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Inculato da un mio dipendente - parte 3


di gattino0123
23.10.2023    |    14.048    |    27 8.7
"Tornato a casa metto subito le birre in frigo, ordino le pizze e mi fiondo in doccia..."
Dopo il lungo pompino fatto a Stefano, sono rimasto per un bel po’ da solo in bagno, rannicchiato per terra. Non avevo il coraggio di guardare come mi aveva ridotto ma, d’altra parte, non potevo neanche restare chiuso nel bagno dell’ufficio per tutto il pomeriggio.

Provo ad origliare, mi sembra che non ci sia nessuno, apro la porta della toilette e mi precipito verso lavandino e specchio. Con mio grande stupore il danno era molto più grave di quanto pensassi: la camicia era piena di chiazze enormi del suo sperma, che non si sarebbero di certo asciugate a breve. Aveva mirato bene per sporcarmi, magari era proprio questo il suo intento fin dall’inizio, da quando mi aveva portato in bagno con una scusa.

Lavo per bene il viso per pulirmi e, nel frattempo, provo a pensare ad un piano di azione. Sicuramente non potevo tornare dai miei colleghi conciato in questo modo, dovevo inventarmi qualcosa. Poi l’illuminazione: in tasca ho le chiavi e il cellulare, mando un messaggio millantando presunti problemi di famiglia, e scappo via dall’ufficio, sperando di non incontrare nessuno.

Non so se qualcuno mi ha visto, non l’ho mai saputo, ho tenuto la testa bassa per tutto il tempo per la vergogna. Lungo il tragitto verso la macchina provavo solo tanta rabbia, pensavo alla faccia compiaciuta di Stefano, che era riuscito nel suo intento di umiliarmi, chissà quanto era soddisfatto dopo aver saputo che ero scappato dall’ufficio in quel modo. Basta, non gli avrei più permesso di comportarsi così nei miei confronti.

Tornato a casa mi fiondo subito in doccia, ho voglia di lavarmi per bene dopo quell’episodio. Mi insapono con tanta rabbia ma, nella mia mente, scorrono anche le immagini di tutto quello che era accaduto. Vedo Stefano che mi scopa la bocca con una foga che non avevo mai ricevuto in vita mia, vedo il suo sguardo deciso che mi ha sempre tanto attratto e ho ancora in mente la sensazione del suo cazzo durissimo tra le mie labbra. In pochissimo tempo la rabbia si trasforma in eccitazione e inizio a segarmi, ripensando a tutto l’episodio.

È difficile descrivere i sentimenti contrastanti che stavo provando. Da una parte mi vergognavo per quello che stavo facendo ma, dall’altro lato, sapere di essere stato scopato da Stefano mi dava un’adrenalina e un’eccitazione mai provati, mi sentivo vivo e spento allo stesso tempo. Per la prima volta nella mia vita una sega, a livello fisico e cerebrale, mi sta facendo godere enormemente, avevo desiderato Stefano per mesi e adesso, che incredibilmente avevo avuto dei rapporti sessuali con lui, il mio intero corpo si sentiva appagato.

Era il mio momento per godermi il pompino che gli avevo fatto, la mia mente stava selezionando solo le parte bella ed eccitante, lasciando per un attimo in un cassetto la parte che non volevo affrontare. Sfogato l’ormone, infatti, torna in me la rabbia e la tristezza per il trattamento che avevo subito, dovevo davvero impedire a Stefano di avere la meglio su di me.

Il giorno dopo entro in ufficio a testa alta e con passo deciso, saluto tutti con un sorrisone e mi dirigo verso la mia postazione. Con la coda dell’occhio intravedo Stefano spiazzato, dopo la trappola che mi aveva teso probabilmente si aspettava di vedermi con l’umore cupo e intristito. Vado verso i quattro componenti del mio team e assegno loro dei compiti per la giornata, lasciando a Stefano le attività più noiose, quelle che solitamente non vuole fare mai nessuno.

Lo vedo furente, non reagisce ma si vede chiaramente che vorrebbe esplodere da un momento all’altro, gli sta bene, che goduria vederlo così.

Poi mi sposto poco più in là e resto in piedi a parlare con altri colleghi manager, ma sono distratto e poco concentrato, non mi piace la situazione che si era venuta a creare. Si certo, mi piaceva questa piccola rivincita che avevo appena ottenuto, ma volevo anche ripristinare il mio vecchio rapporto con Stefano. Mentre i miei colleghi mi parlano di strategie di marketing, che in quel momento mi interessano meno di zero, fingo di ascoltarli e mi viene in mente che quella sera ci sarebbe stato il derby Milan-Inter.

Prima che il nostro rapporto si incrinasse, il calcio era sempre stato un punto che ci aveva legati: lui un romano che, per imprecisati motivi, si era ritrovato a tifare Inter; io che, con sua grande sorpresa, avevo una grande conoscenza calcistica e sapevo citare tutte le formazioni del Milan da inizio secolo ad oggi.
Prima parlavamo tanto di calcio, ci stuzzicavamo bonariamente sulle nostre reciproche squadre, poteva essere l’argomento che avrebbe rimesso le cose al loro posto, ne ero certo.

Dopo pranzo vedo Stefano allontanarsi verso le macchinette del caffè e lo raggiungo:
Io: “Ehi, stasera pizza, birretta e derby da me? Cosa ne dici?”.
Stefano si guarda attorno, per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi: “Cosa c’è? Allora le vuoi proprio prendere davvero”, mi dice guardandomi malissimo.
Io: “No, anzi il contrario, voglio risolvere questa situazione. Passiamo una serata normale, questa partita avremmo voluto guardarla insieme, ricordi? E allora facciamolo”.

Stefano sta per dirmi qualcosa ma dalla porta accanto si avvicinano due colleghi anziani, li intravede e abbozza un “ti faccio sapere”, lasciandomi lì da solo con il caffè in mano. Durante il resto della giornata non ho più modo di vederlo, sono preso da mille riunioni e scadenze urgenti, quando ritorno in postazione Stefano è già uscito. Mi intristisco un attimo, ormai iniziavo a pensare che avrei passato la serata in sua compagnia, poi guardo il cellulare e vedo un suo messaggio, un semplicissimo “va bene”.

Leggendolo sorrido immediatamente, è incredibile come ogni sua parola o azione possa condizionare il mio umore in maniera così repentina.

Tornato a casa metto subito le birre in frigo, ordino le pizze e mi fiondo in doccia. Non mi aspettavo niente dalla serata, ma avevo un’irrefrenabile voglia di essere liscio e profumato in vista del suo arrivo. Mi depilo completamente e indosso una maglietta azzurra che mette in risalto i miei occhi, non so perché lo sto facendo, so solo che mi va di farlo. Stefano arriva puntualissimo, lo faccio entrare, non mi da neanche il tempo di richiudere la porta che si avvicina a pochi centimetri dal mio viso.

Stefano: “Non sono qui per guardare la partita, sono venuto a dirti che mi devi lasciare in pace”.
Io: “Io? Ma in che mondo parallelo vivi? Sei tu che mi hai fatto violenza a Londra e mi hai voluto umiliare proprio ieri in bagno, oppure hai già rimosso tutto?”.

Stefano: “No sei tu il problema. Sei tu che mi hai guardato il cazzo dieci minuti interi in doccia, sei tu che non fai altro che guardarmi in ufficio. Cosa credi? Che non me ne sia accorto? Ogni volta che parlo, ogni volta che cammino, mi guardi, ma che te guardi? Mi metti a disagio e mi disgusti”.

Io: “Adesso stai esagerando con le parole Ste, smettila”.
Stefano: “No, non sto esagerando. Io pensavo di poter imparare tanto da te, invece mi ritrovo ad avere come capo una persona senza palle, anzi, uno che le palle le vorrebbe da un’altra parte”.
Io: “Sei tu il senza palle”.

Al suono di questa mia frase perentoria mi mette una mano sui capelli e inizia a tirarli forte, guardandomi duramente. Io non cedo di un centimetro e lo guardo a mia volta con decisione, dritto negli occhi, senza paura, e gli metto una mano sul petto come per allontanarlo. Ci guardiamo intensamente, nessuno dei due abbassa lo sguardo, la tensione è palpabile nell’aria, restiamo fermi in questa posizione per qualche secondo, guardandoci.

Sto per ripetergli la frase che lo aveva fatto scattare ma veniamo interrotti dal suono del citofono, è il fattorino che ha portato le pizze.

Ci interrompiamo, vado a prendere le pizze sul portone di casa, lungo le scale penso che vorrei quasi cacciare via Stefano, ma l’avrei vissuta come una sconfitta personale. Così rientro in casa con un piglio più diplomatico: “dai, guardiamoci questa partita, se stai così male nel mio team valuteremo altre posizioni in azienda, promesso”. Sembra accettare la tregua, ci piazziamo sul divano con pizza e birre sul tavolinetto, è appena iniziato il derby.

Come per magia sembra essere tornati indietro nel tempo, parliamo di calcio, battibecchiamo amichevolmente sul nostro diverso tifo calcistico, addirittura ridiamo insieme per alcuni episodi della partita. Finisce il primo tempo e sono fiero della mia scelta, sapevo che il calcio ci avrebbe di nuovo uniti come un tempo. Non sapevo però che Stefano stava per spiazzarmi con una richiesta:

Stefano: “Per il secondo tempo facciamo un cambio. Io guardo la partita e te stai in ginocchio, come piace a te”.
Io: “E la partita?”.
Stefano: “Eh, non la guardi, ti concentri su di me. Inter, birra e pompino sono un bel mix, magari se non ti guardo faccio finta che al posto tuo ci sta Melissa Satta”.
Io: “Ma lo sai che sei proprio stronzo? Scordatelo”.

Stefano: “Dai, mi faresti davvero un bel regalo, ti prego”. Mi poggia la mano tra i capelli e, con il pollice, inizia a farmi un grattino all’altezza della nuca. In quel momento ho compreso pienamente la potenza della chimica: quel grattino, fatto con tono di voce dolce ma deciso e con il suo sguardo da furbone mi hanno fatto provare un enorme brivido di piacere, quasi innaturale, se consideriamo soprattutto la semplicità del gesto.

Senza controbattere mi metto subito in ginocchio, tra le sue gambe larghe, lui inizia a sorseggiare la birra e torna a guardare la partita. Sbottono i suoi jeans e inizio a spompinarlo, faccio su e giù con la testa e, lentamente, sento il suo cazzo ingrandirsi e indurirsi tra le mie labbra.

È una goduria, me lo gusto per bene, Stefano ha proprio un bel cazzo: è grosso, tra le labbra si sente una presenza imponente, e poi ha proprio una bella estetica, ha una forma regolare e la cappella ha un colore rosa acceso. Per non parlare del suo odore che mi fa impazzire, non solo perché è pulito (cosa fondamentale per me) ma soprattutto perché la sua pelle ha un profumo naturale buonissimo, mi attira, mi gusto il suo cazzo come se fosse un ghiacciolo.

Mentre lo spompino, con la mano destra sorseggia la birra e mi mette la mano sinistra sui capelli, accarezzandoli. Forse non lo ammetterà mai ma sto iniziando a pensare che gli piacciono, per diversi motivi o con diverse scuse ha sempre le mani tra i miei capelli, o per tirarli o per accarezzarli, l’ho già notato diverse volte.

Questo gesto mi fa impazzire e inizio a spompinarlo con più foga, passo da un ritmo lento ad un andamento più sostenuto, succhio come si deve. Noto che gli piace perché, per un attimo, smette di guardare la partita e abbozza un “oh si”, guardando verso l’alto.

Prendendomi sempre dai capelli mi sposta la bocca dalla cappella fino alle palle, senza dire niente, ma intuisco subito l’invito: le prendo in bocca e le succhio un po’, sembrano davvero grandi e piene, che bella sensazione averle tra le labbra. Poi inizio a leccarle per bene, si vede che gli piace, non ha lo sguardo cattivo di ieri, sembra davvero che io stia avverando un suo grande sogno, come diceva: Inter, birra e pompino.

Mentre gli lecco le palle lo guardo dal basso e non riesco a smettere di pensare a quanto sia bello. Ci sono sicuramente ragazzi più belli di lui, alcuni me li sono anche fatti in passato, ma lui in più ha quel modo di fare che mi incanta.

Mentre lo guardo lo vedo così naturalmente sicuro, se esistessero davvero le vite passate credo che in un’altra vita lui avrebbe potuto essere un imperatore o un gladiatore romano, è tanto maschio, ma non in maniera caricaturale o burina, lo è e basta. L’ho spompinato per tutta la durata del secondo tempo, ben 45 minuti, ho le ginocchia che mi fanno malissimo, ma non importa, adoro il suo cazzo e adoro procurargli piacere.

Stefano: “Dai aumenta un po’ il ritmo”.
Non me lo lascio ripetere due volte e lo spompino con decisione, faccio scorrere bene le labbra e succhio come si deve, ingoiando il suo cazzo quasi ad altezza tonsille.
Stefano: “Oh si, prendilo tutto, così”, dice tornando ad accarezzarmi i capelli.

Succhio ancora per un po’, fino a quando, dopo il pompino più lungo di tutta la mia vita, Stefano inizia a venire. La prendo tutta in bocca, con avidità, la assaporo e la mando giù con piacere. Vedo il suo sguardo eccitato e in pieno godimento, non desideravo altro da tempo. Non contento, una volta finito, gli ripulisco il cazzo con la bocca, voglio proprio farlo godere come non mai.

Mentre faccio quest’ultimo gesto mi guarda quasi con stupore e, rivestendosi, prova ad indagare.
Stefano: “Quindi, fammi capire, a quante altre persone in azienda hai fatto questo servizietto?”.
Io: “Nessuno”.
Stefano: “Boom, ecco la cazzata, figurati se ci credo”.
Io: “Ma si che è vero, perché non mi credi?”.

Stefano: “Perché si vede che sei predisposto a farti usare. E poi lo vedo come guardi Antonio del reparto acquisti, quello è un altro che hai adocchiato”.
Io: “E’ bel ragazzo ma no, non l’ho adocchiato, come dici tu. L’ho fatto solo con te e avevo voglia di farlo solo con te”.
Stefano: “E perché solo con me? Che ho di speciale?”.
Io: “Non lo so, boh, mi piaci”.

Stefano: “Io cosa?”.
Io: “Mi piaci”.
Stefano: “Ma che schifo! Senti, adesso non metterti strane idee in testa, abbiamo giocato e mi divertiva vedere fino a che punto riesci ad essere sottomesso. Ma la cosa finisce qui, mi fai schifo tu e mi fa schifo quello che fai”.
Io: “Ste, per favore”.

Stefano: “Mi fai schifo”, dice scandendo bene le parole, avvicinandosi faccia a faccia con me. “E pulisciti la bocca, c’è così tanta sborra che sembra che c’hai il lucidalabbra”.
E, su queste parole, va via sbattendo la porta di casa, sgretolando le poche certezze che pensavo di aver acquisito durante quello che doveva essere il più bel pompino della mia vita.

Continua!
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