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Gay & Bisex

Il personal trainer _ cap 8


di Membro VIP di Annunci69.it Beat
23.12.2022    |    12.338    |    15 9.6
"Grosse gocce di pioggia iniziarono a cadere sul parabrezza della macchina, con un rumore profondo e ritmico..."
"Sposa bagnata, sposa fortunata. Ben ti sta, stronza, se decidi di sposarti il 18 di agosto con quaranta gradi all'ombra!"
Pensai tra me e me con un sorriso mentre mi preparai per il matrimonio di Federica e Andrea, due miei amici di vecchia data.
Fortunatamente, la pioggia portò con sé un brusco calo delle temperature e mettere il vestito
blu con la cravatta sembrò più accettabile.
La terra del giardino condominiale che ospita il grande tiglio sembrò tornare a respirare dopo mesi di siccità, mentre l'erba ingiallita e secca sembrò sospirare di sollievo per l'arrivo di quella fresca acqua dal cielo.
La pioggia portò con sé nuvoloni neri che gravarono sul mare, rendendolo agitato e cupo.
Uscito dalla doccia presi il telefono e trovai un messaggio di Antonio, il quale mi chiese se dopo il matrimonio ci saremmo voluti vedere.
Risposi di sì. In quel periodo ci sentimmo spesso, appena qualche giorno dal nostro incontro sotto la Via Lattea mi propose di rivederci e ci fu un'altra eccitante sessione di sesso orale.
Scoprì in Antonio un amante molto passionale e focoso, con una parte autoritaria che riuscì ad eccitarmi parecchio ogni volta.
Iniziai a vestirmi per il matrimonio, mettendo la camicia bianca e i calzini fino al ginocchio, poi pantaloni, giacca blu con una cravatta di un bel colore vinaccia.
Due spruzzi di profumo, la barba regolata, l'orologio e le scarpe lucide abbinate alla cintura fecero di me un figurino e, guardandomi allo specchio dell'ingresso, ammisi a me stesso di essere proprio sexy.
Uscii di casa e mi accorsi che la pioggia torrenziale di qualche ora prima aveva smesso di cadere dal cielo, lasciando sull'asfalto quell'odore piacevole di polvere bagnata.
Grandi fasci di luce solare fecero capolino tra le nubi gonfie e scure, mentre una brezza fresca e leggera mosse delicatamente le foglie degli alberi circostanti. Arrivato alla vecchia Golf bianca tirata a lucido per l'occasione, accesi il motore e partii.

Dopo circa un'ora e mezza arrivai alla Chiesa di San Bartolomeo Apostolo: un edificio di pietra del XIV secolo, fulcro dell'agglomerato storico di Sant'Eufemia a Maiella, collegata alla costa da tortuose strade di montagna. Il paesino, molto caratteristico, mi colpì per i grandi murales pittoreschi sui fronti ciechi delle case, mentre tutt'intorno il verde dei boschi si stagliò dal colore cupo delle nuvole cariche di pioggia.
Il grande edificio della chiesa fu adornato da esperti fiorai sia nella facciata sia sull'altare e nella parte dei banchi rivolta verso il corridoio centrale della chiesa.
L'interno, diviso in tre navate da grosse file di pilastri, era molto più ricco dell'esterno ed ospitava già gran parte degli invitati che presero posto aspettando l'ingresso della sposa.
Salutai alcuni amici e sedetti vicino a loro, parlando del più e del meno.
Dopo quasi un quarto d'ora l'organo prese a suonare le note inconfondibili della marcia nuziale e all'ingresso, stagliata contro la luce flebile del tramonto nuvoloso di quella giornata di metà agosto, fece il suo ingresso Federica.
Nonostante la giornata uggiosa, notai che la sposa era luminosa e raggiante, visibilmente commossa di percorrere quella navata tenendo sottobraccio il padre vestito di tutto punto e paonazzo.
Il vestito della sposa, di un bianco perlaceo, era molto semplice ma al tempo stesso elegante. Un vestito lungo con un corpetto impreziosito da pietre preziose enfatizzò la figura slanciata di Federica, amplificata da un bouquet pendente di fiori bianchi e rosa antico ed un lungo strascico di seta e di organza.
I capelli raccolti furono impreziositi da perle e fiori, ed un lungo velo si unì allo strascico del vestito.
La sposa ed il padre percorsero tutta la navata centrale della chiesa fino a trovarsi all'altare di fronte allo sposo raggiante. Notai che, mentre i genitori degli sposi ed i parroco, si scambiarono saluti e baci, gli sposi rimasero a guardarsi negli occhi in maniera magnetica, come se non ci fossero altri che il proprio promesso in quella grande chiesa.
Pensai a Carlo, a quante volte mi bastò lui per stare bene e non per non notare o considerare altre persone all'infuori di lui.
Il prete parlò e tutti ci sedemmo.

"Vuoi tu Federica prendere il qui presente Andrea come tuo legittimo sposo ed amarlo ed onorarlo, in salute ed in malattia, finché morte non vi separi?" Chiese il prete rivolto alla sposa.
"Lo voglio" rispose lui elettrizzata e commossa.
"E vuoi tu, Andrea, prendere la qui presente Federica come tua sposa, amarla ed onorarla, in salute ed in malattia, finché morte non vi separi? Chiese nuovamente il parroco, stavolta rivolto allo sposo.
"Certo che lo voglio!" Rispose energicamente Andrea, facendo sorridere tutti i presenti.
"Vi dichiaro marito e moglie!" Urlò il parroco rivolto alla platea e dando il permesso agli sposi di abbandonarsi al primo bacio da marito e moglie.
Quando le loro labbra si incontrarono, delle urla da stadio riempirono la chiesa trecentesca e risate, applausi e lacrime di commozione riecheggiarono nell'aria.

Finita la cerimonia, tutti gli invitati si apprestarono a raggiungere l'esterno dove fu posizionato un grande vassoio d'argento con sopra piccoli coni di carta perlacea chiusi da un nastro di raso rosa antico, con all'interno chicchi di riso e fiori secchi di lavanda da lanciare agli sposi in segno di prosperità della loro nuova famiglia.
Presi un conetto di carta e mi posizionai tra qualche conoscente del paese, parlando della cerimonia e del bisogno di alcol che ognuno di noi sentì per reggere ancora quella giornata che sarebbe stata molto lunga.
Mi soffermai a guardare gli invitati alla cerimonia.
Notai che gli uomini furono tutti molto a loro agio in vestiti pesanti mentre le donne, intente nel parlottare frenetiche, indossarono tutte lo scialle sulle spalle per ripararsi del freddo inatteso di quella giornata.
Le pettinature eleganti e gli accessori brillanti sfilarono davanti ai miei occhi quando, con un tuffo al cuore, vidi arrivare Carlo insieme ad Elisa.
Camminarono fianco a fianco lungo la piazza in sanpietrini del paese. Lei, con un lungo abito verde, uno scialle oro ed i capelli castani raccolti in un'elaborata pettinatura, si appoggiò all'avambraccio di lui per non cadere. Lui, in abito nero che mise in risalto la sua perfetta forma fisica, camicia bianca e cravatta dello stesso colore dell'abito di Elisa, la guardò sorridendo mentre continuarono a camminare nella direzione della Chiesa di San Bartolomeo Apostolo.
Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata, fu la prima volta che vidi di nuovo Carlo dopo aver pianto nella sua doccia per togliermi di dosso la sensazione di essere di troppo nella sua vita e di essere stato usato da lui. Rivoli di sudore freddo iniziarono a scendere lungo la mia fronte e la mia schiena, ed iniziai a tremare.
Fui investito di riso e fiori quando gli sposi uscirono dalla chiesa tra applausi, urla e spari di coriandoli.
Mentre tutti gioirono e si concentrarono sulla coppia di novelli sposi, io rimasi come in trance a guardare un'altra coppia nella piazza, ed il cono di carta nella mia mano fece scivolare sbadatamente i chicchi di riso a terra.

Cercai di nascondermi nella folla per non farmi vedere da Carlo, aggirando la piazza e scendendo velocemente le scale in pietra del paese di Sant'Eufemia per tornare di corsa alla macchina.
Arrivato alla vecchia Golf bianca mi chiusi dentro, poggiai le mani sul volante e fissai il vuoto ragionando sul da farsi.
Evidentemente Carlo, la cui propensione all'essere sempre in ritardo è proverbiale, arrivò a cerimonia ormai terminata insieme a Elisa. Le settimane trascorse da quella notte insieme probabilmente le passò con lei, baciando il suo corpo perfetto e liscio, incastrandosi in lei, stringendola tra le sue possenti braccia.
Sentii il sale delle lacrime bruciare ai lati degli occhi ma decisi ti rispedirle indietro e che avrei partecipato il matrimonio come se nulla fosse. Era stato Carlo a usarmi, non io. Era stato Carlo a scappare da me, non il contrario. Realizzai che non avevo nulla da ricriminarmi e per cui nascondermi nella mia Golf bianca.

Dopo la cerimonia ci spostammo in un ristorante a qualche km verso la costa, impiegando circa mezz'ora per arrivare.
La grande sala degli a noi destinata, uno spazio coperto da volte a crociera in mattoni, fu illuminato da calde luci a parete che spararono fasci di luce sulle volte.
Le grandi vetrate affacciavano sul giardino curato del ristorante, dove scoprimmo era previsto il buffet d'ingresso che fu spostato a causa del maltempo. Numerosi tavoli rotondi furono disposti dentro la sala, ognuno rinominato con il nome di un pittore del Novecento, ognuno di essi con un centrotavola semplice fatto di candele, pennelli e fiori di campo.
Il tableau, realizzato utilizzando un cavalletto da pittore e una riproduzione su tela de Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, riportò i nomi di tutti divisi per tavoli su fogli di carta pergamena. Scoprì con enorme sollievo che io fui smistato al tavolo Andy Warhol mentre Carlo, insieme ad Elisa, fu destinato al tavolo Amedeo Modigliani.
Andai al buffet cercando con lo sguardo Carlo, sperando di non incontrarlo, soprattutto in compagnia di Elisa. Dopo aver controllato che via fosse libera, mi fiondai sul tavolo del buffet di benvenuto e presi due flute di prosecco, di cui uno lo ingurgitai subito, mentre il secondo lo tenni in mano passeggiando tra la folla di invitati.
Camminai tra la folla ed uscii nel giardino bagnato della pioggia dove luci danzanti furono disposte intorno ai tronchi degli ulivi secolari e grandi lanterne con candele regalarono un'atmosfera magica al giardino del ristorante impraticabile a causa del maltempo di quel pomeriggio.
Mentre studiai il panorama delle colline circostanti sentii un parlottare alle mie spalle, mi girai e vidi Elisa in abito verde e una sua amica con un abito rosso che parlarono mentre l'amica fumò una sigaretta.
"Non lo so, Cla, non è come prima" disse Elisa all'amica
"Ma spiegami bene" incalzò l'amica che probabilmente rispondeva al nome di Claudia o Clarissa.
"Un paio di settimane fa Carlo mi ha scritto" iniziò il racconto Elisa, mentre io mi avvicinai senza dare nell'occhio per ascoltare meglio "dicendomi che voleva parlare. Ci siamo visti e ha detto che gli manco, che vorrebbe ricucire la nostra storia e che si sente pronto. Però, boh, Cla... Non sono convinta. Se la nostra storia è finita i motivi c'erano, lui è bellissimo non me lo sarei certo lasciato sfuggire se non ci fossero stati problemi. Ma lui mi sembra molto convinto quindi ho voluto dargli una seconda possibilità."
Mentre Claudia o Clarissa diede una qualche risposta ad Elisa, io mi allontantanai con una bruttissima nuova rivelazione in testa: fu Carlo a cercare Elisa, dopo che i nostri corpi si unirono in quella notte di passione. Quindi cosa fu per lui passare la notte con me? Un errore? Una prova? Cosa?
Tornai nella sala d'ingresso e scesi le scale per recarmi alla toilette, sentii il bisogno di schiarire le idee e sciacquarmi la faccia.
Entrai e aprii il rubinetto dell'acqua fredda, misi le mani a coppa e le feci riempire di liquido fresco, per sporgermi in avanti e bagnarmi il viso con l'acqua fredda. Sollevai di nuovo la schiena e poggiai entrambe le mani sul lavandino e fissando il mio riflesso allo specchio. L'acqua continuò a sgorgare dal rubinetto, mentre la fredda luce del neon al soffitto fu presa di mira da una cimice.
Fissai il mio viso riflesso nello specchio, segnato dalle gocce d'acqua. Mi accorsi di come il peso perso in quelle settimane avesse scavato il mio viso, della tristezza nei miei occhi.
Ad un tratto la porta di aprì ed entrò Carlo, che come mi vide si arrestó.
Rimanemmo diversi secondi a fissare il riflesso dell'altro allo specchio, dritto negli occhi, senza dire una parola. Ancora con il viso e le mani bagnate ed il cuore in gola mi diressi verso la porta ma Carlo mi fermò per un braccio dicendo "aspetta!".
Mi fermai senza voltarmi verso di lui e rimasi in silenzio, dopo qualche secondo Carlo parlò "Non sono pronto, ti chiedo scusa. Ti voglio bene ma non sono pronto a quello..." Disse e lo immaginai a fissarsi i piedi come di solito fece quando si trovava in situazioni di imbarazzo.
Mi divincolai dalla sua presa e uscii dal bagno, con gli occhi lucidi.

A termine degli antipasti e dei primi tornai in giardino e accesi una sigaretta che fumai quasi senza accorgermene. I miei pensieri furono convogliati tutti alla conversazione, o meglio il monologo, avuta in bagno e feci appello a tutta la mia volontà per non tornare dentro a prendere a parole e schiaffi Carlo.
"Che cazzo significa non sono pronto?? Lo eri quando mi hai sborrato in bocca!" pensai tra me e me, mentre spirali dense di fumo uscirono dalla mia bocca.
Finita la sigaretta tornai dentro giusto in tempo per il lancio del bouquet, tutte le donne non sposate si disposero ad una certa distanza dalla sposa che, di spalle, lanciò alle invitate il suo mazzo di fiori.
Elisa catturò al volo il bouquet e lo sventoló come una bandiera davanti alle rivali, poi corse sui suoi tacchi in direzione di Carlo, lo abbracciò e si abbandonarono ad un bacio molto passionale tra gli applausi ed urla da stadio dei presenti.

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Carlo riaffiorò dal bacio, guardò Elisa e pensò che era davvero bellissima.
Si avviarono verso la pista da ballo dove, insieme agli sposi ed alle altre coppie si abbandonarono ad un lento mentre la bravissima cantante che animò la serata cantò "L'emozione non ha voce" di Adriano Celentano.
"Come mai mi hai baciato?" le chiese all'orecchio.
"Ho appena preso il bouquet, e ho pensato di baciarti" rispose lei sorridendo.
Carlo capì che la ragazza lo avesse baciato davanti a tutti per non sfigurare sembrando la sola single a cui l'amica che si sposa lancia il mazzo di fiori per pietà, ma volle dare l'idea di essere la designata dal destino visto che avesse già un prestante fidanzato.
In quel momento ripensò a Luca seduto in una panchina nel parco davanti casa sua che, facendogli il solletico, intonò qualche verso di "Per Elisa".
La canzone risuonò nella sua mente

"Per Elisa
vuoi vedere che
perderai anche me"

E se quel verso fosse stato profetico? E se avesse perso Luca per le mille paure che lo afflissero dopo quella magica notte?
Carlo studiò il volto di Elisa e si accorse che era davvero bellissima ma non era ciò, o meglio chi, lui volesse.
Carlo fermò la sua danza e guardando la ragazza negli occhi disse "Elisa, ti ho amata, e tanto. Ma non credo che siamo più le stesse persone di prima. O almeno non lo sono io. Spero un giorno potrai perdonarmi ma non posso stare con te non provando più certi sentimenti. Scusa" Si congedò dalla ragazza con un bacio in fronte avendole spieganto che la loro storia fosse arrivata al capolinea, mentre il viso di lei assunse un'aria confusa prima e funereo poi. Si allontanò da lei lasciandola sola sulla pista da ballo, si diresse verso i tavoli cercando il tavolo Andy Warhol dove, da tableau, doveva essere Luca.
Non lo trovó da nessuna parte, cercò nel giardino, nei bagni e nel salone d'ingresso. Arrivò al parcheggio del ristorante cercando la Polo bianca dell'amico senza trovarla. Prese il telefono per chiamare l'amico ma questo si era spento per batteria scarica senza che Carlo se ne accorgesse.
Capì che Luca doveva essere andato via quando vide il bacio tra Elisa e lui.
Tornò di corsa nella sala del banchetto, salutò negli sposi inventando una scusa, li ringrazió della festa e diede un ultimo sguardo a Elisa seduta al tavolo con le braccia conserte, furibonda e con gli occhi lucidi.
Non ebbe tempo di pensare al malumore di Elisa, doveva correre da Luca.

L'autostrada scivolò veloce sotto le gomme dell'auto di Carlo, il quale speró di trovare Luca a casa.
Lampi rischiararono la notte mentre sfrecciò in autostrada e altrettanti flash dei suoi ricordi con Luca balzarono davanti ai suoi occhi: l'incontro quando Athena strappò il guinzaglio, gli allenamenti in palestra, le seghe in doccia. La serata al Maracaibo quando sotto al tavolo percepì le gambe pelose di Luca sfiorare le sue e provó piacere da quel tocco nascosto.
Ricordò della prima volta che vide Luca nudo in spogliatoio e di quanto gli piacesse o di quella volta, il primo giorno in palestra, che vide Luca studiare il corpo di Antonio e provó gelosia.
Ripensò al bacio rubato la sera di alcuni mesi prima sulla panchina del parco davanti casa sua, del conforto quando vide arrivare Luca a casa sua la sera del giorno che venne licenziato e di come lo abbracciò sollevato e desideroso di non staccarsi più da quell'abbraccio.
I baci di quella sera tornarono nella memoria sulle sue labbra e sperò davvero di poter ricucire il rapporto con Luca.
Carlo capì che aver allontanato ed evitato Luca per tutto quel tempo fu una scelta davvero idiota, visto che ormai seppe di provare qualcosa per l'amico.
Arrivato al casello di uscita dall'autostrada prese la direzione del mare e corse verso casa di Luca. Imboccò via Garibaldi, poi svoltò a destra e percorse alcune vie secondarie per aggirare il traffico dell'alta stagione e del periodo di ferragosto.
Grosse gocce di pioggia iniziarono a cadere sul parabrezza della macchina, con un rumore profondo e ritmico.
Parcheggiò lungo via Quattro Novembre e di diresse verso casa di Luca mentre la pioggia cadde fitta dal cielo.
Si ritrovò presto zuppo e corse sulle scale dell'edificio a ballatoio dove viveva Luca, facendo le scale due a due. Arrivato davanti alla porta dell'interno 7 suonò in maniera febbrile e suonò il campanello ripetutamente.
Dopo qualche secondo il portoncino blindato si aprì e Luca confuso aprì la porta. Carlo notó che l'amico assunse un'aria nervosa e basita quando lo vide fradicio sul suo uscio.
"Carlo ma che cazz...."
"No aspetta, lascia parlare me" lo interruppe Carlo completamente fradicio, con la camicia bianca bagnata incollata alla pella e i capelli grondanti di acqua piovana "mi sei mancato ogni singolo giorno che non ci siamo visti. Sono stato un coglione, lo so. Avevo paura di ciò che provo, di ciò che avrebbero pensato gli altri o io stesso di me. Tu sei molto più coraggioso, io sono solo un fottuto cagasotto. Se potessi tornare indietro nel tempo lo farei ma non posso.
Ho capito solo ora che ciò che voglio davvero e più di ogni altra cosa è stare con te ogni giorno e ogni notte, saperti vicino: l'unico posto dove voglio stare è al tuo fianco."
Gli occhi di Luca divennero lucidi mentre lui e Carlo si fissarono per alcuni secondi.
Carlo sentì il bisogno di baciare Luca e, proprio nel momento in cui alzò il piede per spostarsi verso l'amico, alle spalle di Luca fece capolino Antonio in pantaloncini e petto nudo, il quale assunse un'aria imbarazzata.
Carlo sentì la terra mancare sotto i piedi mentre un lampo illuminò la notte ed il tuono ne squarciò l'oscurità.
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