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05. Mio fratello Lorenzo - Male non fa


di acheronte2
31.08.2021    |    13.922    |    19 9.1
"Del resto, non era uno stupido..."
[Contrariamente ai miei altri racconti, questo non descrive scene di sesso esplicito. Chi cerca materiale per masturbarsi, passi oltre.
Consiglio di leggere almeno il mio racconto "01. Mio fratello Lorenzo - L'istante perfetto", che ne è l'antefatto]

Sempre molto legato a me – forse perché la mia nascita lo distrasse dal lutto del padre – mi fu raccontato che Lorenzo, benché avesse solo 10 anni, sin da subito pretese che la mia culla fosse sistemata nella sua – nostra – cameretta, arrivando perfino a cambiarmi i pannolini, darmi da mangiare e passare con me gran parte della sua adolescenza giocando e, via via che scorrevano gli anni, aiutandomi nello studio. La sua capacità di leggermi dentro con un solo sguardo mi faceva sentire compreso da lui e questa cosa mi infuse una profonda sicurezza che a lui, invece, mancava. Del resto, avendo un carattere riservatissimo ed un’infanzia travagliata, fu naturale per mio fratello isolarsi emotivamente nei confronti del mondo esterno, pur apparendo sempre una roccia e dispensando eternamente sorrisi a chiunque. In fatto di donne, poi, all’epoca sospettavo già che non avesse un granché di esperienza, a parte qualche preliminare, probabilmente per via della sua gamba particolare.
Molti anni dopo, infatti, fu lui stesso a confidarmi di soffrire d’ansia da prestazione, dovuta ad un blocco dovuto ad un’insicurezza legata al suo handicap di avere solo una gamba e mezza – a parte il cazzo - procuratagli da una brutta prima esperienza avuta con una ragazza. Riversava, perciò, tutta l’inevitabile tensione impegnandosi molto nello sport e nello studio.
Nessuno avrebbe potuto mai farmi del male, perché lui sarebbe subito intervenuto per difendermi: mi sentivo protetto e amato. Per questo insieme di motivi non mi ero ancora aperto con lui, fino ad allora, avendo cioè il terrore di rovinare il nostro rapporto. La stessa paura che mi assalì quando mi parlò di ciò che aveva letto sul mio notebook.
Infatti, mentre studiavo e facevo ricerche in rete, avevo preso la cattiva abitudine di tenere aperta la chat ed un infausto pomeriggio la dimenticai aperta mentre stavo utilizzando il bagno, quando arrivarono delle notifiche che Lorenzo lesse accidentalmente. In quel periodo chattavo con un ragazzo di 23 anni molto carino che mi aveva inviato delle sue foto intime decisamente hot, alle quali avevo risposto con toni di approvazione a dir poco “scomposti”. Le notifiche riguardavano messaggi di risposta ai miei commenti circa i suoi “attributi” e soprattutto in risposta a ciò che avrei voluto farne dal vivo. In realtà non avevo ancora mai avuto alcuna esperienza sessuale dal vivo, a dispetto dell’esperienza ostentata in quei messaggi, tantomeno avrei avuto già il coraggio di progettarla o premeditarla. Il mondo virtuale di internet di allora era la mia unica valvola di sfogo delle mie primissime pulsioni erotiche omosessuali. Chiaramente, inutile sottolinearlo, le mie fantasie erano sempre popolate da ragazzi che ricordavano Lorenzo che era, esteticamente e anagraficamente, il mio idolo.
Lorenzo chiuse la chat e si concesse il tempo necessario per meditare sull’accaduto – o forse per riprendere aria - ma non aspettò molto: subito dopo cena mi disse fortuitamente e sottovoce: «vai in camera nostra, devo raccontarti una cosa». Mi incuriosì l’espressione complice del suo viso, seguita da una delle sue tipiche schiacciate d’occhio, tanto da sgattaiolare in camera in un baleno.
Rimasi di sasso. Non riuscii a proferire parola mentre lo vedevo così impacciato nel “raccontarmi quella cosa” che gli era accaduta e quella cosa riguardava me, il suo fratellino: aveva letto l’inequivocabile conversazione in chatt tra me ed un ragazzo. Fu un trauma.
Scoppiai in un pianto sordo di cui ricordo ancora le enormi lacrime che mi lasciarono il pantalone del pigiama completamente fradicio. Mi portai le mani sul viso dalla vergogna per non guardarlo mentre aspettava una mia spiegazione, e strofinavo, strofinavo...
Avrei voluto quasi cancellarmi il volto con quelle benedette mani. Non vedevo nulla, sentivo solo il sapore amaro di quelle lacrime in bocca. Un velo nero mi copriva la vista ma non erano le mani a togliermi luce: nero era il colore del mio futuro cancellato. Mi sentivo sporco, qualcosa di malato, da curare. Mi sentivo il problema della famiglia - l’ennesimo - ovvero il figlio sbagliato di mia madre dopo la perdita del primo amore, la delusione di mio padre che in fin dei conti mi considerava il frutto del suo unico amore, ma soprattutto, la vergogna di Lorenzo – e quest’ultima urgenza dovevo affrontarla immediatamente, ma non sapevo come.
Ero disperato.
Non riuscivo a fermarmi; giusto il tempo di inspirare e poi continuavo ad emettere un lungo e costante suono gutturale che mi tappò perfino le orecchie. Sentivo Lorenzo chiamarmi da lontano, fino a quando non mi scostò le mani prendendomi il viso tra le sue.
«Guardami».
Cominciai a singhiozzare per riprendere un respiro normale e continuò: «Sono sempre io! A me non interessa se sei gay, Gianlu, io ti voglio bene lo stesso, non c’è motivo per cui io non debba volertene: tu sei nato gay, come io sono nato con mezza gamba. Tu crescerai bello come il sole e con due gambe intere, mentre io resterò sempre con una gamba e mezza. Per quanto mi riguarda, avrei preferito senza dubbio nascere gay. Tu avresti preferito nascere come me? Ci hai mai pensato? Non sono queste le tragedie della vita. Ti dirò una cosa politicamente scorretta nei miei riguardi, ma sei mio fratello: tu sei perfettamente sano Gianlu. Tuttavia, sei ancora dannatamente piccolo per fare sesso con sconosciuti… della mia età, peraltro! Sei un incosciente! Hai ancora 14 anni!».
Poi, abbandonando il tono altero mentre sprofondavo nella vergogna: «Siamo maschi entrambi e non devi vergognarti, il sesso attrae te quanto me, ma io ho 24 anni ed è il mio tempo per sperimentarlo, quando sceglierò di farlo per la prima volta». Non riuscendo a mantenere quel tono duro, aggiunse quasi tra sé e sé, sdrammatizzando: «Qui finisce che farai sesso prima di me! Stiamo scherzando, spero?!».
Dopo avermi dato il tempo di realizzare che fosse ancora vergine – deduzione che mi diede una sensazione piacevole - continuò: «A me interessa assicurarmi che tu non bruci nessuna tappa!».
«Ma io non ho bruciato nessuna tappa!» riuscii finalmente a dire.
«Ah si? E quelle porcherie che ho letto come le giustifichi?» - pausa - «Quella persona ha nove anni più di te, ti rendi conto?»
«Abbiamo solo chattato negli ultimi giorni»
«Dimmi che non l’hai mai incontrato»
«Ti giuro, Lory, mai!»
«Dimmi che non hai mai fatto a nessuno quelle cose che ho letto»
«Lory non ho mai fatto nulla con nessuno. Son tutte cose frutto della mia fantasia, magari ispirato da qualche video trovato in rete».
«Lo dicevo di non navigare su certi siti!».
Non amavo le paternali ma cosciente di averla fatta grossa: «Ti prego Lory, promettimi che non dirai nulla a mamma e papà! Potrei morire… mi ucciderei per la vergogna!»
«Si va bèh... MI UCCIDO!» - facendomi il verso con gli occhi strabuzzati verso l’alto - «piantala caga-sotto, non mi è mai piaciuto il melodramma».
Tornò a guardarmi negli occhi: «Secondo te, potrei mai tradirti? Io sono dalla tua parte, scemo!».
Guardammo entrambi il pavimento. Poi lui riprese con imbarazzo: «Quando sarai adulto deciderai tu se dirlo a mamma e papà. Fino ad allora non sapranno nulla da me, ma se continui così, così come l’ho scoperto io, non mancherà molto affinché ti sgamino. Dipende tutto da te». Con una mano mi scompigliò fugacemente i capelli per ristabilire un contatto. Quel suo gesto familiare bastò a tranquillizzarmi: Lorenzo non aveva smesso di volermi bene. In un’altalena di sensazioni, mi sentii subito accettato da lui. Ero già felice così.
«Ti devo chiedere un’altra cosa»
«Cosa?»
«Non posso farne a meno, altrimenti non mi sentirò con la coscienza a posto»
«Spara. Tanto ormai…»
«Quando eravamo più piccoli, ricordo che volevi sempre fare il bagno con me ed una volta successe che mi feci toccare da te… non so se hai qualche ricordo…». Quel ricordo era perfettamente scolpito nella mia memoria ma non ero pronto a farne argomento di banale conversazione.
«Si, ricordo qualcosa»
«In che senso? Ricordi vaghi sul fatto che ti piacesse darmi una mano mentre mi facevo il bagno o, ricordi quell’episodio in particolare?»
«Entrambi»
«Ok». Deglutì. Poi prese a guardarsi le unghie.
Dopo una pausa di riflessione che mi sembrò l’attesa dello scioglimento di un nodo assai importante per entrambi: «Sai Gianluca, forse è arrivato il momento di parlarne sul serio. Io mi sono sempre sentito in colpa per quella cosa che successe. Ok, ero un ragazzino ma vorrei chiederti scusa... Cioè… sarebbe importante per me capire, visto che lo ricordi bene, se il ricordo di quell’atto lo vivi come una molestia. Se fosse così, la cosa mi mortificherebbe, perché io… »
«Lory, basta per favore!»
«Cerca di ascoltami, almeno, per favore, abbi rispetto! Ho un sempre avuto un grande rimorso per essermi fatto masturbare…»
«Ti feci una sega»
«In pratica, si. Ma... modera i termini! Non siamo in una chatt gay!»
«Non ho voglia di parlarne, eravamo piccoli… non ho capito cosa c’entra con…»
«In altre parole… so che può non c’entrare nulla ma, a volte, in psicologia il collegamento nascosto c’è sempre. Vedi… ho il dubbio atroce che quella “cosa” che t’indussi a fare senza pensarci troppo, ti abbia condizionato in qualche modo. Voglio assicurarmi che tu abbia riflettuto abbastanza su una questione che può fare la differenza, cioè: se a te piacciano davvero gli uomini in quanto tali – essendo il tuo reale orientamento sessuale - o se tu abbia idealizzato quella sensazione vissuta con me in quella stanza da bagno, al punto tale da volerla “ricostruire” con ragazzi della mia età – un’elaborazione che è più assimilabile ad un trauma».
Non risposi subito affinché notasse un minimo d’introspezione da parte mia. In realtà la sua sollecitazione mi servì a realizzare quante cose conoscessi già di me stesso, oltre ogni aspettativa.
«Non devi rispondermi subito. Vorrei che tu…»
Smisi di ascoltarlo. Lo sentivo in lontananza… Non mi piacque sapere che mio fratello avesse vissuto tutti questi anni con senso di rimorso. Capii anche perché da quella volta diventò pudico e riservato. Mentre io vissi nel dolce ricordo di quella mirabile masturbazione, orgoglioso di averlo fatto godere nel fiore dei suoi anni, lui invece era attanagliato dal senso di colpa. Sapere della mia omosessualità stava complicando le cose… dovevo rimediare. Lo interruppi.
«Lory, se ricordi bene, io ti spiai dal foro della serratura…»
«Hai ragione. Vero»
«Il primo uomo nudo che io abbia mai visto da vicino sei tu. Sono sempre stato attratto dal tuo corpo, molto prima di quel “fatto”. Fin da piccolo volevo aiutarti a fare il bagno perché adoravo osservarti mentre eri completamente nudo. Soprattutto quando riemergevi dall’acqua. Se mi hai dato l’”imprinting”? O si, se me l’hai dato…» - pausa d’imbarazzo - «Sai meglio di me che fui io a chiederti di toccarti l’uccello, perché nel mio inconscio infantile non era una cosa sporca. Ancora adesso non la ricordo come una cosa sporca. Anzi, ricordo perfettamente le reazioni del tuo corpo, le tensioni… i movimenti che mi chiedesti di fare, come toccartelo, le tue vene pulsare... È come se mi avessi fatto da nave scuola, un privilegio, non so come dire… Ma non devi colpevolizzarti, non mi hai traumatizzato affatto! Anzi, a me è sempre piaciuto l’uccello! Ho ricordi inequivocabili. Desideri infantili che non posso ignorare a cui solo ora so dare una spiegazione più logica. È proprio grazie a te, invece, se ho avuto chiaro fin da piccolo quale fosse il mio orientamento sessuale! Quindi, smettila per favore!»
Lo ritrovai con la fronte corrugata e le sopracciglia inarcate. Dopo un breve silenzio fece: «Okkeeeiiii. La discussione si fa imbarazzante. Diciamo che… hai reso l’idea. Facciamo che non ne parliamo più, per ora?»
«Perché “per ora”? Che psicanalisi c'è da fare su questa cosa? Sono gay. Ok. Hai detto che non c’erano problemi, o no?»
«Ma certo che non ci sono problemi… solo che…»
«Solo cosa?»
«Sii sincero Gianlu, è importante per me» - pausa - «Sei sicuro che tu non ti sia, diciamo, “invaghito” di me, da quella volta?»
Ecco. Era arrivato al nodo gordiano della questione. Del resto, non era uno stupido.
«”Invaghito”? Ma come parli?!» divagando, quasi schernendolo.
«Hai capito cosa voglio dire. Non son mica come te che parli di seghe e vene che si gonfiano…»
Raggiunsi la finestra e scostai la tenda leggera della nostra camera. Poi, lasciandola cadere dietro di me: «Cosa c’è di così importante? Cosa cambierebbe?»
«Nulla. Tra di noi, nulla. Sei il mio fratellino. E sei anche mio cugino. Sai bene quanto siamo speciali e quanto ti voglia bene. Se ti fa bene sentirlo, te l’ho detto»
«Male non fa».
Mi raggiunse in silenzio alla finestra per abbracciarmi. «No, male non fa, cucciolo» dandomi un tenero bacio sulla testa.
«E’ vero, dimentico sempre che siamo anche cugini» divincolandomi dal suo abbraccio e raggiungendo il letto.
«A proposito di cugini, lo sai cosa si dice nel mondo gaio?»
«Ciò che si dice per le cugine?» aggiunse lui, ridendo di gusto.
«Che i cugini “etero” sono i primi» mimando le virgolette con le mani.
«Perché con le virgolette?» ripetendo i miei gesti con fare sornione.
«Boh, così… forse dovremmo usare meno etichette, no?». Lui scostò lo sguardo dal mio.
Continuai: «Se i cugini etero si fanno fare certe cose, magari è per puro piacere… e poi, sii sincero tu ora: non fu forse piacevole farti masturbare dalla manina inesperta del cuginetto/fratellino? Hai goduto?»
«Sessualmente parlando, essendo adolescente all’epoca e ancora vergine adesso: si… l’ammetto, fu molto piacevole. Una sensazione che non posso dimenticare».
«Allora siamo in due a conservare un bel ricordo sessuale» - pausa d’imbarazzo - «Solo che io, essendo un bambino, all’epoca ti vidi come un dio sulla Terra! Lo rifarei cento volte…» Poi, finalmente ammisi: «anche adesso, se non fossi mio fratello»
Silenzio.
«Mi stai dicendo che…»
«…forse mi sono invaghito di te, ma non l’ho mai ammesso abbastanza a me stesso. Io sono ancora vergine, ma so solo che mi eccito pensando ai ragazzi. Non avendo mai assaggiato la figa, non ho termini di paragone, ma l’idea non mi eccita. Mi eccita solo l’idea di far sesso con un ragazzo come te. Non so se è trauma, ma è quello che sento»
«È un po’ forte quello che mi stai dicendo, Gianlu…»
«Mi hai chiesto sincerità. Oggi è il giorno delle rivelazioni, no?»
«Si» sorridendo amaro. Seguì un breve silenzio.
Poi decise di dare un nuovo tono ad una conversazione diventata ormai troppo pesante per entrambi: «Mi prometti di usare la testa in quell’internet?»
«Non chatterò più, te lo prometto» mi sembrò il giusto compromesso da offrirgli, dopo l’essermi messo così a nudo.
«Io non voglio che tu smetta di chattare, ma che tu lo faccia con i tuoi coetanei!» - pausa - «Ho letto tutto, sai? Sei stato tu ad importunare quel ragazzo» guardando di nuovo verso la finestra.
«Ma a me quelli della mia età non piacciono. Te l’ho detto già!» abbassando gli occhi dall’imbarazzo.
Si voltò, fissandomi stupito per la sfacciataggine che la conversazione precedente mi aveva regalato. Poi, indicandomi con il dito indice, scandì: «Cioè… tu, ora… a 14 anni… mi stai dicendo che quelle “cose” le faresti ad uno sconosciuto…» - imbarazzandosi e roteando il dito indice, stavolta rivolto verso l’alto, per riprendere il filo «…della mia età?»
Per quanto mortificato, odiavo essere considerato un bambino, a dispetto dei miei ormoni in tumulto.
Risposi piccato: «Non tutti si fanno pregare come te... Magari ci sono ragazzi che cercano proprio quelli come me… e ti posso assicurare che non sono pochi…»
Ciò che dissi lo turbò. Era gelosia.
«Io non mi faccio pregare... ti ricordo che siamo fratelli! E poi tu cosa ne sai di cosa cercano in giro? C’è qualcosa che mi nascondi?» con aria contrariata.
«Non ti nascondo nulla. Mi riferisco a quella chatt».
«Ma quelle persone che cercano minorenni si chiamano pe-do-fi-li» – scandendo – «vuoi che ti spieghi il significato?»
«Non è necessario” – urgeva un atteggiamento remissivo - «Va bene, ok! Starò più attento».
«Gianluca, il solo pensiero che un ragazzo della mia età ti usi per scopi sessuali, mi fa ribollire il sangue»
«Sei geloso?»
«È normale che io sia geloso, hai 14 anni!»
«Ma non sono la tua sorellina verginella…»
«Sei il mio fratellino gay verginello e voglioso…»
«Non fai ridere… E poi secondo me sei solo invidioso…» con tono inconsciamente piccante.
«Di chi, di te?»
«No, dei miei futuri amanti, dato che hai già assaggiato le mie doti…»
Fu evidente quanto ormai avessimo “normalizzato” quell’episodio d’infanzia.
«Idiota, eri un bambino… in verità non sapevi neanche prendermelo…»
«Evidentemente imparai subito. Si dà il caso che io ricordi tanta sborra bianca, sprecata…»
«Che schifo!» ridendo: «Ma tu sei proprio gay, altroché!!!» dandomi scappellotti sul capo, tenendomi dal braccio.
«Ok, ok... lasciami! Sto zitto... però alla fine, sai… son contento che tu m’abbia scoperto?»
«Come mai?»
«Perché mi piace il fatto che ci scherziamo sopra»
«A me piace, invece, quanto ci siamo aperti l’uno verso l’altro».
Io sorrisi e poi: «Dici sempre la cosa giusta e non deludi mai nessuno»
Lui non rispose. Poi, dopo una pausa: «Vedi, tu non sei il centro del mondo. Il tuo problema resterà tale fino a quando penserai che lo rappresenti per gli altri. Non a caso, fino a quando nessuno era al corrente del tuo orientamento, il problema era un non-problema. Ma questo significa reprimerti».
Incantato dalle sue parole, lo guardai come chi non intende smettere di ascoltare. Lo psicologo che era in lui prendeva di nuovo il sopravvento.
«Chi non ti conosce, nell’apprendere da qualcuno che sei gay – perché accadrà - magari lo dirà all’orecchio di qualcun altro osservandoti da lontano, ma chi se ne importa, non lo conosci e basta! Chi ti conosce e ti stima, invece, continuerà ad apprezzarti come Gianluca e non come “quel ragazzo che è gay”. Per questo è molto importante che tu non ti adegui allo stereotipo del frocio. Non devi permettere che il giudizio altrui finisca per essere la tua prigione. Prima devi farti apprezzare e stimare come Gianluca in qualità di persona. Se poi sei anche gay, non cambierà nulla».
Apprezzavo il suo ottimismo ma in cuor mio il cammino dell’accettazione appariva ancora molto arduo: «Così la fai troppo facile, tu non sei gay. Le conosci anche tu le battutine che fa mio padre. Non sai come trattano i gay dichiarati tutti gli altri ragazzi etero della scuola!».
«Quei ragazzi non sono tutte le persone eterosessuali. Loro non rappresentano nemmeno tutti i ragazzi di sesso maschile. Sono dei coglioni e basta. Anzi, con molta probabilità sono dei gay repressi, così come i gay effemminati rappresentano esclusivamente se stessi ma non certamente la totalità dell’universo omosessuale e tu ne sei la prova. Per questo è importante che tu ti ponga come obiettivo di venir fuori allo scoperto, per smentire certi stereotipi».
Dopo alcuni secondi di riflessione, aggiunse: «E’ probabile che prima di studiare certe cose, abbia fatto anche io quel genere di battute, schernendo qualche amico, ma nell’ambito di un contesto goliardico, come farebbe un branco di cani, compiacendo qualche coglione. Ciò non significa che, prendendomi singolarmente, io odiassi gli omosessuali. Certamente, se all’epoca avessi avuto un fratello gay, la mia visione delle cose sarebbe stata diversa. Si giudica frettolosamente ciò che non si conosce ed è diverso da noi. L’uomo che ignora, che non conosce la diversità, è un animale naturalmente incline alla diffidenza».
Mi sentii vulnerabile o come qualcuno che dovesse essere urgentemente aiutato. Mi tornò la sensazione di vergogna e abbassai lo sguardo.
Lorenzo, come sempre, se ne rese conto ed allora cercò subito di ricollocarsi al mio livello: «Gianluca, ti ricordo che tu stai parlando con uno storpio».
Feci un’espressione di ribrezzo. Quell’aggettivo accostato a Lorenzo per me era inconcepibile. «Smettila», gli risposi.
«Poco fa hai detto che certe cose vanno chiamate col proprio nome. Io sono uno storpio. Tu sei omosessuale. Credi che queste due nostre caratteristiche neghino il fatto di chiamarci io Lorenzo e tu Gianluca?»
«Tu mi hai sempre conosciuto come Lorenzo e non mi hai considerato uno storpio. Ma per chi non mi conosce, io sono uno storpio. Mi rendo conto che è un percorso difficile. Quello che intendo dirti è che tu, come me, hai davanti a te l’opportunità per poterti evolvere ed accrescere interiormente meglio e di più rispetto ad una persona apparentemente priva di problemi, se così vogliamo a tutti i costi chiamarli. È vero: l’impegno sarà maggiore - per evitare soprattutto di non cadere nell’errore di vivere per piacere agli altri – ma se riuscirai a stabilire, con chi è intorno a te, delle relazioni umane vere, sarai realmente felice e lontano dai problemi. È uno sforzo che le altre persone non fanno, perché le circostanze della loro vita non lo richiedono ma è senza dubbio la principale causa di frustrazione, insoddisfazione ed infelicità».
Guardandolo diritto negli occhi: «Sarai un bravo psicologo».
«Spero anche psicoterapeuta molto presto».
Poi lo incalzai: «mi dici perché non hai… una ragazza? Ecco… non hai 14 anni come me, nel senso che… questo è l’unica cosa di te che non comprendo e che sembra un controsenso. Davvero… l’unica. Cioè… mi aspetterei di vederti totalmente appagato come la maggior parte dei ragazzi della tua età, anche… sessualmente!».
Mi guardò stupito per il mio esser stato così sfacciatamente indiscreto. Sorrise, scosse la testa e guardò lo scorrere delle immagini al televisore. Gli rinfacciai sornione: «Io mi sono aperto con te…»
Prima di emettere un forte sospiro, guardò per terra come per raccogliere tutte le idee in suo possesso. Sapeva di non poter più negare ciò che mi aveva inavvertitamente confessato poco prima: «Perché la vita è un percorso, o forse perché sono solo molto bravo ad indicare la via».
«Non volevo dire questo», gli risposi, ma lui mi interruppe: «Io penso di aver superato alcuni miei problemi in questo modo. Io penso sia corretto condividere con gli altri l’atteggiamento mentale più giusto per percorrerlo, ma l’andatura, il mezzo e lo sforzo sono di tua competenza. Sarai tu a stabilire i tuoi tempi, le tue priorità, il tuo dispendio di forze ed i tuoi obiettivi. Io ho scelto i miei e non significa che abbia collezionato un successo dopo l’altro. Non tutto dipende da noi. Lungo la strada gli imprevisti possono essere tanti. Questo è un aspetto su cui sto lavorando e molte cose a 14 anni non puoi ancora comprenderle fino in fondo. Come non è facile per te, non lo è per me, per tutto ciò che mi riguarda».
Restammo in silenzio. Poi, abbracciandolo gli dissi: «Ok, non dirmi più nulla». Ma lui non desistette: «Se mi prometti che non mi nasconderai più nulla, io ti garantisco che avremo molti più momenti di condivisione alla pari come questo. CI sono e ci sarò sempre io accanto a te. Ti voglio bene, ricordatelo! Quanto a mamma e papà… ci penseremo dopo, ma tutto si aggiusterà».
«Grazie Lory! Non dimenticherò mai questo giorno».
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