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Prime Esperienze

Miriam e l'istruttore di guida.


di Grifone2
05.10.2018    |    20.982    |    14 9.5
"Quasi non riusciva a stare più in piedi tanto le tremavano..."
Aveva più o meno vent’anni, era una bella ragazza Miriam. Castana, capelli lunghi e occhi che ti ci perdevi dentro. Era il 1982 e come tutte le ragazze era arrivato il momento di prendersi la patente. Già altre sue amiche si erano iscritte ad una scuola guida e qualcuna aveva già il foglio rosa e aveva iniziato a guidare.
L’idea di indipendenza e la voglia di crescere la spinsero ad iscriversi. Era emozionata ed euforica la prima volta. Le lezioni teoriche non la spaventavano, piuttosto era la pratica che la impauriva un po’, non sapeva proprio da dove iniziare.
Era arrivato il momento di fare la prima guida con l’istruttore. Era Giovanni, un signore brizzolato, di trent’anni più grande di lei che le sembrava avesse molta esperienza. Portava spesso dei pantaloni stretti con sopra una leggera pancia. Le prime sere alla scuola guida Miriam lo aveva notato ed essendo quasi sempre seduta davanti, aveva visto che quei jeans erano davvero troppo stretti. Facendo finta di niente i suoi occhi erano attratti dalla sua patta dalla quale si intravedeva quel rigonfiamento che hanno gli uomini. Doveva avere proprio un bell’attrezzo. Dei grandi non ne aveva mai visti bene. Tutti cazzetti di bambini e dei cugini.
Per la verità aveva già visto un uomo nudo ed era stato suo padre quando passando davanti al bagno lui era a far pipì con la porta socchiusa. Ebbe paura di essere vista, aveva forse quindici anni, e scappò subito via. Un pomeriggio d’estate rientrò a casa prima del previsto. Non stava bene e la sua compagna di classe la riaccompagnò in autobus. Non fece rumore ma sentì subito che c’era qualcosa di strano. Dalla stanza da letto sentiva uno strano fruscio. Si mise accostata dietro alla porta del salone e vide passare suo padre nel corridoio. Era nudo e con tutto in vista. Aveva un cazzo penzolante, lo stesso che da bambina aveva visto in bagno. Ma stavolta non si sarebbe fatta scappare occasione di osservarlo meglio. Si nascose e trattenne il fiato mentre la curiosità le stava facendo girare il cervello a mille giri.
La porta della camera da letto era aperta e pian piano Miriam si avvicinò con il cuore in gola. La voglia di guardare suo padre era irrefrenabile. Lo vide in piedi con sua madre attaccata a lui proprio sul cazzo che adesso però era dritto e puntava verso l’alto. Sua madre lo faceva sparire e ricomparire dentro la bocca un po’ rumorosamente, come se stesse risucchiando qualcosa di buono da mangiare. Lui tratteneva dei lamenti, almeno così le sembrò, e chiudeva gli occhi stringendo le labbra, ma non stava soffrendo, anzi. Poi lui si staccò lentamente e la fece distendere sul letto proprio di fronte. Vide nitida la fica rosa di sua madre dischiudersi tra umori di miele. Suo padre le si mise sopra e piegandosi su di lei le infilò il cazzo dentro senza difficoltà. Lei subito emise un lamento, tanto che ebbe un sussulto, ma poi si trasformò in qualcosa di piacevole che non aveva mai sentito prima d’ora. Miriam adesso si era spostata un po’ per osservare meglio, era alle spalle di suo padre che non poteva vederla. Doveva stare molto attenta a non farsi scoprire, anche perché si sentiva il cuore battere in petto sempre più veloce, quasi che i suoi potessero udirne il rumore, e il respiro le si faceva sempre più rapido. Le mani le scesero sotto a trattenere lo stano prurito che era quello delle volte che, chiusa in camera sua, si spogliava e masturbava. Ma con i suoi era davvero la prima volta.
- “Dai … così.. vai … sto morendo … sfondami , mi fai morire … dai svelto … mmmm … che duro”. Sua madre non smetteva di incitare suo padre in quella pratica nuova solo per lei, quasi una lotta corpo a corpo fatta di colpi di cazzo dentro la fica di sua madre. Vedeva proprio le natiche di lui contrasi e spingere dentro con vigore il cazzo seguito dalla palle che sbattevano a ogni colpo sulla fica facendo un rumore di bagnato. Lo estraeva quasi tutto fuori e lo rimetteva dentro con decisione ma con dolcezza, abbracciandola e baciandola. Entrambi si trattenevano e si stringevano a vicenda. Ad ogni assalto di cazzo e di reni lei spingeva la fica in avanti, tanto vigorosamente che il tremore provocato dai colpi faceva cigolare il letto.
Miriam certo non si aspettava questo spettacolo di benvenuto. E poi vedere i suoi fare sesso così, come mai avrebbe immaginato, le mise addosso, dopo l’emozione incontenibile, anche un’irrefrenabile voglia di toccarsi. Non riusciva più a trattenere l’impulso e si infilò quasi con liberazione la mano tra le gambe scostando gli slip già un po’ umidi sotto la minigonna a scacchi.
-“Basta che mi fai morire …. basta … basta che vengo .. vengo .. ahhhh”. Alla voce di sua madre Miriam aveva già le dita dentro la fica aperta e non smise di penetrarsi. Gli umori le scorrevano giù fino al polso ma lei continuava a imitare con le sue dita quei colpi che sua madre riceveva davanti ai suoi occhi estasiati. Fu costretta a mordersi le labbra per rimanere in silenzio ma non voleva andarsene, non voleva smettere di osservare, di seguire quel dolcissimo piacere che le stava infiammando il ventre. Le sue dita erano diventate il cazzo di suo padre, calde e dure andavano avanti e indietro in modo frenetico, su e giù. Il cazzo di suo padre e le sue dita, due pistoni ben lubrificati che, i lamenti di sua madre incitavano ancora di più a proseguire quel movimenti osceni e perfetti delle reni su sua madre ormai fuori controllo e delle dita dentro di lei. Le dita di Mariam andavano sempre più in dentro e l’eccitazione le stava piegando le ginocchia. Quasi non riusciva a stare più in piedi tanto le tremavano. A quel punto la madre urlò con una voce acuta che mai aveva sentito, e suo padre rimase fermo e rigido a piantarle dentro tutto se stesso con gli ultimi sussulti del cazzo e delle palle che si contraevano spruzzando dentro tutto il contenuto. Appena si sfilò da lei vide uscire dalla fica il succo biancastro. Non c’era molta luce ma si poteva distinguere bene. Era questa la sborra che alcune sue amiche le avevano detto uscisse dal cazzo degli uomini. Doveva avere delle proprietà fenomenali se riusciva a dare tutto questo piacere.
Così in silenzio e con la fica in fiamme, andò nella sua camera a cambiarsi, convinta di dover procurarsi anche lei un po’ di succo d’uomo e di piacere. Prima possibile. Ci pensò e ci ripensò, e una mezza idea le venne in mente.
Tutto proseguì in famiglia come sempre ma solo in apparenza. Miriam osservava i suoi genitori con occhi diversi, li rivedeva nudi in quegli atteggiamenti che mai avrebbe immaginato prima ma che ora conosceva, e non riusciva più a togliersi dalla mente per tornare indietro, quelle scene, quei corpi, quei gemiti di piacere, quegli odori che dalla stanza erano arrivati fino a lei, nascosta ad osservarli. Solo a pensarci la facevano eccitare.
Sua madre le parlava e ripensava a quell’urlo e alla sua fica pelosa sborrata, aperta come un fiore pieno di miele. Anche a suo padre oramai, quando poteva di soppiatto, gli osservava il pacco che spesso era piuttosto evidente dovendo contenere tutta quella roba.
Il giovedì pomeriggio Miriam avrebbe avuto le prime lezioni di guida con l’istruttore. Giovanni, dopo la lezione di teoria le disse che era pronto per la terza guida. Salirono in macchina, una fiat ritmo. Subito Lui le disse che bisognava abituarsi a mettere prima le cinture di sicurezza. Così Miriam provò ancora una volta ad agganciarsi ma la cintura si bloccò la primo tentativo di estrarla dall’alloggiamento. Ovviamente Miriam sapeva che tirandola di scatto si sarebbe incastrata. Giovanni piegandosi verso di lei per aiutarla urtò il cambio su cui poggiava la mano di Miriam. Il suo uccello gli si posò proprio sopra e, visto che lei non si ritraeva, indugiò strusciandosi qualche istante oltre il dovuto con indifferenza. Miriam ne approfittò per sporgersi con il seno abbondante leggermente in avanti, come per agevolare la manovra, e Giovanni si ritrovò pure con quel magnifico spettacolo sotto agli occhi.
Il cazzo gli stava crescendo ma agganciata la cintura partirono. Messa in moto, frizione, marcia, freno a mano e acceleratore. Miriam, si era messa comoda sul sedile. La sua minigonna le era salita quasi all’inguine e dall’altra parte il cazzo di Giovanni stentava a rimanere al proprio posto, non sapendolo come gestirlo in modo più disinvolto possibile.
In qualche modo arrivarono in una stradina di campagna vicino Perugia. C’era un angolo dove far manovra e si fermarono. Alberi tutt’attorno che sembrava l’ideale per osservare il panorama.
-“ Signorina, fermiamoci un attimo qui per fare il punto della situazione e far raffreddare il motore”, gli disse Giovanni con una scusa evidente mentre tentava di spiegarle qualcosa sulla tecnica di guida. Miriam a questo punto prese il coraggio a due mani e anche qualcos’altro.
-“Forse è perché ho guidato, ma sento davvero molto caldo, non crede signor Giovanni?” disse Miriam sbottonandosi tre bottoni della giacchetta leggera di cotone. I seni divennero ancora più evidenti e sembravano volersi liberare del reggiseno pure di una taglia più piccola.
“ Apriamo le portiere, lei si metta comoda mentre io vado a fare un goccio di pipì. Mi scusi, non ce la faccio a trattenermi. Qui non mi vedrà nessuno”.
Miriam fece solo un gesto, come per dirgli di sì, e lui scese allontanandosi di qualche passo. Un getto di pipì disegnò per aria un arco che terminò sulle foglie facendo uno scroscio come di pioggia. Ovviamente Miriam dagli specchietti stava osservando con attenzione quella scena. E in quel minuto di tempo si scostò leggermente gli slip e se li strinse sul davanti in modo che i peli si vedessero un po’ di più così come una parte dell’inguine. Tirò fuori ancora di più uno dei seni tanto che un respiro sarebbe bastato a farlo balzare fuori dalla sua costrizione.
Quando Giovanni tornò in macchina si accorse subito del cambiamento e se con la pisciata era riuscito un po’ a calmare l’esuberanza del suo uccello adesso proprio lui tornò rinvigorito più di prima, tanto che quasi gli uscì fori dai pantaloni avendo lasciato la patta aperta. Si guardarono negli occhi e Miriam, con la prontezza che a volte riusciva a mostrare quando voleva ottenere qualcosa, non si lasciò sfuggire l’occasione; senza dire nulla allungò la mano e gli tirò fuori il pisello. Saltò fuori con un balzo come se avesse avuto una molla dentro. Era bello e rosa, dalla cappella più rossa, un po’ peloso come quello di suo padre. Uno spettacolo. Sobbalzava teso nel vuoto a pochi centimetri dal volto. Così Giovanni la sospinse per la nuca, con una carezza, ad avvicinarsi e trovandoselo oramai alle porte delle sue labbra ne sentì il profumo un po’ dolce e aspro, forse effetto della pipì. Allungò la lingua appena un po’ e la poggiò proprio sul buchetto in cima. Era caldo, leggermente appiccicoso. Lui spinse ancora lentamente, e la cappella le entrò un bocca. Era buono il suo sapore e quella carne viva non le dispiacque proprio quando se la sentì scivolare ancora più in gola. Giovanni sembrava guidare il gioco, vista l’inesperienza di Miriam; muoveva il bacino su e giù e il cazzo era diventato ancora più duro. Miriam a questo punto sentiva lo stesso calore di quel pomeriggio invadergli tutto il corpo. Si tolse gli slip e con una mano in fica iniziò a toccarsi il clitoride. Si accorse che era duro, era spuntato fuori come un fungo, e anche le labbra erano già bagnate di umori caldi. I seni grandi orami entrambi fuori e in vista, ondeggiavano avanti e indietro.
Reclinati i sedili Giovanni la fece mettere su di lui a gambe larghe. Era la prima volta per tutto e sentire la punta di un cazzo sulla fica era da impazzire Adesso non erano dita ma un cazzo vero, come quello del padre. Lo sentiva tra le sue labbra della fica muoversi senza fatica già pieno dei suoi umori e lei stessa si abbassò sopra per sentirne ancora di più il contatto. Risalì e poi si riabbassò, più volte e sempre un po’ di più finché non sentì che la cappella era tutta dentro, stavolta nelle labbra di sotto. Si fermò per un istante e poi con coraggio spinse ancora di più. La punta le era entrata per intero dentro e se la sentiva in pancia, in gola, nelle viscere, nelle budella che le ardevano più di prima. Iniziò a muoversi su e giù sempre più velocemente, sempre con più crescente eccitazione che oramai la sua attenzione era concentrata solo in quel punto preciso del suo corpo. Quel palo di carne che le stantuffava dentro come un treno la stava facendo impazzire di piacere. Miriam non riusciva a trattenere quei mugolii che mai, mai aveva provato così intensamente nemmeno quando si era aperta con una zucchina in camera sua.
L’auto ondeggiava come una nave in tempesta, i seni grandi di lei sobbalzavano sulla faccia di Giovanni che li stava succhiando, ora uno ora l'atro, come tentando di spremerne del latte senza riuscirci, ma sembrava stesse entrando in coma tanto era la frenesia di Miriam su di lui.
Un attimo prima di venire Giovanni la spinse indietro e uscì da lei, appena in tempo per schizzarle i seni, la pancia e la fica pelosa che fremeva davanti ai suoi occhi come se volesse parlare e urlare il piacere provato.
Sembrava essere tutto terminato. Si buttarono esausti sui sedili, quando si accorsero che al fianco dell’auto c’era stato qualcuno. I segni di due sborrate sui vetri della macchina ne erano la prova inequivocabile.

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