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Il Passaggio


di Federossetta
26.05.2020    |    13.958    |    2 9.5
"Un volta finito, feci per sistemarmi all'altra scrivania..."
Ciao a tutti in questo periodo di pausa e riflessione ho deciso rileggendo i vecchi racconti di riunire in un blocco unico quelli che di fatto appartengono a due “romanzi” distinti, ovvero “Lo scambio” e “il Passaggio”. Quando li pubblicai tempo addietro molti mi notificarono la scomodità di leggere i capitoli uno alla volta rispetto alla storia intera ed ecco il motivo di questa mia rivisitazione.
Se ancora non li avete letti spero siano di vostro gradimento, rappresentano alcune delle mie esperienze romanzate poste in una trama idilliaca ed estremamente eccitante. Buona lettura!

Trama de “Il Passaggio”
"La storia è il continuo de Lo Scambio pubblicato precedentemente. Il giovane Federico, il protagonista, trascorrerà un po' di tempo delle sue vacanze estive facendo esperienze interessanti con il suo amico Edoardo e altri ragazzi, per poi fare un incontro che darà il via al famoso passaggio transgenere.”
Buona lettura!

Capitolo 1: Autogrill

Erano passati due anni ormai da quando io ed Edoardo avevamo fatto per la prima volta l'amore. Un momento fantastico che di certo non avrei mai dimenticato. Per l'intero mese successivo ci incontrammo costantemente, al parco oppure a casa di ciascuno, per fare delle scappatelle. Il nostro amore era diventato indissolubile e sembrava che niente potesse separarci. Almeno prima dell'inizio delle vacanze estive.
Infatti, terminata scuola, tutti quelli che conoscevo cominciarono a lasciare il nostro piccolo paese per trasferirsi temporaneamente, chi settimane o chi ancora per tutta l'estate. I villaggi turistici erano le mete più gettonate ed anche Edoardo non riuscì a rinunciare al divertimento di quei posti. Ovviamente insistetti per andare con lui, ma i miei genitori mi permisero di "disturbare" lui e la sua famiglia solo per la prima settimana, infatti anche se ero maggiorenne avevano insistito fortemente in quanto quella famiglia non andava loro a genio. Tutte le richieste che feci non andarono a buon fine, quindi decisi di accontentarmi comunque, in una settimana poteva accadere di tutto. Inoltre quella settimana sarebbe stata importante per me in quanto vi ricadeva il giorno del mio 20esimo compleanno.
Partimmo alle prime luci del giorno a metà circa del mese di giugno. Eravamo solo io ed Edoardo, lui guidava.
I genitori e i due fratelli di lui erano già al villaggio ad aspettarci, pronti per accoglierci.
A separarci un romantico viaggio di tre orette. Viaggiavamo già da mezz'ora, la musica a pompa e cantavamo a squarciagola le nostre canzoni preferite.
Al termine di una piuttosto esaustiva, interrompemmo la nostra risata alla vista di un cartello sull'autostrada che indicava 5 ore di traffico.
"Nooooooo. Adesso cosa facciamo?"
"Prendiamo a calci in culo le macchine davanti" risi io.
"Ahah magari potessimo" si girò verso di me e i nostri sguardi si incontrarono. I suoi occhi esprimevano desiderio e nient'altro. I suoi capelli scuri gli erano cresciuti ed erano diventati mossi. Un ciuffo gli ricadeva ribelle sul volto. Era bellissimo.
Dalla maglietta estiva sbottonata, si intravedeva un capezzolo. Era duro e roseo. Non controllandomi, lo travolsi con la mia irruenta passione baciandolo prima sul collo e poi arrivando alla bocca. Le mie labbra si adagiarono sulle sue più umide e la sua lingua le oltrepassò per incontrare la mia. Fu un momento fugace perché subito dopo la fila di macchine si spostò di qualche metro ed Edoardo dovette fare lo stesso, lasciando il bacio a metà.
"Mi hai fatto venire una voglia maledetta di te, puttanella." Mi chiamava così da quando avevo avuto lo scambio di corpo con l'attraente Denise Melanie e ne avevo passate di tutti i colori. Da quegli episodi in poi la mia virilità era certamente venuta a meno. Tant'è che la mia abitudine di comandare e possedere durante i rapporti sessuali si era affievolita molto. Ora ero io il passivo.
Non potendo lasciare la guida, Edoardo continuò per un po' fino a raggiungere un'auto grill. All'esterno non aveva un aspetto magnifico, ma molti vi si erano fermati per spezzare la monotonia del traffico.
Scendemmo mano nella mano. Oramai non avevamo alcuna vergogna a farci vedere insieme in giro. Forse solo con i nostri rispettivi genitori continuavamo a nascondere il segreto. Degli insulti provennero da un gruppo di ragazzini sulle panchine, ma non ci facemmo caso. Una volta in auto grill ordinammo e ci sedemmo al tavolo. Cominciammo a parlare del più e del meno. Quando arrivò la colazione la divorammo con avidità. Edoardo tenne un croissant da parte.
"A cosa ti serve?" Chiesi, pensando lo avesse tenuto per il viaggio. Lui sorrise. "Adesso vedi. Vieni in bagno con me?"
Ci alzammo ed entrammo nella toilette. Ci dirigemmo dai vespasiani ed estraemmo entrambi i nostri membri. Mentre pisciavo diedi un'occhiata. Non stava facendo niente, si limitava a guardare il mio cazzo, il suo riposto nei boxer.
"Cosa c'è?"
"Sbaglio o non ti ricrescono più i peli?" Io mi coprii rosso dalla vergogna. "Hey, guarda che non è una cosa di cui vergognarsi." Mi disse. "Stai prendendo qualcosa per il cambio di sesso?"
Mi trovai a confessare quello che in realtà andava avanti da alcuni anni.
"In realtà, sto provando ad essere diverso. Hai presente quello psicologo che sto seguendo su tuo consiglio? Ecco mi ha consigliato la plastica ma in verità non so ancora bene le mie intenzioni."
Lui annuì pensieroso. "Devo dirti che a me piaci così come sei, ma senza dubbio non sarò io a interpormi alla tua decisione. Di sicuro lo scambio di corpo con Denise Melanie ha contributo a cambiare qualcosa in te. Ora sei diverso, e in qualche senso mi piaci di più." Stupefatto assimilai quello che aveva appena detto. Mi sarei aspettato qualsiasi altra reazione meno che quella.
Nel frattempo, senza accorgermene avevo sistemato il mio membro splendidamente depilato nei miei slip e avevo preso normalmente a lavarmi le mani.
"Cosa fai?" Mi chiese ridendo Edoardo "Non abbiamo finito noi due"
Nella toilette pubblica c'erano ancora alcune persone, per cui lui uscì trascinandomi con lui.
"Cosa hai intenzione di fare?" Domandai dubbioso.
"Lo vedi quella porta laggiù? È di un bagno riservato al personale. Prima ho visto che aveva la chiave nella toppa."
Infatti così fu. Edoardo la sfilò e aprì la porta delicatamente. Dentro non c'era nessuno. "Aspettami qui" e ritornò nei bagni pubblici. Poco dopo si materializzò assieme ad un cartello con scritto "Guasto" a lettere cubitali. "Con questo voglio proprio vedere chi ci disturberà."
Chiudemmo a chiave la porta del bagno privato. Dentro c'erano ancora due toilette. Su quella in cui entrammo Edo attaccò il finto avvertimento. Dopodiché, sicuri come non mai, ci fissammo negli occhi. Senza proferire una parola, molto lentamente Edoardo si abbracciò a me inspirando e inalando il mio odore misto a quello del luogo in cui ci trovavamo. Io di risposta lo toccai e lo baciai delicatamente sul collo.
Poi mi sussurrò una cosa: "Visto che vuoi cambiare sesso, dovresti fare un po' di pratica, te la senti?"
"Sì!!" Esclamai pieno di piacere. Mi protesi verso il suo cazzo turgido e bagnato di piscio e iniziai a leccarlo e succhiarlo meglio che potevo. Prima che potesse venire un rumore ci interruppe. Sentimmo il girare di una chiave nella toppa e subito dopo una porta chiudersi nella toilette vicino alla nostra. Per niente preoccupato, il mio partner, estrasse dal borsellino il croissant ancora avvolto da un pezzo di carta. "Questo è un regalo per te, spero che sia gustoso" senza che me lo aspettassi, ci piantò il cazzo dentro. Della panna strabordò e per non farla colare Edoardo mi spinse la testa di forza contro il croissant ripieno. Mangiai tutta la pasta sfoglia, dal gusto dolce e misto a quello del mio cibo preferito, il suo sperma. Ma non aveva finito lì. Nonostante fosse già venuto. Si sedette sulla tavolozza e prese lo scopino. Mi intimò di appoggiarmi al muro che sarebbe stato doloroso. Infatti quando il manico dell'oggetto mi dilatò l'ano gemetti abbastanza forte da essere sentito dal signore che si stava ora lavando le mani e che scappò via. Allora Edoardo si fermò destando un senso di delusione in me. "È meglio se andiamo, probabilmente quel tizio chiamerà qualcuno per colpa tua." Ancora più depresso mi trovai a confermare che il suo ragionamento era vero e col culo sfondato ritornai in macchina assieme a lui.

Capitolo 2: Incontro

Quando finalmente intravedemmo il mare, era l'ora di pranzare. In circa mezz'ora fummo all'entrata del villaggio turistico "Cielito lindo" dove soggiornava la famiglia di Edoardo. Scesi tutti e due dalla macchina, ad accoglierci venne Gloria, la madre. Mi salutò e fece da intermediaria per presentarmi il resto della famiglia radunata davanti al bungalow.
Giacomo era il fratello più vecchio. Aveva 28 anni e lavorava da parecchio nell'officina del padre. Pietro, invece aveva 16 anni ed era il più piccolo della famiglia. Mancavano in quella vacanza, il padre e la sorella trentenne che li avrebbero raggiunti non appena si fossero liberati dal lavoro.
Gloria mi fece un sopralluogo dell'abitacolo. Non era grande di dimensioni ma piccolo e intimo. Vi erano tre camere da letto (una per lei e il primogenito che si era spostato per fare spazio a me, una per Edoardo e il sottoscritto, e l'altra per Pietro e i suoi 2 amici di scuola). Infine vi era una stanza con i fornelli e una con il bagno, comprendente anche la doccia.
Ovviamente per non dare troppo lavoro alla madre avevamo già detto che saremmo stati poco in casa giusto per dormire e consumare qualche pasto.
Per il resto avevamo deciso di arrangiarci. Siccome Edoardo era stanco per il viaggio si scusò e si assopì nel suo letto. Allora per non essere di intralcio, io feci un giro del villaggio. Passando lungo le stradine, mi accorsi che l'età media era la mia, infatti i bambini erano pochi e c'erano molte attrazioni per quelli della mia età. Senza pensarci mi trovai alla spiaggia, la sabbia che mi entrava nelle scarpe da ginnastica.
Lentamente come se fossi incantato, mi incamminai verso il mare. Attorno per me non c'era più nessuno: solo io e quella rara bellezza che rifletteva la luce morente del giorno. All'improvviso però la magia svanì, interrotta da un urlo indispettito. "Che cazzo, guarda cosa hai fatto!" Un signore in giacca e cravatta si era alzato vicino a me ed era alquanto arrabbiato. Mi accorsi solo in quel momento che la spiaggia era ancora abbastanza affollata sebbene si avvicinava la sera. Vicino all'uomo c'erano una seggiola e un tavolino, sul quale era appoggiato un computer. Il vento aveva sospinto della sabbia da me alzata su quest'ultimo che adesso era andato in tilt.
"Cazzo, cazzo. Spero di non aver perso tutti i lavori. Ho una riunione importante tra 3 giorni e questo ~scosse vigorosamente il computer~ è di vitale importanza che ci sia per quel giorno."
Io finora avevo ascoltato in silenzio, testa china senza avere idea di come contrastarlo. "Mi dispiace tantissimo, mi scusi... Non ho dato la giusta attenzione a chi mi stava intorno..." "E si vede!" Urlò lui. Ripresi: "Lasci che la aiuti a togliere la sabbia" alzai lo sguardo e rimasi di sasso. Non riuscivo a credere con chi mi ero imbattuto. Era Andrea, l'amico di Denise, con il quale avevo avuto un rapporto strap-on nel corpo della ragazza sua amica. Motivo per cui non poteva avermi riconosciuto, essendo io ritornato me stesso.
Lo squadrai meglio. Era cambiato rispetto ad un paio di anni fa. Più piazzato, più sicuro di sé e soprattutto più autorevole. Mi ricordai che in effetti era figlio di un magnate importante.
"Mi scusi..." Sollevai il computer e iniziai a lucidarlo con la camicia.
"Ma va. Lascia stare" mi fermò lui, con una calma ritrovata "Lo consegno al mio staff vedo cosa possono fare."
"Mi lasci almeno offrirle da bere" insistetti io, sollevato dal fatto che il PC non era più problema mio.
Lui sospirò e sorridendo rispose "Va bene, ma dammi del tu per favore avrò si e no cinque anni più di te." Esatti. Pensai io, ma non glielo dissi.
Al bar della spiaggia ci presentammo, anche se a me non servì, ma almeno così cominciai a chiamarlo per nome, ovvero Andrea.
"E quindi ti occupi di una parte della società di tuo padre." Chiesi dopo una lunga spiegazione della sua vita.
"Si esatto. Devo dire che la cosa mi diverte. Mi sento a mio agio tra il lusso e la bella vita."
Si stava facendo tardi. Non sapevo cosa fare, Andrea era attraente e non volevo perderlo di nuovo. Fu lui a rompere gli indugi "Senti, se ti va possiamo incontrarci di nuovo domani, sera però. Ti porto con la macchina in un pub carino che conosco."
"Sì grazie. Sarebbe perfetto, non penso che in un’oretta mi hai già completamente perdonato."
Lui rise, alzandosi dalla sedia. “Fossi in te mi guarderei le spalle più spesso adesso che sei in debito.”
Dovendo entrambi andarcene ci salutammo dandoci appuntamento all'indomani.

Capitolo 3: Una Fantastica Serata

Quando raggiunsi il bungalow dove alloggiavo, mancavo solo più io per iniziare a mangiare. Mi scusai e finalmente consumammo cena. Edoardo mi chiese cosa avevo che sembravo sovrappensiero ma io gli risposi con una cavolata.
Finita cena, fui io stavolta a chiedere se potevo andare a dormire un po' prima, e capendo che il viaggio ci aveva un po' scombussolato, la madre di Edo mi aiutò a fare il letto e mi salutò.
Dormivo da alcune orette quando sentii il tipico rumore di scricchiolio di quando uno si corica su un letto. Proveniva dal letto a castello sopra il mio e realizzai fosse Edoardo. Una voglia pazzesca mi avvolse mista al piacere di pericolo e mi alzai. Lo guardai con gli occhi chiusi e cominciai a baciarlo sulla faccia. Quando se ne accorse si destò improvvisamente e con un movimento brusco mi allontanò. "Ma sei pazzo? Rischi di farci beccare."
Da lì in poi capii che per Edoardo questa sarebbe stata una vacanza e niente più. Mi riaddormentai sovrappensiero.
La mia vacanza si divise dunque così: ogni giorno uscivo in visita a monumenti e città con Edoardo per poi allontanarmi con una scusa la sera per andare da Andrea.
Diventammo molto amici, anche se non gli rivelai mai che io in un certo senso lo conoscevo già. L'ultima sera di Andrea nel villaggio turistico mi offrì cena in un locale costoso sul lungomare. Prima di salutarmi per sempre mi consegnò il suo biglietto da visita dicendomi che se avevo bisogno di un lavoro estivo me lo avrebbe dato da vero amico. Il che era perfetto per me, infatti i miei genitori mi avevano detto che mi davano una mano con la retta universitaria solo se contribuivo anche io lavorando.
Venne anche il giorno del mio compleanno, e mentre la famiglia di Edoardo mi organizzò una piccola festa, Andrea si diede da fare per portarmi in una bella discoteca.
Quando se ne andò la mia vacanzina diventò una noia, perché Edoardo si dimenticò completamente di me.
Più volte lo vidi in compagnia di una ragazza sua vecchia conoscenza che mi fece ingelosire parecchio.
Io invece una volta andato via Andrea e rimasto dunque completamente solo, trascorsi del tempo sui campi sportivi del villaggio turistico. Anche sei il mio fisico esile non mi permetteva sport tanto duri, mi divertii insieme al fratello maggiore di Edoardo e i suoi amici. Giacomo aveva notato quanto mi annoiassi ultimamente e dunque si prese pena per me e mi presentò ai suoi amici delle vacanze. Avevano tutti intorno ai venticinque anni, uno addirittura trenta, ma sembravano miei coetanei e io mi divertivo anche solo a guardarli fare gli scemi durante le loro partite a pallone. Giacomo mi intrigava: aveva sempre un occhio per me, eppure si limitava a fare battute come niente fosse. Non capivo se era interessato o semplicemente si stava godendo la vacanza. Una delle ultime notti, siccome Edoardo era con la sua amica e Andrea era partito, Giacomo mi invitò a mangiare in una spiaggia a poche ore di bus dalla nostra e io accettai. Speravo in qualcosa di succulento per le mie chiappe affamate, ma in qualsiasi modo sarebbe finita avrei trascorso una bella serata in compagnia. Arrivati a destinazione grazie all’autobus di linea, in maniera molto efficiente gli amici si divisero i compiti: chi procurava delle birre, chi ordinava le pizze, chi occupava il posto in spiaggia che in teoria doveva essere deserta.
In quanto ospite, mi dissero di andare con un ragazzo, Carlo, alla spiaggia e allontanare chiunque avesse avuto la nostra stessa idea di stazionare lì. Preso però da diffidenza avanzai la richiesta di andare piuttosto ad ordinare le pizze insieme a Giacomo ed un altro. La richiesta non destò nessun problema e il compagno di Giacomo decise di prendere il mio posto in spiaggia. Chiesi a Giacomo se fosse meglio che qualcun altro venisse con noi. Mi disse però che c’erano sei pizze da ordinare, portarne tre a testa non era poi tutta quella fatica e rendendomene conto annuii. Ci separammo e dopo alcuni minuti arrivammo alla pizzeria.

Capitolo 4: Giacomo

“Buonasera, Vincè. Tutto bene?” sembrava di casa Giacomo che iniziò a raccontarsela con il pizzaiolo. Io allora mi sistemai su una sedia a guardare il televisore ed aspettare. Dopo un po’ infatti mi chiese che pizza volessi. “Ehm, una Burrata grazie.” Annuì. “Allora sono due burrate, una bufala, una diavola e due margherite. D’accordo? Appena siamo pronte vi chiamiamo.” Giacomo si sedette di fianco a me.
Pensavo avesse fatto svegliare qualcosa in Giacomo la mia bizzarra scelta, ma niente. A quanto pare era proprio come mi ero immaginato. Però dopo un po’ mi parlò. “Senti devo andare in bagno, dopo la vescica dovrà sopportare litri di birra, se le pizze son pronte aspettami e digli di tenerle nel forno.” Rimasi spaesato. Forse era un segnale, ma non molto chiaro. Il pizzaiolo appena entrò in bagno Giacomo mi chiamò per dirmi che erano pronte le pizze. Allora gli riferii quello detto dal fratello di Edoardo e dopodiché mi decisi ad entrare nel bagno. Vi erano due lavandini e due toilettes. Bussai a quella chiusa. “Giacomo, le pizze sono state fatte da un po’ gli ho detto di metterle in un posto caldo” Sobbalzai quando all’improvviso si aprì la porta. Con un sorrisetto mi accorsi che il suo “coso” penzolava con fare invitante. “Troietta vieni ad asciugarmelo prima, non vedi che è bagnato?” anche lui sogghignava, allora cercai di fargli capire di essere sotto il suo comando e con la faccia spaventata entrai nella toilette. Lui chiuse la porta dietro di me e mi fece inginocchiare di forza. Mi ritrovai il suo cazzo in bocca in men che non si dica, la sua forza era incredibile, con la coda dell’occhio notai dello sborro sulla tavoletta del cesso. Di sicuro si era segato su di me, pensai ridendo. “Perché ridi troia? Adesso che ingoi voglio vedere se continui ad essere divertito”
La saliva colava dal mio mento, il suo gusto di piscio era poco forte, un’altra prova che in bagno non ci era andato per pisciare. Avevo fatto centro, sarebbe stata una bella serata. Intanto sentii un fiotto caldo in gola: era venuto, come ordinatami ingoiai tutto con calma. Poi mi alzai e gli chiesi: “Come hai fatto a scoprirmi? Neanche tuo fratello Edoardo sa questo segreto” dovevo esternare del tutto la mia relazione con Edoardo, se no avrebbe sospettato anche di lui. Sorrise e rispose: “Quando cammini ancheggi, anche se non lo dai a vedere. Nel bungalow ti ho visto in mutande e mi sono reso conto delle tue curve non del tutto maschili. Basta questo?”
Sorrisi: “Sì… però tutto ha un costo” lo presi per il colletto e lo baciai teneramente. Lui rispose al bacio e contemporaneamente mi toccò le “tettine” che si stavano sviluppando grazie alle poche medicine che prendevo. “Per i soldi non preoccuparti…” ci staccammo e mi porse due centoni “…prendo il servizio completo.” Risi di nuovo e pensai che sarebbe stata non una bella, ma una fantastica serata.

Capitolo 5: Dimitri

Con le pizze raggiungemmo gli altri alla spiaggia e per tutto il viaggio Giacomo non si trattenne a palparmi ogni volta ne avesse occasione. I suoi erano già tutti intorno ad un piccolo falò di fattura rudimentale ma carino. Mi stupii quando notai un’enorme tenda da campeggio poco più in là.
“Quella dove l’avete trovata?” ammiccai al mio nuovo amico. “Questo è il paese di nascita di Carlo, abita più in là verso l’entroterra. Ogni volta che veniamo qua i suoi genitori ce la portano, è un’usanza che abbiamo da quando siamo ragazzi.”
“Adesso capisco perché abbiamo fatto questo viaggio per arrivare in una spiaggia che comunque non è granché.” Parlai al vuoto perché lui, più veloce di me, aveva raggiunto i suoi amici. In mezzo al cerchio vi erano una dozzina di bottiglie, qualcuno ne aveva già stappata una.
“Federico visto che sei l’ultimo arrivato tocca a te prendere i rametti. Li trovi da quel cumulo laggiù.” “Va bene” con calma eseguii l’ordine e quando tornai mi resi conto che Giacomo aveva raccontato tutto. Si erano addirittura organizzati.
“Ehi troietta” mi apostrofò uno “Ora vieni con me andiamo a prendere dei vestiti che ti si addicano.” Senza rendermene conto mi trovai sul marciapiede a seguire quell’estraneo, sentivo le risate di sottofondo ma sapevo che dovevo mantenere la calma perché avrei potuto divertirmi e trarre vantaggio da quella pazza serata.
Entrai in un negozio femminile in centro, il mio accompagnatore mi aveva dato dei soldi e delle istruzioni su cosa comprare, ma mi aspettava fuori. Allora per nulla intimorito dalle reazioni delle commesse trovai il mio outfit e lo indossai. Il saldo totale era maggiore del budget ma in mente mi balenava un’idea su come aumentarlo.
Quando uscii dal negozio ero “all Black”: tacchi da 12 accoglievano i miei piedi misura 40 e le mie gambe, magnificamente depilate e avvolte da dei collant molto sensuali. Avevo un vestitino nero con minigonna e una bella scollatura ad “U”. Sotto suggerimento di una commessa esperta, avevo comprato un reggiseno imbottito color oro, che mi stringeva le mie piccole protuberanze dando la sensazione di una terza abbondante. Infine un copri-spalle di seta nero completava l’opera, accompagnato da pendenti con magneti di colore oro e un ciondolo dello stesso colore che terminava nella scollatura.
Mi comprai anche il rossetto porpora che si erano dimenticati di commissionarmi. Allo specchio notai che il culo era bello in evidenza e le mie curve finalmente libere di esprimersi. Prima di uscire mi esibii in alcune pose sexy per la felicità dei follower del mio secondo account su Instagram chiamato fede_love.
Lo sguardo del mio accompagnatore rivelò per un istante la sua voglia di me, ma subito la nascose con una apparente rabbia. “Quanto ci hai messo? Sei stato mezz’ora lì dentro. Ora andiamo, mi hanno già telefonato dicendo che ci stanno aspettando”
In effetti il tempo era passato senza che me ne accorgessi, il negozio aveva appena aperto ed era ora di cenare, c’era poca gente e tutte le commesse erano state al mio fianco per prepararmi al meglio. Come avrei fatto ad accorgermi quanto tempo era passato? Ero stato così bene, probabilmente perché non sarei mai tornato in quella città, che mi ero dimenticato di cosa mi aspettava da lì a poco. Avevo acquistato sotto richiesta di Giacomo anche un bikini tigrato che tenevo nella borsetta di pelle pagata solo 20 euro. Lì dentro inoltre c’erano i miei vestiti maschili per il giorno dopo.
A metà tragitto decisi di dare inizio il mio piano. La mia camminata risonante si interruppe e mi sedetti su un muretto che dava su una spiaggia privata. Simulai un dolore dovuto ai tacchi, allora il mio accompagnatore staccò lo sguardo del mio culetto tondo e si avvicinò. “Cosa c’è adesso?” era contrariato, ma da lì a poco sarebbe stato di tutto un altro umore. Stavo trafficando con la mia scarpa, quando alzando lo sguardo gli chiesi il nome, facendo bene attenzione alla scollatura. “Dimitri.”
Allora mi risistemai su due piedi e con fare sensuale gli chiesi: “Allora… Dimitri.” le mie dita purtroppo senza manicure gli carezzavano il petto e cominciarono a sbottonare la sua polo “Non vuoi lasciarti sfuggire la possibilità di cogliermi bella matura vero? Dai, da uomo a uomo, qualsiasi cosa succeda stasera mi concederò in modo particolare al vostro capo, a Giacomo. Questo lo sai anche tu, vero?”
Abbassai lo sguardo, avevo finito di sbottonare la camicia e in automatico le mie mani erano passate alla patta dei suoi pantaloni. Sembrava combattuto, ma si lasciò andare quando le mie mani fredde toccarono il suo membro già pulsante. “Oh, al diavolo. Però facciamo in fretta che ci aspettano.”
“Va bene, ma mi serve qualcosa in denaro per dare il massimo” sorrisi. Mi aveva trascinato in un vicolo. Ormai c’era dentro fino al collo e accettò senza domandare. Quando tirò fuori il portafoglio gli tirai fuori con malizia un cinquantone. “Ehi, troia, quello no è troppo!”
Con calma intascai e tirai fuori il suo cazzo. Lo ingoiai facendo attenzione al rossetto. Andavo su e giù con calma e a ritmo, ma sembrava quasi come se fosse non eccitato ancora abbastanza. Allora mi alzai tenendo il membro con una mano. Segandolo lo baciai sui pettorali grossi ma per niente muscolosi. Poi mi abbassai le calze, tirai su la gonna e con essa la gamba. Dimitri divenne forsennato. Mi prese con forza e sputando due o tre volte sul suo cazzo mi entrò dentro. Per rimanere in piedi mi appoggiai ad un cassonetto, ma le sue stantuffate erano troppo potenti, il fiato mi mancava, inoltre l’appoggio sul terreno era mantenuto da un solo tacco che avevo paura si rompesse. Quindi approfittai di una pausa e mi coricai sul cassonetto, i piedi per terra e il culo verso di lui.
Iniziai anche a fare delle urla di piacere sempre più forti, sperando che si eccitasse più in fretta. Infatti dopo cinque minuti che avevo assunto quella posizione, mi chiamò e girandomi ricevetti il suo splendido seme nella mia bocca da puttana.
Ora, cinque minuti possono sembrare pochi, ma per chi lo vive in prima persona diventano un’infinità. Quel bastardo comunque aveva saputo sfruttare al meglio i 50 euro che aveva speso su di me.

Capitolo 6: Gennaro e Roberto

Ci rimettemmo in cammino, lui con lo sguardo serio e io impegnato a ripassarmi il rossetto. Apparentemente sembrava non fosse successo niente, ma gli altri lo avrebbero scoperto non appena avrebbero visto il mio culetto bello rosso. Meglio così, uno in meno da sopportare.
Arrivati alla “base” mi accolsero con fischi di approvazione. Mi sedetti in mezzo a loro a mangiare e bere, alcuni mi domandarono per tutta la cena come facevo a nascondere delle tettine così graziose. Dimitri nel mentre era rimasto in disparte, mi ero accorto che Giacomo lo aveva ripreso per averci messo tanto, e ora era giù di corda. Cazzi suoi, pensai.
Eh già, perché ora io avevo i miei cazzi a cui pensare. Erano in tutto cinque escluso Dimitri: Giacomo (il mio Edoardo cresciutello), Carlo (il proprietario della tenda), Gennaro (un napoletano da un ottimo fisico), Roberto (doveva essere un vero secchione ma era il più vecchio della compagnia) e infine Kevin (era dello stesso paese di Giacomo e aveva un non so che di misterioso).
Ad un certo punto prese la parola Gennaro: “Io proporrei di intitolare questa serata a Federico...” era mezzo intontito dall’alcol “… anzi Federica.” Io sorrisi e sollevai la birra in segno di ringraziamento. “Mio amore vuole ballare con me?” senza ombra di dubbio alludeva al letto. Era giunto il mio momento e non vedevo l’ora di godere come non mi capitava da giorni. “Ci sto! Un brindisi al cazzo!” urlai. “Alla fica! E a te, che per noi non sei altro che una bella gnocca!” inneggiò Giacomo. Gli feci l’occhiolino prima che Gennaro mi trascinasse dentro la tenda.
Giacomo però urlò: “Aspetta! Portati anche Roberto, dobbiamo sverginarlo per bene con una troia come Federica.”
Roberto senza farselo ripetere ci seguì a ruota. Dovevano essere le 23, avevo bevuto poco ma in ogni caso la sbornia sarebbe passata in tempo per il piatto principale della serata: Giacomo. La tenda era accogliente, c’erano due stanze da tre materassi l’una con tanto di coperte e lenzuola. Per me erano dettagli importanti, ciò voleva dire che i genitori di Carlo erano premurosi e la mattina dopo sarebbero venuti ad aiutarci a ritirare. Dunque dovevo addormentarmi già nei miei vestiti.
Entrammo tutti e tre in uno scomparto ove i materassi erano attaccati come un enorme letto matrimoniale. Gennaro, che mi teneva ancora la mano, mi buttò di peso sui materassini e mi intimò di implorarlo. Allora cominciai a fare finta di piagnucolare e a venerare sia lui che Roberto, che era al suo fianco con una vistosa erezione. “Se i padroni alla fine del mio lavoro vogliono valutarlo con una piccola mancia allora io mi impegnerei ancora di più” chiesi con tutta umiltà. “Certo” ringhiò Gennaro, che però non mise mano al portafoglio, anzi si calò i pantaloni e i boxer. Il suo compare impacciato sussultò e venne subito ripreso: “Allora vuoi imparare o no? Svestiti imbranato che ora lo trapaniamo per bene.”
Mi ero affezionato ai vestiti che avevo addosso, per la prima volta mi ero sentito sicuro come non mai ad acquistarli in panni maschili, dunque anch’io feci in fretta e me li tolsi riponendoli in un angolo al sicuro.
Ero solo in biancheria intima e coricato all’insù, quando Gennaro si lasciò cadere sul letto. Il materassino sobbalzò dandomi un leggero senso di nausea. Ma lui non sembrava avere apprensione verso la mia nausea. Come immaginavo, il suo era un fisico scolpito, un bell’esempio per Roberto che invece aveva pochi muscoli e diversi peli. Con le mani mi trattenne coricato, mentre con la bocca iniziò a scendere verso il mio seno fasullo. Come ebbi modo di constatare alla fine, non cercò mai il contatto diretto con la mia bocca, forse perché convinto eterosessuale. Mi palpò a lungo e prepotentemente, tanto che una donna si sarebbe indispettita, ma io provavo solo piacere non volevo che si fermasse. Quando raggiunse con la bocca il mio ano, il mio pisello si destò in un’erezione carina ma non imponente. Allora di mia iniziativa presi Roberto che sembrava essere con le mani in mano, e lo indirizzai verso l’omosessualità, facendogli ingoiare il mio cazzo. Per niente contrariati i due continuarono finché Roberto non arrivò a reclamare la sua parte. Mi salì sul petto e cominciai a succhiare rumorosamente il suo cazzo peloso. Il mio lato B intanto venne violato da Gennaro, le mie gambe si attorcigliarono a lui e in questa posizione entrambi vennero nel mio corpo. Gennaro se ne andò subito, invece prima che Roberto se ne andasse gli diedi una leccata al culo che lo fece godere ancora sulla mia faccia.
Solo soletto in quella tenda per una decina di minuti, mi sistemai e guardai l’ora: 23.30. Avevano fatto in fretta, per contro non mi avevano lasciato nessun bigliettone.

Capitolo 7: Carlo e Kevin

Ero pronto alla seconda ondata, ma a quanto pareva mi volevano in acqua. Era arrivato dunque il momento di utilizzare il costoso bikini comprato coi loro soldi. Mi svestii e lasciai solo i gioielli e il rossetto ad abbellire il mio esile corpo maschile. In tenda c’era diverso calore anche perché si era appena consumato un rapporto sessuale con un doppio dispendio di energie, eppure avevo la sensazione che fuori la temperatura fosse nettamente diversa. Purtroppo non avevo nessun soprabito da donna o qualsiasi cosa che potesse fare arrapare ancora di più i miei bei maschioni che aspettavano, ma mi ideai e devo dire che trovai la soluzione più erotica. Indossai la camicia di almeno due taglie maggiore della mia di Gennaro che aveva lasciato come ricordo e uscii. Sembravo l’amante che nei film si svegliava dopo una notte di fuoco con la camicia del maschio come ricordo. Essendo molto lunga, la legai con un nodo lasciando scoperto l’ombelico e ampliando la protuberanza delle mie tettine. Effettivamente la temperatura era molto bassa, riuscivo a malapena a resistere con la camicia, ma almeno ero una bella visione. Ero sicuro i miei ciondoli riflettessero la luce morente del falò, avevo lasciato apposta sbottonata la camicia a livello del petto, cosicché il mio seno fosse al centro dell’attenzione. Camminando scalzo, arrivai al falò. Mi sedetti tra Kevin e Carlo, davanti a me Giacomo che si fumava una sigaretta tranquillo. Ci accarezzammo a lungo, studiando ciascuno il corpo del proprio obiettivo (nel mio caso obiettivi), e constatai che Carlo doveva essere il solito figlio di papà: vestiti firmati, mani ben curate, in alcuni punti depilato e inoltre sembrava parecchio insicuro. Aveva una protuberanza facile da prevedere, sui 16 centimetri, normale insomma.
Quando cominciai a conoscere meglio Kevin invece, mi accorsi essere un uomo molto singolare. Era massiccio ma non grasso, muscoli poco definiti ma presenti, aveva depilato il petto e probabilmente anche l’inguine solo per l’estate, le sue mani erano ruvide, segno che lavorava molto manualmente.
Sperai dunque che le mie previsioni fossero azzeccate e che dunque una volta venuto in fretta il figlio di papà mi sarei goduto l’altro maschiaccio. Fu quest’ultimo ad interrompere un periodo di studio durato anche fin troppo. Mi sollevò in braccio e scambiando battute con me e i suoi amici entrammo in acqua, dove mi buttò con leggerezza però. Mi accorsi di stare ridendo anche io, una serie di gridolini fermarono la mia risata in quanto l’acqua era proprio bella fredda. Saltellai fradicio da Kevin al quale mi abbracciai. Mi strappò la camicia da dosso chiedendo scusa al legittimo proprietario che probabilmente stava godendosi lo spettacolo al caldo dalla riva. Poi ridendo Kevin mi spintonò e inciampai andando a finire completamente sott’acqua. Quando riaffiorai vidi solo più Carlo, mi stavo quasi dimenticando di lui, ora era con il rigonfiamento a due centimetri dalla mia bocca. A gattoni lo presi di forza e lo succhiai malamente. Al ché urlò pregandomi di staccarmi. “Succhia con voglia la cagna” disse Kevin alle mie spalle. Poi mi prese con forza da dietro, il suo pene premeva contro la stoffa della culotte, era completamente nudo. Mi fece inginocchiare e mi girai verso il suo cazzo, subito dopo arrivò Carlo. Allora presi una grande boccata d’aria e iniziai il mio primo bocchino sott’acqua. A Carlo facevo più il bastardo, gli premevo le palle e gli riservavo più favori. Quando ebbi già ripreso più volte il fiato e più volte mi fossi inabissato per prelevare il loro umore, notai in Carlo un cedimento. Allora lo spostai in modo da avere il cazzo suo fuori dall’acqua e gli sparai una spagnola che doveva essere davvero memorabile: il suo glande si incuneava nel mio reggiseno, lambiva le mie tette e arrivava in bocca. E fu proprio nella bocca dove mi ringraziò profondamente. Ingoiai il quarto seme della serata con piacere, a quanto pare la voglia non era ancora sparita. Mi alzai e aspettai Kevin. “Amore mi sto sentendo veramente porca, ora ho una tremenda voglia di te, del tuo corpo. Vieni” cercai di intimorirlo con la malizia di una predatrice, lui arrivò da me muovendo l’acqua intorno. Il suo pisello venne alla luce. Oh merda, pensai. Lo avevo succhiato poco tempo prima ma la foga mi aveva fatto percepire una cosa che non rispecchiava la realtà. Era un cazzo di 25 centimetri buoni che si addiceva per dirla tutta ad uno di colore. Ciò voleva dire che ne avevo ingoiato appena metà e il resto me lo dovevo aspettare nel culo, anzi nell’intestino. Arrivato da me, mi baciò con passione il collo, per prendere un grosso respiro e sollevarmi all’altezza del suo bacino. Sempre silenziosamente mi sfilò le mutandine, che appallottolò e lanciò a Carlo poco lontano intento a pulirsi del tutto dall’orgasmo. Questo di quello che mi venne raccontato dopo perché nel mentre io ero intento a contemplare l’ormone a pochi centimetri da me. Le mie braccia si allungarono a cingergli il collo e trovarono un cordino, impugnai il ciondolo finché trovai ad un’estremità un dente di squalo. “Sei forte amico” gli sussurrai, chinandomi verso un suo orecchio. “Voglio il tuo bastone tutto dentro, voglio sentire pulsare l’amore nel mio corpo. Ho bisogno di carne” gli sussurrai ancora. Stavolta l’assatanato ero io, mi ero reso conto di avere davanti un esemplare unico. Infatti cazzi come quello avevo letto capitavano una, massimo due volte nella vita, perché trovarli in un Europeo era cosa rara, figuriamoci se poi l’europeo in questione era anche figo e sexy.
Con un sorriso agghiacciante mugugnò di riposta. Era il mio fantastico animale. Poi sentii bussare, prima con timidezza, poi sempre con più rabbia, finché non gli dissi “entra!” e dilatai i muscoli dell’ano più che riuscii. Il suo serpente entrò. Io chiusi gli occhi sperando che lì dentro niente si rompesse e aiutai l’entrata scendendo col bacino. Le mie gambe si avvinghiarono ancora più strette al culo del mio diavoletto aspettando l’inculata, che arrivò più esplosiva che mai nel momento che meno me lo aspettavo. Urlai allora come non avevo mai urlato. Il dolore era acuto, il mio amore per il cazzo non riusciva a nascondere il dolore, per cui mi trovai ad urlare da femminuccia ad ogni stantuffata, su e giù. Per fortuna il mare intorno a noi serviva da lubrificante: entrava ad occupare il posto lasciato vuoto dal suo cazzo quando caricava l’inculata, per poi affievolire il colpo durante l’atto.
Kevin non venne mai, non che io sappia. Mi staccarono da lui i suoi amici, probabilmente infastiditi dalle mie urla acute che potevano svegliare qualcuno. Nel momento che venne estratta l’asta completamente assorbita dal mio culo, percepii il vuoto lasciato e come reazione afferrai il suo cazzo con la mano ributtandomelo in culo, a dispetto di quelli che mi avevano staccato da lui. Quando finalmente riaprii gli occhi lo guardai diritto in faccia e lo baciai prima che mi posassero a terra e sentissi di nuovo il bruttissimo senso di vuoto. Lui si girò e tornò al falò, sulla schiena i segni delle mie unghie.
Nel mentre mi accorsi che Giacomo mi stava parlando. Ero un po’ intontito, per cui sentii solo la fine del discorso. “…altrimenti finiamo qui, non puoi farci scoprire perché urli da femminuccia, ok?” aveva le mani sulle mie spalle e doveva avermi anche scrollato con forza. Mi passò le mie mutandine ed uscii dal mare insieme a lui. Finalmente presi la parola. “Ok ci sono. Mi sono ristabilito, per prima cosa devo finire un lavoro” senza attendere risposta mi incamminai velocemente verso Kevin, coricato a guardare le stelle. Gli tirai giù i pantaloni senza resistenza e iniziai leccargli prima l’asta e infine la cappella. Lui per tutto il tempo lasciò fare come se niente fosse, sentivo gli sguardi di tutti puntati su di me ma continuai, perché era diventata una questione di onore. Dopo una ventina di minuti passati a inumidirgli la verga (pazzesco!), finalmente Kevin iniziò ad agitarsi. “Ti dispiace se ingoio, sto mantenendo il record, finora ho mandato giù la sborra di tutti.” Gli dissi.
“Certo troia, vai ti prego, prendilo in boccaah!” allora me lo appoggiai sulla lingua finché il suo copioso fiotto non uscì tutto. Addirittura avevo schizzi sulla schiena, proprio vero che un’esperienza così capita poco spesso nella vita. Ancora una volta sentii la mancanza di quel cazzo stratosferico quando mi rialzai lasciandolo ansimante a terra. Avevo conquistato un altro uomo, ora sarei andato a reclamare il premio: una notte d’amore con l’oggetto dei miei desideri di quella vacanza in famiglia.

Capitolo 8: Notte Con Giacomo

Mentre con gli altri era stata più una sfida tra me e me, ora mi sentivo più sottomesso all’influenza di Giacomo. Certamente aveva il viso più bello della compagnia, il cazzo era inferiore solo a Kevin però era migliore per quanto riguardava l’aspetto. Infatti quando lo avevo preso in bocca solo poco tempo prima alla pizzeria mi ero accorto che era capace di attirare chiunque lo guardasse. Una caratteristica non da poco perché per esperienza posso dire che alcuni hanno tutt’altra caratteristica, capace di toglierti la libidine.
Ero in piedi e mi guardai attorno. Giacomo mi squadrava dall’altra parte del piccolo falò in estinzione. Aveva uno sguardo compiaciuto e molto sexy, si alzò quando mi vide tremare per il freddo. Ero pur sempre in bikini. Guardai l’ora e mi accorsi che mi ero portato il mio orologio da donna a fare il bagno, dimenticandomi di posarlo. Intanto misi a fuoco l’ora: erano le due meno venti. Escludendo la preparazione e le carezze intorno al fuoco avevo concesso a Carlo sui venti minuti, mentre allo stallone circa un’ora.
Giacomo si avvicinò a me e mi accolse in un abbraccio da fratello maggiore che non ho mai avuto. Il suo obiettivo era infondermi calore e ci stava riuscendo, mi accoccolai tra le sue braccia e chiusi gli occhi.
Dopo poco tempo gli sussurrai: “Prima di iniziare… volevo chiederti un favore…” mi guardò e mi sorrise: “per caso in denaro?”
Mi scappò di bocca un gridolino per nulla maschile “Daii, non a te, sei stato troppo gentile.”
“Ah ho capito lascia fare a me. Domani ti faccio trovare nello zaino quello che ti spetta.” Gli ricordai che il mio zaino era fin troppo pieno, doveva già contenere il mio stretto necessario, la borsa di pelle e tutto il mio repertorio femminile di quella sera. Pregai dunque di non lasciarmi monetine che poi mi sarei stancato, si fa per dire, inutilmente. Avrei gradito invece delle banconote profumate per pagarmi le spese anche del campeggio con la sua famiglia. Quando fu risolto tutto mi chiese lui un favore. Prima di tutto ci allontanammo dagli altri intorno al fuoco, in un posto più isolato e vicino al mare. Ci coricammo a pancia in su, lui sotto, le gambe aperte nelle quali mi accomodai io, la mia testa sul suo addome che si muoveva a tempo con il suo respiro. Contemplando le stelle mi fece una domanda che mi lasciò spiazzato.
“Fede, stasera sei stato praticamente con tutti” cominciò ad accarezzarmi i capelli “si lo so anche con Dimitri, me l’ha detto quello stronzo che ha ceduto. Ma d'altronde siamo fatti così noi maschi.” Si interruppe un attimo e aggiunse “…noi etero.” Non riuscivo più a sopportare la suspense e allora arrivai subito al nocciolo: “Dove vuoi arrivare Giacomo?”
Mentre lui mi carezzava la testa e qualche volta un suo dito finiva nella mia bocca che lo accoglieva volenterosa, io toccavo ammaliato i suoi quadricipiti facendogli venire brividi di piacere.
“Volevo chiederti i tuoi pareri su ciascun membro del gruppo, prima di giacere con te.” Inizialmente rimasi di sasso, poi mi girai faccia contro faccia e lo guardai. “Eh va bene, ma mettiti comodo che ci metterò un po’. Sono un ottimo intenditore io.”
Lui incrociò le mani dietro la testa e rispose: “Sono già comodo.” In quella posizione esaltava i suoi pettorali, allora ne approfittai per sistemarmi un po’ più su, petto contro petto. Iniziai a parlare, ma intervallando parole con baci bagnati al suo collo.
“Dimitri mi sembra un bravo ragazzo. È fedele a te, non arrabbiarti se ti ha disubbidito perché la colpa è in parte mia e della mia sensualità.” Mi interruppi per un lungo limone, la mia lingua un tutt’uno con la sua. Poi sollevai la testa e lo fissai a pochi centimetri da me. “Gennaro è forte, bravo a letto e il classico maschio dominante. Mi sono reso conto essere un etero convinto, uno di quelli che difficilmente si concede ad un’esperienza gay.”
Giacomo annuì come se lo sapesse già. “Io secondo te sono etero convinto?” Gli sorrisi. “Sei etero, ma mi concedi fantastici baci che penso tu non abbia mai dato a nessuna femmina nella tua vita. Però per contro, ti ritrai quando provo a strusciarmi su di te.”
“Allora devo osarmi di più” mi sussurrò mentre leccava la mia orecchia. “A quanto pare” gli risposi. Poi continuai: “Roberto è quello che mi è piaciuto di più come persona. Non lo sa ma è vicino a scoprire che in realtà non è la figa che lo attira ma il pistolino. Sotto il vostro aiuto può diventare un eccellente pompinaro” Ma mai come il sottoscritto, pensai. “Infine che dire di Carlo e Kevin. Il primo è un ricco di merda, impacciato nei rapporti ma crudele. Il secondo invece è il sogno di ogni ciucciacazzi della zona, non è molto espressivo ma potrei portarmelo dietro come un cagnolino.”
Giacomo non mi stava più ascoltando. Si lasciava baciare con gli occhi chiusi e un sorrisetto sulle labbra, però avevo notato la sua attenzione per la mia descrizione di Roberto. Capii allora che lo scopo di quel resoconto era in realtà sapere se Roberto avrebbe potuto sostituirmi l’anno seguente. Furbo però il mio uomo.
Intanto sembrava essersi addormentato. Io volevo scendere fino al suo cazzo, ma il freddo mi decise ad alzarmi e dirigermi verso la tenda con lui appresso mezzo assonnato. Fui felice di non essermi tolto l’orologio, perché notai essere già le 3.30. Era proprio vero che di notte il tempo sembra passare più in fretta. Sollevai il velo dell’entrata della tenda e scelsi di scoparmi Giacomo nello stesso scomparto dove mi ero scopato Gennaro e Roberto. Almeno lì c’erano le mie cose. Giacomo quando capì la mia scelta, prelevò uno dei tre materassini e lo sistemò nell’altra stanzetta dove Roberto e Carlo stavano già dormendo. Ora io e Giacomo saremmo stati più larghi. Tra le pareti della tenda intorno a noi e i materassini aggiustati come matrimoniale c’era maggiore spazio e ne approfittai per piegare i miei indumenti femminili e preparare per il giorno successivo quelli da maschio. Anche lui aveva la sua borsa nella tenda e ci rovistava ancora quando io terminai le mie mansioni. Per cui con molta calma mi sganciai il reggiseno e sfilai le mutandine, infilandomi sotto le coperte. Lo squadrai a lungo muoversi con i muscoli della schiena impegnati in sinuosi movimenti, finché non si fermarono e lui si girò sorridendo. “Adesso sei tutto per me amore. Edoardo non sa cosa si perde quello stolto.” Ridemmo insieme. Poi si infilò anch’egli sotto le coperte e ci baciammo, un bacio lunghissimo con le nostre lingue che si intrecciavano e le nostre labbra che si cercavano continuamente, mentre con la mano scesi ad accarezzare il suo membro sempre più duro e bello. La sua mano iniziò a scendere lungo il mio fianco, come di risposta, e andò a posarsi sul mio bel sedere. Con una forte presa me lo palpò attirando il mio bacino verso di sé. Quando i nostri due membri si toccarono, cominciai a sudare ed avere caldo, sentii anche un calore più intenso provenire da dentro. Un nodo allo stomaco e una fiammata provennero dal mio buchetto. Raggomitolato addosso a lui, gli accarezzai il petto e la pancia, giocando e disegnando dei cerchi a ridosso degli addominali che gli provocarono una piacevole pelle d’oca. “Come ci sai fare” si complimentò. Io sorrisi: “Non hai ancora visto il meglio di me”
Finalmente iniziai l’inesorabile discesa lungo il suo corpo. La mia lingua solcò ogni punto, ogni insenatura della carne, soffermandosi sui capezzoli e infine sulla sua patta coperta dalle mutande. Giacomo per venirmi in contro mi legò i capelli mediamente lunghi in un codino, utilizzando il suo elastico per capelli che aveva al polso. Che premuroso. Quando mi sistemò per bene, inarcai il culo che prontamente avvinghiò con la sua mano curiosa e gli tolsi i boxer con cura. Poi sempre con calma e quiete iniziai a scappellarlo per bene. Mi portavo il suo cazzo fino alla gola dove facevo dei gargarismi con la mia saliva misto al suo liquido pre-seminale. Poi lo lasciavo uscire e rientrare, uscire e rientrare. Finché per lui non fu abbastanza e mi girò di schiena. Eravamo entrambi su un fianco, conoscevo la posizione. Mi appoggiai a lui con la schiena, la mano sinistra mi sorreggeva mentre la destra era intenta a palparmi le tettine. La gamba destra invece era protratta indietro sopra il suo corpo. Feci tutto da solo: cercai il suo cazzo turgido che trovai bello pronto e eccitato che puntava alla mia schiena, e lo indirizzai verso la giusta via. Il ferro gelido del mio orologio mi sfiorò per un momento la figa anale, trasmettendomi un brivido di piacere indescrivibile. Dopo tanto tempo finalmente i miei ansimi sovrastavano quelli del mio partner, che pian pianino venne avanti col corpo infilandomi facilmente la sua asta nella mia galleria. Per la successiva mezz’ora sborrai sulla mano due volte e pure copiosamente. Infatti i suoi movimenti armoniosi mi avevano del tutto inebriato, il mio ansimare era un piacere unico, ricordo che mi portai per diverso tempo appresso. Giacomo fu l’unico a venirmi nel retto e me lo scaldò talmente tanto che sembrava in fiamme quando estrasse il suo membro. Gocciolando liquido seminale insistetti per pulirgli l’asta, la lingua fece un ottimo lavoro e alla fine lui mi ringraziò con un bacio.
“Quando vuoi sei il benvenuto in casa mia. Ormai non vivo più con la mia famiglia, sono solo e autosufficiente. Facci un pensierino perché sei proprio una brava cagna Federica.” Annuii pensoso. Certo che mole lo sarei fatto il pensierino, ma prima dovevo vedere se potevo avere un futuro con il favoloso manager Andrea incontrato pochi giorni prima. In ogni caso Giacomo si era comportato bene, rispettandomi e amandomi fino in fondo. Una scappatella a casa sua sarebbe stata di godimento per entrambi, sempre tenendo conto come si sarebbe evoluto il mio rapporto col fratello Edoardo.
Stanchi morti ci addormentammo, poco prima però diedi un’occhiata al mio orologio che intanto si era sporcato di sborra. Con una leccata decisa passò tutto. Erano quasi le cinque, il giorno dopo i genitori di Carlo sarebbero venuti vero le 10.00 aspettandosi di trovare le tende già libere da ogni bagaglio. Mentre mi accoccolai attaccato attaccato a Giacomo che nel mentre si era già addormentato pensai come avrebbero reagito i genitori di Carlo alla vista dell’enorme quantità di sborra (prevalentemente mia) presente sul materassino e per terra. Risi sotto i baffi sapendo che quelli non li avrei mai più rivisti in vita mia quindi in poche parole cazzi loro.
Prima di dormire anch’io nudo vicino al mio uomo, contai il malloppo che mi ero fatto. In tutto ero riuscito a racimolare ben 400 euro, compresi quelli usati per i vestiti che saranno stati circa 150. Felice come non mai mi addormentai, prima senza che Giacomo se ne accorgesse gli sparai una sega e mi infilai la sua proboscide nel culo.
La mattina (si fa per dire) mi svegliai. Erano le 9, avevo dormito poco ma mi sentivo ristorato anche se avevo un forte dolore al culo e alla spina dorsale. Mi accorsi di essermi svegliato prima di Giacomo, che era abbracciato dietro di me, il suo cazzo ancora perfettamente inserito nel mio corpo! Il suo cazzo moscio era rimasto nel mio culo per 4 ore e le sue braccia possenti avevano impedito che il mio corpo reagisse durante il sonno allontanandosi da quella fonte di piacere. Con serenità girai il collo e leccai il mio uomo venticinquenne. “Ehi guarda che scherzo del destino, ci siamo attratti anche nel sonno e così siamo rimasti.” Quando se ne accorse sorrise sornione. “Ecco da dove proveniva la bella sensazione provata nel sogno” Prima di uscire cambiati dalla tenda volle scoparmi per l’ultima volta e io accettai ben volentieri dandogli il mio culo e la mia bocca, la quale ripulì tutto lo sperma.
Io e lui tornammo prima al campeggio dell’arrivo dei genitori di Carlo e ci salutammo per l’ultima volta con un languido e triste bacio. In seguito fu poco il tempo che riuscii a ritagliare per lui e i suoi amici perché fino alla fine della vacanza me ne stetti in disparte a sognare.
Alla fine il tempo passò e così la settimana finì anche per me. Verso il fine settimana trascorsi anche del tempo con Edoardo che mi fece felice, per cui prima di partire salutai e ringraziai per bene tutti e tornai da solo in treno fino alla mia città. Alla fermata prima della mia, vi era il paese di Andrea dove sarei dovuto andare se avessi voluto guadagnare qualcosetta. Fu allora che decisi cosa fare, tanto non ci sarebbe stato nessuno che conoscevo nella mia città in quel periodo, e mi sarei annoiato parecchio.
Così il giorno dopo mi vestii elegante come vedevo fare ad Andrea e mi preparai all'incontro con il mio nuovo datore temporaneo. Andrea infatti gestiva la filiale del suo paese natale, mentre suo padre, il boss, ne gestiva un altra molto più importante in una metropoli.

Capitolo 9: Vecchio Amico

Raggiunsi l'indirizzo verso le 8 di mattina. Davanti a me si presentò un grattacielo ragguardevole, il più grande della piccola città. Ne rimasi comunque sbigottito.
All'entrata informai il portiere del motivo della mia visita, il quale mi mise in attesa. Vi era altra gente ad aspettare, ma siccome io ero amico del dirigente, non dovevo cercare un lavoro, semplicemente iniziarlo. Dopo un'attesa comunque eterna, una segretaria mi informò che ero atteso al 17o piano, l'ultimo.
Chiamai l'ascensore, che era già occupata da tre individui vestiti elegantemente. Venivano dal piano sottoterra e mi dissero che scendevano due piani prima del mio. Nel mentre non feci meno che ascoltare i loro discorsi.
"Il capo se continua così rischia di prendere il posto al padre prima che schiatti. Con l'ultima idea di merchandising il profitto totale ha preso un'impennata mai vista."
"Dicono che il padre ne è rimasto talmente orgoglioso da lasciargli il controllo completo di un terzo della sua azienda."
"Cosa? E la parte del terzo fratello?"
"Non dirmi che la meritava. Forse gli ha lasciato il 5%, mentre la sorella il 13%."
Le voci si persero lungo il corridoio del 15o piano. Continuai la corsa fino all'ultimo piano.
L'ascensore si aprì con il solito suono caratteristico.
Davanti a me si apriva un atrio spazioso e illuminato, con un'ampia scrivania su un lato, una porta possente dall'altro. Dietro la scrivania sedeva una donna sui cinquant'anni, impegnata con alcune scartoffie. Non appena mi vide mi invitò a sedermi su un divanetto lì vicino. "Buongiorno, il signore l'accoglierà appena possibile."
"Grazie"
Guardandomi intorno vidi diversi quadri con articoli di giornale. Celebravano il progresso dell'azienda e soprattutto quello del prodigioso figlio Andrea Diraci. Fui interrotto dalla voce della segreteria "Prego si accomodi, il signore la attende." Mi indicò l'enorme porta dall'altra parte della stanza.
"Grazie" spinsi i pomelli e con forza la spalancai. Chiudendola alle spalle rimasi per la miliardesima volta di quel giorno senza parole.
La stanza era due volte l'enorme atrio dell'ingresso. Due scrivanie con tanti ornamenti riempivano quell'enorme spazio. Mozzafiato era la vista che si aveva dalla terrazza dell'ufficio. Seduto dietro alla scrivania più grande stava il mio capo, con fare allegro e rilassato. Mi fissò per un attimo. Poi sorrise.
"È un piacere ritrovarti Federico."
Allora lo sapeva. Lo ha saputo per tutto il tempo che siamo stati insieme senza mai farmene rendere conto. "Il piacere è tutto mio... Andrea. Grazie per questa opportunità." Poi non seppi più trattenermi. "Ma lo sapevi già chi ero durante le nostre serate al mare?"
"No, devo ammetterlo. In due anni sei cambiato parecchio. Io mi ricordavo di una figura esile su un letto di ospedale. Invece adesso eccoti qui, tonico e più in forma che mai. Mi ci è voluto il tuo curriculum per capire con chi mi ero imbattuto."
"Anche tu sei cambiato." Gli dissi.
"Certo, e meno male. Sono diventato in un certo senso più autorevole. Ma passiamo ai fatti."
Mi consegnò un contratto da firmare.
"Pensavo, con il consenso di mio padre, di darti più che un lavoro da 1000 € al mese." Continuò. "E siccome mi serve un braccio destro, pensavo di darti questo compito. Ovviamente sei in un periodo di prova oltre il quale potrai poi decidere se tenere il lavoro o meno."
Ero senza parole. Mi conosceva poco eppure aveva estrema fiducia in me. "Non so che dire. Accetto volentieri se non do problemi." Lessi la cifra sul contratto: ottomila euro al mese, che sarebbero poi aumentati in base ai meriti. Mentre firmavo, sentivo che il mio nuovo manager continuava a parlare, ma da un pezzo avevo perso il filo del discorso. Un volta finito, feci per sistemarmi all'altra scrivania.
Andrea rise. "No. Non sarà questo il tuo ufficio"
"Come no? "
"Visto che sarai il mio braccio destro dovrai conoscere tutto, per procedere come se tu fossi me nel caso io sia via per lavoro. Ed è per questo che ho fatto spazio nella mia casa a pochi passi da qua, affinché tu possa lavorare da casa e seguirmi sempre."
"Oh. Grazie. È molto importante per me quello che stai facendo. Mi toglierebbe il problema del viaggio e con esso il costo."
"Lo so, e ne prendo atto. Devo informarti che non mi piace avere del personale che gestisca la mia vita privata. Quindi ti chiedo solo di fare due lavoretti per pagarti il vitto e l'affitto, come cucinare o altre cose. Ci stai?"
Non ci pensai due volte ricordandomi della cifra da lui precedentemente offerta.
"Sì, non c'è problema. Sono abbastanza bravo nelle pulizie."
"Grazie. Lo sapevo di fare bene a contare su di te."
Mi diede un'affettuosa pacca sulla spalla. "Bene. Il nostro colloquio è finito. La mia segretaria Stephanie ti accompagnerà nella tua nuova casa. Lì ho lasciato alcune righe con i lavori da fare entro stasera che tornerò da lavoro."
"Va bene. Ciao, arrivederci."
"A dopo" mi salutò, e mi accompagnò alla porta. Vedendoci Stephanie si alzò bruscamente e mi fece un cenno col capo. Io la seguii, facendo a ritroso il percorso che mi aveva portato lì.
Una volta usciti dalla struttura, c'era ad accoglierci una limousine nera con tanto di autista. Io e la segretaria entrammo nei posti dei passeggeri e così inizio un viaggio silenzioso di cinque minuti fino a casa Diraci. A casa di Andrea ci ero già stato, con il corpo di Denise. Eppure c'era qualcosa di diverso nella splendida villa, un senso di vuoto. La segretaria aprì la porta di ingresso con un grosso chiavistello, che una volta entrati lo lasciò sul tavolo. Mi salutò con un borbottio e se ne andò. Sentii il rumore del motore della limousine allontanarsi e allora persi tutta la tensione e mi guardai attorno. La casa era strutturata esattamente come me la ricordavo. Sul tavolo, assieme al mazzo di chiavi, vi era un biglietto scritto in calligrafia ordinata e pulita.
"Ciao Federico.
Ero certo che avessi accettato il lavoro, congratulazioni sei il mio nuovo braccio destro! Come ti avrò già detto, detesto troppe persone che girano in casa, quindi non ho il personale di pulizia. Se sei qua è perché avrai accettato anche questo piccolo favore e devi sapere che te ne sono grato. Ti lascio da solo a fare il tour della casa, non appena ti sarai orientato, ti ho lasciato il completo per le pulizie nella camera degli ospiti, con i prodotti che ti serviranno. Qui in seguito ci sono i compiti che dovrai fare."
Sospirai. Lavorare tutto il giorno sarebbe stato meglio. Eppure avevo il presentimento che se mi fossi rifiutato il mio lauto stipendio sarebbe svanito. La mia convinzione vacillò quando entrai in quella che doveva essere la camera degli ospiti. Sul letto c'era un grembiule e degli abiti palesemente da donna per le pulizie. Per me che avevo iniziato da parecchio il cambio di sesso quello mi provocò un lungo brivido di piacere e la fantasia ebbe la meglio.
Un altro biglietto accompagnava quella rivelazione.
"Eccoci qua. Spero non ti dimentichi che sono sono fiero di te e che sarebbe un peccato deludermi così presto. Ci vediamo stasera e, se tutto va bene, ti porto a cena fuori. Ah, ricordati dei cani, li ho spostati in giardino dopo che hanno azzannato un ospite."
Quella lettera nascondeva più minacce che parole e me ne accorsi. Decisi di assecondare gli ordini del mio manager e mi svestii.
A cominciare dalla biancheria, c'erano una mutanda da donna, una protesi per il seno con tanto di reggiseno e pizzo, una calzamaglia bianca, una minigonna grigia e infine le scarpette, la maglia e il grembiule bianco. Guardandomi allo specchio vidi un'altra persona, e mi piacqui. Per conto mio mi diressi verso il bagno, sperando di trovare qualcosa da donna, sapendo che una volta in quella villa vi abitava l'intera famiglia di Andrea. Aprii un armadio a muro e vidi solo robe da donna: dai trucchi più raffinati ad altri importanti arnesi.
In mezz'ora mi ero depilato i pochi peli che ancora crescevano trascurando la mia cura anti ormonale, mi ero messo un rossetto rosso acceso e truccato il viso. Guardandomi allo specchio neanche mi riconoscevo. Sotto tutto quel trucco ero veramente io? Impaurito dalla reazione di Andrea quando sarebbe tornato decisi quindi di lavarmi, d'altronde non sapevo se gli piaceva l'intraprendenza. Mi legai i miei lunghi riccioli per essere più professionale e finalmente iniziai a lavorare.
Durante le pulizie ebbi tempo per fare alcune chiamate, a mio padre per informarlo contentissimo del mio nuovo lavoro, a mia madre per dirle che non sarei tornato a casa e di mandarmi la borsa che non avevo ancora disfatto dopo la vacanza al mare. Infine chiamai Edoardo, che condivise la mia gioia e stranamente si scusò per essere stato un po' distaccato per tutta la settimana che avevo passato con la sua famiglia. Non sapeva che se lui aveva trascorso il tempo a deprimersi, io mi ero divertito con Andrea ai pub serali.

Capitolo 10: Braccio Destro

Tutto il pomeriggio era passato, mi ero preparato il pranzo da solo e stavo finendo di pulire la piscina, seguendo le istruzioni datomi dal mio manager. Sentii di nuovo il rumore della limousine che entrava nel cortile. Corsi nell'atrio, i tacchi bassi che risuonavano nella stanza pulita e vuota. Spiando dalle tende vidi Andrea scendere dalla vettura è salutare una ragazza bionda seduta vicino a lui. Poi l'automobile se ne andò lasciandolo solo nel suo cortile, quando lo vidi incamminarsi verso la casa, mi sistemai e corsi a finire il mio lavoro in piscina. Passarono circa 20 minuti prima che lo sentissi entrare.
"Federico sei qui?"
"Sì" mi voltai "bentornato."
"Vedo con piacere che hai seguito alla lettera le mie istruzioni, devo dire che ti dona parecchio quell'uniforme" mi sfiorò una delle mie tette finte "e anche con queste stai bene, non mi avevi detto che volevi farti l'intervento?"
Annuii. "Sì, ma sto aspettando i soldi, quindi nel mentre prendo medicine contro il testosterone. Saranno ormai da una decina di anni che attendo."
Lui rimase alcuni secondi in silenzio, continuava a guardarmi dall'alto in basso, io ero ancora inginocchiato che pulivo il bordo della vasca. "Eh va bene. Sai che ti dico? Te lo pago io. Però devi meritartelo. A cominciare dalla semplice cena che consumeremo fuori."
"S...
Sono senza parole, non sai cosa vuol dire per me quello che hai deciso di fare. Sono anni che aspetto senza speranza. Per me vuol dire davvero tanto. Mi vado a cambiare per la cena e poi sono pronto."
Mi precipitai verso la porta euforico. Finalmente la mia transazione si stava completando. Non sarei più sembrato un maschio dalla faccia da femmina, ma una donna per tutti.
Fui fermato da un urlo proveniente dalla piscina. "Aspetta! Dove vai?"
"A mettermi i vestiti che mi sono fatto portare da casa mia. Non dovrò andare vestito così alla cena?"
Lui mi raggiunse. "Vestito così no di certo. Ma chi ti ha detto che ti sarebbero serviti i vestiti? Ora sei mio ospite e te li presto io."
Provai a protestare ma non ci fu verso. Mi accompagnò di nuovo nella stanza degli ospiti e mi disse di scegliere nell'armadio mentre lui invece si sarebbe cambiato nella sua camera. Rimasto solo mi preparai alla vista di vestiti da donna e aprii l'armadio. Davanti a me però c'erano solo indumenti eleganti maschili di marca. Non sapendo se essere deluso o sollevato mi cambiai e applicai la cera ai capelli. Bussai alla camera di Andrea.
"Entra" La stanza l'avevo già vista pulendo, ma era comunque magnifica. Grande, con un armadio lungo tutto un lato. Dall'altra parte una portafinestra si apriva su un balcone spazioso, come nel suo ufficio. Integrato alla stanza vi era un bagno molto più ampio e attrezzato di quello in casa dei miei.
Infine, il pezzo più importante dell'opera, il grande letto a baldacchino che occupava quasi tutto lo spazio.
Lui si trovava davanti ad esso, l'armadio aperto in cerca di una camicia. Era seminudo e i pettorali erano in risalto, segno che la palestra era compresa nella sua routine.
"Scusa, me ne vado. Volevo solo chiederti se ero pronto." Nel mentre trovò la camicia che cercava e completò la sua vestizione.
"Nessun problema. Ora ho finito. Vieni braccio destro, andiamo."
Anziché chiamare l'autista con la limousine, Andrea scese in garage, con me dietro. Non vi ero ancora stato e mi meravigliai vedendo 3 auto sportive di sicuro molto costose. Salimmo su una color blu che riconobbi come una Bentley e uscimmo dalla proprietà con la musica a palla.
Tra il rumore del vento e quello della musica urlai: "Non mi hai ancora detto dove mi porti!" Si girò verso di me e sorrise. "Preparati, nel ristorante più chic della città."
Sarei stato un bugiardo a dirgli che non me lo aspettavo, allora urlai di approvazione.
La serata fu lunga ed estenuante. Andrea mi presentò ai suoi più cari collaboratori, di continuo gente sconosciuta andava e veniva per salutarmi e fare due chiacchere. Così, molto lentamente, la cena terminò e il mio manager si girò verso di me "Senti, devo andare con Martha a controllare dei dati sensibili in ufficio, ti lascio a Ernesto che ti porta a casa. Ti consiglio di riposarti che domani inizia il tuo vero lavoro." Felice di andarmene ma non di separarmi dall'unica persona che conoscessi, tornai a casa
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