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Gay & Bisex

E FU SCAMBIATO PER...


di RedTales
25.02.2020    |    20.751    |    20 9.7
"Il conducente, come se volesse chiedere delle informazioni aprì il finestrino e gli fece dei gesti per farlo avvicinare e, appena fu vicino gli disse:..."
Ecco un altro racconto ispirato dall’esperienza diretta di una persona che ha un profilo su questo sito. Lascio a lui l’eventuale replica a domande o commenti e la decisione se svelarsi o meno ai lettori.

Nel 1970 Federico, che aveva appena compiuto diciannove anni e frequentava l’ultimo anno del liceo, si era da poco trasferito con la sua famiglia dal centro storico alla periferia. Aveva così cominciato a prendere l’autobus per potersi recare a scuola ed anche per raggiungere, al termine delle lezioni, la casa dei nonni dove era solito pranzare per poi proseguire a piedi verso l’abitazione di un suo compagno dove si fermava quasi ogni giorno, per gran parte del pomeriggio, a studiare. Ormai era un’abitudine, iniziata fin dai tempi delle suole medie, che continuavano a mantenere, forti della loro amicizia.
Il loro, anno dopo anno, era diventato un rapporto davvero speciale e, nelle ore che passavano assieme, si raccontavano praticamente ogni cosa. Con il passare del tempo i loro discorsi finirono spesso per addentrarsi nei labirinti del sesso che lentamente iniziavano a scoprire, confidandosi le improvvise erezioni e giungendo anche a confrontare le proprie dotazioni quasi alla ricerca di conferme. Lentamente la loro intimità si era spinta anche oltre e qualche volta si trovarono, uno di fronte all’altro, intenti a masturbarsi, quasi in gara per vedere chi schizzasse per primo. Il passo successivo fu il farsi qualche sega reciprocamente in spensierata allegria. Entrambi ritenevano quei comportamenti piacevoli ma era ben lungi da loro l’idea di considerarli un qualcosa che si avvicinasse all’idea di omosessualità. Vivevano quelle prime esperienze con disinvoltura, tenendole ben segrete e spesso eccitandosi con dei giornaletti dove procaci donnine erano possedute da maschi assai ben dotati. Una volta, perdendo una scommessa, Federico dovette pagare pegno baciando la cappella dell’amico. Ma, anche in quel caso, entrambi vissero quel gesto come un simpatico pegno di stampo goliardico.
Una sera, verso le diciannove e trenta, dopo un pomeriggio passato con l’amico, Federico, come era solito fare, si trovò ad aspettare l’autobus ad una decina di metri dalla fermata per poter usufruire della luce dell’unico lampione della strada per leggere qualcosa. All’improvviso notò una 128 bianca avvicinarsi ed accostare al marciapiedi. Il conducente, come se volesse chiedere delle informazioni aprì il finestrino e gli fece dei gesti per farlo avvicinare e, appena fu vicino gli disse: “quanto vuoi?”
Federico lo guardò stupito, sorpreso per la domanda che non aveva capito e rispose con un ingenuo: “per fare cosa?”
“Un pompino. Solo per un pompino.”
Dopo un attimo di indecisione e d’imbarazzo il ragazzo replicò informandolo che aveva sbagliato persona.
“Sei sicuro? Mi sa che tu i pompini li sai fare e anche bene. Hai proprio la faccia di un pompinaro.”
A quel punto il giovane si girò allontanandosi mentre l’uomo al volante rincarò la dose: “come vuoi. Però ti sei perso tremila lire per un lavoretto di dieci minuti che sai fare e che di sicuro ti piace. Si vede che ti piace.”
Federico nemmeno si girò mentre l’automobilista, ingranata la marcia se ne andò lasciandolo sconcertato e perplesso e intento a guardarsi attorno per vedere se qualcuno avesse notato la scena e si sentì sollevato quando non scorse nessuno. Pochi minuti dopo arrivò l’autobus sul quale salì mettendosi subito seduto e ripensando, quasi assorto, a quanto gli era accaduto e sentendosi addosso una strana eccitazione che lo accompagnò per il resto della serata e che gli fece venir voglia, ripensando alle frasi che l’uomo gli aveva detto, di farsi una gran bella sega. Infatti, appena fu a letto, la mano iniziò a muoversi con disinvoltura sotto le lenzuola mentre Federico si mise a fantasticare su come potesse essere il cazzo di quell’uomo. Continuò fino a sborrare e, stanco e soddisfatto, si addormentò provando anche un senso di fastidio per essere stato scambiato per un “puttano” ma al tempo stesso rivivere quel breve dialogo gli procurò un certo piacere.
Il giorno dopo andò a scuola e fu quasi tentato di raccontare quello strano episodio al suo amico ma poi ci rinunciò. La giornata passò nella solita routine anche se alla sera, al momento di riprendere il bus per tornare a casa, dopo essersi sistemato sotto il solito lampione, quasi sperò di rivedere la 128 bianca, cosa che però non successe né quella sera e neppure in quelle successive.
Una settimana dopo, quando ormai aveva smesso di alzare gli occhi verso ogni automobile che passava credendo di non rivedere più quella macchina, la sagoma bianca gli comparve davanti e, come la prima volta, rallentò e accostò al marciapiede ed abbassò il finestrino dal lato passeggero:
“ci hai ripensato? Una cosetta veloce e via. Che ne dici?”
Il ragazzo lo osservò attentamente, era sulla cinquantina, con pochi capelli, tutti pettinati all’indietro, gli occhi erano neri mentre la bocca appariva carnosa e la pelle abbastanza scura e senza rispondere alla domanda allungò la mano sulla maniglia ed aprì la porta e, dopo essersi accomodato sul sedile, la richiuse.
Lo sconosciuto lo guardò dritto negli occhi e, con un sorrisetto sarcastico, disse: “visto che non mi sbagliavo!”
“Invece ti sbagliavi perché è la prima volta che lo faccio. Non ho mai fatto un pompino in vita mia.”
“Si, però sei qui per farlo, quindi solo l’idea di avere un cazzo in bocca ti piace. Altrimenti col cazzo che saresti salito.”
Il ragazzo pensò che il ragionamento non faceva una piega mentre quello proseguì: “in ogni caso prima o ultima volta a me va bene lo stesso, basta che lo sai fare bene.”
Quasi con aria di sfida rispose: “ci provo, farò del mio meglio.”
Continuando a sorridere per quest’ultima affermazione inserì la marcia e partì. Percorse poche centinaia di metri poi si tolse dalla strada principale entrando in una stradina laterale senza uscita. La percorse tutta e si fermò quasi alla fine. La zona era buia e con poche macchine parcheggiate. Anche Federico la conosceva perché era spesso frequentata da ragazzi che ci andavano per pomiciare con le loro fidanzatine.
Quando spense il motore ebbe un ripensamento e si chiese se non avesse fatto una sciocchezza ad entrare in quella macchina proprio mentre l’uomo tirò fuori dalla tasca tre banconote da mille lire e gliele infilò nel taschino del giubbotto.
Con rapidità abbassò quindi prima il sedile di Federico e poi il suo e, a questo punto, con fare perentorio gli ordino di abbassarsi i pantaloni: “voglio vederti il culo. Con i jeans non si capisce mai come è fatto.”
Quasi stregato da quella situazione che nemmeno nei suoi sogni erotici aveva mai immaginato, abbassò la cerniera e, facendo ponte, abbassò in un colpo solo i pantaloni e le mutande, lasciando saltar fuori il pene che, eccitato per la situazione, era già duro.
“Vedi che non mi sbagliavo. Ti tira già. Girati che voglio godermi il tuo culo.”
Lo fece mentre l’uomo accese la luce interna per poter vedere meglio e si mise subito ad accarezzare quelle giovani forme ben arrotondate percorrendole con calma e seguendone le curve mentre il giovane provò immediatamente dei brividi per quel contatto.
“Sei proprio bello. Mi piacerebbe proprio farti anche il popò”
Come un fulmine a ciel sereno quella frase scosse il giovane che mai si sarebbe aspettato una tale richiesta e che, in modo disordinato e goffo, cercò di rigirarsi e di tirare su i pantaloni.
“Tranquillo, tranquillo, per oggi mi basta solo il pompino, però hai proprio un bel culo.”
Quelle parole furono sufficienti a tranquillizzarlo.
“Però mentre mi succhi ti accarezzo il culo lo stesso” aggiunse subito dopo mentre la testa di Federico faceva di si in segno di consenso domandandosi nuovamente tra sé e sé: “ma cosa diavolo sto facendo. Ma in che situazione mi sono messo. Ti rendi conto...”
Quei pensieri si interruppero nel preciso momento in cui l’uomo gli prese la mano e se la portò sul cazzo. Anche quel contatto fu un nuovo choc, sia perché non si era nemmeno accorto che si era abbassato i pantaloni, sia perché lo trovò molto peloso, assai di più di quello del suo amico.
Lo sentì ancora mezzo flaccido e, istintivamente, lo strinse con la mano iniziando a muoverla.
“Bravo. Proprio così. Toccalo per bene.”
Continuò a fare del suo meglio ma fu interrotto quasi subito: “fermo, fermo, voglio che me lo fai diventare duro con la bocca. Vedrai che ti piacerà sentirlo crescere dentro.”
Sempre con una certa difficoltà, visto lo spazio ridotto, si spostò e si piegò in avanti per poter raggiungere il pene con la testa e come gli fu vicino sentì un deciso odore di maschio, un mix tra sudore, urina e liquido seminale. Un odore nuovo ma non sgradevole. Come vi appoggiò sopra le labbra si accorse che la punta era umidiccia ma non se ne curò e la fece scivolare dentro per alcuni centimetri. Forse troppo pochi perché l’uomo afferrandogli la nuca con una mano lo spinse in modo che il suo sesso gli sprofondasse in bocca, tenendolo fermo così per alcuni secondi prima di liberarlo: “non subito dentro. Fai piano. Piano, piano. Comincia a leccarlo prima. Dappertutto, anche i coglioni.”
E così fece, iniziando a far scorrere la lingua proprio dalle palle per poi risalire l’asta fino alla cappella e quindi ridiscendere nuovamente sui testicoli dove non si fermò molto perché li trovò troppo pelosi.
“Adesso lecca bene la cappella. Tira fuori la lingua che non la sento. Come vuoi leccare? Senza lingua?”
Lo fece e passò e ripassò sopra quella superficie liscia, calda e ormai rigida.
“Si, così, adesso prendila tutta in bocca.”
Aprì la bocca e, a fatica, riuscì a farla entrare, ritrovandosi poco dopo infilato dentro mezzo cazzo. A quel punto iniziò il pompino vero e proprio e, con movimenti ritmici prese a farlo scorrere tra le labbra mentre l’uomo si mise a guidare la sua testa con le mani dando un ritmo ai movimenti.
“Attento, non con i denti. Fallo andare dritto, non sulle guance.”
Per evitare di farlo scendere troppo in gola mise una mano tra la bocca e il pube dell’uomo ma quello, appena se ne accorse, gli ordinò di toglierla e di usarla per accarezzargli i coglioni.
“Ecco, proprio così, toccali, toccali dappertutto. Bravo. Anche sotto.”
Ormai i movimenti erano guidati esclusivamente dalle mani del cinquantenne che indirizzava la testa sempre più verso la base del cazzo che ad ogni movimento tendeva a spingersi in gola sempre più profondamente. Quando, con un movimento più violento lo affondò completamente dentro il ragazzo ebbe un conato di vomito e istintivamente si ritrasse facendolo uscire e sputando un po’ di saliva.
“Si, sputa, sputa. Sputa tutta la saliva e poi respira a fondo. Fai dei bei respiri.”
Appena si ricompose dovette riprendere il lavoretto, anche se questa volta l’uomo, pur continuando a guidarlo con una mano, non affondò più di tanto il suo sesso tra le giovani fauci. Cominciò però ad armeggiare tra chiappe, accarezzando il buchetto e spingendovi dentro una o due falangi dell’indice per poi toglierle e quindi rimetterle.
Ad un certo punto, preso dal giocare con il buchino del ragazzo lasciò la presa sulla testa e lui si sfilò subito dalla bocca quel duro e grosso bastone che riusciva a far stare tra le labbra a fatica. Lo afferrò alla base con una mano e iniziò a leccarlo e baciarlo, facendolo scorrere tra le labbra e osservando l’enorme cappella violacea che luccicava, imperlata dalla saliva e dal liquido prostatico che gli aveva lasciato un buon sapore in bocca. Continuò ancora mentre l’altro si trastullava con il suo culetto e ben presto realizzò che stava per venire perché sentì il pene irrigidirsi e diventare ancora più duro mettendosi quasi a pulsare.
“In bocca, mettitelo in bocca. Presto!” esclamò mentre lui spalancò nuovamente le labbra e le appoggiò sulla punta proprio quando il primo schizzo uscì inondandogli la gola. Si ritrasse immediatamente perché non si aspettava un getto così imponente e potente proprio mentre arrivò il secondo che lo raggiunse sul viso. Ne seguì un terzo e poi una piccola serie ma ormai Federico si era spostato e, aperta la porta, si era messo a sputare tutto quello che gli era finito in bocca.
Come rientrò vide il fazzolettino che l’uomo gli stava porgendo: “pulisciti anche la faccia, coli dappertutto.”
Lo fece mentre l’altro si nettò il cazzo in fretta prima di ricomporsi e quindi, sceso dalla macchina, si mise a fare una lunga pisciata.
Quando rientrò vide che anche Federico si era messo a posto i pantaloni e quindi avviò la macchina e, senza dire alcuna parola, lo riaccompagnò alla fermata del bus.
Appena scese lo salutò, proprio come si fa con le puttane, con un: “ciao, alla prossima. Ti ritrovo sempre qui, vero?” e la 128 bianca si allontanò.
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