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La versione di Greger


di RaccontiSparsi
11.03.2020    |    8.557    |    2 7.4
"Lei mi sorrise e allora la baciai..."
«Uao che fortuna! Vacanza premio alle Seychelles, dieci giorni tutto compreso!»
Non riuscivo a credere fosse vero.
Dovevo ringraziare i miei amici per avermi convinto a comprare quel cazzo di biglietto; anche la mia ragazza era entusiasta.
Purtroppo poi si rivelò una mezza fregatura: la vacanza era per una sola persona.
Anche smezzando i costi, col nostro redditto da studenti lavoratori, non saremmo mai riusciti ad andarci: non nello stesso posto almeno.
Stavo già pensando di rinunciarci e rivendere il biglietto ma la mia ragazza mi fermò.
Mi disse che invece me lo meritavo: meritavo questa in vacanza perché un occasione simile non accade due volte nella vita.
«Ma se parlo inglese come un babbuino ignorante?» dissi.
«E a cosa ti serve l'inglese per questo tipo di vacanza? Non dovrai fare altro che dormire, nuotare e prendere il sole!» rispose.
«Ma…»
Io non ero molto convinto, ma lei era fatta così e non cambiò idea: così partii.
Dopo un viaggio interminabile, Monaco-Victoria, tra pullman, aereo, altri pullman e traghetto... arrivo finalmente al resort.
Quando vidi per la prima volta quella spiaggia rimasi di sasso. La sabbia bianca corallina, le piante tropicali che coprivano quasi tutta l'isola, gli edifici in legno che sbucavano dalla vegetazione, le palme, il riflusso delle onde come se cantasse.
Dovetti accertarmi che non fosse sogno o di non essermi imbambolato di fronte ad un cartellone pubblicitario della metro: mi diedi un pizzicotto. Era reale. Gioia.

Raggiunsi la reception, mentre trafficavo coi bagagli chiesi indicazioni al ragazzo della reception col mio inglese stentato. Compresi comunque dove fosse la mia sistemazione e gli assicurai, a gesti, che la avrei trovata tranquillamente da solo.
C'erano un sacco di belle donne e ragazze che passeggiavano per le viette (forse c'erano anche quelle brutte. Francamente non ricordo), alcune mi guardarono lanciandomi delle occhiate maliziose.
(Per chiarezza della narrazione, cioè sul perché facevo questo effetto alle ragazze e perché successe quello che andrò a raccontarvi devo informarvi che: sono alto un metro e novanta, biondo, occhi azzurri con la mascella squadrata e un fisico ben definito da pugile… tipo Ivan Drago)
Comunque ne adocchiai una di circa trent'anni, con dei fianchi da sballo e un balcone niente male; ma era col compagno, e poi ero già impegnato. Sospirai.

La camera che mi fu riservata era magnifica e aveva un grande terrazzo dal quale si poteva vedere tutto il complesso.
Lasciai le valige in mezzo alla stanza e uscii subito in terrazzo per godermi la vista.
Dal mare arrivava una brezza calda, in cielo non si vedeva una nuvola e il rumore del mare e i versi dei gabbiani riempivano l'aria.
Esplorai a vista l'intero resort quando notai che in un terrazzo ad una decina di metri da me c'era la stessa donna che avevo visto poco prima all'ingresso che stava prendendo il sole; in topless!
Il suo corpo luccicava, probabilmente (sicuramente) a causa della crema solare, quel seno esposto era uno spettacolo, marmoreo e con una curva perfetta; che fortuna aveva il suo compagno.
Mi godetti quella vista per qualche minuto, lei era intenta a guardare il cellulare.
A un certo punto si voltò dalla mia parte; mi vide sicuramente. Mi rassicurai quando mi accorsi che essendo controluce non avrebbe potuto riconoscermi.

Il mattino dopo andai in spiaggia e passai più tempo possibile in acqua; volevo liberarmi da tutte le preoccupazioni rimaste nell'altro emisfero del pianeta e godermi ogni aspetto e ogni sensazione che poteva offrirmi quel paradiso.
Mentre nuotavo nelle acque cristalline a una cinquantina di metri dalla riva rividi la stessa tipa che passeggiava sulla spiaggia, stavolta sola. La osservai per qualche istante, poi ripresi a nuotare.
Arrivata la sera dopo aver cenato in uno dei ristoranti, mi ritirai in camera.
Mi affacciai al terrazzo per godermi anche la vista notturna e nel mentre diedi anche una sbirciata al terrazzo dei vicini; ma niente, tutte le luci erano spente, non c'erano.

Il giorno dopo, alle sei, ero già al bar per fare colazione. Avevo intenzione di sfruttare la giornata al meglio. Mentre mangiavo mi guardai attorno e, in lontananza, la rividi seduta ad un tavolino che stava facendo colazione. Sola.
Dopo un po' si alzò e se ne andò, io rimasi per finire di mangiare.
Ero ancora seduto al tavolino quando la rividi passare; adesso però indossa un bikini, un grande cappello di paglia e portava a spalla un borsone da spiaggia. Di nuovo sola. Ma l'uomo che avevo visto il primo giorno?
Non avendo programmi e incuriosito dalla cosa (oltre che attratto da lei) decisi di seguirla.
Credevo si dirigesse verso la spiaggia attrezzata; invece la superò allontanandosi verso una caletta isolata.
La seguii con lo sguardo finché non girò dietro uno scoglio. Aspettai un po', poi mi incamminai.
Arrivato allo scoglio mi sporsi per vedere oltre e la vidi sdraiata all'ombra di una palma, concentrata di nuovo sul cellulare (o quello che era).
Che fare? Perché non fare la sua conoscenza? Anche se avevo una fidanzata nulla mi impediva di conoscere qualche turista.
Decisi di avvicinarmi.« Ciao» le dissi,«ti ho visto prima sulla spiaggia e ti ho seguito. Sai, sei davvero una bella donna, ti avevo notato anche ieri».
Lei mi guardò confusa. Che stupido che fui, era certamente straniera. Mi rispose dicendo qualcosa che non capii, dall'accento sembrava spagnolo, forse.

«I see you. You are beautiful» dissi allora, aiutandomi a gesti.
Mi sentivo un imbecille ma cercai di restare impassibile e assumere un atteggiamento sicuro di me.
«'grattsje. Thanks» rispose.
Neanche lei sembrava cavarsela con l'inglese, questo rese la cosa meno imbarazzante.
«Can I?» le chiesi indicando la sua salvietta per sapere se potevo sedermi.
Lei mi squadrò da capo a piedi e sembrò apprezzare la mia prestanza. Contavo sul fatto che questo avrebbe reso l'approccio più facile.
Sedutomi a fianco, lei restava immobile a fissarmi e allora osai.
Con il mio ricchissimo vocabolario inglese rimarcai, con ardite metafore, lo splendore della sua bellezza. «You are beautiful».
Lei mi sorrise, così allungai lentamente una mano e mi misi ad accarezzare i suoi lunghi capelli.
Lei non sembrava contraria, anzi, continua a fissarmi negli occhi come fosse impaziente.
In un attimo tutti i miei propositi di fedeltà sfumarono, tanto chi lo avrebbe saputo (a parte voi si intende).
Poggiai un dito sul suo ventre e molto lentamente risalii seguendo la curva del suo seno.
Restò immobile. Continuavamo a fissarci negli occhi. Il cuore mi batteva a mille. Deglutii.
Rimarcai il mio apprezzamento verso di lei, questa volta però in maniera più diretta. «You are beautiful».
Non una mossa.
Allungai lentamente l'altra mano e così le afferrai delicatamente entrambi i seni facendoli uscire dal costume.
«Che tette grosse. Meravigliose!» esclamai, tanto non capiva una parola.
«I'm sorry. I don't understand you» mi fece notare.
Io intanto le sfilai la parte superiore del costume e potei ammirare le sue tette finalmente libere.
«Much beautiful» commentai.

Lei continuava a restare immobile, sembrava indecisa, stupita, ma sicuramente vogliosa.
Le afferrai una tetta massaggiandola leggermente per poter apprezzarne la pienezza.
Lei si morse il labbro inferiore e gemette piano. Le piaceva.
Mi feci più vicino e infilai una mano tra le sue cosce, lei era immobile; le scostai lo slip e cominciai a massaggiarle le grandi labbra.
Lei non diceva nulla, ma mentre la lavoravo cominciò a rispondere alle mie stimolazioni muovendo leggermente il bacino, godendo in silenzio.
Raggiunsi il clitoride, già ingrossato, e lo afferrai con due dita massaggiandolo lentamente; si ingrossò sempre più nella mia presa diventando decisamente consistente.
Improvvisamente spalanco gli occhi e la bocca in un espressione voluttuosa.
Aveva già raggiunto l'orgasmo; io le sorrisi felice.
Lasciai il clitoride e la penetrai con due dita continuando a stimolarla molto più intensamente.
Lei cominciò a dimenarsi e ad emettere gridolini finché non esplode in un secondo orgasmo.
Ripresasi dall'orgasmo mi infilò una mano nel costume e cominciò a segarmi come se volesse farmi venire; la fermai prendendole delicatamente il polso.
La feci sdraiare sulla salvietta e le sfilai gli slip, poi mi sfilai i miei.
Strabuzzò gli occhi alla vista del mio cazzo eretto, non doveva averne visti molti e in effetti da come si era comportata sinora sembrava poco esperta. Intanto il mio ego guadagnò punti.
Mi piegai su di lei e cominciai a leccarle il seno risalendo sul collo e infine scendendo fin giù tra le sue cosce.
Le penetrai la figa fradicia con la lingua e con le dita. Lei godeva e gemeva.
Mi schiacciò la testa contro il suo sesso e venne spruzzando un mare di umori.
Bevvi a sazietà, il mio pene faceva male dall'eccitazione.

Risalì afferrandole le tette a piene mani e succhiai con forza i suoi capezzoli duri e tanto lunghi da toccarmi il palato. La munsi con forza alternando le tette finché non ne ebbi abbastanza.
Era pronta ad essere scopata.
Allargai la sua figa con due dita e ci appoggia sopra le mia cappella ormai violacea, lei era un lago, non aspettava altro.
La penetrai lentamente fino a metà asta e mi sdraiai su di lei coprendola interamente, poi spinsi con colpo secco per fare entrare l'ultimo tratto e le sprofondai dentro fino alle palle e toccandole il fondo.

Urlò di dolore, forse avevo esagerato.
«Sorry. Is too much?» le chiesi.
Lei mi sorrise, «No».
Cominciai a spingere lentamente. Infilai le mani sotto le sue natiche e le sollevai il bacino per facilitarmi l'ingresso.
Cominciai a scoparla con più decisione, i suoi gemiti si facevano sempre più forti e la sua vagina si contraeva ritmicamente. Che donna! Raggiungeva un orgasmo dietro l'altro.
Mi disse qualcosa nella sua lingua, credo volesse incitarmi.
Presi allora a fotterla più forte finché non raggiunge l'ultimo orgasmo. Mi inondò il pene e urlò così forte che qualcuno certamente avrà sentito.
Anche io ero al limite. «Posso venirti dentro?» ero troppo su di giri per pensare all'inglese.
Lei mi rispose tra i gemiti ma non capii, comunque non sembrava volersi staccare da me.
Continuai a infilzarla con sempre più forza finché esplosi.
Quando gli spasmi dell'orgasmo finirono mi accasciai su di lei per riprendere fiato intanto che il mio cazzo perdeva consistenza.

Poi mi sfilai e mi stesi al suo fianco. Avevamo entrambi il fiatone.
«Fantastico! Wonderful! You are wonderful» esclamai.
Lei mi sorrise e allora la baciai.
«Ti amo. I love you. I'm Greger» non connettevo i pensieri.
Mi rispose nella sua lingua ma capii che si chiamava Marta.
«I'm Marta» rimarcò.

Dopo un po' si alzò e raggiunse l'acqua e io le andai dietro. Avevo trovato il passatempo della vacanza e non volevo lasciarmelo scappare. Pensai alla mia ragazza… beh, tanto non l'avrebbe mai saputo (sempre che non legga questa storia. Argh!)
«Possiamo rifarlo anche domani?» dissi.
«Can we do it again tomorrow?» corressi, «In my room?».
Lei sembrò annuire; ma certo che aveva annuito. Le presi il mento voltandola verso di me e la baciai a lungo, intanto le mie mani apprezzavano ancora il suo corpo e la sodezza delle sue poppe.
Poi uscii dall'acqua, mi rimisi il costume e me ne andai salutandola con un gesto.
Tornai nella mia stanza e mi lavai, poi crollai sul letto.

Il pomeriggio successivo la rincontrai. Senza dire una parola, tanto erano superflue, la presi per mano e la condussi nella mia stanza.
Scopammo per tutto il pomeriggio. Raggiunsi l'orgasmo più volte e lei mi concesse di venirle dentro ogni volta; almeno credo, non capivo cosa dicesse.
Alla fine, stremati e con un inglese traballante riuscimmo anche a parlare: era italiana, in viaggio di nozze col marito ma che tuttavia non la soddisfava per niente.
Allora l'uomo che vidi quella volta era il marito, pensai, povero cornuto.
Ci incontrammo tutti i pomeriggi successivi della vacanza e scopammo fino allo sfinimento.
L'ultimo giorno prima di lasciarci le diedi un biglietto con sopra la mia mail.
«Spero ti ricorderai di me» le dissi. «Ti lascio il mio indirizzo email. Così puoi contattarmi se vuoi».
Dall'espressione che fece intuii che non aveva capito: guardò il biglietto.
«It's my email» dissi indicando il biglietto, «if you have… If you need… Please, remember me».
Un addio che neanche “Casablanca” seppe regalare al mondo.
Lei fu comunque comprensiva e annuì lasciandomi anche la sua mail.



Libera rielaborazione del racconto “Viaggio di nozze” scritto per raccontimilu.com da“mimma_goose”.
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