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Gay & Bisex

E ADESSO?... (2)


di jeepster
24.07.2019    |    12.708    |    8 7.8
"Alla fine della cena, Davide se ne va subito in camera sua, mentre io, dopo aver riordinato velocemente la cucina, me ne vado in salotto per vedere un po’..."
Nel tragitto per tornare a casa nessuno dice niente; anche perché Davide ha alle orecchie le sue immancabili cuffiette e il suo cellulare assorbe completamente la sua attenzione.
Io invece cerco di raccapezzarmi nel flusso di pensieri contrastanti o quantomeno incoerenti che mi passa per la mente.
“E adesso?” è sempre questa la domanda che mi rimbomba continuamente nel cervello.
Dopo quanto è successo, il nostro rapporto può proseguire con la stessa normalità e serenità di prima o ci sarà un inevitabile cambiamento?... e sarà in meglio o in peggio?
È tremendo quanto accaduto, com’è potuto succedere? Come ho potuto lasciarmi andare così, senza pensare minimamente alle conseguenze?
Sicuramente è stato bellissimo ma ora quei momenti di estrema piacevolezza potrebbero portare a un futuro molto problematico da affrontare.
Poi il comportamento di Davide mi ha fatto scoprire un lato della sua personalità che non avrei mai immaginato e soprattutto un aspetto della sua vita che mai avrei sospettato: oltre l’essere gay, di sicuro ha già avuto diverse esperienze e magari dei partner più o meno fissi; probabilmente è anche più esperto di me in questo senso: io ho avuto solo qualche storia insignificante, dopo che è finita la mia relazione con Umberto, che tra l’altro ha causato il mio divorzio, quando la mia ex-moglie l’ha scoperto.
E adesso?
Adesso devo pensare a preparare la cena per tutt’e due e così ho messo nel microonde delle pietanze già pronte ma mentre sono al lavello a risciacquare delle verdure mi sento cingere i fianchi da dietro e stretto a me e con la testa poggiata sulla mia schiena Davide mi dice: «Da quando siamo usciti dalla palestra non hai detto più niente… non sarà che ora sei tu quello che si vergogna?».
Sento che sto arrossendo ma credo sia soprattutto per l’emozione che mi suscita il gesto di mio figlio così colmo di tenerezza; non sono mai arrossito di fronte a mio figlio.
Senza muovermi, con voce incerta provo a rispondere: «Ma quale vergogna? Non c’è nulla di cui dobbiamo vergognarci… quello che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto con spontaneità e naturalezza, mossi dall’amore, o almeno dall’affetto: sentimenti che non hanno nulla di vergognoso… non è così?»
«Certo, io lo desideravo tantissimo… non riuscivo a crederci, avevo timore che fosse solo un altro di quei sogni che avevo fatto spesso»
«Veramente?» gli chiedo girandomi per guardarlo negli occhi, liberandomi così dal suo abbraccio.
«Sì, credo di averlo desiderato da sempre» risponde lui convinto, cingendomi di nuovo i fianchi, appoggiando la sua testa sul mio petto.
«Però Davide, questa è stata la prima e l’ultima volta» aggiungo stringendolo anch’io in un tenero abbraccio.
«Cosa? – esclama lui, staccandosi da me per fissarmi negli occhi – Ma perché? Hai appena detto che non c’è niente di cui vergognarsi»
«È così, però credimi, è meglio se continuiamo come al solito e facciamo finta che non sia mai accaduto niente, è la cosa più giusta per tutti e due… e anzi, non voglio parlare mai più di questo e gradirei che facessi lo stesso anche tu»
«Non capisco!» aggiunge lui con un’espressione molto contrariata sul viso.
In quel momento il campanello del micro-onde ci avverte che le pietanze sono pronte, interrompendo così la conversazione.
«Adesso ceniamo e ti prego di non insistere con quest’argomento, prima o poi lo capirai».
In silenzio prepariamo la tavola e ceniamo ognuno assorto nelle proprie riflessioni.

Alla fine della cena, Davide se ne va subito in camera sua, mentre io, dopo aver riordinato velocemente la cucina, me ne vado in salotto per vedere un po’ di televisione.
Riesco a beccare un bel film che pur avendo visto già, rivedo fino alla fine.
Come al solito i titoli di coda del film vengono interrotti quasi immediatamente e così appena parte la pubblicità mi alzo in piedi per andarmene a letto.
«Aspetta pa’, volevo parlarti di una cosa» la voce di Davide che è sulla porta del salotto mi sorprende e mi fa girare di scatto; chissà da quanto se ne stava lì in silenzio?
Il tono serio della voce mi fa pensare subito che sia qualcosa d’importante, così mi siedo di nuovo sul divano e facendogli segno di sedersi accanto a me gli chiedo: «Dimmi… di cosa si tratta?»
«Beh, aspetta un attimo, devo farmi coraggio, non è un argomento facile di cui parlare…»
«Di qualunque cosa si tratti – lo interrompo – sappi che puoi parlarmi di tutto liberamente, avrai tutta la mia comprensione. Sono tuo padre e ti aiuterò a risolvere qualsiasi problema, grande o piccolo che sia».
A questo punto comincio anche a preoccuparmi, temendo che Davide si sia cacciato in qualche guaio o abbia fatto qualcosa di tremendo.
«Lo so papà, è per questo che ho deciso di parlare con te…. Anche perché non saprei proprio a chi altro rivolgermi»
«E allora forza, dì tutto quello che hai da dire, a ruota libera, senza preoccuparti di nulla, come se io neanche fossi qui, come se lo stessi dicendo a te stesso, pensando ad alta voce»
«Già, ma tu sei qui, ti vedo, ti sento… non è facile, credimi»
«Dai Davide, cos’è di tanto terribile? Mi stai facendo preoccupare… dovrei?»
«Ma no pa’… forse sono io quello che deve preoccuparsi, se tu la dovessi prendere a male»
«D’accordo, allora facciamo così, creiamo il buio totale nella stanza, potrebbe aiutarti questo? Non vedendomi potresti immaginare più facilmente che io non ci sia, vogliamo fare così?»
«Non lo so… ma sì, proviamo»
Vado a chiudere gli scuri delle finestre e spengo il televisore e la lampada sul tavolinetto di fianco al divano che fino a pochi attimi fa erano le uniche luci nella stanza. Ora il buio è totale.
«Va bene adesso?» gli chiedo.
«Sì, lo spero»
«Allora dai, comincia… »
«Sì, ecco… però tu non devi dire niente e non interrompermi mai, perché non so se sarei capace di riprendere il discorso»
«Va bene, farò come se davvero io non fossi qui»
«Giusto, io farò come se mi stessi preparando il discorso che ho da farti, provandolo a voce alta»
«Perfetto!»
«Partirò dall’inizio…»
«Certo, come vuoi»
«Papà!... ti prego, avevo già iniziato…» dice con tono contrariato.
«Ah sì, scusami, d’ora in poi neanche un fiato, vai…».
Per rendere ancora più impercettibile la mia presenza, ora sto anche attento a respirare piano.
Non riprende subito, restiamo per una ventina di secondi in silenzio e nel buio più totale, ho quasi il timore che abbia deciso di rinunciare ma finalmente comincia a raccontare.
«La storia è iniziata quattro anni fa, quando dovevo fare la cresima. Ti ricordi che mamma ha insistito tanto affinché andassi a quei corsi preparatori, quella sorta di ritiro spirituale la settimana prima della cerimonia?…»
“Cazzo se me lo ricordo! – penso – È stata un’altra occasione di grande scazzo con Elena, per il semplice fatto di aver manifestato la mia perplessità sull’utilità di questi corsi. Tra l’altro uno dei motivi per cui non la sopportavo più ormai era proprio quella specie di deriva bigotta in cui era finita; non parlerei di integralismo, ma devo dire che quella sua crescente e rigorosa osservanza dei dettami della religione, col passare degli anni mi risultava sempre più fastidiosa e ha contribuito a scavare il solco che ci ha portati alla separazione”.
«Io non avevo nessuna intenzione di andarci – prosegue – e così per farmi cambiare idea, mamma si è data da fare per convincere i genitori del mio amico Lorenzo a mandare anche lui, visto che doveva cresimarsi come me. A quel punto abbiamo accettato entrambi di buon grado, prendendo la cosa come se fosse una breve vacanza da trascorrere insieme, per giunta, per la prima volta, senza i genitori tra i piedi a controllare… Beh, non è stata una vacanza in realtà, perché eravamo controllatissimi e avevamo tutte le giornate già programmate dalla mattina alla sera, perciò in effetti è stata un’esperienza piuttosto noiosa, eppure sono accadute delle cose che per me sono state straordinarie.
Nella foresteria del convento che ci ospitava alloggiavamo ognuno in una stanza singola ma la prima notte Lorenzo mi chiese di andare a trovarlo in camera sua dopo lo spegnimento delle luci, che era il segnale che ognuno doveva chiudersi a chiave in camera sua e mettersi a dormire. Invece dopo una ventina di minuti, facendomi luce col telefonino, ho raggiunto la stanza di Lorenzo che era poco distante dalla mia. L’ho trovato seduto sul letto che guardava il suo cellulare; indossava solo una magliettina e un paio di slip; era la prima volta che lo vedevo così svestito ma non ci ho fatto troppo caso. Per un po’ abbiamo fatto commenti (quasi sempre negativi) sulle attività della giornata e sugli altri ragazzi e ragazze che partecipavano a questo corso, dopodiché Lorenzo mi ha detto che doveva assolutamente farmi vedere un video che aveva sul telefonino. Pensai subito che si trattava di un video porno e la cosa non mi entusiasmava granché, perché nonostante avessi scoperto da poco l’esistenza di certi filmati che ovviamente avevano fatto da stimolo alle mie prime seghe, quasi da subito ho cominciato a trovarli piuttosto ripetitivi e noiosi e perciò ben poco eccitanti. Questo però, sebbene fosse un video hard, non era il solito porno in cui un uomo e una donna si succhiano e leccano i genitali a vicenda e poi scopano quasi meccanicamente…»
“Ecco! Si tratta di sesso tra adolescenti! Meno male, adesso sono più tranquillo, tanta vergogna a parlarne era dovuta a questo. Ciò vuol dire che non si tratta di nulla di grave”.
«…il filmato mostrava un ragazzo superdotato che piegandosi in avanti riusciva a succhiarsi facilmente il pisello fino a venirsene in bocca. Una cosa sbalorditiva! Mai avrei pensato che potesse essere possibile una cosa simile, ma ancor di più mi ha sbalordito la proposta che mi ha fatto Lorenzo. Mi ha detto che anche lui aveva provato a farlo con se stesso e una volta era anche riuscito a leccarselo, però a un certo punto il pisello gli si ammosciava, e siccome con le mani doveva tenersi per le gambe per restare piegato, non sapeva come fare per mantenere l’erezione. Così mi ha chiesto se ero disposto ad aiutarlo a farglielo restare in tiro toccandoglielo.
Lì per lì stavo per scoppiare a ridere ma per fortuna sono riuscito a trattenermi, sennò mi sa che ci avrebbero scoperti e allora sai che casino.
Poi mi ha molto sorpreso anche questo suo inaspettato senso d’intimità mostrato nei miei confronti, visto che in tema di sesso non si era mai andati oltre i commenti salaci e gli ammiccamenti complici nello sfogliare insieme qualche manga giapponese esplicitamente sexy; tra l’altro alla base della nostra amicizia c’era il nostro comune interesse per i fumetti in genere.
Ovviamente gli ho detto che non mi andava di fare quello che mi aveva chiesto, allora per convincermi mi ha promesso che poi me lo avrebbe succhiato fino a farmi venire: la proposta mi è sembrata allettante. Più di tutto però, volevo vedere se davvero sarebbe riuscito a compiere una simile impresa e nonostante il mio forte scetticismo, la curiosità ha preso il sopravvento, così ho accettato. Quindi si è tolto velocemente gli slip e la magliettina che le avrebbe potuto impedire i movimenti, dopodiché, disteso sul letto completamente nudo, ha preso a manipolarsi il pisello finché gli è diventato duro e anche piuttosto lungo; ho notato subito che era ben più lungo del mio, forse perché più avanti di me nello sviluppo o forse perché Lorenzo è proprio un superdotato.
A un certo punto si è tirato su e ha iniziato a piegarsi più che poteva aggrappandosi alle gambe e ha chiesto a me di continuare a masturbarlo ma lentamente. Ha dovuto fare diversi tentativi e devo dire che ogni volta riusciva ad avvicinarsi di più. M’incoraggiava a continuare a segarglielo, diceva che ero bravissimo, finché improvvisamente l’ho sentito emettere una specie di gemito soffocato e l’ho visto ridistendersi completamente, scosso da piccoli sussulti; nel mentre ho sentito del liquido tra le dita: era venuto senza riuscire a succhiarselo.
Istintivamente ho ritratto la mano, prontamente rimpiazzata dalla sua per continuare a segarsi e completare l’eiaculazione, alla fine ha detto che anche se non era riuscito a succhiarselo, schizzarsi la sborra in bocca era fantastico…»
“Perdinci! Non so se è per la mia mente perversa o per la bravura di Davide nel raccontare ma questa storia me l’ha fatto drizzare completamente. Fortuna che siamo al buio. Dopo il discorso che gli ho fatto prima, questo evidente rigonfiamento sotto ai miei pantaloncini sarebbe estremamente imbarazzante da giustificare”.
«Facendo attenzione a non far colare lo sperma sul lenzuolo si è alzato per andarsi a sciacquare usando il piccolo lavabo presente nella stanza. Mentre si asciugava il pube e la faccia mi ha fatto un’altra domanda che mi ha lasciato di stucco: mi ha chiesto se avessi mai assaggiato la mia sborra. “Naturalmente no”, gli ho risposto (mi faceva schifo solo a pensarci), e allora lui ha promesso che ora che mi avrebbe fatto il pompino non l’avrebbe ingoiata tutta; ne avrebbe lasciata un po’ anche a me, era una cosa da provare assolutamente. Sinceramente questa prospettiva mi ha fatto passare la voglia di farlo, così gli ho detto che forse era meglio se me ne tornavo in camera, avevamo già rischiato molto, se fosse passato un controllo per le camere, saremmo finiti nei guai. Mi ha dato ragione e quindi ha proposto di rimandare tutto a domani, magari prima avrebbe fatto il pompino a me e poi col mio aiuto avrebbe riprovato a farselo da solo. Ero d’accordo anch’io e così me ne sono tornato in camera.
Ho faticato un po’ a prendere sonno; il pensiero di quello che sarebbe potuto accadere la notte seguente mi faceva sentire a un po’ a disagio anziché eccitarmi. In ogni caso non accadde nulla di quanto preventivato, perché il giorno dopo scoprii che il nostro rendez-vous notturno non era rimasto del tutto segreto.
Don Bruno, il priore del convento, un omone sulla cinquantina, la mattina mi ha avvicinato al refettorio per convocarmi nel suo ufficio dopo aver finito di fare colazione: dovevamo scambiare…. “quattro chiacchiere”. Nonostante il tono conciliante e rassicurante, sono quasi finito nel panico al pensiero che fosse venuto a sapere del mio incontro notturno con Lorenzo, ma poi mi son detto che in fondo non avevo fatto nulla di così terribile e al massimo poteva solo rispedirmi a casa… e forse era meglio così. Quando ho lasciato il refettorio, Lorenzo non si era ancora presentato per la colazione, ho pensato che non avesse fatto in tempo a svegliarsi. Mi sono recato nell’ufficio di Don Bruno che mi ha accolto con un cordialissimo sorriso, mi ha invitato a sedermi su un divanetto e mi si è seduto a fianco. Al contrario di quel che mi aspettavo ha iniziato a farmi tanti complimenti; per il mio aspetto fisico di ragazzo sano e già ben formato; per il mio sguardo che suggeriva inequivocabilmente che fossi un tipo intelligente; che lui di ragazzi della mia età ne aveva conosciuti tantissimi e ne sapeva qualcosa; sicuramente avevo già un forte carattere e una spiccata personalità, stando a quello che era accaduto la notte appena trascorsa.
Mi si è gelato il sangue quando ho capito che sapeva cosa era successo la notte prima.
Quindi mi ha detto delle telecamere che controllano i corridoi e che il sorvegliante che era venuto ad origliare aveva capito quello che avevamo fatto in camera; che il nostro non era stato un incontro innocente di due ragazzini che avevano solo voglia di chiacchierare ancora un po’.
Probabilmente se mi fossi trattenuto oltre, i ragazzi più grandi addetti alla sorveglianza sarebbero venuti a prendermi di peso per riportarmi in camera.
Mi aspettavo che iniziasse a redarguirmi duramente e invece ai suoi occhi sembrava che avessi compiuto chissà quale buona azione. Ha detto che un simile comportamento denota uno spirito volto alla conoscenza e all’avventura, che può essere pericoloso a volte ma è un atteggiamento necessario alla crescita di una mente brillante come di sicuro era la mia. Questo panegirico in realtà serviva a far sì che fossi ben disposto a raccontargli per filo e per segno quanto accaduto nella stanza, compresi i particolari più scabrosi, sollecitato dalle sue incalzanti e specifiche domande. Alla fine però non c’è stato ugualmente nessun rimprovero ma solo la sorprendente affermazione che essendo stata quella nient’altro che una confessione, benché non avesse indossato gli appositi paramenti (non sempre era necessario, a suo dire), se avessi accettato di riconoscere di aver fatto una cosa sbagliata – ricordo bene che stranamente non ha usato la parola “pentimento” o “pentirsi” – grazie al potere che gli derivava direttamente da Gesù, sarei stato perdonato e ogni mia colpa veniva cancellata se promettevo di non rifare più certe cose.
Come potevo rifiutare una simile offerta? Tanto più che ormai neanche lontanamente pensavo di tornare in camera di Lorenzo. Ho fatto immediatamente di sì con la testa, al ché lui mi ha abbracciato a lungo stringendomi forte e mi ha baciato dolcemente sul capo, poi staccandosi (ma continuando a guardarmi negli occhi) ha poggiato lievemente la mano sulla patta dei miei jeans, mentre mi metteva in guardia dal rispondere alle sollecitazioni provenienti da ciò che c’era sotto alla sua mano, perché se non sono finalizzate alla procreazione, quasi sempre si rivelano fonte di guai. Così dopo essersi raccomandato vivamente affinché mantenessi il più assoluto riserbo (in special modo con Lorenzo) riguardo la nostra conversazione, giacché in qualche modo ricadeva sotto lo stesso vincolo di segretezza che regola la confessione, mi ha esortato a riunirmi al gruppo per proseguire l’attività giornaliera, con la promessa che ci saremmo rivisti ancora per altre chiacchierate»
“Bah, questo prete non me la racconta giusta, speriamo che non si sia preso troppe libertà. Ad ogni modo questo racconto si sta facendo sempre più inquietante. Certo mi sorprende piacevolmente questa incredibile capacità di raccontare di Davide. Vuol dire che ha fatto tesoro di quella marea di libri che ha letto fin da quando era bambino… e come meravigliarsi che a scuola sia sempre stato tra i migliori della classe?”.
«Quando sono uscito dal suo ufficio mi sembrava che anziché camminare galleggiassi nell’aria, tanto era il senso di leggerezza che mi aveva lasciato quell’incontro. Soprattutto perché ho provato una sensazione di grande gioia e abbandono in quei pochi istanti in cui ci siamo abbracciati. Ho sentito come se un brivido dolce m’invadesse da capo a piedi, una sensazione di benessere che non avevo mai provato prima o se c’era mai stato qualcosa di simile, in quel momento ne avevo solo un vago ricordo. Ho incominciato da subito a desiderare di riprovare al più presto quella sensazione.
Lorenzo l’ho rivisto alla fine della conferenza di catechismo, mi stava aspettando fuori dall’aula, aveva appena parlato con Don Bruno, il quale gli aveva consigliato di smettere di frequentarmi, non era una cosa buona né per lui né per me. Aveva deciso di andarsene e aveva già chiamato suo padre per farsi venire a prendere prima dell’ora di pranzo; si era giustificato dicendogli che aveva sbagliato a venire a questo corso, non era ciò che si aspettava e voleva andarsene al più presto. Io gli ho detto che invece sarei rimasto ma che ero molto dispiaciuto per com’era andata; non feci alcun accenno alla conversazione/confessione con Don Bruno; l’ho salutato con un laconico “Pazienza, ci vediamo presto”.
Non ci siamo più rivisti, è finita in questo modo la nostra amicizia.

(continua)
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