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trio

Giovane cacciatrice.


di FleurDamande
30.01.2024    |    2.477    |    16 10.0
"Io, che ero sempre stata una delle migliori nella classe, improvvisamente raggiungevo a stento il sei..."
Dopo l'esperienza selvaggia e brutalmente eccitante avuta con Fulvio, mi sentivo come liberata dalla gabbia della mia verginità.
Sentivo in me un potere sessuale tutto da scoprire, ed ero costantemente affamata di sesso.
Il mio corpo era uno strumento meravigliosamente complicato e desideroso di nuove esperienze, e mi ci dedicavo con una curiosità viva e sincera.
Guardavo gli uomini e i ragazzi che incontravo per strada, e mentre il cuore mi batteva come un pazzo nel petto, mi chiedevo continuamente quanto ognuno di loro sarebbe stato in grado scoparmi per bene e farmi venire.
Le mani nodose del barista avrebbero potuto masturbarmi efficacemente? Come mi avrebbe succhiato i capezzoli il ragazzo seduto a fumare su una panchina in piazza?
Guardavo gli uomini come avrei guardato la pizza appena sfornata all'ora di pranzo, e loro, notando il mio sguardo, ricambiavano incuriositi: qualcuno si sentiva particolarmente incoraggiato e cercava di rimorchiarmi, ma io mi divertivo a flirtare senza tuttavia concedermi.
La mia figa comunicava con me (e ancora oggi lo fa) in modo molto efficace. Se vedevo qualcosa che mi attirava sessualmente, lei emetteva un solo piccolo spasmo per comunicarmelo, anche se quello stimolo che avevo davanti agli occhi non mi aveva ancora eccitata palesemente.
Poteva trattarsi anche della foto del seno nudo di una donna. Ricordo che ancora da più piccola, quando ancora non sapevo di essere bisessuale, capitava spesso che guardando l'immagine di una donna particolarmente attraente, la mia figa cominciasse a dirmi "Sí, mi piace!" col suo piccolo spasmino. Inizialmente non capivo a cosa fosse dovuto questo riflesso, in seguito imparai ad ascoltarlo e a sfruttarlo come un dono.
Ma tornando a noi, i miei standard erano altri. Non mi bastava un uomo qualsiasi, volevo emozioni forti, volevo un uomo che mi inchiodasse al pavimento come aveva fatto Fulvio, ma non solo: volevo farmi scopare da qualcuno con cui non dovevo assolutamente essere scoperta, così come era accaduto col nostro amico di famiglia, molto più grande di me.
Nella ricerca spasmodica di un giusto candidato che attirasse le mie attenzioni (e perversioni), si era imposto alla mia attenzione il mio professore di matematica, un uomo molto affascinante di 57 anni.
Il professore Bonelli piaceva molto alle ragazze del mio liceo, perché vestiva in modo molto curato ed era ancora un bell'uomo. In mezzo ai suoi colleghi attempati sciatti o fuori forma, lui spiccava per il suo aspetto, e per la maniera di vestire alla Dr. House, per chi ai primi del duemila seguiva la serie. In più aveva il senso dell'ironia, e sapeva spiegare la sua materia in modo molto efficace.
Noi tutte avevamo un debole per lui, ma non eravamo mai state incoraggiate a provarci, perché Bonelli era molto serio e parlava sempre del grande amore della sua vita, la sua amata moglie.
Ebbene, trovavo questa situazione altamente eccitante per me, perché stimolava prima di tutto il mio istinto di cacciatrice.
Così, dopo lungo pensare, adottai una strategia.
Da un giorno all'altro, inspiegabilmente, i miei voti in matematica crollarono a picco. Io, che ero sempre stata una delle migliori nella classe, improvvisamente raggiungevo a stento il sei. Mi intestardivo a non capire, le mie compagne si infervoravano a tentare di spiegarmi cose che avevo già capito mesi prima di loro, ma niente. Sembrava che da un giorno all'altro avessi battuto la testa.
Bonelli inizialmente rimase stupito del mio cambiamento, ma quando mi vide venire sempre a chiedere spiegazioni in classe con magliette attillate e senza reggiseno, cominciò a sospettare che avessi ben altri intenti, e cominciò a trattarmi in modo freddo e scostante.
Se mi avesse trattata con sufficienza e mi avesse mandata al posto facendosi una risata, forse avrei desistito: il suo palese nervosismo, insieme all'occhio che cadeva nervosamente sui miei capezzoli, che spuntavano da sotto al cotone del top, tuttavia alimentavano la mia volontà di continuare nel mio progetto.
Sentendomi sempre più motivata, cominciai a tampinarlo, comparendogli davanti in più occasioni e in più posti della scuola.
Un pomeriggio, sapendo che nel pomeriggio lui si sarebbe a trattenuto al lavoro per un consiglio di classe, approfittai per andarlo a trovare in sala professori mentre era seduto da solo a scrivere al pc durante la pausa pranzo. Piombai nella stanza e mi misi a sedere accanto a lui.
Bonelli, visibilmente a disagio mi discacció, ma io mi avvicinai di più, e mettendogli una mano sulla coscia gli strofinai il seno su un braccio, chiedendogli sottovoce se potesse darmi ripetizioni di matematica.
Fu visibilmente percorso da un brivido, così che approfittai della situazione per mordergli l'orecchio e leccarlo.
Ottenni solo un brusco diniego, ma non mi arresi. Continuai a provarci per un mese, e quando lui si rese conto che qualche collega cominciava a notare i miei approcci sempre più invasivi, accettò di vedermi a casa sua per le benedette ripetizioni.
Inutile dire che questa cosa mi eccitó moltissimo, così corsi in bagno a masturbarmi, venendo in meno di 30 secondi.
Il giorno mi preparai con cura per il nostro appuntamento.
Il pomeriggio del nostro incontro mi lambiccavo su cosa indossare, e sapevo che lui non avrebbe apprezzato di vedermi vestita in modo vistoso, quindi mi lambiccai su quale potesse essere il modo migliore di essere sexy pur restando sobria.
Optai per un vestito blu, con gonna svasata fin sotto il ginocchio. Abbottonai la scollatura fino al collo, e indossai delle scarpe di tela. A prima vista sembravo una suorina, ma in realtà non avevo le mutandine.
Alle 18 ero a casa di Bonelli, col cuore che mi batteva a mille.
Non ero pronta a farmi aprire la porta da sua moglie, una donna bella e molto dolce, che mi accolse in casa con un gran sorriso e mi face accomodare in salotto, in attesa che arrivasse suo marito. Ne approfitto per dirvi che sì, anche in quel caso la mia figa dimostrò il suo apprezzamento, ma purtroppo la moglie del professore rimase sempre troppo esterna al mio raggio d'azione.
Attesi per dieci minuti seduta nel salotto stille '800 di casa Bonelli, e dopo poco finalmente lui arrivò, visibilmente nervoso.
Si sedette di fronte a me, nel luogo più lontano possibile, e aprí i libri senza chiedermi nulla.
Io lo guardavo come un ghepardo che studia la sua preda e si chiede se la azzannerà ora o più tardi, se la lascerà correre un po' per farle credere che se la caverà, oppure la farà finita subito.
Bonelli sudava, e ogni tanto guardava nervosamente verso la porta del salone, probabilmente preoccupato che la moglie potesse scoprirlo.
Era chiaro che era tanto spaventato quanto eccitato, così decisi di lasciarlo correre per fargli pensare che se la sarebbe cavata, e per mezz'ora feci la brava alunna.
D'un tratto, quando ormai la preda si era più o meno tranquillizzata, feci finta di non vedere bene qualcosa che lmi mostrava sul libro, e dovetti necessariamente sedermi accanto a lui. Fui così veloce, ma al tempo stesso sembrai così innocua e genuinamente interessata alla lezione, che lui ne fu sorpreso ma non poté replicare.
Fu ancora più sorpreso quando gli infilai la mano tra le gambe e cominciai a massaggiarlo mentre lo guardavo negli occhi.
Lui mi sibilò di smetterla, palesemente incazzato, ma non si mosse di un millimetro.
Allora continuai, e armeggiando velocemente con i pantaloni glielo tirai fuori per segarlo.
Lui mi chiedeva di continuo di smettere, a tratti con tono supplichevole, ma io avevo appena iniziato. Il suo cazzo duro nella mia mano gocciolava già, ma non volevo che lui venisse subito, volevo mantenerlo in tensione ancora un po', pensai mentre lui ansimava piano, e sempre più si abbandonava al piacere di quel massaggio inaspettato, ma probabilmente vergognosamente desiderato.
Anch'io avevo paura di venire scoperta da sua moglie, ma questo, al posto di inibirmi mi dava una carica incredibile. Ero in fiamme, e non sarei andata via prima di ottenere quel che volevo.
D'un tratto mi sollevai la gonna e mi misi a cavalcioni su di lui, senza ancora sedermi. Rimanendo in tensione sulle gambe gli feci sentire che il suo pene si trovava esattamente all'entrata della mia figa.
Lui era terrorizzato, e mi sibilava stizzito di andarmene immediatamente, cercando di spostarmi dalla mia posizione, tuttavia la sua erezione continuava diceva altro.
Smisi di fare resistenza e il povero professore cessò di farla a sua volta. La sua ipocrisia non poteva più proteggerlo, era in balía del desiderio. Rimanemmo tutti e due sospesi in un'attesa silenziosa, mentre la mia figa faceva piccoli movimenti circolari sulla punta del suo glande.
Finalmente mi adagiai sul suo cazzo, e lui non riuscì a non sospirare. Non avevo molto tempo, per cui cominciai a muovermi velocemente, e lui paralizzato, se ne stava immobile con gli occhi chiusi; solo le mani, che mi avevano artigliato i fianchi, tradivano la sua tensione.
Prima di venire, mi spinse via e venne nella sua mano, ripiegato su se stesso, ansimando di piacere ma senza emettere alcun suono.
Dopo essersi ripulito alla bell'e meglio, si ricompose e mi cacciò via, affrettandosi ad uscire dalla stanza.
Poco dopo ero in strada, soddisfatta mentalmente, ma ancora eccitata. Non avevo goduto, e avevo bisogno di ottenere la mia soddisfazione. Ovviamente sapevo già dove sarei stata sicura di averla.
Era ora di cena, ma sapevo che lì dove andavo non sarebbe stato un problema.
Fulvio aprí la porta, e senza dare segni di sorpresa mi fece entrare, senza salutarmi. Io lo guardavo famelica, ma questa volta lui non mi assalí, e invece mi accompagnò in cucina, dove stava pasteggiando insieme a un suo amico.
Ero confusa e non sapevo come comportarmi.
Mario, questo era il suo nome, mi squadrò da testa a piedi, mentre senza fare tanti complimenti consumava la cena masticando a bocca aperta. Probabilmente di poco più grande di Fulvio, aveva il viso congestionato dal vino ed era in forte sovrappeso. I capelli tinti di un nero corvino e pettinati un riporto vaporoso lo rendevano un po' ridicolo, tuttavia mostrava ancora di essere un uomo che in gioventù era piaciuto parecchio alle donne.
"É questa la puttana che ti sei scopato?"- chiese come se non fossi stata presente nella stanza.
Fulvio accennò di sí, e per tutta risposta venne a ficcarmi la lingua in bocca, e con la mano destra mi sbottonò la scollatura del vestito per offrire a Mario una bella vista. Estrasse il miei seni dal reggiseno dandogli tanti piccoli schiaffetti, per farli sballonzolare tra loro. Io ero già pronta, e l'idea che tra non molto potessi venire offerta al suo amico mi faceva impazzire.
Fulvio mi trascinò davanti a Mario, il quale con lo stesso entusiasmo con cui prima aveva addentato una coscia di pollo, cominció a leccarmi il seno, e, sollevandomi la gonna, mi infiló le dita dappertutto.
Poco dopo, si sbottonó i pantaloni con la mano sinistra, e con la destra mi abbassó la testa per farsi succhiare; io mi approcciai a lui vogliosa e emozionata come una cagna in calore, prendendo il suo cazzo tra le labbra con religioso fervore.
Mario aveva un pene non grande ma molto largo,che spuntava da un ciuffo di peli folti e neri, come non avevo mai visto in vita mia.
Succhiargli il cazzo mi piacque moltissimo: appena prima di prenderlo in bocca avevo percepito un leggero odore d'urina, e questo mi aveva eccitata profondamente, perché mi aveva fatto sentire ancora più puttana.
Lui mi spingeva la testa con la mano, incitandomi ad andare velocemente su e giù per la sua asta, concentrandosi solo sul suo piacere, e senza avere riguardo per il mio. Inginocchiata a quattro zampe, attendevo che Fulvio mi prendesse, e infatti non attesi molto prima che lui mi penetrasse da dietro.
Ora era perfetto, mi sentivo riempita e godevo in ogni modo, fisico e cerebrale.
Mentre la televisione emetteva il solito chicchericcio banale degli opinionisti da salotto, io, abbandonata al piacere, godevo nell'essere scopata da due uomini molto più grandi di me. I nostri versi eccitati e il rumore del nostro respiro affannato si confondevano col rumore del gorgoglío che creava il pene di Mario sbattendomi la gola, e il rumore delle palle di Fulvio che sbattevano ritmicamente sulla mia figa.
Fulvio non resistette molto prima di venire copiosamente sulla mia schiena: invece Mario continuò a scoparmi la bocca penetrandomela a fondo.
Se ne stava lì, con gli occhi chiusi e la bocca socchiusa, a spingermi la testa contro il suo pube, tenendomi per i cepelli, mantenendo un ritmo regolare.
D'un tratto il nostro andamento si fece più incalzante, la presa sulla mia nuca più violenta. Mi spingeva giù la testa e poi mi tirava con forza i capelli, in un vai e vieni sempre più intenso, mentre cominciava a emettere versi rochi e ansimanti.
Terminó venendomi in bocca con un bel verso soddisfatto, tenendomi schiacciata contro il suo cazzo per tutto il tempo che gli fu necessario a godersi la sborrata.
Poi, come se niente fosse, si alzó per andare in bagno a ripulirsi, e tornó a sedersi a tavola, cominciando a sbucciarsi una pera.
Fulvio intanto si era spostato in un'altra stanza, e non dava segno di tornare.
Mi ripulii anch'io, e senza proferire parola uscii di casa, piena di sesso e soddisfatta.
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