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Gay & Bisex

l'amico che mi ha cambiato - parte 5, metamorfosi


di only_a_boy
20.12.2022    |    3.288    |    3 9.9
"Rallentai il ritmo per lo stupore, tanto che lui se ne accorse e ritenne opportuno chiarire: “cosi’ depilata sembri proprio una strafiga, stai bene”..."
Oramai quando venivo convocato a casa di Mario per dargli piacere tante cose erano cambiate: lui non restava più seduto ma gli piaceva sbottonarsi i pantaloni e abbassarseli, stare in piedi di fronte a me, che ero sempre in ginocchio e, appena il calore della mia bocca lo faceva diventare duro, iniziare a scoparmi la gola. Credo che, oltre che alle mie abilità che a furia di pompini servili stavano aumentando, gli piacesse più di tutto avere a disposizione un corpo talmente tanto in adorazione verso di lui da essere pronto a subire di tutto. Non protestavo mai, ero troppo concentrato a dargli piacere, per cui poteva strattonarmi forte, tirarmi i capelli con violenza (alle volte tanti restavano tra le sue dita), impalarmi la gola fino in fondo e, soprattutto, poter scaricarsi dentro di me senza alcuna preoccupazione: tanto ingoiavo sempre tutto.
Una volta, mentre mi scopava la bocca con più foga del solito avevo il cazzo che mi esplodeva e cedendo ad un impulso egoistico misi una mano nelle mutande per masturbarmi. Mario lo notò subito e mi tolse immediatamente il pisello dalla bocca, per poi darmi uno spintone e farmi cadere per terra sulla schiena. Non ebbi neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che lui mi urlò minaccioso: “Euge’, non ci provare mai più a tirare fuori dalle mutande quel coso! Lo vuoi capire che me fa schifo? Avessi una figa almeno sarebbe utile a qualcosa, ma non voglio vedere quel ridicolo cazzetto, i ditalini te li fai da sola a casa, non ti permettere mai più o tra noi finisce qui”. Non fu neanche questione di giudicare tra me la ragionevolezza della sua richiesta (o ordine?) che già mi invadeva il terrore alla sua minaccia di non incontrarci più: il suo cazzo mi sarebbe mancato troppo, vivevo oramai per dargli piacere, cosa poteva mai contare che mi procurassi anche un po' di autoerotismo? Quello poteva aspettare ed eventualmente essere esercitato in solitaria, prioritario era che il mio corpo dovesse servire al suo godimento, sempre e comunque. Così gli chiesi scusa e non ci provai più. E in fin dei conti il più delle volte mi eccitava talmente tanto l’assumere un aspetto totalmente passivo che venivo da solo nelle mutande. Quando, dopo che si era svuotato nella mia bocca e si era ricomposto, buttava l’occhio e vedeva una macchia scura sui pantaloni, diceva con scherno: “che maiala che sei, ti sei bagnata.”. Non mi irritava più come le prime volte il fatto che si rivolgesse a me col femminile. Del resto Mario lo motivava bene: “serve a creare la situazione e le distanze tra noi. Io sono maschio ed etero, mi si smoscia ad avere un uomo che mi fa ‘ste cose. Ma a te piacciono per cui se vuoi farle devi accettare di essere visto come la zoccola che sei”.
Oramai l’estate stava passando così, con io che ingoiavo il suo seme almeno una volta al giorno (quando non due o tre). Una volta, mentre ero in ginocchio e lo spompinavo, mi guardò i pantaloni corti, aderenti, e disse come tra sé “eppure hai un bel culo, alto e sodo… peccato che non sei una donna”. Questo peccato che non sei una donna me lo ripeteva oramai spesso e aveva l’effetto di mortificarmi: se prima era stata la mia erezione a sembrarmi fuori posto (“gli etero non ce l’hanno duro di fronte ai maschi”, mi ripeteva all’inizio Mario con fare martellante, per sottolineare invece come io col pisello dritto non fossi uno di loro, non fossi normale) ora sembrava proprio che la cosa fuori posto in me fosse l’avere un cazzo o i peli. Col cazzo non ci si poteva fare nulla ma ai peli un rimedio si poteva trovare e Mario non tardò a chiedermelo: e fu così che iniziai a depilare integralmente il mio corpo. Fui felicissimo di esaudire questa sua richiesta, anche perché quando mi presentai a lui così, mi chiese di spogliarmi per controllare. Non mi mettevo nudo davanti al mio amico da quella volta, che mi sembrava lontanissima, in cui mi ritrovai a fargli la prima sega. Ora sentivo il suo sguardo esaminare attentamente il mio corpo, posarsi sul petto liscio, sulle gambe glabre e indugiare sul mio culetto senza più un pelo. Non c’era imbarazzo ma tanta eccitazione, che purtroppo si era palesata sul mio pisellino. Ma in quel momento non ci fu una reazione negativa di Mario (anche perché era lui che mi aveva ordinato di spogliarmi), era compiaciuto di vedere che avessi obbedito a depilarmi e divertito dal vedere che anche davanti avessi rasato la mia “fighetta” (“Euge’, la devo chiamare così o mi smonto. Io mica sono un frocio come te, non devo pensare che sei un maschio. E tanto un maschio non lo sei”). Mi fece rivestire prima di concedere il suo pisello alla mia gola, ma quella volta, mentre in parte lo spompinavo, in parte mi scopava la bocca, ci fu un’ulteriore novità: a un certo punto la sua mano si infilò sotto ai miei pantaloni per accarezzarmi le gambe lisce. Io cercavo di continuare il mio dovere e non farlo smettere di godere ma a un certo punto mi si fermò il cuore perché la sua mano stava salendo fino al culo, per infilarsi tra le mutande: mi stava palpando con insistenza e a un certo punto mi ritrovai il culo a vista: mi aveva abbassato i pantaloni della tuta. Rallentai il ritmo per lo stupore, tanto che lui se ne accorse e ritenne opportuno chiarire: “cosi’ depilata sembri proprio una strafiga, stai bene”. Accolsi con maggiore devozione il suo nettare quella volta, quando mi esplose come d’abitudine in gola.
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