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Il cugino canoista - Parte 1


di LuogoCaldo
11.10.2022    |    16.323    |    5 9.7
"Gabriele m’aveva accolto con minore entusiasmo della madre..."
“Gabriele che hai?” Esclamai sorpreso mentre varcavo la soglia della cucina.
La notte era alta e, oltre le finestre, il frinire dei grilli bucava la coltre di silenzio.
Mio cugino era seduto accanto al tavolo, sotto la plafoniera oscurata dal pulviscolo dei moscerini.
Aveva lo sguardo perso nel vuoto, il collo taurino chino sulla superfice del legno e le grosse cosce da canoista incastrate nella traversa della sedia.
Tutto in lui suggeriva l’idea di uno stato di una profonda contrizione.
Sollevò il volto abbronzato e piantò gli occhi scuri dentro ai miei.
“Che pelle perfetta”. Pensai. “Ha le labbra umide come pesche appena sbucciate”.
Cercai di trattenere lo stupore. “Ehi …” Insistetti accomodandomi a mia volta. “Che ti succede?”.
E lui scoppiò a piangere.

Il giorno precedente, quando ero arrivato casa degli zii, l’ora di cena era passata da un pezzo ma la tovaglia era ancora apparecchiata.
“Come ti sei fatto grande, Flavio!” Mi aveva blandito la zia mentre disponeva le pietanze nei piatti. “E che figurino … Sei bellissimo!”.
“Ciao cuginetto, che bello averti qui!”. Gabriele m’aveva accolto con minore entusiasmo della madre. “Hai mangiato molto quest’anno eh?”. Aveva aggiunto mentre mi faceva l’occhiolino. “Non ti preoccupare, da domani ti rimetto in forma io: sveglia alle sette e corsa in riva al lago prima della colazione!”
Lo zio si era limitato ad una pacca sulla spalla e, riposto il giornale sulla mensola del camino, si era avvicinato alla tavola stufo di aspettare.
“Si si, sport, sport e ancora sport!” Aveva sbuffato la zia isterica. “Adesso però sediamoci che non è il momento di pensare alla dieta”.

Mi rimpinzai di specialità caserecce ed ero così pieno che, quando finalmente toccai il materasso, crollai vestito, mentre Gabriele, che dormiva nel lettino accanto al mio, ancora parlava con gli occhi fissi sullo schermo del cellulare.
Mi risvegliò il cigolare della porta.
Mio cugino non era più al suo posto e dalla finestra potevo intravedere la sua grossa sagoma trafficare accanto alle biciclette.
“Ma che cazzo ...”
Scesi di sotto e feci appena in tempo a scorgere un’ombra lontana che rotolava giù per la collina.
Montai sulla bici dello zio e imboccai a mia volta quella direzione.
Gabriele si fermò davanti a un rudere abbandonato che, con tutta probabilità, qualche contadino utilizzava come ripostiglio per gli attrezzi e suonò ripetutamente il clacson.
“Aspetta un attimo …” Urlò una voce maschile.
“Dai, sbrigati entro o no?” Mio cugino rispose piccato. “ Mi hai fatto venire fino a qua ormai …”
Dalle aperture del fabbricato, dove mancavano porte e finestre, una luce molto debole s’irradiava tremula, come se provenisse dalla fiamma di una candela.
Smontai dalla bici, sgattaiolai al lato del manufatto e allungai il collo fino all’angolo della finestra, con gli occhi colmi di meraviglia per quello che vidi.

Una ragazza bellissima, con la pelle lattea e i capelli arancioni, giaceva nuda sul materasso usurato disposto al centro della stanza.
Le efelidi brillavano sul viso appena rischiarato e una nuvola di fumo orbitava intorno a lei levandosi dalla sigaretta che serrava tra le dita.
I seni erano grossi e duri come monti e, tra le gambe spalancate, la vulva bruna assomigliava ad un’ostrica completamente aperta.
Un ragazzone robusto ed ancora mezzo svestito si stava sollevando i calzoni proprio lì accanto.
“Ettore, ma ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?” Disse lei.
“Va beh dai … Pensavo che mi amassi, lasciamo perdere … Prima si, poi no … Ma che figura di merda mi fai fare?”
“Ma certo che ti amo … proprio per quello non posso, non lo capisci …?”
“Si, si … A parole siamo tutti bravi ad amare … Ormai è qui, è un mio amico … Che gli dico? Vabbè …”. Sbuffò lui richiudendosi la zip.
La ragazza lo guardò confusa.
“Senti Esther, fose è meglio se per un po' non ci sentiamo, così io non so proprio come …”
“Che … ? Ma no, ma che dici?” Scattò lei. “Va bene, dai … Lo faccio, lo faccio …”.
“No non sei convinta … Non ti preoccupare …”
“Ho detto che va bene, amore, dai … Scusami … Diglielo che va bene…”
“Ma sei sicura? Non ti voglio costringere …” Chiese lui improvvisamente dolce.
“Si …”
“Sei la migliore … Ti amo, lo sai …?” La blandì lui e, avvicinando il suo volto a quello della ragazza, la baciò con tenerezza.
Poi si avviò verso l’uscita. “Dai vai …” Lo sentii dire a mio cugino mentre faceva il gesto di accendersi la sigaretta. “Io aspetto qua”.

Gabriele entrò nella camera profondamente imbarazzato.
Esther lo guardò distrattamente senza smettere di fumare e, dinanzi all’espressione di meraviglia del ragazzo, rivolse gli occhi al soffitto.
“Lo faccio per lui, non per te”. Disse con disprezzo. “E vedi anche di fare presto”.
Gabriele non se lo fece ripetere.
Si sfilò i vestiti e rimase nudo davanti a lei, che si lasciò sfuggire un’espressione compiaciuta.
Quello splendido esemplare di maschio non aveva neppure compiuto diciotto anni ma aveva già abbondantemente superato il metro e novanta.
Il corpo guizzava di muscoli e le cosce sembravano scoppiare per il sovrallenamento imposto dalla voga.
Ciò che maggiormente attirava l’attenzione, però, era l’enorme uccello che svettava in mezzo alle gambe con la rigidità di un tronco.
Pensai a quanto mi sarebbe piaciuto adorare quelle cosce, dispormi a quattro zampe ai piedi di quel dio e leccargli le dita, risalire con la lingua lungo le tibie, dietro alle ginocchia e sulle curve dei quadricipiti, ed infine ingoiare quello scettro di carne fino all’attaccatura delle palle.
Mi infilai una mano tra le mutande e cominciai a segarmi.
“Avanti vieni …” Sussurrò la ragazza con finta insofferenza. “E mettiti il preservativo”.
Gabriele la raggiunse sul giaciglio, s’infilò il profilattico e, dopo aver affondato la mazza dentro a quella fica di burro, iniziò a scoparsela, prima delicatamente e poi con foga crescente.
La troia provò a mostrarsi indifferente ma quando lui aumentò il ritmo della chiavata non riuscì più a trattenersi.
Lo implorò di fotterla con forza, gli conficcò le unghie nella schiena e lasciò scivolare i palmi fino alle natiche per spingersele contro il bacino.
Il movimento delle pelvi fece sussultare i grossi glutei che, pur strettissimi, si schiudevano ad ogni sobbalzo e mostravano la fessura rosea e priva di peluria.
“Cazzo …” Sussurrai in estasi.
Mi resi conto che avrei voluto affondare il viso tra quelle mele ed assaggiare il sapore di quell’antro sudato.
Mi portai un dito in fondo al culo e lo leccai per dare corpo a quel pensiero.
“Cristo sei un maiale” Mugolò la ragazza in preda ad un orgasmo improvviso. “Ettore non mi fa sentire così puttana, sai …” Sibilò per provocarlo e con la paura di essere ascoltata.
“È un portento”. Pensai mentre m’insalivavo il palmo della mano e conferivo velocità alla masturbazione.
“Nessuno mi ha mai posseduta così”. Continuò.
Gabriele sembrò particolarmente sensibile alla confessione della donna.
Perse il controllo e, con violenza, cominciò a trivellarsela.
“Cazzo!” Urlò lei. “Cazzoooo, mi stai facendo male! Mi stai spaccando … Basta! Ti prego basta …Vieni, vieni!”
“Che idiota”. Pensai sul punto di scoppiare. “Se fossi in lei lo pregherei di non finire mai … Me lo terrei tra le cosce tutta la notte, implorandolo di sdrumarmi”.
Mi sorpresi ad ansimare rumorosamente e, mentre fissavo l’enorme bacino di mio cugino dimenarsi sopra al corpo esile della ragazza, fui costretto a piegarmi sulle ginocchia in preda ad un orgasmo improvviso.
Appoggiai la mano contro la pietra del fabbricato inserendo le dita all’interno delle fughe per non cadere e schizzai copiosamente contro la parete, mordendomi la lingua per la paura di essere scoperto.
Fu in quel preciso momento che anche Gabriele cominciò a grugnire.
“Ah cazzo … Aaaah … Cristo santissimo … Che fessa …Mmmmmm!”
Aveva le gote rosse e la bocca spalancata per il desiderio.
“Senti quanto me l’hai fatto diventare tosto!”
Ormai consapevole del piacere che stava provocando, estrasse e inserì l’ariete più volte fino a quando, con uno slancio violento delle pelvi, esplose tra le cosce della ragazza ghermendole i seni con le mani ruvide.
“Cazzo … Mmmmmm! … Cazzoooo …!”

Esther aveva gli occhi colmi di lacrime.
Si scrollò di dosso il toro e finse indignazione.
“Che stronzo!” Esclamò mentre si accarezzava la fessura dolorante. “Non sei proprio capace di trattare una donna. Sei un animale. Devi fare più pratica, altrimenti rimarrai solo …”.
“Fammela fare tu …” Rispose lui imbarazzato.
Lei provò goffamente a simulare una smorfia di disprezzo e fu quasi sul punto di accondiscendere alla richiesta quando vide che Gabriele la sovrastava con la minchia ancora barzotta e il preservativo strappato alla base della cappella.
Balzò in piedi, si infilò le dita nella vulva gocciolante ed iniziò a imprecare.
“Ma che cazzo hai fatto imbecille!?!?! Te l’avevo pure detto di fare più piano …Mi hai sborrato dentro coglione. Ettore … Ettoreeee …”
Mio cugino sembrava terrorizzato. “Cazzo, no …!” Sussurrò senza neppure provare a calmarla. Il suo sguardo vagò nella stanza alla ricerca di una via di fuga.
Poi, come un fulmine, s’infilò le scarpe, raccolse i vestiti e imboccò l’uscita, scontrandosi con l’amico accorso per gli strilli di lei.
“Ma che cazzo è successo …? Ehi, che è successo …?” Urlò Ettore.
“Mi è venuto dentro Ettore … L’ha fatto apposta, mi è venuto dentro …”.
“Porco … Lo ammazzo …” Disse il ragazzo voltandosi verso Gabriele.
Lui però era già in strada.
Lo vidi montare sulla bici ancora nudo e avviare una pedalata incerta e, mentre arretravo nella vegetazione per recuperare il mio mezzo, scorsi la sagoma risalire la china contro il disco della luna.

In cucina la plafoniera iniziò a ronzare.
Zzzz …
“Allora, che diavolo hai?” Insistetti fingendomi sorpreso.
Gabriele mi rispose con lentezza. “Ho combinato un casino, Flavio. Un casino enorme …”
“E la madonna, si è rotto un preservativo!” Pensai. “Mica hai ammazzato qualcuno”.
Zzzz …
“Avanti, apriti con me”. Gli dissi fraterno. “Magari posso offrirti un punto di vista alternativo … forse ciò che ti turba non è così grave come pensi …”
Il ronzio si fece ancora più insistente.
ZzZzZzZzZzZzZz …
Mio cugino mi guardò preoccupato. “Va bene …” Disse. “Però devi promettermi che manterrai il segreto …”
Annuii.
“Prometti!”
“Promesso …”. Risposi. “Promesso!”.
Lui parve convincersi.
Deglutì rumorosamente, emise un lungo sospiro e cominciò a raccontare una storia che non era quella che mi sarei aspettato di sentire.

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