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Gay & Bisex

GIULIETTO (seconda e ultima parte)


di jeepster
25.09.2015    |    7.201    |    11 6.8
"Invece non molto tempo fa questo fatto mi è tornato in mente… ho pensato che forse anche in lui c’era la mia stessa diversità, si potrebbe spiegare così quel..."
«A Sa’, me scappa de fa la pipì, dove sta er bagno? »
«Fuori, sul balcone»
«Cheeee?... e mo me devo rivestì? Nun ce l’hai un ‘rinale? »
L’uomo lo tira fuori da sotto il letto, dentro c’è già dell’urina bluastra.
«Professo’, ma che fai la piscia blu?»
«È a causa delle medicine che prendo… a quanto pare tutte le malattie del mondo hanno deciso di riunirsi dentro al mio corpo… ho forti dolori alla schiena, poi c’è l’insonnia che è insopportabile e tanti altri disturbi che non sto qui a elencarti… qualcuno mi ha detto che tutti questi mali mi rendono un personaggio strano, forse un po’ magico… sai che consolazione! Ne farei volentieri a meno».
Giulietto inizia a urinare; Sandro prende la torcia per illuminare meglio, poi racconta: «Mi ricordo quando io e mio fratello, che da bambini dormivamo nella stessa stanza dei nostri genitori, la notte ci svegliavamo se papà accendeva l’abat-jour del suo comodino appena si alzava per pisciare… riuscivamo a vedere chiaramente il suo pisello e così il giorno dopo commentavamo su quanto avevamo visto: mi ricordo che eravamo tutt’e due d’accordo sul fatto che ce l’avesse proprio grosso e ci chiedevamo se anche i nostri sarebbero diventati così»
«Eh già, allora è da tu’ padre che hai preso te. Io chissà da chi?... hai visto? Pure dopo la cura che m’ha fatto fa quer dottore ‘ndove m’avevi portato tu – indicandosi il fallo – è rimasto corto, tale e quale… tutte quelle inizioni, che tu quanno me le facevi te divertivi a famme soffri’, nun so servite a un cazzo!»
Finito di urinare, Giulietto si stende sul letto e Sandro gli si mette a fianco sempre con la torcia a pile in mano, poi dice: «Ma non è vero che ce l’hai corto… però sì, ammetto che era divertente per me farti le iniezioni… mi dicevi di aspettare, ché non eri mai pronto, e allora io: zac! Te la facevo ugualmente e tu strillavi, ah ah ah… forse volevo rifarmi con te di quella volta che da ragazzo mio padre, dopo aver disinfettato il punto in cui mi aveva fatto un’iniezione, mi buttò un po’ di alcool nell’ano e ci strofinò il dito provando a infilarlo… si fermò subito perchè gemetti dal dolore: mi fece male! Però allora non diedi importanza alla cosa e cancellai sùbito dalla mia memoria quest’episodio. Anche mio padre non disse nulla, neanche mi chiese di non dire niente a nessuno… chissà, forse anche lui pensò che era una cosa da niente e l’avrei presto dimenticato del tutto. Invece non molto tempo fa questo fatto mi è tornato in mente… ho pensato che forse anche in lui c’era la mia stessa diversità, si potrebbe spiegare così quel gesto: quasi una voglia improvvisa per un ragazzo appena adolescente, lui che invece era un adulto ormai, benché ancora giovane, non aveva neanche quarant’anni… che fosse una specie d’invidia per la mia giovanissima età?... forse è così che si può spiegare il mio amore per i ragazzi che però è sempre mischiato a un po’ di sadismo. Quando sto con loro me li immagino come l’alternativa alle donne, che per la verità non mi sono mai piaciute, anche se ci sono pure andato a letto… e allora devono sottomettersi, perché deve essere chiaro chi è l’uomo e chi la donna, e questo un po’ sadico lo è, come pure il mio esibizionismo, su cui ho scritto delle bellissime poesie ma di cui nessun critico ha mai parlato… o forse m’illudo che siano belle… ad ogni modo le ho scritte perché penso che nessun poeta è mai stato capace di scrivere delle belle poesie oscene, neanche Baudelaire ci è riuscito… forse in piccola parte Verlaine».
Nel frattempo Giulietto si è addormentato; se ne avvede appena il ragazzo comincia a russare leggermente. Però anziché svegliarlo comincia ad illuminarne il corpo con la torcia elettrica e pensa ad alta voce: «Mi sa che quella cura di ormoni l’unica cosa che gli ha fatto crescere sono… i peli! Guarda qua che schifo! anche sulla schiena! ha acquisito un aspetto quasi bestiale… dov’è finito il ragazzo che ho amato così tanto da dovermi proibire di vederlo? Se non fosse per i suoi occhi ancora scintillanti e quel suo sguardo un po’ infantile mi sembrerebbe di essermi portato a letto un’altra persona».
Con la mano libera inizia ad accarezzarlo leggermente e lentamente per tutto il corpo, come a voler ritrovare il desiderio di un tempo; dopo un po’ Giulietto si ridesta.
«Bene professo’, vedo che t’è tornata la voja»
«A te invece è passata subito! Ti sei addormentato senza ritegno! Mi hai lasciato a parlare da solo come uno scemo»
«A Sa’, io stamattina me so svejato alle cinque pe’ anna’ a lavora’, so stato tutto er giorno a ‘ncollamme la cofana… mica faccio er poeta io»
«Eppure c’è stato un tempo in cui lo sei stato un poeta, senza che tu lo sapessi… tutto il tuo essere era pura poesia»
«Boh, sarà come dici te ma perché nun ripijamo da ‘ndov’erimo rimasti? »
Così dicendo allunga una mano in mezzo alle gambe di Sandro per iniziare a masturbarlo. All’inizio lui lo lascia fare ma dopo un po’ gli afferra il braccio per bloccarlo.
«Ho capito, stasera nun è aria… vabbè, allora già che me ce trovo, faccio da me! ».
Restando sul letto, Giulietto si mette in ginocchio e inizia a masturbarsi mentre Sandro continua ad illuminarlo con la sua torcia elettrica, puntandogliela in faccia e costringendolo così a chiudere gli occhi, oppure illuminando da vicinissimo il sesso del ragazzo, che sentendosi quasi il protagonista di una sorta di spettacolino, voluttuosamente si esibisce per l’amico.
Quando sta per eiaculare, afferra un asciugamano appeso alla spalliera del letto e si copre il membro che sta già colando.
Sandro non dice niente, smette di illuminare il ragazzo e si ridistende sul letto. Non gli rivolge più neanche uno sguardo. Giulietto si riveste (anche lui in silenzio) e quando è sulla porta della stanza pronto ad uscire, saluta con un cenno della mano e dice: «Ciao Sa’, ce vediamo ‘n artra vorta» e va via. Sandro, assorto nei suoi pensieri, neanche gli risponde.
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