiese il mio parere in proposito.
Io fui d’accordo con lui, stabilimmo anche l’arredamento, e di tutti i lavori s’interessò in toto l’architetto, io dovetti solo pagare.
Il mio capitale si prosciugò, ma riuscii a completare totalmente l’appartamentino che feci fatica io stesso a riconoscere quanto fu totalmente completato.
Fu ampliata la finestra che dava sul retro così si ottenne più luce all’interno, fu cambiato il pavimento, rifatti totalmente bagno e cucinino, nell’unica stanza furono posti poltrone e divani letto, un separé di legno divideva un tavolo rettangolare allungabile con sedie, quadri alle pareti, una tenda copriva la finestra, altri piccoli mobili erano sparsi con ordine per casa, l’insieme era sobrio, bello e funzionale.
Anche i miei genitori furono felici ed entusiasti dei risultati ottenuti li informai che il monolocale era della famiglia, quindi se fossero stati invitati degli ospiti, avrebbero trovato opportuna sistemazione.
Trascorrevo nel mio appartamentino le mie ore libere dal lavoro e dagli impegni, mi ritiravo lì per leggere, ascoltare musica, dedicarmi ai miei passatempi, mai estraneo appartenente al mio giro sessuale fu introdotto in quel locale.
Il sesso fu bandito, rimase solo nei miei ricordi che riaffioravano allorquando mi sedevo nella comoda poltrona accendendo solo una vecchia piantana che effondeva nel locale una luce soffusa e surreale.
Il boom economico mi investì in pieno e così pure la tecnologia che avanzava inesorabilmente mi contagiò anch’essa.
Comprai stereo e televisore che sistemai nel mio monolocale e trascorsi qui più tempo, talvolta vi rimanevo anche a dormire; in breve dopo pochi anni mi sistemai definitivamente nel mio piccolo, ma accogliente e molto funzionale monolocale, andavo a casa dei miei solo per cena e non sempre, talvolta cenavo fuori, insomma, mi staccavo sempre più dalla famiglia per entrare nell’idea della totale indipendenza.
I miei si abituarono anche loro a vedermi di meno, ma consapevoli del fatto che ero sempre presente ogni qualvolta la mia presenza era necessaria.
Il telefono, in principio predominio solo di pochi, divenne d’uso comune, pertanto feci installare anche a casa mia e dei miei questi apparecchi che furono a poco a poco indispensabili nella vita quotidiana.
Era facile per i miei rintracciarmi, altrettanto potevo fare io, potevo stabilire contatti con i miei amici ed appuntamenti con i “miei uomini”.
Durante le ferie mi feci coinvolgere in un giro turistico con i colleghi, andammo all’estero, località nuove e stupende; ogni anno un posto diverso.
Mai mi feci coinvolgere in situazioni di sesso, che come si sa, il desiderio aumenta in posti dove nessuno ti conosce e puoi dare libero sfogo ai tuoi desideri.
Benché ne sentissi il bisogno e la necessità, non mi lascia mai andare, non mi fidavo delle persone del posto, notavo dei giovani prestanti, ben messi e sicuramente ben forniti, ma vuoi per la lingua, vuoi per la paura di sbagliare, vuoi che temessi di farmi scoprire, non resi concreto mai nulla.
Insomma, trascorsi la mia vita all’insegna degli svaghi, dei divertimenti e degli acquisti, infatti, realizzai l’automobile sportiva, indossavo sempre vestiti nuovi ed eleganti, insomma spendevo molto per i miei vizi ed i miei svaghi.
Non trascurai però mai il sesso, che era per me basilare ed importante, avevo cominciato con il barbiere ed il suo amico, ma non mi fermai solo a loro, ampliai il cerchio delle mie conoscenze, cominciando proprio dal mio abituale fornitore di vestiti, per passare poi ad un rappresentante d’orologi e ad un suo negoziante, per finire ad un grossista di pesce e al suo giovane e dotatissimo aiutante.
Furono questi gli unici uomini che mi ebbero “ in toto” per moltissimi anni, in pratica siamo cresciuti tutti insieme, siamo invecchiati insieme, qualcuno di loro morì, anche se non era ancora da considerare vecchio, altri invece non riuscirono ad avere più rapporti sessuali.
Anch’io con l’andare degli anni, rallentai la mia attività sessuale che andò scemando pian piano fin quasi a scomparire con il tempo.
Rimasto solo a questo mondo dopo la scomparsa dei miei genitori, vissi gli ultimi anni della mia vita nella solitudine dorata prima del mio piccolo appartamento, poi gli ultimi anni li trascorsi in un istituto per anziani al quale donai tutti i miei beni e dove scrissi questi appunti o “ricordi” del mio mondo sessuale.
Mi accingo quindi a raccontare le ultime vicende e i personaggi che sono stati coinvolti.
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