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Il Passaggio (capitoli 3,4 e 5)


di Federossetta
06.11.2018    |    3.966    |    1 9.1
"Capitolo 5: Dimitri Con le pizze raggiungemmo gli altri alla spiaggia e per tutto il viaggio Giacomo non si trattenne a palparmi ogni volta ne avesse occasione..."
Capitolo 3: Una Fantastica Serata
Quando raggiunsi il bungalow dove alloggiavo, mancavo solo più io per iniziare a mangiare. Mi scusai e finalmente consumammo cena. Edoardo mi chiese cosa avevo che sembravo sovrappensiero ma io gli risposi con una cavolata.
Finita cena, fui io stavolta a chiedere se potevo andare a dormire un po' prima, e capendo che il viaggio ci aveva un po' scombussolato, la madre di Edo mi aiutò a fare il letto e mi salutò.
Dormivo da alcune orette quando sentii il tipico rumore di scricchiolio di quando uno si corica su un letto. Proveniva dal letto a castello sopra il mio e realizzai fosse Edoardo. Una voglia pazzesca mi avvolse mista al piacere di pericolo e mi alzai. Lo guardai con gli occhi chiusi e cominciai a baciarlo sulla faccia. Quando se ne accorse si destò improvvisamente e con un movimento brusco mi allontanò. "Ma sei pazzo? Rischi di farci beccare."
Da lì in poi capii che per Edoardo questa sarebbe stata una vacanza e niente più. Mi riaddormentai sovrappensiero.
La mia vacanza si divise dunque così: ogni giorno uscivo in visita a monumenti e città con Edoardo per poi allontanarmi con una scusa la sera per andare da Andrea.
Diventammo molto amici, anche se non gli rivelai mai che io in un certo senso lo conoscevo già. L'ultima sera di Andrea nel villaggio turistico mi offrì cena in un locale costoso sul lungomare. Prima di salutarmi per sempre mi consegnò il suo biglietto da visita dicendomi che se avevo bisogno di un lavoro estivo me lo avrebbe dato da vero amico. Il che era perfetto per me, infatti i miei genitori mi avevano detto che mi davano una mano con la retta universitaria solo se contribuivo anche io lavorando.
Venne anche il giorno del mio compleanno, e mentre la famiglia di Edoardo mi organizzò una piccola festa, Andrea si diede da fare per portarmi in una bella discoteca.
Quando se ne andò la mia vacanzina diventò una noia, perché Edoardo si dimenticò completamente di me. Più volte lo vidi in compagnia di una ragazza sua vecchia conoscenza che mi fece ingelosire parecchio.
Io invece una volta andato via Andrea e rimasto dunque completamente solo, trascorsi del tempo sui campi sportivi del villaggio turistico. Anche sei il mio fisico esile non mi permetteva sport tanto duri, mi divertii insieme al fratello maggiore di Edoardo e i suoi amici. Giacomo aveva notato quanto mi annoiassi ultimamente e dunque si prese pena per me e mi presentò ai suoi amici delle vacanze. Avevano tutti intorno ai venticinque anni, uno addirittura trenta, ma sembravano miei coetanei e io mi divertivo anche solo a guardarli fare gli scemi durante le loro partite a pallone. Giacomo mi intrigava: aveva sempre un occhio per me, eppure si limitava a fare battute come niente fosse. Non capivo se era interessato o semplicemente si stava godendo la vacanza. Una delle ultime notti, siccome Edoardo era con la sua amica e Andrea era partito, Giacomo mi invitò a mangiare in una spiaggia a poche ore di bus dalla nostra e io accettai. Speravo in qualcosa di succulento per le mie chiappe affamate, ma in qualsiasi modo sarebbe finita avrei trascorso una bella serata in compagnia. Arrivati a destinazione grazie all’autobus di linea, in maniera molto efficiente gli amici si divisero i compiti: chi procurava delle birre, chi ordinava le pizze, chi occupava il posto in spiaggia che in teoria doveva essere deserta.
In quanto ospite, mi dissero di andare con un ragazzo, Carlo, alla spiaggia e allontanare chiunque avesse avuto la nostra stessa idea di stazionare lì. Preso però da diffidenza avanzai la richiesta di andare piuttosto ad ordinare le pizze insieme a Giacomo ed un altro. La richiesta non destò nessun problema e il compagno di Giacomo decise di prendere il mio posto in spiaggia. Chiesi a Giacomo se fosse meglio che qualcun altro venisse con noi. Mi disse però che c’erano sei pizze da ordinare, portarne tre a testa non era poi tutta quella fatica e rendendomene conto annuii. Ci separammo e dopo alcuni minuti arrivammo alla pizzeria.

Capitolo 4: Giacomo
“Buonasera, Vincè. Tutto bene?” sembrava di casa Giacomo che iniziò a raccontarsela con il pizzaiolo. Io allora mi sistemai su una sedia a guardare il televisore ed aspettare. Dopo un po’ infatti mi chiese che pizza volessi. “Ehm, una Burrata grazie.” Annuì. “Allora sono due burrate, una bufala, una diavola e due margherite. D’accordo? Appena siamo pronte vi chiamiamo.” Giacomo si sedette di fianco a me.
Pensavo avesse fatto svegliare qualcosa in Giacomo la mia bizzarra scelta, ma niente. A quanto pare era proprio come mi ero immaginato. Però dopo un po’ mi parlò. “Senti devo andare in bagno, dopo la vescica dovrà sopportare litri di birra, se le pizze son pronte aspettami e digli di tenerle nel forno.” Rimasi spaesato. Forse era un segnale, ma non molto chiaro. Il pizzaiolo appena entrò in bagno Giacomo mi chiamò per dirmi che erano pronte le pizze. Allora gli riferii quello detto dal fratello di Edoardo e dopodiché mi decisi ad entrare nel bagno. Vi erano due lavandini e due toilettes. Bussai a quella chiusa. “Giacomo, le pizze sono state fatte da un po’ gli ho detto di metterle in un posto caldo” Sobbalzai quando all’improvviso si aprì la porta. Con un sorrisetto mi accorsi che il suo “coso” penzolava con fare invitante. “Troietta vieni ad asciugarmelo prima, non vedi che è bagnato?” anche lui sogghignava, allora cercai di fargli capire di essere sotto il suo comando e con la faccia spaventata entrai nella toilette. Lui chiuse la porta dietro di me e mi fece inginocchiare di forza. Mi ritrovai il suo cazzo in bocca in men che non si dica, la sua forza era incredibile, con la coda dell’occhio notai dello sborro sulla tavoletta del cesso. Di sicuro si era segato su di me, pensai ridendo. “Perché ridi troia? Adesso che ingoi voglio vedere se continui ad essere divertito”
La saliva colava dal mio mento, il suo gusto di piscio era poco forte, un’altra prova che in bagno non ci era andato per pisciare. Avevo fatto centro, sarebbe stata una bella serata. Intanto sentii un fiotto caldo in gola: era venuto, come ordinatami ingoiai tutto con calma. Poi mi alzai e gli chiesi: “Come hai fatto a scoprirmi? Neanche tuo fratello Edoardo sa questo segreto” dovevo esternare del tutto la mia relazione con Edoardo, se no avrebbe sospettato anche di lui. Sorrise e rispose: “Quando cammini ancheggi, anche se non lo dai a vedere. Nel bungalow ti ho visto in mutande e mi sono reso conto delle tue curve non del tutto maschili. Basta questo?”
Sorrisi: “Sì… però tutto ha un costo” lo presi per il colletto e lo baciai teneramente. Lui rispose al bacio e contemporaneamente mi toccò le “tettine” che si stavano sviluppando grazie alle poche medicine che prendevo. “Per i soldi non preoccuparti…” ci staccammo e mi porse due centoni “…prendo il servizio completo.” Risi di nuovo e pensai che sarebbe stata non una bella, ma una fantastica serata.

Capitolo 5: Dimitri
Con le pizze raggiungemmo gli altri alla spiaggia e per tutto il viaggio Giacomo non si trattenne a palparmi ogni volta ne avesse occasione. I suoi erano già tutti intorno ad un piccolo falò di fattura rudimentale ma carino. Mi stupii quando notai un’enorme tenda da campeggio poco più in là.
“Quella dove l’avete trovata?” ammiccai al mio nuovo amico. “Questo è il paese di nascita di Carlo, abita più in là verso l’entroterra. Ogni volta che veniamo qua i suoi genitori ce la portano, è un’usanza che abbiamo da quando siamo ragazzi.”
“Adesso capisco perché abbiamo fatto questo viaggio per arrivare in una spiaggia che comunque non è granché.” Parlai al vuoto perché lui, più veloce di me, aveva raggiunto i suoi amici. In mezzo al cerchio vi erano una dozzina di bottiglie, qualcuno ne aveva già stappata una.
“Federico visto che sei l’ultimo arrivato tocca a te prendere i rametti. Li trovi da quel cumulo laggiù.” “Va bene” con calma eseguii l’ordine e quando tornai mi resi conto che Giacomo aveva raccontato tutto. Si erano addirittura organizzati.
“Ehi troietta” mi apostrofò uno “Ora vieni con me andiamo a prendere dei vestiti che ti si addicano.” Senza rendermene conto mi trovai sul marciapiede a seguire quell’estraneo, sentivo le risate di sottofondo ma sapevo che dovevo mantenere la calma perché avrei potuto divertirmi e trarre vantaggio da quella pazza serata.
Entrai in un negozio femminile in centro, il mio accompagnatore mi aveva dato dei soldi e delle istruzioni su cosa comprare, ma mi aspettava fuori. Allora per nulla intimorito dalle reazioni delle commesse trovai il mio outfit e lo indossai. Il saldo totale era maggiore del budget ma in mente mi balenava un’idea su come aumentarlo.
Quando uscii dal negozio ero “all Black”: tacchi da 12 accoglievano i miei piedi misura 40 e le mie gambe, magnificamente depilate e avvolte da dei collant molto sensuali. Avevo un vestitino nero con minigonna e una bella scollatura ad “U”. Sotto suggerimento di una commessa esperta, avevo comprato un reggiseno imbottito color oro, che mi stringeva le mie piccole protuberanze dando la sensazione di una terza abbondante. Infine un copri-spalle di seta nero completava l’opera, accompagnato da pendenti con magneti di colore oro e un ciondolo dello stesso colore che terminava nella scollatura.
Mi comprai anche il rossetto porpora che si erano dimenticati di commissionarmi. Allo specchio notai che il culo era bello in evidenza e le mie curve finalmente libere di esprimersi. Prima di uscire mi esibii in alcune pose sexy per la felicità dei follower del mio secondo account su Instagram chiamato fede_love.
Lo sguardo del mio accompagnatore rivelò per un istante la sua voglia di me, ma subito la nascose con una apparente rabbia. “Quanto ci hai messo? Sei stato mezz’ora lì dentro. Ora andiamo, mi hanno già telefonato dicendo che ci stanno aspettando”
In effetti il tempo era passato senza che me ne accorgessi, il negozio aveva appena aperto ed era ora di cenare, c’era poca gente e tutte le commesse erano state al mio fianco per prepararmi al meglio. Come avrei fatto ad accorgermi quanto tempo era passato? Ero stato così bene, probabilmente perché non sarei mai tornato in quella città, che mi ero dimenticato di cosa mi aspettava da lì a poco. Avevo acquistato sotto richiesta di Giacomo anche un bikini tigrato che tenevo nella borsetta di pelle pagata solo 20 euro. Lì dentro inoltre c’erano i miei vestiti maschili per il giorno dopo.
A metà tragitto decisi di dare inizio il mio piano. La mia camminata risonante si interruppe e mi sedetti su un muretto che dava su una spiaggia privata. Simulai un dolore dovuto ai tacchi, allora il mio accompagnatore staccò lo sguardo del mio culetto tondo e si avvicinò. “Cosa c’è adesso?” era contrariato, ma da lì a poco sarebbe stato di tutto un altro umore. Stavo trafficando con la mia scarpa, quando alzando lo sguardo gli chiesi il nome, facendo bene attenzione alla scollatura. “Dimitri.”
Allora mi risistemai su due piedi e con fare sensuale gli chiesi: “Allora… Dimitri.” le mie dita purtroppo senza manicure gli carezzavano il petto e cominciarono a sbottonare la sua polo “Non vuoi lasciarti sfuggire la possibilità di cogliermi bella matura vero? Dai, da uomo a uomo, qualsiasi cosa succeda stasera mi concederò in modo particolare al vostro capo, a Giacomo. Questo lo sai anche tu, vero?”
Abbassai lo sguardo, avevo finito di sbottonare la camicia e in automatico le mie mani erano passate alla patta dei suoi pantaloni. Sembrava combattuto, ma si lasciò andare quando le mie mani fredde toccarono il suo membro già pulsante. “Oh, al diavolo. Però facciamo in fretta che ci aspettano.”
“Va bene, ma mi serve qualcosa in denaro per dare il massimo” sorrisi. Mi aveva trascinato in un vicolo. Ormai c’era dentro fino al collo e accettò senza domandare. Quando tirò fuori il portafoglio gli tirai fuori con malizia un cinquantone. “Ehi, troia, quello no è troppo!”
Con calma intascai e tirai fuori il suo cazzo. Lo ingoiai facendo attenzione al rossetto. Andavo su e giù con calma e a ritmo, ma sembrava quasi come se fosse non eccitato ancora abbastanza. Allora mi alzai tenendo il membro con una mano. Segandolo lo baciai sui pettorali grossi ma per niente muscolosi. Poi mi abbassai le calze, tirai su la gonna e con essa la gamba. Dimitri divenne forsennato. Mi prese con forza e sputando due o tre volte sul suo cazzo mi entrò dentro. Per rimanere in piedi mi appoggiai ad un cassonetto, ma le sue stantuffate erano troppo potenti, il fiato mi mancava, inoltre l’appoggio sul terreno era mantenuto da un solo tacco che avevo paura si rompesse. Quindi approfittai di una pausa e mi coricai sul cassonetto, i piedi per terra e il culo verso di lui.
Iniziai anche a fare delle urla di piacere sempre più forti, sperando che si eccitasse più in fretta. Infatti dopo cinque minuti che avevo assunto quella posizione, mi chiamò e girandomi ricevetti il suo splendido seme nella mia bocca da puttana.
Ora, cinque minuti possono sembrare pochi, ma per chi lo vive in prima persona diventano un’infinità. Quel bastardo comunque aveva saputo sfruttare al meglio i 50 euro che aveva speso su di me.
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