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Schiavo in cella pt2


di gserpe
03.04.2024    |    1.595    |    9 9.9
"Ci mettemmo ad un tavolo con ormai la solita compagnia, Amal saluto e raggiunse altri ragazzi suoi connazionali..."
Attesi il mio turno per il bagno. Don Pietro ci mise un po’ prima di uscire, capelli pettinati all’indietro, camicia e jeans. Era veramente un uomo fascinoso. Nonostante la spacconeria generale, lasciava intravedere modi eleganti e una certa cura del suo aspetto.
Era il Daddy che tutti avrebbero guardato per strada o al supermercato e fantasticato di avere nel proprio letto, inermi sotto il peso dei suoi colpi.

Le regole di Don Pietro erano molto rigide; la cella doveva splendere. Non c’era nulla fuori posto, ordine e pulizia. Rifacemmo le brande e ripulimmo il bagno prima di uscire per la colazione nella mensa.
Don Pietro bloccò me e Amal, guardò il ragazzone fisso negli occhi con aria dura e disse “ quello che hai fatto stanotte non si ripeterà mai più. In questa cella si rispettano le mie regole. Potrai giocare col ragazzo solo se rispetti le regole e solo se io lo permetto. Puoi guardare, questo te lo concedo. Ma tieni quel tuo cazzone nero lontano da me. Sono stato chiaro?” Amal era immobile e riuscì solo a dire “certo Don Pietro. Mi scuso.”
Quanto a me adesso avevo la consapevolezza di essere non solo schiavo, ma anche merce di scambio. Don Pietro avrebbe fatto di me quel che voleva e mi avrebbe concesso per i suoi scopi.

Con questa consapevolezza mi avviai alla mensa, verso il mio primo pasto in carcere.
Devo dire che mi aspettavo sbobba grigia e caffè più simile ad acqua sporco, invece trovai una colazione semplice ma nel complesso accettabile.
Gli occhi degli altri detenuti erano puntati su di me, sentivo i commenti, le voci, le gomitate…sapevano già tutto.
Don Pietro camminava spavaldo, era l’uomo più rispettato in quel posto e oggi sfoggiava il suo nuovo giocattolino. Sapevo già che molti di loro avrebbero approfittato di me per regolare conti col boss.
Mi sedetti al tavolo libero di “proprietà” di don Pietro, con noi Amal e altri 3 uomini.
Fui introdotto al trio com “Marco, il mio protetto”. Risero, sapevano e bramavano.
Erano 3 fedelissimi di Don Pietro, i suoi occhi nel carcere, erano loro che si sporcavano le mani per lui. Avevano sguardi famelici e non smettevano di fissarmi.
Il mio protettore lasciava passare, sapeva che la loro bramosia era una debolezza che lui avrebbe usato.

Don Pietro si alzò, andò verso una guardia e gli disse qualcosa nell’orecchio. Parlarono qualche minuto. Fu in quel momento che sentii qualcosa scostarmi la molla della tutta grigia in corrispondenza con le mie natiche. Era una mano, cercai di voltarmi ma Amal mi bloccò “stai fermo” si insinuò agile e infilò un dito nel mio buco. Feci una smorfia ma non lo diedi a vedere. Avevo capito come funzionava, anche io avrei usato questo contro Amal. Continuo a muovere il dito, e presto ne inserì un altro, mi stava aprendo per bene con due dita enormi.
Sì stacco velocemente e sentii il mio buco aperto, svuotato. Don Pietro stava tornando. Guardai Amal e dissi “hai veramente paura vero? Potrei dire quello che hai appena fatto…stai attento!”

Finita la colazione tutti ci dirigemmo verso il cortile, uno spazio grande e curato. Panche e tavolini in legno saldati al suolo, una palestra sotto una tettoia, molto verde oltre la recinzione, Amal mi disse che quello era l’orto che Don Pietro amava coltivare. Ci mettemmo ad un tavolo con ormai la solita compagnia, Amal saluto e raggiunse altri ragazzi suoi connazionali. Passarono dieci minuti e una guardia si affacciò all’ingresso, fece cenno a Don Pietro che mi disse “vieni, ho un regalo.”
La guardia ci scortò in cella. Sul letto di don Pietro aveva lasciato un sacchetto. Mi disse “apri, guarda cosa c’è dentro”. Avevo le palpitazioni, aprii il sacchetto e trovai quello che forse sapevo già, lubrificante e un clistere grande. Mi guardò e disse “non ti piace il regalo? A me non piace metterlo dove non è pulito! Ahahahahah” anche la guardia che era ancora la ride di gusto. Io non osavo guardarli.
Don Pietro mi mise un braccio intorno alle spalle e mi spinse verso il bagno dicendo “dai prova il tuo regalo”
Spaventato eseguii gli ordini e dopo qualche minuto uscii dal bagno, don Pietro aveva confabulato e riso tutto il tempo con la guardia, parlavano lo stesso dialetto, erano vecchi amici. Avevo paura che avrei dovuto accontentare i due…in passato ho giocato spesso in orge e threesome, ma questa è una situazione ben diversa, qui ero uno svuotapalle.
La guardia si zittì quando mi vide spuntare dalla porta del bagno, sorrideva ancora, sapeva quello che mi aspettava.
Don Pietro si avvicinò e mi accarezzò la faccia. Mi voltò e avvicinò il mio culetto al suo pacco già gonfio.
La guardia disse “don Pietro io sono qua fuori” e lui disse “ grazie Antó, puoi pure guardare… ahahahhahah” risero di gusto.

Mi ordinò di spogliarmi e mettermi in ginocchio, poi con le grosse dita mi aprì la bocca e ne infilò due dentro mentre con l’altra mano si sbottonava lentamente la patta del jeans. “Tiramelo fuori e suca!”
Obbedii all’istante. Ormai lo volevo anche io. Quel suo fare aveva abbattuto ogni mia barriera.
Turai fuori quella mazza dura e venosa, una cappella fantastica, un profumo inebriante. Succhiai voracemente per qualche minuto assaporando ogni centimetro e leccando le palle turgide. Era un uomo estremamente virile. Il suo odore mi scioglieva. Sentivo il mio buco contrarsi e colare umori.
Mi fece alzare prendendomi dalle spalle e mi piazzò senza complimenti a pecora sulla mia branda. Solo allora vidi Antonio la guardia sull’uscio della cella, che si stringeva il cazzo sotto la divisa blu.
Don Pietro mi abbassò i pantaloni con cura e guardò orgoglioso il mio buco glabro. Sentii un liquidò freddo scendere e il suo grosso cazzo sbattuto sul buco come una bacchetta sulla pelle di un tamburo. Stavo impazzendo dal piacere. Un dito entrò con forza e senza preavviso, urlai piano. Il mio amo era già stato esplorato tante volte, e quella mattina già Amal ci aveva inserito due dita e un clistere mi aveva svuotato.
Giocò un poco prima di togliere il dito velocemente lasciando il buco aperto e le mie viscere vuote e vogliose. “Guarda qua che spettacolo. È già pronto per questoooo” e in un attimo mi ritrovai i suoi 20cm dentro. Con forza. Con una botta che risuonò sulle pareti fredde della cella. Antonio disse “cazzo lo spacchi così!” Don Pietro lo guardò “deve capire che è mio e non deve fare resistenza. Ce l’ha tutto dentro e gli piace. Vero? È vero che ti piace?” Io ero sconvolto, uno schiaffo sonoro sulla natica mi riportò in me. “Vero che ti piace?” Dissi “sì sì. Mi piace. Scopami” rise fortissimo e disse “Antó avvicinati, vieni a vedere come si sfonda un culo!” La guardia non se lo fece ripetere una seconda volta.
Cominciò a pomparmi con forza. Senza alcun riguardo. Stava dimostrando che era il capo, il re, il boss. Mi teneva le mani sui fianchi e colpiva con un ritmo incredibile. Sentivo quella mazza aprirmi le viscere. Andava in profondità e le palle battevano con forza contro le mie. Ero in estasi, non controllavo più i muscoli del mio sfintere. Mi aveva sfondato in pochissimi minuti.
Mi voltai un attimo e vidi Antonio arrapatissimo con lo sguardo allucinato. Sorrisi perché ero oggetto delle sue voglie. Sono sempre stato così.
Don Pietro comincio ad ansimare e ad aumentare il ritmo. Sentivo che stava crescendo ancora di più in me, la sua minchia già enorme si stava gonfiando e i colpi adesso erano più sconnessi e facevano anche male, ma io godevo. Stava per riempirmi. Il mio cazzo non si trattenne, esplose proprio mentre Don Pietro mi scaricò un primo schizzo incandescente dentro, in profondità. E continuo a schizzare per un tempo che mi sembrò infinito. Con colpi sempre più duri. Io urlavo di piacere. Antonio disse solo “cazzo che troia!”
Don Pietro mi levò il suo cazzo da dentro con uno strappo, urlai e mi sentii svuotare, aperto, il buco esposto e grondante. Caddi sulla brandina, ero sfinito.
Don Pietro mi tirò su, e mi portò in bagno.
Mi guardò teneramente e disse “sei bravo. Mi piaci. Ti renderò felice. Adesso lavami il cazzo prima con la bocca e poi mi farai un bidet con quelle belle manine!”
Antonio continuava a guardare mentre pulivo l’asta con lingua e bocca. Ogni goccia della sua sborra era dentro di me. Questo carcere non era così male, pensai dopo aver visto sulla mia brandina un jeans e una felpa grigia. Regali del mio protettore.

Fine seconda parte. Ditemi cosa ne pensate e cosa posso migliorare. Ogni commento è prezioso.
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