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Sirio e Leo continua


di Superperv
18.03.2024    |    1.781    |    3 9.3
"In bagno, sotto la doccia mi spinse in ginocchio per farmi bere la sua piscia, prendendomi a sberle, poi, perché ne avevo persa troppa..."
A casa ripensai molto a quello che era successo con Leo, a quanto mi fosse piaciuto essere il suo schiavetto, e a quanto anche lui aveva immensamente goduto, e non lo aveva nascosto, anzi.
Mi domandai cosa avessi di così speciale per Leo, perché io, e non altri, alla fine non credo che nella sua posizione avesse difficoltà a trovare…
E così decisi che sarei stato obiettivo con me stesso. Mi spogliai nudo e mi guardai allo specchio.
Ero alto, magro, slanciato, gambe lunghe, culetto sodo e ben fatto, Spalle larghe, vita e fianchi stretti, i muscoli erano leggeri, allungati, eppure ben disegnati, il calcio prima, e ora i chilometri a piedi e gli sbattimenti per la roba, evidentemente avevano aiutato.
Pochi peli, ma dove servivano c’erano, mi dissi che il fisico senza dubbio era ok, non perfetto come quello di Ale, ma sicuramente un bel corpo, efebico, ma non gracile e nemmeno infantile. Passai all’esame del resto. Pene appena sopra la media, circonciso da bambino, a causa di una fimosi, palle grosse e molto ben pendenti, ancora una volta potevo dirmi soddisfatto.
Il collo lo avevo lungo e ben fatto, il viso aveva lineamenti regolari, bocca grande e carnosa, occhi allungati, verdi, bel naso, orecchie piccole e attaccate, e una massa di folti capelli mossi e neri. Anche lì non potevo che promuovermi. Mi resi conto che mi ero sempre sottovalutato prendendo come paragone Ale, ma a parte lui, non so quanti fossero più carini di me fra quelli che frequentavo.
E in più avevo un’aria curiosa e sveglia, e mutevoli espressioni del volto che avevano il loro perché. Mi fumai un poco di roba, mi godetti l’effetto e poi dopo aver buttato via la stagnola, mi misi a leggere un poco, ma mi addormentai quasi subito.
Il giorno dopo avevo una gran voglia di farmi sbattere brutalmente, non mi ero mai svegliato con in testa quel pensiero, diciamo che, salvo che con Ale e con Leo, per il resto avevo considerato il sesso come una modalità per fare soldi e pagarmi la roba e qualche altro extra.
Purtroppo mica potevo andare a suonare il campanello di Leo, che probabilmente era negli uffici della sua azienda, e manco dire di botto ad Ale che da amico fraterno volevo diventare la sua puttana.
E così, con la testa piena di fantasie decisi che avrei aspettato la sera nella speranza di rivedere Leonardo e andare avanti ad esplorare questo aspetto di me che era prepotentemente balzato allo scoperto.
Nel pomeriggio, però, andai al solito cinema a luci rosse.
Volevo essere assolutamente puttana, e mi misi in mostra, con jeans a vita molto bassa, niente slip, e maglietta di 2 taglie meno della mia che arrivava all’ombelico.
Se non tiravo su i pantaloni quelli gradevolmente scendevano lasciando metà culo in mostra, io allargai la cintura e i jeans scoprirono quanto volevo del mio piccolo culetto.
Mi feci inculare nel cesso del cinema, lo diedi a 4 uomini, due erano decisamente vecchi, gli altri due furono un tipo sposato sui 35, voglioso di fottere un culo di giovane maschietto e l’ultimo un nero dal cazzo gigantesco, sapevo chi era.
Era un giocatore di Basket della squadra locale, in Italia era in serie A, ma in USA probabilmente non sarebbe stato una star.
Aveva un cazzo enorme a lui il culo lo diedi gratis, era ovvio che non avrebbe pagato.
Mi inculò con violenza, senza rispetto, col gusto di tenermi giù, con la faccia che quasi toccava la turca della toilette, e di tanto, in tanto dandomi sculaccioni di quelli forti.
La sua mazza nera mi aprì l'ano come non mai, e quel pistone di carne arrivava davvero a fondo, andando a svangare il mio retto ed oltre.
Fu una scopata forte e veloce, intensa e intrigante.
Mi ripromisi anche di incontralo di nuovo, avendo sentito dire che era un sadico che amava le uniformi id pelle.
Poi andai a casa, mi feci una doccia, mi fumai una bella stagnola di ero, visto che tre dei maschi avevano pagato, e pure bene, per chiavarsi il mio culo e pensai a Leo.
Appena fu l’ora sensata, andai a battere, mi ero messo, per l’occasione shorts e canottiera bianchi, mutande bianche con elastico blu e scarpe adidas bianche con il logo blu.
Quando finalmente vidi i fari della sua macchina, in città c’è solo la sua, mi sfilai shorts e canottiera e rimasi ad aspettarlo in slip e scarpe, in bianco e blu.
Rallentò, fece un giro, evidentemente questa mia umiliazione lo intrigava, tornò indietro che già si erano avvicinate un paio di altre macchine, mi fece un cenno, mi avvicinai, mi indicò il cestino dello sporco ed io ci lasciai cadere dentro shorts e canotta, avevo capito l’antifona prima che la proponesse.
Salii in macchina, sorrisi, lui mi guidò la mano sul suo pacco mostruosamente duro.
Mi disse che ero proprio una vera puttana, senza ritegno. E io annuii, e già lo avevo duro, e divenne anche più duro quando mi disse come avrebbe voluto punirmi.
Abbassai la testa e gli dissi che mi meritavo di essere punito da lui, come voleva. Mi fece dire che ero uno sporco marchettaro, e per questo dovevo essere castigato e punito e che ero uno scarto, uno senza nessun valore, salvo il culo che vendevo.
E raggiungemmo casa sua, e qui venni punito per la prima volta, punito in maniera seria intendo.
Lo scantinato della villa era una vera sala di tortura, munita di tutto, c’era di che avere paura o di che andare in estasi, o tutte e due le cose assieme.
Quando mi legò alla croce di S. Andrea ebbi un’erezione immediata, ero lì, legato, a X esposto, i miei genitali erano indifesi, ero alla sua mercè.
Prese un frustino da cavallo e iniziò a verberarmi, dapprima, la parte alta del torace, poi più giù, quindi gli addominali e ancora più in basso, sul pube dove ogni colpo faceva davvero male.
Da ultimo colpì il pene eretto, sul glande con la punta piatta del frustino, e sulla verga, e poi fu la volta delle palle, ad ogni colpo sui testicoli, gemevo, urlavo, sentivo le ginocchia cedermi, non cadevo solo perché ero legato.
SI fermò, io in uno specchio vedevo il mio corpo coperto da sottili strisce rosse, e il mio viso coperto di lacrime di dolore e di eccitazione, volevo esattamente essere suo, totalmente suo, volevo essere punito per quello che ero e per quello che ero diventato.
Era come se lo avesse letto nei miei pensieri, prese un arnese collegato all’elettricità, una sorta di elettrostimolatore, mise gli elettrodi sui miei coglioni martoriati, sull’asta del mio pene, e poi inserì una sonda d’acciaio nella mia uretra, anche quella connessa allo stimolatore, e iniziò a giocare, aumentando la frequenza delle scosse, e la loro potenza.
Il mio corpo ad ogni scossa reagiva, i muscoli si contraevano, sobbalzavo, mi inarcavo, mi scuotevo, e la mia voce implorava di smettere, chiedevo perdono, ammettevo ad alta voce che ero solo un misero marchettaro, che faceva bene a punirmi, e che meritavo di peggio, ma per pietà smettesse.
Ogni scossa era come ricevere un calcio sulle palle, o dentro al pene, se invece erano gli elettrodi sugli addominali erano immediati spasmi dei muscoli che si contraevano e rilassavano a comando dell’elettricità che li stimolava con violenza.
Quando smise io mi sentivo distrutto. Mi diede il tempo di riprendermi, mentre lo vedevo armeggiare attorno ad una vasca che aveva riempito di acqua e di cubi di giaccio che prendeva a sacchi da un freezer.
Mi liberò dalla croce di S. Andrea, mi legò mani e caviglie e poi mi mise dentro quella vasca gelida, sentii uno shock brutale, ma non potevo far nulla legato come ero.
E Leo iniziò a spingermi la testa sott’acqua, dentro e fuori, giocando col mio respiro e con la mia resistenza.
Poi mi tirò fuori, tremavo di freddo e la pelle era gelata, lui prese un gatto a nove code fatto da un’infinità di strisce di pelle e i prese a colpirmi.
Io caddi a terra, mi rannicchiai in lacrime, mentre lui mi urlava insulti e mi faceva sentire il verme che ormai ero, già solo un verme da cui nessuno si aspettava niente.
A quel punto scoppiai in un vero pianto di disperazione, ed era un pianto assolutamente liberatorio, stavo riuscendo a provare affetto e dispiacere per me stesso e rimpianto pe rogni occasione perduta.
In quel momento compresi che stavo innamorandomi di Leo perché lui mi stava guidando ad amare ogni parte di me stesso, e che forse qualcosa potevo valere.
M’inculò con ferocia mentre io mi scioglievo in lacrime, mi sbatteva e chiavava, come se fossi stato l’ultima delle sgualdrine, eppure in quel gioco al massacro c’era una passione reciproca, e i suoi colpi di cazzo andavano a colpire i punti giusti dentro al mio culo.
Ai singhiozzi si sostituirono i gemiti, e alla sua ferocia di chiavatore si mischiò la volontà di farmi stare bene, non mi stava più punendo col suo cazzo, mi stava scopando e poi stava facendo all’amore con me, non solo col mio culo.
Baci in bocca, sul collo, cambi di posizione, una sorta di kamasutra della sodomia.
Era instancabile ed io erro insaziabile, non ho idea di quanto sia durata quella scopata, ma era stata la più intensa e lunga della mia vita, almeno fino a quel momento.
Poi dall’interrato salimmo alla villa per bere qualcosa, e stare lì, abbracciati sul divano, mentre facevamo finta di guardare un film, con le sue mani che scorrevano sui segni che la punizione aveva lasciato ovunque sul mio corpo.
Sentire le sue dita che seguivano quella nuova geografia della mia pelle mi eccitò, furiosamente, ed eccitò pure lui.
Mi scopò in bocca, a fondo, nella gola, e poi si prese di nuovo il culo, ed io ne fui felice, ero felice e rilassato, come se mi fossi fatto di ero a più non posso, accolsi il suo membro e mi mossi al suo ritmo, lasciai che fosse lui a guidare il piacere, mi arresi, non cercai di mettermi al suo livello, lui era il maschio, io il cucciolo, e basta, non c’era altro da aggiungere.
A gambe aperte mi lasciai alle spalle ogni ritegno residuo, lo avvolsi col mio corpo per ringraziarlo del suo cazzo così grande e potente.
Bacia il suo viso, e lui la mia bocca, sentivo la sua barba sul mio volto liscio, e i peli del suo torace, contro il mio corpo, vedevo i suoi muscoli che si gonfiavano, i suoi grandi bicipiti, e tutto il corpo che si muoveva per spingere i colpi del suo pene dentro di me, per godere e farmi godere.
E la mia prostata entrò in visibilio, era come se la sentissi ingrossare dentro di me, era lei che reclamava il piacere, e fu lei a far esplodere di schizzi di sperma il mio pene, mentre l’orgasmo interno mi faceva scuotere come se fossi stato morso da una gioiosa tarantola.
E Leo ruggiva, come una belva che ha azzannato la preda, e iniziò a svuotare nuovamente il suo sperma dentro di me, a flotti, e poi saltò fuori per coprirmi di sborra il viso, urlandomi “leccalo, frocetto, mangia il mio sperma, fottuto schiavo di merda”.
E io lo feci, assaporandolo mentre mi colava sulle labbra.
In bagno, sotto la doccia mi spinse in ginocchio per farmi bere la sua piscia, prendendomi a sberle, poi, perché ne avevo persa troppa.
Poi di nuovo un abbraccio, e mi guidò in camera da letto, quella notte mi tenne a casa sua, ed io ci rimasi, volentieri, dormii con la testa sul suo ampio torace di maschio.
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