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02. Zio Lucio - Il segnale della resa


di acheronte2
25.11.2020    |    16.895    |    31 9.6
"Ma poi, non pensi che portandotelo a casa, corri lo stesso rischio? Potrebbe scoprilo tua mamma, tuo padre… lasciamo stare tuo fratello che è ancora..."
[Consiglio di leggere “Mio fratello Lorenzo – L’instate perfetto”, di cui il seguente racconto è il prosieguo]

Trascorsero altri sette anni durante i quali non ebbi mai più il coraggio di chiedere a Lorenzo di fargli compagnia durante i suoi bagni quotidiani, come lui di chiedermi di aiutarlo.
Crebbi con la speranza di poter rivivere quell’istante perfetto con la mia propria carne. Ebbi sempre e solo con la mente, invece, lucenti e vivide - dinanzi agli occhi- le sue labbra carnose, stagliate all’orizzonte di un ventre glabro e duro come fosse creta arsa e - dentro la mia mano - le pulsazioni nette e violente del suo enorme cazzo, seguite dal ritmo danzante di un suono sordo e soave come quello che si ode sul finire di una pesante pioggia battente.
Sulla sua pelle non ritrovai più quell’odore muschiato di un tempo, mentre fu identica la sensazione di potere che provai, dopo anni, alle sue suppliche invocate nel culmine inesorabile, affinché non smettessi di adorarlo.
Non parlammo più dell’accaduto, almeno fin quando non scoprì i miei gusti sessuali “particolari”. Un tempo evitavo di definirmi “omosessuale” ma oggi ne posseggo assoluta consapevolezza, nonostante sia perfettamente capace di scopare con donne – come talvolta feci e faccio ancora. Smisi, cioè, di millantare bisessualità quando capii che solo l’uomo capace di avvertire la mancanza di una donna - e soprattutto di amarla – può davvero considerarsi bisessuale.
Meditavo da tempo di confidare a mio fratello Lory - come lo chiamavamo in casa - i miei turbamenti in ambito sessuale, ma avevo paura di rovinare il nostro rapporto, non tanto perché non ritenessi che avesse un’adeguata apertura mentale - tutt’altro: lui era appassionato di politica e si definiva progressista - ma perché temevo che cambiasse atteggiamento nei miei confronti o che assumesse atteggiamenti inibitori riguardo alle semplici questioni di convivenza quotidiana. Temevo cioè che lui ricollegasse tutto a quando lo masturbai 7 anni prima, colpevolizzandosi in qualche modo. In realtà anche io da ragazzino nutrii – a torto - forti dubbi al riguardo o meglio, sul difficile cammino dell’auto-accettazione parecchie volte finii per pensare che, forse, la mia omosessualità fosse dovuta alla bellezza sovrumana di Lorenzo. Nulla di più sciocco: omosessuali si nasce e non si diventa.
Piuttosto, avrei mai avuto il coraggio di dirgli che il cazzo, il suo cazzo, fu da sempre la mia infantile ossessione e che quel bambino desiderò ardentemente di fargli quel meraviglioso segone che lo indusse a farsi fare? In fin dei conti mio fratello era un minorenne single e vergine, portatore di handicap, con i coglioni sempre pronti a tracimare come solo i ragazzini già sessualmente attivi possono fare! Tuttavia non smise mai di dimostrarmi l’affetto – nonostante quel segone - e mai fece in modo che riaccadesse di nuovo qualcosa di vagamente erotico tra di noi.
Dal mio canto mi accontentai dei suoi interminabili abbracci quando rientrava da qualche trasferta con la sua squadra di nuoto paraolimpico e mai avrei voluto rinunciare al suo bacio della buonanotte, al dormire nello stesso letto quando c’erano tuoni e fulmini la notte, ma soprattutto il suo accenno di mano sul mio capo – come a volermi scompigliare i capelli - tutte le volte che mi rivedeva o mi salutava, anche all’uscita di scuola. Era proprio lui, infatti, che veniva a prendermi all’uscita da scuola ed io ero orgoglioso del mio fratellone grande, il mio diversamente supereroe!
Dentro di me, di quell’attimo perfetto, conservavo però ricordi dai contorni sfumati, simili alle pennellate affastellate di un quadro impressionista che, prese singolarmente, traboccavano la realtà stessa ma che nell’insieme delineavano un’unica immagine di quotidiana ossessione che attanagliò tutta la mia adolescenza, portandomi poi a ricercare in ogni avventura, a volte con ruoli invertiti, quella medesima atmosfera.
E’ qui che ora occorre parlare di mio zio Lucio, 39 anni all’epoca dei fatti, fratello minore di mia madre. I miei parenti materni, rispetto alla famiglia d’origine di mio padre, erano di estrazione culturale più semplice, ma tutte persone d’animo buono, cresciute con sani principi, instancabili ed onesti lavoratori. Zio Lucio era così, ma in amore non fu molto fortunato: la relazione di sua moglie con un altro uomo era da poco divenuta di dominio pubblico, pertanto, tornò ad abitare con sua mamma fino quando non trovò una sistemazione più consona ad un uomo adulto.
Dal momento che entrambi i miei genitori lavoravano per tutto il giorno e Lorenzo, prossimo alla laurea - nel tempo in cui molte duravano 4 anni - tra tirocinio e nuoto agonistico rincasava solo a sera, pranzavo quasi tutti i giorni da mia nonna, intrattenendomi lì anche per fare i compiti. Sovente, mi ritrovavo a condividere con zio Lucio i pomeriggi – lui di relax e per me di studio.
Io che osservavo maniacalmente il bassoventre di ogni uomo fin dall’età di 7 anni, fantasticando sulle loro fattezze intime, non ebbi vita facile: mio zio era un bellissimo uomo alto, biondo e riccio, occhi color verde acqua con ciglia folte, labbra a cuore incorniciate da lunghi baffi - alla moda dell’epoca - color del rame che nascondevano una dentatura ampia e bianchissima. Aveva un fisico atletico - derivatogli dall’addestramento nel corpo della Marina Militare - dalla carnagione ambrata, ricoperta da una fitta peluria dorata.
Orgoglioso fino al midollo, quando fu di ritorno da una lunghissima trasferta nel bel mezzo dei freddi oceani nordici, nel trovare la moglie a letto con un altro uomo non proferì parola: girò i tacchi, salutò i figli e andò via. Un uomo tutto d’un pezzo.
Nella mia testa di tredicenne frullava continuamente la convinzione che i grossi coglioni di zio Lucio, dopo tutti quei mesi di astinenza sessuale, fossero ormai stracolmi e perciò ritenevo legittimo che lui potesse in qualche modo dar libero sfogo ai suoi istinti più rozzi, se non altro come premio di consolazione per il tradimento subìto. Ricordo che all’epoca gli smartphone non esistevano, ma soprattutto non esistevano i social network, per cui, abitando in un piccolo paese siciliano, per un militare separato della sua età che non voleva trascurare i figli, non era facile far nuove amicizie femminili nel poco tempo libero residuo.
I gentiluomini d’altri tempi veneravano il corpo della donna, la quale si concedeva solo dopo aver vagliato i meriti del pretendente, conseguiti con strenuo impegno ed un doveroso, ma discreto, rituale di corteggiamento.
Oggi per fortuna le donne hanno più consapevolezza del loro diritto di vivere liberamente la propria sessualità ma temo che, da un lato, l’uomo abbia interpretato nel modo peggiore questo cambiamento comportamentale delle donne e, dall’altro, le piccole donne di oggi – che poco sanno delle lotte femministe – abbiano confuso l’autodeterminazione delle proprie libertà con un certo tipo di autocompiacimento che deriva dalle approvazioni provenienti dall’altro sesso. Ma questo discorso esula dalla leggerezza che è giusto che io continui a dare a questo racconto.
Torniamo alla mia galoppante fantasia adolescenziale: non fu proprio mio fratello Lorenzo a concedermi di occuparmi delle sue illibate parti intime in virtù della scarsità di gentil sesso a disposizione?
«Si. E allora?» rispondeva la mia coscienza.
«Secondo te potrà mai ripetersi una cosa di quel genere con zio Lucio?» continuando da imperterrito porcello farabutto.
«Impossibile» ammettevo a me stesso con lucidità, perché Lorenzo era un ragazzino senza esperienza che ancora interpretava il sesso come un gioco, mentre zio Lucio era adulto, un marinaio di mondo. E difatti zio Lucio si confermò uno degli stereotipi più banali che riguardano proprio i “marinai di mondo”.
Una mattina a scuola feci quello che mi sembrò il colpo del secolo: il mio compagno Michele aveva rubato un fotoromanzo pornografico al fratello più grande, che lo credeva ancora riparato in un nascondiglio sicuro, cosicché la portò con sé nello zaino per condividerlo con noi amichetti, per poi implorarmi di prendermi cura della preziosa refurtiva. Ovviamente non mi tirai indietro, così quel pomeriggio tornai a casa di mia nonna elettrizzato al pensiero di poter godere di quel bottino solo soletto; mi toccava solo aspettare il momento giusto di totale solitudine.
Puntuale alle 17:00 nonna andò a prendere il caffè dalla vicina mentre, poco dopo, zio Lucio si alzò dal consueto riposino pomeridiano per far fare i bisogni al cane. Aveva una canotta aderente e pantaloncini cortissimi che gli evidenziavano il pacco e quella visione mi provocò un effetto di eccitamento che dovevo necessariamente scaricare approfittando di quel fotoromanzo che avevo nello zaino. Iniziai a sfogliarlo, mi liberai l’uccello ed iniziai a masturbarmi frettolosamente: dovevo ottimizzare al massimo i tempi. Gli atti che vidi fotografati, però, mi sconvolsero suscitandomi innumerevoli interrogativi. Vidi quattro donne prosperose che servivano un solo splendido uomo: la bionda glielo succhiava come si faceva col mitico ghiacciolo “Calippo”, la rossa gli leccava le palle a piena lingua come se si trattasse di un cono gelato, la castana teneva il viso sprofondato tra le sue natiche, mentre la mora gli succhiava un capezzolo. Inutile descrivere l’espressione del viso di quell’uomo. Fui estasiato: invidiai quel bastardo che aveva posato per quelle foto, godendo di tutte quelle attenzioni, ma non potetti non soffermarmi sulla maestosità del suo membro e sulla bellezza del suo viso… in effetti tra tutti e cinque non seppi individuare quale fosse la persona più fortunata. Fu la rossa che, in una foto successiva, ingioiò lo sperma di quel maledetto stronzo.
A quella vista, eiaculai! Il fazzoletto che mi ero preparato non riuscì a contenere tutti quegli sprizzi di gioventù: era così tanta che sembrava che stessi urinando. Fu in quel momento che entrò zio Lucio ed io, nel tentativo maldestro di rimettermi a posto il membro ancora teso nelle mutande, dimenticai il fotoromanzo sul tavolo.
Ci guardammo negli occhi, i suoi occhi mi guardarono il pacco, spostandosi sulle mie mani sudicie di sperma. Capì all’istante e sorrise imbarazzato. Poi i miei occhi mi tradirono quando si spostarono su quel cazzo di fotoromanzo lasciato in bella mostra e fu così che lui non potette far finta di nulla.
«Giannetto, ma chi fai, a’ zio? Non ti pare un po’ troppo presto per fare certe cose? Vatti a sistemare in bagno, vai… che se ti vede tua nonna…»
«Scusa zio!» fuggendo via dalla vergogna. Sentii che diceva tra sé e sé ridendo: «Guarda qua, guarda…» riferendosi sicuramente alla rivista. Volevo sprofondare dalla vergogna. Dopo aver lavato le mani ed essermi sistemato i pantaloni, ci misi molto per trovare il coraggio di uscire da quel bagno.
Trovai mio zio seduto al tavolo che mi aspettava, sfogliando – alquanto interessato – il porno.
«Te lo sei comprato tu questo giornaletto porno, Giannetto?»
«Non è mio, è di Michele. Gliel’ha preso a suo fratello Gaetano, di nascosto»
«E tu lo hai rubato a lui? Un futti-futti generale insomma»
«Non gliel’ho rubato. Mi ha chiesto di tenerlo per paura che i suoi genitori o i suoi fratelli glielo scoprissero»
«E tu fosti il fesso che si fece scoprire dallo zio… ahahahah»
«Zio Lucio, non sei simpatico, lo sai?»
«Avanti, vai… vuoi anche la ragione? Ti rendi conto che, invece che me, ti potevi trovare davanti tua nonna? Devi baciare a terra dov'è più sporco per il fatto che sono entrato io!»
«Lo so»
«Lo sai? Non mi è parso. Ma poi, non pensi che portandotelo a casa, corri lo stesso rischio? Potrebbe scoprilo tua mamma, tuo padre… lasciamo stare tuo fratello che è ancora ragazzo… ma tu non hai ancora la barba e già guardi queste cose?! Non è cosa tua… non lo vedi che ti ha mangiato così tanto il cervello da non farti pensare neanche alle conseguenze? In tutte le cose ci vuole giudizio! Cioè, ti sei fatto beccare con le mani in pasta, anzi… t’ho trovato con le mani propriamente bagnate… ci rendiamo conto? Te ne devi disfare assolutamente!»
«Dammelo che lo ripongo nello zaino e domani lo restituisco»
«No, questo me lo tengo io»
«No zio, non farmi questo. Ho promesso a Michele che glielo avrei riportato. Se non lo faccio sarò costretto a dirgli che mi son fatto scoprire e mi vergognerei da matti!»
«Che c’è? Non l’hai ancora sfogliato tutto e vuoi continuare a spipettarti nel bagno stasera?»
«Non fai ridere zio! L’ho già visto tutto, tranquillo»
«Te lo sei mangiato tutto d’un fiato allora… poverino, neanche te lo sei potuto gustare» sorridendo sarcastico.
Non risposi.
«Va bene, dai. Facciamo così: siccome tu a 13 anni te lo sei già guardato tutto, ho diritto pure io a 39 anni di sfogliarmelo. E’ il prezzo della cauzione, che ne dici Giannetto?».
La situazione stava evolvendosi verso una direzione decisamente inaspettata. Decisi di prendere il timone.
«Se poi me lo restituisci senza dire niente a mamma e papà, si, potrai guardatelo quanto vuoi. Vuoi che vada in cucina per lasciarti solo?»
«Stai scherzando spero? Ti sembro un ragazzino che ha bisogno di farsi le pippe?»
«No, per niente. Però stando qui con la nonna, magari…» con sguardo e sorriso complice…
«Questo giornaletti a voi ragazzini vi sfasciano la testa prima del tempo secondo me…»
«Beh almeno quando sarà il momento saprò come muovermi…»
«Ma che dici?! Questa non è la realtà Giannetto, è la fantasia! Questi sono giornaletti per noi uomini, che rappresentano ciò che vorremmo da una donna e non avremo mai. Guarda qui: non troverai mai nella vita reale 4 donne tutte assieme che ti fanno questo Paradiso sceso in Terra. Per questo dico che non sono cose adatte a te, perché non sei capace di distinguere la finzione dalla realtà!»
«Zio, però, questo fotomodello le ha trovate! ahahahah»
«Certo, se vuoi fare l’attore porno, di buttane ne trovi, ma nella vita reale non esistono, Giannetto. Levatelo dalla testa!»
«Io da grande le avrò invece! Soprattutto voglio una che mi beve tutto come questa qui, guarda…» mi avvicinai a lui, frapponendomi tra le sue gambe aperte, mostrandogli la foto dove il fotomodello fa il pieno alla ragazza rossa, mentre nelle foto successive, le altre si affrettavano a ripulirlo dagli avanzi. Mi adagiai al suo pacco che era diventato visibilmente enorme. Mio zio era in preda ad un’evidente e imbarazzante erezione.
«Eh…. [deglutendo] Appunto… Ma magari, allo zio! Io da uomo te lo auguro di avere un’esperienza simile almeno una volta nella vita…»
«Tu non l’hai avuta mai, zio?» facendo pressione sul pacco con la mia coscia.
«Tua zia queste cose non le fa. Una volta una mia ex mi leccò un po’ la punta, ma niente di più… le faceva schifo!»
«Io non so perché le donne si rifiutano di fare contenti noi maschietti, penso sia una cosa naturale, no?» risposi
«Lo so Giannetto… ma loro non capiscono come siamo fatti noi e noi non capiamo come sono fatte loro! Forse solo fra noi uomini ci capiamo bene»
«Questo sicuramente!»
«Infatti sulle navi, sai… stando tanti mesi lontani… beh… ho sentito dire da più di qualche collega... che andava a trovare degli altri colleghi nostri... quelli un po’ effemminati... nelle loro cabine, che gli facevano certi servizietti come questi… anche in gruppo»
«Veramente?»
«Si si, e non sai quante volte mi avevano invitato ad andarci! Ma io niente, è più forte di me… mi piace la patata a me! Il solo pensiero che hanno l'uccello…»
«Quindi nessuno te lo hai mai succhiato in quel modo?» spingendo con la coscia sul pene duro. Ormai il segnale era evidente.
«No» arrossendo e fissando l’immagine della sborrata con ingoio.
«E non senti mai il desiderio di provare?» sedendomi su una sua coscia.
«Si»
Gli agguantai il cazzo, in evidente stato di tumefazione, segandolo attraverso la stoffa dei pantaloncini. Mi bloccò la mano, ma io forzai fin quando non lasciò la presa.
ERA IL SEGNALE DELLA RESA.
Rimase in silenzio, in attesa. Aveva capito cosa io cercassi da lui e che avevo deciso di andare fino in fondo.
Abbassai l’elastico ed estrassi la bestia: era grossissimo e bagnato, più o meno quanto quello di mio fratello Lorenzo, ma più peloso, con la pelle più spessa e scura. Iniziai a menarglielo. A quell’età non mi perdevo ancora in convenevoli come faccio troppo spesso adesso.
Il respiro gli si fece pesante. Mi alzai per cercare di abbassargli i pantaloncini: volevo giocare con i suoi coglioni come faceva la rossa del fotoromanzo porno. Lui, invece si alzò e se li abbassò lasciandoli cadere alle caviglie.
Mi ritrovai davanti lo spettacolo di un biondo vichingo adulto, dalle gambe tornite come quelle dei Bronzi di Riace ma con il cazzo grosso ed eretto come quello di un satiro danzante. Solo che lui non danzava, ma era fermo impalato nell'attesa di godere, facendo finta di nulla.
Sfogliava la rivista porno sporgendo il bacino in avanti per agevolare la sega che gli stavo praticando. Attratto dall’enorme sacca dei testicoli, mi inginocchiai per leccargliela. Mi guardò con la coda dell’occhio ma non proferì parola. Feci come pensavo di dover fare: comincia a leccargli a lingua piena i testicoli mentre con la mano continuavo a segarlo. Sentii un lamento di piacere, che lui stesso soffocò immediatamente. Cambiai mano data la difficoltà nel masturbare quel pesante fardello incombente sulla mia testa, fino a quando non me lo lasciai cadere sul viso. Udii un secondo lamento di piacere soffocato.
Decisi di provare.
Ormai del tutto scappellato, mi introdussi con difficoltà il membro in bocca, riuscendo a coprire tutta la cappella e poco oltre, umettando con tanta saliva. Lui fece uno scatto, come se stesse perdendo l’equilibrio ma distribuì solo il peso sull’alta gamba. Feci leva con le mani sul suo bacino per cercare di introdurre possibilmente quanti più centimetri nella mia bocca, ma ottenni un colpo di tosse che gli fece vibrare la cappella nella mia bocca di ragazzino, impastata dei suoi umori intimi.
«Ohhhh….!» fu la sua risposta, senza staccare gli occhi da quella cazzo di rivista porno.
Non contento, decisi di fare come avevo visto in quelle foto: cominciai a succhiarlo come fosse un meraviglioso “Calippo” cercando di creare delle fosse profonde sulle mie guance per via del sottovuoto creatosi, poi con una mano lo masturbavo e con l’altra gli sostenevo le palle. Ricordando ciò che fece impazzire Lorenzo, feci una leggera pressione sotto il perineo, ondeggiando la mano.
Sentii la sua mano che ora cercava di darmi un ritmo anche alla testa, di modo che, con le labbra serrate, esercitassi anche una pressione in entrata ed in uscita lungo tutta la circonferenza che sta alla base della cappella.
Così feci: volevo farlo felice.
Dopo un paio di minuti di questo costante movimento, alternato ad umide leccate alle palle, in totale silenzio, mi disse: «Se continui così vengo»
Continuai il mio lavoro incurante dei suoi avvertimenti.
«Vedi che così sborro e ti sporco!»
Non cambiai atteggiamento, fino alla fine, facendogli avere il presentimento di ciò che avessi davvero in mente di fargli provare.
Iniziò a respirare profondamente ed affannosamente. Gli tremavano le gambe e spinse ancora di più il bacino in avanti. Per come aveva inarcato la schiena, la rivista sembrava poggiata sul suo addome.
«Attento, sta uscendo!» ma non fece nulla per evitarmi l'inondazione.
Serrai le labbra prevedendo un fiume in piena quando lui grugnì con un suono gutturale, come un grande sforzo. Lasciò cadere la rivista per terra quando avvertii nettamente il primo schizzo, poi il secondo, il terzo… che ingoiai tutti fino all’ultimo. Ricordando la lezione di mio fratello, rallentai il ritmo spremendo il più possibile.
Per certi talenti si nasce.
Lo tirai fuori fragorosamente, come quando si stappa una bottiglia di spumante.
Non alzai gli occhi, ma corsi in bagno a sciacquarmi la bocca. Lo sentiti accasciarsi stremato sulla sedia, consapevole di aver sborrato per la prima volta in una bocca: quella di suo nipote Gianluca.
[…]
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