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Gay & Bisex

In vacanza (parte 3)


di onlyfg
16.02.2024    |    7.418    |    12 8.8
"Dai andiamo a mangiare qualcosa che poi ti accompagno all’aeroporto”..."
Entrammo in casa frettolosamente continuando a baciarci come se non ci fosse un domani. Nel frattempo i nostri vestiti volavano da ogni parte, restando entrambi solo coi pantaloni. Iniziai a leccare i suoi capezzoli mentre ci dirigevamo in camera. Gli sbottonai i jeans e strusciai le mie labbra sui suoi slip gonfi; era già durissimo e la cappella fuoriusciva leggermente. La bagnai di saliva e la infilai avidamente nella mia bocca facendola arrivare fino in gola. Luca sussultò facendomi capire che apprezzava il mio lavoretto, spingendo con delicatezza la mia testa per aiutarmi a tenerlo il più possibile dentro.

Con dei colpi di bacino, sempre tenendomi la testa con due mani, mi scopava velocemente la bocca; sentivo la cappella e le vene del suo cazzo pulsare, avrei dovuto rallentare per non farlo venire, ma era bellissimo sentire la sua eccitazione, quindi, al contrario, accelerai il ritmo e presto mi riempì di getti caldi e copiosi della sua deliziosa sborra. La inghiottii avidamente e salii a baciarlo per assaporarla insieme.

Avevo il cazzo che mi scoppiava nei pantaloni e Luca mi eccitava ancora di più accarezzandolo con una mano; dopo aver limonato a lungo, li sbottonò e si abbassò a cercare con la bocca la mia cappella ormai bagnata, la fece scomparire rapidamente e aiutandosi con la mano e con la bocca mi fece raggiungere subito l’eiaculazione.
Riprendemmo dopo pochi minuti con un bel 69, alternando pompini e leccate di culo che ben presto ci riportarono ad avere il cazzo nuovamente durissimo. Luca a questo punto mi disse che mi desiderava e che voleva sentirmi dentro di lui. Si posizionò a pecora e, dopo qualche altro colpo di lingua, umidito per bene il buchetto iniziai ad infilarglielo piano piano, permettendogli di farsi strada senza dolore.

Era bellissimo essere dentro di lui. Il suo buchetto era strettissimo, si vedeva che non lo concedeva facilmente. Lo sentivo ansimare sotto i miei colpi che si facevano sempre più decisi. Poi mi stesi a terra sul tappeto e lui si posizionò su di me. Dirigeva lui la situazione e dosava la spinta e il ritmo. Gli piaceva ancora di più così, anche perché potevo segarlo e addirittura succhiarlo se si sfilava dal mio cazzo. Godeva tanto e io con lui, lo sentivo aumentare il ritmo e anch’io lo segavo più velocemente. Ancora pochi colpi e venni, riempiendolo tutto. Poi fu il suo turno.

Mi girai e con molto impeto mi penetrò, sentii un po’ di dolore, ma ben presto si trasformò in piacere. Aveva un affare davvero grosso e ad ogni spinta me lo sentivo arrivare allo stomaco. Avrei voluto non finisse mai, era stupendo essere suo completamente. Poi mi girai ancora, volevo guardarlo negli occhi per vedere tutto il suo piacere. Appoggiai le caviglie sulle sue spalle e sollevai il bacino per accoglierlo tutto in me. Sentivo il suo respiro affannarsi e le spinte farsi più impetuose, più aumentava e più godevo, fino a sentirlo esplodere dentro di me e dall’impeto venni anch’io. Non capivo più nulla, un’overdose di godimento infinito. Luca mi leccò tutto e poi si lasciò cadere sopra di me sfinito. Io lo abbracciai con forza e gli accarezzai i capelli. Avrei voluto fermare il tempo, cancellare il mondo intero, volevo solo lui.

Scoppiai a piangere come un bambino, non volevo separarmi da lui e non sapevo come fare. Non era solo la settimana delle vacanze ma anche tutto il resto. Dopo il viaggio sarei dovuto tornare a Foggia e questo mi rattristava moltissimo. Luca non mi vide in quello stato, era sfinito e si era addormentato coccolato dalle mie carezze. Ad un tratto, nemmeno avesse avvertito il mio malessere, sussultò come avesse fatto un brutto sogno. – “Ho sognato che ero andato in bagno e quando sono uscito eri sparito” – disse ancora incredulo – “Come farei senza di te?” – sorridendo – “Ormai sei indispensabile per me”.


Era così dolce, riusciva a far apparire rosee anche le cose più brutte e senza soluzione. Io mi feci più serio e replicai con voce rotta: “Mentre dormivi ho pianto perché non voglio lasciarti. Non so come fare, non voglio più nemmeno partire”. Mi guardò con gli occhi lucidi e mi abbracciò forte.

- “Se non vuoi partire puoi restare qui tranquillamente, mi farebbe piacere, però mi dispiace farti perdere i soldi e la tua vacanza”.
- “Dei soldi non me ne frega nulla, ma dopo questa settimana cosa succederà? Forse ci siamo andati a ficcare in una cosa più grande di noi”.
- “Non dire così, troveremo una soluzione. Sei pentito?”
- “Assolutamente no, forse non l’hai ancora capito. Io ti amo. Non so più immaginarmi senza di te”.
- “Ti amo anch’io Enzo, non so cos’è successo ma sto troppo bene con te. Comunque credo che tu debba farti la tua vacanza, io non scappo. Sto qui. Quando torni mi troverai ad aspettarti”.
- “Sarà una vacanza di merda senza di te. Comunque hai ragione, ci servirà per riflettere un po’. Magari abbiamo corso troppo, non voglio condizionarti e poi tu hai da fare le tue cose, non voglio starti tra i piedi”.
- “Non è quello ma è giusto così. Dai andiamo a mangiare qualcosa che poi ti accompagno all’aeroporto”.

Non sapevo cosa pensare, ero combattuto e i dubbi mi assalivano. Forse aveva ragione Luca, avevamo bisogno di staccare. Non posso pensare che è stato tutto un fuoco di paglia. Ho sentito il suo amore, non era solo attrazione fisica. Non so se cercavo di autoconvincermi o effettivamente vedevo le cose così com’erano.

La situazione divenne alquanto imbarazzante, andammo a mangiare senza quasi spiccicare una parola. Luca mi guardava teneramente ma la mia testa era troppo confusa. Arrivò il momento di andare all’aeroporto, sembrava che non ci fossero più argomenti, tutto era futile e i silenzi sempre più imbarazzanti. Entrammo a Malpensa e mi avvicinai per mettermi in coda al check-in. Luca non si staccava da me e io mi sentivo morire dentro. Scambiammo qualche parola, ci promettemmo di sentirci ogni giorno e tramite messaggi. Luca cercava di sdrammatizzare scherzando e facendo battute stupide tipo: “Se trovi qualcuno bono mandami qualche foto, ecc.”. Io cercavo di stare al gioco, ma si vedeva che non avevo nessuna voglia di scherzare.

Chiamarono il mio volo, era arrivato il momento dei saluti. Luca mi abbracciò forte e mi disse: “Fai il bravo…”, io lo strinsi come se non dovessimo vederci più, gli diedi un bacio sulla guancia e mi avviai verso il mio volo. Dopo le fasi di routine l’aereo decollò. Destinazione Santo Domingo…
E pensare che avevo programmato questa vacanza da tempo
, volevo divertirmi e basta, non pensare a nulla e staccare completamente. Certo nei miei piani c’era anche quello di divertirmi sessualmente, d’altronde si va in vacanza anche per quello, ma ora mi sembrava tutto diverso, estraneo e noioso.

Sicuramente ne avrei approfittato per godermi il mare e per rilassarmi, non avevo più tutto l’entusiasmo iniziale, ma ormai tanto valeva prendersi il meglio di ciò che sarebbe venuto.
Il viaggio fu abbastanza tranquillo, riuscii pure a dormire qualche ora. Arrivai in albergo alle 14:15 ora italiana, ma lì erano le 9:15, infatti mi sistemai alla meglio e scesi a fare colazione. Tutto molto curato, colazione a buffet con tantissima roba da mangiare. C’erano molti italiani, quindi era più semplice socializzare un po’. “In fondo sarà una bella vacanza tutto sommato” – pensai tra me e me.

Nel pomeriggio il capo animatore (un bellissimo ragazzo devo dire), annunciò che la sera ci sarebbe stato un cocktail di benvenuto e che come tradizione ognuno degli ospiti avrebbe dovuto presentarsi e raccontare una barzelletta, giusto per rompere il ghiaccio, e che a fine serata sarebbe stata premiata la migliore interpretazione.
Mi vergognavo un po’ ma per non fare brutta figura iniziai a pensare ad una barzelletta da raccontare. Arrivò subito il mio turno, salii sul palco e dopo una breve presentazione iniziai con la barzelletta:

- Un omosessuale in stazione vede un bellissimo ragazzo di colore che gironzolava come se aspettasse di essere adescato, quindi si avvicinò e gli chiese se ci stava. Questi rispose che lo faceva a pagamento e che per ogni centimetro del suo pene gli avrebbe dovuto corrispondere 10 euro. L’uomo controllò nel portafoglio, aveva solo 80 euro, così andarono in bagno e si misero dietro la porta, il ragazzo di colore prese le misure e il gay si posizionò a gambe divaricate pronto a ricevere i suoi meritati 8 cm. Mentre glielo infilava un turista frettoloso di correre in bagno per via di una forte dissenteria, aprì con forza la porta del bagno e il ragazzo di colore spinse tutto l’uccello dentro, con immensa gioia del gay che urlò: “Siiiii!!! Riempimi di debitiiiii…”.

Scoppiarono tutti in una fragorosa risata e anche il capo animatore mi fece i complimenti, con aria sorniona. Finita la serata ci fu la premiazione e rimasi di stucco quando mi chiamarono sul palco a ritirare il premio, ma fui veramente in imbarazzo quando mi chiesero un’altra barzelletta. Non avevo preparato nulla, è vero che ho un vasto repertorio da cui attingere, però arrossii vistosamente. Il pubblico era in delirio e non ne voleva sapere di farmi andar via senza adempiere all’incombenza. Mi rassegnai e sfacciatamente sfoderai un altro asso del mio repertorio, ovviamente “gaio”.

– Esercito italiano: all’adunata del mattino il caporal maggiore riferisce al suo superiore:
“Sergente, purtroppo è successa una cosa gravissima”.
– “Oh, Madonna! Dimmi tutto, cos’è successo?”
– “Mi hanno riferito che un soldato ha inculato la mula…”
- “Eh Madonna mia, e vabbè, e che sarà mai? Questi sono giovani, devono pur sfogare il testosterone che hanno in corpo…”.
Il giorno dopo la storia si ripete:
- “Sergente, sergente…” – gridò correndo e avvicinandosi il caporal maggiore – “Che diamine succede qui?” – replicò il superiore – “Sergente è successa una cosa ancora più grave… 10 soldati hanno inculato la mula…” – “Ancora con questa storia? Ma perché ti scandalizzi per una cosa così? Ma lo sai che a noi per farci stare calmi ci mettevano il bromuro nel caffè latte? Lascia correre e falli divertire un po’ sti giovincelli arrapati…”.
Alcuni giorni dopo il sottoposto si recò direttamente dal capitano di camerata:
- “Capitano, qui stanno succedendo fatti incresciosi, davvero molto incresciosi…”.
- “Mi dica caporale, mi dica…”.
- “Capitano, il sergente dice che non ci dobbiamo preoccupare, che è tutto normale, ma la cosa è diventata enorme adesso. Tutta la camerata ha inculato la mula…”.
- “Oh, per dindirintina! Questi giovanotti di oggi hanno proprio il sangue che ribolle nelle vene… comunque lasciamo correre, vedrà che si stancheranno e tutto rientrerà”.
Trascorsi altri due giorni il povero caporale sfinito ormai, pensò bene di rivolgersi al “capo dei capi”, si recò dal generale e gli raccontò l’accaduto:
- “Generale, io mi rivolgo a lei perché questa cosa che sta succedendo è davvero inammissibile, macchia l’onore dell’esercito italiano tutto”.
- “Addirittura caporale! E che sarà mai? Mi racconti…”
- “Generale, purtroppo tutta la caserma ha inculato la mula…”
- “Caspita! Effettivamente la cosa è alquanto strana e va indagata. Domani mattina sarò presente all’adunata per accertarmi di quanto accaduto”.
L’indomani all’adunata arrivò il generale con sguardo austero e ordinò a voce alta:
- “Quanti di voi hanno inculato la mula facciano un passo avanti”.
Un frastuono immenso si sollevò e tutti i soldati fecero un passo avanti. Giù nella folla il generale scorse un solo soldato che era rimasto al suo posto, quindi gli si avvicinò fiero e gli disse con voce ferma e autoritaria:
- “Complimenti soldato! Tu sì che sei un vero uomo. Come ti chiami?”
Il soldato con voce suadente e compiaciuta rispose con orgoglio:
- “La Mulaaaaa…”
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