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Prime Esperienze

Le mie calde allieve - Capitolo 3


di Giangi57
19.01.2020    |    6.442    |    1 9.3
"Avevo ancora l'abitudine dell'adolescente che preferisce andare in giro per conto proprio, nella speranza di dragare..."
Le mie calde allieve - Capitolo 3

Nel giro di un mese avevo perso di vista tutte le mie precedenti amanti. Non mi interessavano più.
La scuola era divenuta luogo di lavoro e al tempo stesso luogo di piacere. Luogo di perdizione, dovrei dire, piuttosto. Ma a quei tempi non ero consapevole dell'aspetto patologico di quello stato di cose. La mia natura era tale che la morale non riusciva ad avere presa su di me. L'unica regola di comportamento che mi ero prefissato era quella di non far del male. Tutto qui! D'altronde, ero persuaso di far del bene a Samira, tanto è vero che il suo profitto scolastico era migliorato.
Una festa organizzata dai ragazzi della scuola mi diede l'opportunità di avvicinarmi a Mariella, Un sabato pomeriggio, una settimana prima delle vacanze pasquali, misero in piedi una festicciola in un locale piuttosto modesto vicino alla scuola.
Naturalmente io ero l'ospite d'onore. Speravo di trovare qualcuna delle mie amichette e di osservare un po' il loro comportamento, ma non essendo amante della new wave e dell'hard rock, non desideravo restarmene per delle ore a far tappezzeria tra un bicchiere e l'altro di whisky e soda. Avevo quindi avvertito tutti che sarei arrivato sul tardi.
Samira non usciva mai da sola, se non per frequentare la scuola, e questo mi avrebbe lasciato maggior libertà di movimento. Avevo ancora l'abitudine dell'adolescente che preferisce andare in giro per conto proprio, nella speranza di dragare. Feci la mia comparsa, verso le diciotto, nel locale
pieno di fumo e buio, illuminato solo dalle abbaglianti luci intermittenti verdi e rosse.
Fedeli all'immagine che avevo delle mie allieve alcune ragazze stavano ballando tra loro, guardandosi la punta delle scarpe. Non potevano certo essere considerate arrapanti! Si intuiva quello che sarebbero diventate: mogli o amanti noiose di li a qualche anno. Il fatto che fossero carine non cambiava la situazione. Intanto qualche ragazzo girava loro attorno. Assistevo a questa scena con un senso perverso di soddisfazione. Purché mi lasciassero i bocconcini più prelibati, quegli scimuniti! Non domandavo altro.
Mariella, appoggiata alla parete, infagottata in un giubbotto di pelle un po' logoro osservava come me il gruppo dei ballerini. Con quella sua solita aria imbronciata, i capelli corti, faceva pensare a un maschietto. Aveva l'aria di annoiarsi e io ero l'unico che riusciva a strapparle un sorriso quando i nostri sguardi si incrociavano. Aveva un che di puttanesco e questo mi attraeva. Mi piaceva quel suo aspetto di monella. Era forse la mia immaginazione perversa che mi faceva leggere nel suo sguardo
una luce viziosa? In ogni caso, aveva chiaramente una bocca da pompinara. L'idea di sentire il cazzo tra le sue labbra golose mi cominciava a ossessionare.
I ragazzi mi si avvicinavano per chiacchierare e mi tiravano per un braccio affinché andassi con loro sulla pista da ballo. «Gianni, vieni a spassartela con noi!» Erano simpatici. Forse mi trovavano un po' troppo serio, magari imbarazzato, e cercavano di farmi sentire a mio agio insieme a loro.
In quel momento ebbe inizio la musica e tutti partirono in caccia per fare quello slow. Sarah ballava al centro con un bel ragazzo che aveva finito gli studi l'anno precedente. Gli stava appiccicata addosso; aveva un'espressione indolente sul viso e sembrava del tutto a proprio agio. La vidi lanciare un bacio varie volte in direzione di Mariella che le rispondeva con una strizzatina d'occhio.
Notai che c'era anche Rosina, la bella nera che era interna a scuola. L'avevo avuta in classe l'anno prima. Faceva atletica professionale e guardarla correre in una di quelle tute aderenti era una gioia per gli occhi! Alta e muscolosa, la martinicana aveva il carattere docile e un po' ingenuo delle donne della sua isola. Era talmente pudica che schivava perfino i miei gesti un po' scherzosi. Per esempio: quando le pizzicavo la guancia, o le mettevo una mano sulla spalla, oppure le cingevo la vita lei se ne stava buona buona, con aria timida, direi quasi sottomessa…
Era l'anno in cui Noah aveva vinto al Roland Garros, si era fatta le treccioline nei capelli e questa pettinatura aggiungeva una nota sexy alla sua silhouette flessuosa. Ballava lo slow languidamente. Buttando giù aranciata su aranciata, osservavo con sguardi febbrili il suo culo rotondo. La festa stava volgendo al termine e io riflettevo su come lanciare delle esche per quelle puttanelle che sculettavano sotto il mio naso.
Mariella era indubbiamente il terreno più favorevole per sferrare la prima offensiva, però non osavo attaccarla direttamente. Era uscita dal locale, stava chiacchierando con dei ragazzi in motorino, Intuii subito che sarebbe andata via con uno di loro. Dopo una palpatina veloce dietro le scale o in ascensore sarebbe entrata in casa e si sarebbe addormentata, sola soletta con un dito premuto sul clitoride. No, non sopportavo l'idea di uno spreco simile! Dovevo assolutamente impormi!
Contavo sulla complicità di quella bricconcella, in fin dei conti da mesi il suo comportamento era un invito a darmi da fare e non toccava certo a lei fare il primo passo.
Accolse con entusiasmo la mia proposta, perché doveva rientrare prima delle otto, ma, come temevo, una mezza dozzina di mocciosi si avventarono verso le portiere della mia auto. Salire sulla mia Volvo era per loro una pacchia. Potevo dare l'addio all'intimità che avevo desiderato. Però mi restava pur sempre una chance. Mariella abitava in un altro quartiere e io progettai di far scendere tutti gli altri prima di depositare lei davanti a casa. Sedeva davanti. Sul sedile posteriore quattro coglioncelli si agitavano come diavoli. Più volte feci scivolare la mano dalla leva del cambio avvicinandola al ginocchio sinistro della mia giovane passeggera, che non fece neanche una piega. Non osavo guardarla per non attirare l'attenzione degli altri. Quando finalmente ebbi fatto sbarcare il gruppetto indiavolato potei lasciarle definitivamente la mano sulla coscia. Lei, immobile sul sedile, sorrideva tranquilla. I suoi occhi dorati mi lanciarono uno sguardo obliquo. La sua mano si posò sulla mia: calda e sudata. Avevo fretta di allontanarmi da quel quartiere. Durante i cinquecento metri che ci separavano dalla casa dei genitori, lei mi accarezzò silenziosamente 1'avambraccio. L'oscurità calante ci proteggeva e dietro i finestrini dai vetri affumicati eravamo più o meno invisibili, Cambiavo marcia con la sinistra. La cosa diverti Mariella che rinforzò la sua carezza. Risalii con la destra di qualche centimetro sulla sua gamba e lei allargò un poco le cosce. Mi sentivo la febbre addosso. All'improvviso provai un desiderio brutale, folle. Invece a lei la cosa doveva sembrare molto più naturale perché restò totalmente rilassata. Giunse addirittura al punto di prendermi la mano per posarsela più in alto, contro la patta abbottonata dei jeans. Cominciai a palpeggiarla li.
«Ci siamo!». Rallentai d'istinto.
« Io... Io... dove ti lascio?». « Prosegui. Va' un po' più avanti». Nel passare davanti a casa sua Mariella lanciò un'occhiata alle finestre. Mi fermai, una cinquantina di metri più avanti, accosto a un muro che delimitava dei terreni fangosi. L'oscurità era totale, la strada deserta. Mi girai verso la mia passeggera e l'afferrai appiccicarono contro le mie. Non feci fatica a scovare la sua lingua agile. L'avevo in pugno quella puttanella! Ero eccitato come un asino.
Dopo un lungo e avido bacio inframmezzato da sospiri e da gemiti lei si staccò da me.
« Devo andare a casa...». per la nuca. Le sue labbra, molli e calde, si aprivano alla mia lingua
« Aspetta! Aspetta! Solo due minuti. Ho una cosa da mostrarti!».
Agii senza riflettere, spinto da un istinto animalesco. Volevo mostrarle l'uccello, volevo vedesse com'era fatto un vero, grosso... Lo estrassi dai pantaloni con una certa difficoltà. Era rigido come un
bastone. Dal glande scapellato mi sali alle narici un vago odore di pesce. Mariella però doveva essere abituata a quel profumo perché si limitò a fare una risatina viziosa.
Su, gattina mia, fagli un po' di carezze!». Le spinsi la bella testolina affinché si abbassasse sul mio biberon per bambine svezzate. Lei non fece una piega. Perdiana! La sua reputazione non era
certo immeritata! Mi posò una mano delicata sulla fragola. Il suo respiro mi titillò la pelle.
Poi le sue labbra presero a viaggiarmi attorno al glande e, infine, lei si decise a cacciarselo in bocca, ma anche questo lo fece con una delicatezza sorprendente. Mi aspirò la verga quasi fino alla radice. lo mi cacciavo vertiginosamente dentro la sua bocca, tra le sue labbra, assaporando il velluto della sua lingua e del suo palato e poi il calore della sua gola, ero in paradiso! Lei mi ciucciò per un breve attimo, agitandosi sempre di più avanti e indietro, succhiando, aspirando, leccando ed emettendo piccoli grugniti.
«Ti piace, eh, puttanella mia! E più grosso di quello dei tuoi amichetti, eh? É questo che ti ci voleva, dimmelo!».
Mariella faceva cenno di si con la testa, senza fermarsi. Con le piccole dita piantate nelle mie cosce,mi pompava come un cucciolo di cane alle prese con un osso provvidenziale.
L'afferrai per i capelli e la avvicinai al mio viso.
« Dammi la tua bella bocca di pompinara!». La baciai. Sapeva di cazzo. Presi a masturbarmi violentemente inspirando al contempo il suo fiato. Lei abbassò intelligentemente una mano per potermi palpare i coglioni. Era più di quanto mi ci volesse per eiaculare e le inondai il mento con uno schizzo vischioso.
Asciugamelo.. hmmm! bene, una brava operaia pulisce sempre bene i suoi utensili. Adesso saprai di sperma!». Le asciugai le labbra.
«To', prendi questa gomma da masticare, prima di andare a dare il bacio della buona notte ai tuoi genitori. Mi sembra più prudente!».
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