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La ragazza con l'orecchino di perla - Capitolo 16


di Bellastronza69
14.06.2022    |    2.760    |    3 9.6
"“Mio dio, è la prima volta che ti vedo così!” Disse lei..."
Mallory mi aiutò a togliere i seni finiti che ormai avevo addosso da quasi due giorni. Entrammo in doccia insieme e ci levammo di dosso il sudore e gli umori di quella notte folle ed estrema.
Mentre sentivo l’acqua scorrere su di noi, sentivo il suo membro diventare di nuovo enorme e premere sul mio buco, ormai abituato alle fantasie più estreme.

“Ma che bel buongiorno” dissi ridendo.
“Sei tu amore mio che rendi i miei giorni migliori” disse mentre mi mordeva il collo.
Prese il bagnoschiuma e lo versò su una spugna. Poi mi aiutò ad insaponarmi bene. Passò la spugna più volte sul petto, fece in modo di eliminare ogni traccia di colla. Poi, con le mani ancora piene di sapone, iniziò a massaggiarmi il cazzo, pulendolo per bene.
Inutile dire che nel giro di pochi secondi diventò di marmo.

“Sei davvero insaziabile” disse lei con voce divertita.
Prese nuovamente il sapone alla vaniglia con cui mi stava lavando il corpo, ne versò un po’ sulle mani e, mentre con la sinistra lavava ancora il mio cazzo, con la destra cospargeva il suo.
Con il pisello completamente ricoperto di sapone, mi penetrò.
La sensazione era diversa, piacevole, non violenta come le altre sere.

Dopo quasi due giorni di follia di gruppo, stare sola con lei mi faceva sentire appagata, come se il resto del mondo non ci fosse. Come se il resto della mia vita non contasse.

“Mallory?” Dissi.
“Dimmi.” Rispose lei.
“Ti amo”

Continuammo in doccia per circa venti minuti, nei quali io ricambiai la penetrazione e diedi spazio al mio incredibile talento nel leccare i buchi di culo.

Uscite dalla doccia ci asciugammo e indossammo delle brasiliane rubate dal cassetto della mamma di Mallory e un paio di magliette che risalivano all’adolescenza di Henrietta.

Ci addormentammo così per circa due ore e fummo svegliate dall’odore del caffè che pervadeva l’intera stanza.

“Paola!” Esclamo Sophia.
“Buongiorno!” Esclamai ancora assonnata.
“Mio dio, è la prima volta che ti vedo così!” Disse lei.
“Così come?”
“Senza parrucca, senza seno. Sei…mio dio, sei bellissima”

Mallory mi guardò e sorrise.
Vidi la mia immagine riflessa in un vetro nella credenza.
I miei capelli effettivamente erano più lunghi dei tagli da ragazzo, mi arrivavano poco più in giù delle orecchie. Forse una brava parrucchiera avrebbe potuto darmi un taglio molto femminile.
Ci sedemmo a fare colazione e ebbi modo di scambiare due chiacchiere con la mamma di Mallory.

Dopo circa mezz’ora ci raggiunsero Henrietta e Martha.
Henrietta aveva seguito le orme di sua sorella ed era in slip in raso nero e una maglietta dei Guns, mentre Martha era molto più femminile.
Aveva un baby doll completamente trasparente che non lasciava spazio all’immaginazione, visto che i suoi capezzoli turgidi erano ben visibili.
Non potei fare a meno di notare che lei, a differenza di tutte noi, non portava le mutande.

“Allora! Siete pronte per lo shopping?”
“Shopping?” Dissi io confusa.
“Ma certo tesoro! Avete la cena da Grace, te lo sei già dimenticata?” Disse Martha.
“Ah, già. Grace” disse Henrietta. Il suo viso divenne lapidario.

Martha la prese tra le mani. 
“Tesoro” disse “Sta tranquilla. Non succederà nulla di male. Se ti ama, accetterà questa parte di te.”
Henrietta iniziò a piangere. Mallory si alzò per abbracciarla.

“Oggi, ti rifacciamo il guardaroba” disse Mallory. “E tu non scampi” concluse guardando me.

“Ma non capisco cosa c’entri io.” Dissi. “Ha invitato voi, non me. Io posso stare qui stasera, mi sembra ci sia tanto da fare, non credi?” Continuai lanciando un’occhiata maliziosa alle mie nuove mamme.

“Oggi devi calmare gli animi, puttanella.” Disse ridendo Martha.
“Grace è stata chiara. Vuole Mallory ed Henrietta e loro possono portare un’altra persona. Quindi, ci andrai anche tu.” Disse Sophia.
“E va bene, mi avete convinto! Però l’Extreme Makeover Trav Edition me lo finanziate voi!” Dissi ridendo.

Ci alzammo ed andammo in camera di Mallory. 

“Merda, non ho la colla!” Esclamai.
“Paola, ascolta. Posso chiederti un piacere? Oggi non usare il seno finto.” Disse Henrietta.
“Beh…ma che ti importa, scusa?” Risposi un po’ stizzita.
“Vedi, tu sei bellissima, ma la verità è che vorrei me lo prestassi per stasera.” Disse Henrietta con gli occhi da cucciolo ferito.
“Beh, se proprio vuoi…chi sono io per dirti no!” Dissi sorridendo.
Lei corse ad abbracciarmi.
Sorrisi e ricambiai.

Decidemmo di puntare sul semplice. Tutte e tre indossammo dei jeans a vita alta.
Io e Mallory puntammo per un paio di jeans skinny, Henrietta ne scelse un paio a zampa di elefante.
Ci infilammo tutte e tre le scarpe da ginnastica e Mallory mi passò una bralette rossa e un maglioncino a collo alto.
Effettivamente, anche senza seno finto, ero estremamente femminile.
Lei optò per un cardigan color avorio, che contrastava benissimo con la sua pelle scura. Henrietta invece scelse una camicetta da boscaiolo, leggermente aperta sul seno.

Ci muovemmo in direzione Oxford Street, con l’intenzione di prendere qualche vestito da indossare la sera da Grace.
All’improvviso squillò il telefono di Henrietta.
Era Grace che le aveva mandato un messaggio riguardo la cena di stasera.
Lo lesse ad alta voce.

“Spero che a tua sorella e alle tue amiche piaccia il giapponese. Vestitevi eleganti, non possiamo fare brutte figure stasera. Appuntamento a casa di tua madre alle 7. XX Grace.” Disse.

“Beh, questo cambia il nostro budget” disse ridendo Mallory.

Dopo una veloce ricerca su Google, la nostra nuova meta fu un negozio chiamato “After Dark Evening Wear Limited”, a Nord di Londra.
Prendemmo prima la Victoria dalla stazione di Oxford Circus e a Warren Street cambiammo linea. Salimmo sulla Northern e scendemmo a Finchley Central.

Bussammo.
“Buongiorno ragazze! Siete l’appuntamento delle 14, vero?” Disse un signore pelato con degli occhiali con montatura spessa nera.
La faccia non tralasciava trasparire nemmeno un segno del tempo, eccezion fatta per la barba, pochissima e corta ma che era quasi completamente bianca.
Per il resto, era un uomo estremamente in forma, che indossava un completo nero, ma non portava la cravatta.
Assomigliava parecchio a Stanley Tucci.

“Io sono Douglas, sono a vostra disposizione.”
“Ciao Douglas. Abbiamo bisogno di qualcosa per stasera. Ci hanno chiesto di essere eleganti.” Rispose Mallory. Alle volte invidiavo la sua estroversione.
“Avete un evento, quindi?” Disse lui, mantenendo tutta la sua professionalità.
“Una cena. Però non sappiamo di che genere.” Disse Henrietta.
“Mhm, sfida interessante. Vi faccio vedere cosa ho.” Disse lui.
“Prego, accomodatevi pure qui.” Continuò, indicando delle poltrone al centro della stanza.

“È una cena, ma penso che, a meno che non sia un gran gala, un abito da cocktail sia più che adeguato. Non siamo più nell’ottocento.” Disse mentre portava una decina di vestiti tra le mani.

“Allora…” disse sospirando. “Partiamo da te” disse indicando Mallory. “Tu hai una carnagione scura e i capelli neri. Però gli occhi sono molto luminosi. Questi sono vestiti che secondo me su di te avranno qualcosa di speciale.”
Mallory provò una serie di abitini, ma, la sua scelta, cadde su una tuta di chiffon con la parte superiore con un pattern a fiori bianchi e neri.

“Veniamo a te, invece.” Disse indicando Henrietta. “Ho trovato qualcosa che faccia risaltare i tuoi ricci biondi.”.
Le porse una serie di abiti, ma alla fine, la scelta di Henrietta ricadde su di una tuta, anche essa a pattern floreali, ma con un profondo scollo a V.

“Infine…tocca a te.” Disse guardandomi. “Loro hanno scelto delle tute a fiori. Tu spezzerai la monotonia?” Disse porgendomi l’altro set di abiti.
Così fu. Mi innamorai di un vestito bianco, quasi da sposa, con i soliti ricami floreali, ma non lo scelsi. Avevo troppa paura di sembrare una sposa che scappava dal suo matrimonio.
Non mi allontanai dai fiori scelti dalle mie sorelle, ma i miei occhi caddero su un vestito. Scollo non molto profondo, dai colori verde e rosa.

“Però, disse Douglas. Non male.”
“È bellissima” esclamarono in coro Mallory ed Henrietta.
Io diventai rossa.

Confermammo la nostra decisione e pagammo.
Douglas ci ringraziò con un sorriso e noi uscimmo di nuovo.

“E adesso?” Disse Henrietta. 
“Eh eh…adesso…” disse Mallory, tirando fuori le chiavi del negozio di lingerie dove lavorava.

Iniziammo a dirigerci verso la metro, ma mi bloccai.
“Ragazze, voi andate. Io vi raggiungo dopo. Mallory, potresti prendermi qualcosa di bianco?” Dissi.
“Tutto bene?” Mi disse la mia ragazza con tono apprensivo.
“Certo. Però ho avuto un ripensamento. Voi andate. Ci vediamo a casa.”

Tornai nel negozio correndo. Bussai con foga.
Douglas mi riaprì la porta con il solito sorriso.
“DOUGLAS. Voglio il vestito bianco.” Dissi, ancora con l’affanno.
Lui capì subito di cosa stessi parlando e me lo recuperò. Lo indossai e mi aiutò a chiuderlo.
“Ti sta davvero bene. Vuoi cambiarlo con quello di prima?” Disse, con il solito tono gentile.
“No, prendo entrambi.”
Sulla via del ritorno mi fermai in un negozio di scarpe chiamato Harriet Wilde. Ne avevo sentito parlare grazie ad Instagram. Entrai nel negozio e chiesi di vedere un paio di scarpe che si intonassero al mio vestito.
Mi portarono un modello chiamato Amy Platform, color avorio. 
Le calzai con non poco terrore, visto che era un 41.
Incredibilmente, il mio piede entrava nella scarpa quasi senza sforzo.
Tirai un sospiro di sollievo.

Ci misi parecchio a ritornare a casa, tanto che appena arrivai a casa vidi Henrietta e Mallory già pronte nell’ingresso.
Erano entrambe bellissime.
“OH! Dove eri finita! Ti rendi conto di che ora è?” Disse Mallory infuriata.
“Scusatemi, ho fatto una deviazione. Corro a prepararmi. La lingerie dov’è?” Dissi.
“Sul letto! Muoviti, che per metterla ce ne vuole. Ah, Henrietta ha indossato il seno finto. L’ho aiutata io, spero di averlo fatto bene.” Disse.
Buttai un occhio. Mallory come sempre era stata impeccabile e Henrietta aveva un piacevolissimo seno che le spuntava dallo scollo a V.

Entrai in bagno e mi sciacquai quanto più velocemente possibile. I capelli erano a posto, quindi non li rilavai, li ravvivai solo con un colpo di phon.
Entrai in camera.
Mallory aveva davvero buon gusto.
A quanto pare aveva svaligiato la sezione spose. Faceva proprio al caso mio.
Indossai il reggiseno in tulle con motivi floreali.
Indossai la giarrettiera e sopra infilai il perizoma coordinato.
Infine indossai le calze color carne.
La sola lingerie costava praticamente quanto il mio vestito.
Misi il vestito bianco e le scarpe.
Lentamente scesi le scale. Il rumore dei tacchi avvisò le ospiti del soggiorno del mio arrivo.
“Oh! Guarda! Finalmente arriva la principessa!” Urlò ridendo Mallory. Non so l’espressione che avevano in quel momento, ma so quella che ebbero non appena mi videro.
Henrietta rimase a bocca aperta. Sophia e Martha, che nel frattempo avevano raggiunto le ragazze in soggiorno, sgranarono gli occhi. 
Gli occhi di Mallory divennero lucidi. 

“Allora? Come sto?” Dissi.
Mallory iniziò a balbettare. “S-s-sei…sei…” disse.
“Sei bellissima” disse Henrietta.
Mi abbracciarono entrambe.
Mallory poi mi baciò appassionatamente.

“Andiamo? Credo che sia arrivato il taxi” disse Henrietta.
“Divertitevi ragazze. In bocca al lupo, Mallory” disse Sophia.
Tutte e tre sorridemmo.
Nello stesso momento suonarono al campanello.
Aprimmo la porta e ci trovammo davanti un ragazzo di colore vestito da chauffeur.
“Buonasera signorine. La limousine della signora Grace è arrivata” disse.
Noi sgranammo gli occhi.
“Se volete seguirmi, prego.” Continuò.
Scese le scale e si diresse verso la limousine bianca, ancora in moto davanti all’ingresso di casa. 
Ci aprì la portiera ed entrammo.

“Henrietta, ma Grace è ricca?” Dissi, ancora dubbioso di tutto quello sfarzo.
“I suoi sono benestanti, senza dubbio. Però non credo sia ricca da permettersi una limousine. Certo. Aveva dei risparmi, diceva che voleva farmi un bel regalo prima o poi. Ma non pensavo li avrebbe usati per questo”

Il viaggio in limousine durò circa trenta minuti.
Alle 20, eravamo in Mayfair, davanti ad Umu, uno dei due ristoranti giapponesi stellati di Londra.

Scesi dalla limousine, vedemmo Grace che ci aspettava sulla soglia del ristorante.
Indossava un tailleur bordeaux che le arrivava a metà della coscia, un paio di stivali di pelle dalla punta tonda e dal tacco non troppo alto.
I capelli erano tenuti in uno chignon bloccato da una bacchetta in metallo.
Indossava una collana molto sottile in oro e aveva degli orecchini che le pendevano dai lobi.

Notai solo ora il piercing al naso, un sottile anello che le penetrava la narice destra.

“Buonasera ragazze, vi vedo in forma smagliante.” Disse e si avvicinò a me e Mallory per baciarci.
“Ciao tesoro” disse poi allungando le labbra su quelle di Henrietta.

Henrietta divenne quanto di più simile ad un peperone avessi mai visto.
“Ciao. Quindi non sei arrabbiata con me?” Disse lei timida.
“Henry…no, aspetta. Henrietta. Ne parliamo a cena, non rimaniamo qui sull’uscio.” Disse Grace.

Entrammo e un cameriere ci portò al nostro tavolo, vicino alla finestra, ma come notammo immediatamente, qualcun altro era seduto lì.

Si alzò in piedi. Era un uomo imponente, alto circa due metri. Aveva una barba lunga ma ben curata, i capelli, color biondo scuro e lunghi, raccolti in una acconciatura da samurai.
Indossava un completo scuro che ne evidenziava per bene il fisico, anche se la camicia attillata lasciava ben trasparire degli addominali scolpiti.

Si aggiustò la giacca, prese la mano di Henrietta e la baciò: “Tu devi essere Henrietta, suppongo.”

Fece lo stesso con me e Mallory, chiedendoci i nostri nomi.
Quando mi guardò notai i suoi occhi verde smeraldo che scrutavano i miei.
“Io sono James.” Si presentò. “Sono un collega di Grace. Mi ha invitato con lo scopo di presentarmi qualche sua amica, ma non pensavo di trovarmi davanti a delle donne così belle” disse.

“James, smettila pure. Lo sanno.” Disse Grace, prendendo la parola. “James è un mio collega ed è la persona con cui ho scopato in questi giorni. Ma tempo al tempo. Allora, ragazze, come è andato il vostro weekend. Raccontatemi, sono curiosa.”

Henrietta iniziò a raccontarle tutto. Le raccontò delle scopate con le nostre madri, della serata BDSM, dello shopping. 
Sembrava una ragazzina entusiasta che raccontava tutto alle amiche.

Grace spesso sorrideva divertita mentre James, sentendo i dettagli più spinti, cercava di nascondere uno sguardo imbarazzato.

Nel frattempo, le portate continuavano ad arrivare, finché non arrivò il dessert.

“James, tu sai chi è Henrietta?” Disse Grace all’improvviso.
“No, una tua parente?” Disse lui genuinamente stupito.
“È mio marito. O meglio, stava per diventarlo.” Disse.

James rimase sbigottito.

“E anche Mallory e Paola qui presenti sono in realtà due ragazzi. O meglio, sono due donne, due donne bellissime, ma di certo non troverai quello che hai trovato da me.” Disse Grace maliziosa.

Io e Mallory iniziammo a sentirci a disagio.

“Tranquille, ragazze.” Disse lei con una voce sottile e fredda. “Penso sia giunto il momento di andare, la macchina è ancora fuori che ci aspetta. Su, forza. Io nel frattempo pago il conto. James, vai con loro?” Concluse.

Uscimmo e trovammo la limousine con la portiera aperta.
L’autista però prima di entrare diede a me, Mallory e Henrietta tre mascherine, di quelle che usi per dormire anche con la luce intensa.

“Indossatele, per favore” disse.
Ubbidimmo.
Ci sedemmo tutte e tre da uno stesso lato, lasciandoci guidare da James, poi sentimmo Grace entrare.

Lo sportello si chiuse e la macchina iniziò a muoversi.

Grace e James iniziarono a scherzare, mentre noi tre eravamo sempre più imbarazzate.

Poi sentimmo il rumore di una zip che si apriva e qualcuno che faceva un sonoro pompino.

Il rumore dei colpi di lingua era estremamente enfatizzato e Grace non mancava di far sentire quando la punta arrivava in gola.

“Grace, ma cosa…” disse Henrietta.
Grace mugugnò qualcosa ma era davvero incomprensibile.
Poi, sempre con il solito rumore plateale, tirò fuori il cazzo dalla bocca e disse: “Oh, mio dio, dovresti davvero provarlo. È gigantesco e bellissimo. Anzi, facciamo così, fattelo raccontare.”

Sentii la mano di Grace afferrare la mia. Mi strattonò e iniziai a sentire un odore ben definito. Non era acre o pungente, anzi, era un odore carico di erotismo e sensualità.

“Tesoro, spero tu abbia fatto pratica, altrimenti sarà davvero un problema.” Disse.

Grace prese la mia testa e la guidò lungo il cazzo.
Io, dapprima riluttante, iniziai a baciarlo, lentamente. Poi lo leccai, sempre fidandomi della guida di Grace.
Una cosa che notai fin da subito però, è che la mia lingua non riusciva a coprirlo tutto. Grace mi guidò fino alla cappella, poi mi sussurrò nell’orecchio: “Prova a prenderlo in bocca.”

Mosse la mia testa fino a farmi arrivare con le labbra sulla cappella, poi lei mi aiutò a infilare il cazzo in bocca.
La bocca si schiuse piano piano e, subito capii cosa avesse voluto dire poco fa.
Il cazzo di James era gigantesco. La bocca era già aperta come quando lo facevo con Mallory, il problema è che ero a malapena al glande.

Mentre Grace spingeva la mia testa, la mia bocca is dilatava sempre di più, iniziai quasi a temere si strappasse.

“Forza, sei quasi a metà!” Disse Grace contenta. Sentii la cappella toccarmi l’ugola.
Resistetti allo stimolo del vomito con successo, e, con non poca soddisfazione, con un arnese enorme che mi impediva di respirare, arrivai a toccare l’inguine.

“E adesso, hai dieci minuti per farlo venire, forza!” Disse Grace ridendo.

Iniziò a muovermi la testa, in tutte le direzioni, avanti, indietro, di lato.
Poi all’improvviso sentii anche le mani di James prendermi la nuca, finché, finalmente, non venne riempiendomi la gola e la bocca con quattro potenti e ricchi fiotti di sborra calda.

Tolse il cazzo, io ripresi a respirare a fatica.

“Caspita! Hai talento.” Disse. Mi baciò in bocca e con la sua lingua raccolse la sborra di James dalla mia. Poi andò da Henrietta, le aprì con forza la bocca e le fece colare ciò che aveva raccolto, come una mamma di uccello che nutre i suoi piccoli.

Io nel frattempo ero a terra, completamente bagnata e con la bocca che mi faceva male.
Sentimmo il rumore di un finestrino.

“Siamo arrivati signora” disse l’autista.

Togliemmo le maschere e aprimmo lo sportello.
Scendemmo. Ci trovavamo davanti al Berkley Hotel.
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