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E dopo la bidella, anche me: sua sorella 1a p


di sexitraumer
17.05.2011    |    57.290    |    0 7.8
"Ero pronta, ad accogliere il suo seme, il prodotto finale di quell’infinito treno di sensi amplificati dai nostri rumorosi respiri..."
Vedo che oggi tocca a me narrarvi la mia avventura: mi chiamo Fiammetta, ed in età da liceo ho fatto sesso, con l’inganno prima, e con la mia passiva approvazione poi, con mio fratello maggiore di nome Alessandro. Devo ammettere che non mi ricordo come sia potuto succedere; certo, i nostri genitori, come accade quasi sempre, credendoci ormai grandi e maturi abbastanza, ci hanno lasciato soli. Beh, direi che hanno fatto male; o forse ci siamo fatti del male solo noi due: eh sì! Io ormai ho l’imene lacerato ed anche mio fratello Alessandro mica è uscito in tempo! – stava troppo bene dentro di me… Io prego il Cielo di non essere rimasta incinta, sto aspettando la mestruazione che dovrebbe liberarmi; cerco di farmi coraggio, magari è solo un ritardo. Il problema è che non so come dirlo alla mamma, che poi lo dirà a papà, che a sua volta darà una bella lezione ad Alessandro mentre io… non oso pensarci! Qui siamo in un paese di una provincia nemmeno tanto grande del centro Italia; la vita è noiosa in attesa dell’estate, e tutti finiscono per sapere tutto di tutti… i nostri genitori lo sanno fin troppo bene. Cazzo, cazzo, cazzo… Cazzo!
I giorni passano lentamente e non riesco a concentrarmi nello studio. Mamma è convinta che sia l’adolescenza, il cambiamento, l’età di transito, nemmeno sospetta a chi l’ho data…mannaggia! Porca miseria infame! Il periodo non mi viene… irritabile lo sono, o sono solo spaventata? Ma come mi è venuto di darla a mio fratello?! Ho scopato, ho goduto e rigoduto, ma poi ho lasciato fare mio fratello, senza obbligarlo al profilattico almeno; non gli ho chiesto di metterselo e quello stronzo mi è venuto dentro! Certo lo sperma caldo - lo ammetto - mi è piaciuto, ma non avevo un piano B! Se l’avesse tolto, in quei momenti di fame erotica di entrambi, sottolineo di entrambi, lo avrei fatto venire in bocca. A lui la sensazione di darmi il suo seme dentro non sarebbe mancata, e una slinguatina sulla cappella gli avrebbe restituito lo stesso sensazioni acute di piacere. Una lavata ai denti, un po’ di colluttorio, e adesso non starei così… no! Ci siamo abbracciati stretti, e dopo aver sciabolato le nostre lingue, ho stretto quell’abbraccio nel quale inavvertitamente ho chiuso le gambe, e lui ha interpretato la cosa in quei cortissimi istanti d’intenso piacere come un via libera per i suoi coglioni che volevano esplodere… come siamo arrivati a tutto questo?! Nella mia mente c’è ancora della nebbia, ma è una nebbia particolare, che si percepisce solo quando ci si sforza di mettere a fuoco. Non potrei ricostruire tutto. Per quel che ricordo verso le quattro del pomeriggio mio fratello mi fece una proposta: se gradivo un drink. Mio fratello non era un barman; aveva qualche amico più grande che gli parlava delle discoteche e di quello che vi circola, comprese certe “pastigliette” che, oltre allo sballo, ti fanno diventare un oggetto di sesso capace di concepire solo il sesso e le penetrazioni al buio, come capitava. Sembravano sbruffonate, soprattutto se dette dalla bocca di mio fratello Alessandro, e invece…

Eravamo in salotto, da soli; io ero in pantaloncini corti a mezza coscia ed indossavo una felpetta leggera bianca; fisicamente sono magra, alta circa 1 metro e cinquantotto, di seno porto la seconda, ed i miei capelli boccoluti sono biondini sfumati al nero naturale. Il pomeriggio del nostro fattaccio avevo le ciabatte ai piedi, e le mie gambette completamente scoperte. Mio fratello, abbastanza magro anche lui, portava i capelli corti castani lisci, ed in attesa dell’estate già si era messo a mezze maniche e jeans con le scarpe da ginnastica sempre indossate, nel caso gli amici lo avessero distolto dallo studio per proporgli una partita a pallone. I nostri vecchi erano usciti che studiavamo tutti e due, poi io annoiandomi nella mia cameretta mi ero spostata a studiare sul divano, e distogliendo lo sguardo pallosissimo libro di storia contemporanea…
“Un drink? Perché me lo chiedi?”
“Mah, mi chiedevo se vuoi prendere qualcosa con me… non senti caldo forse?”
“E allora ?”
Mio fratello mi porse anche dei salatini, che tra l’altro mi piacevano, e che accettai. Ne mangiai così tanti che sviluppai una certa sete. Infatti gli chiesi:
“Cosa volevi bere?”
“Ehi, che ne diresti di un Bacardi e coca ?”
“Che sei pazzo, senti, ce n’è ancora di coca-cola in frigo? Se no va bene l’acqua.”
“Sì, ma vorrei utilizzarla per il Bacardi.”
“Ma siamo minorenni, e poi che ne sai di superalcoolici? Non è pericoloso?”
“Un amico mi ha detto come farlo! Lo so fare ! Credimi! Me l’hanno insegnato in gita…ti andrebbe di provarlo?”
“Sì, e poi resto ubriaca tutta la sera! Mamma se ne accorge, e poi succede il patatrac! Tra te e papà ultimamente ci state dando giù col limoncello… tutti e due! Mamma ieri mi ha detto che la bottiglia dura ormai sette giorni sai, non so se hai capito…guarda che mamma con me si sfoga!”
“E allora?”
Mio fratello indolente tirò fuori anche una sigaretta dalla tasca posteriore dei suoi jeans dove nascondeva un pacchetto da dieci. Erano un paio di settimane che fingevo di non saperlo, ma a me il fumo fa e farà sempre schifo; il nostro medico di famiglia è d’accordo con me, ma anche lui è fumatore; un medico che fuma: non è segno di contraddizione? Ma tanto fumano cardinali, giudici, poliziotti, docenti. A questo punto perché non dovrebbe fumare mio fratello?
“Da quanto è che fumi?”
“Che dici ?”
“Guarda che le ho trovate domenica, le nascondevi dietro lo spessore delle cornici, insieme a certi giornaletti !”
“Un mese, forse due, ma tanto posso smettere quando voglio… e i giornaletti te li sei letti?”
“Come no?! Comunque quante te ne sei fatte oggi?!”
Mio fratello, per niente imbarazzato dal fatto che avevo scoperto dove nascondeva i porno oltre alle sigarette, di rimando mi disse:
“Seghe o sigarette ?”
“Di quelle !”
Indicai il pacchetto da dieci che stava ancora aperto in mano sua con dentro un accendino di plastica, di quelli economici. Mio fratello si era portato alla bocca la sigaretta, e stava per prendere l’accendino.
“Oh, senti non accenderla che poi puzza tutto! Siamo in salotto, vai in cucina se vuoi fumare! ”
Almeno una cosa l’avevo ottenuta: mio fratello rinunciò ad accenderla. Poi guardando il pavimento mi fece:
“Boh, lo vuoi sempre il drink?”
Addolcii il mio tono.
“Prendimi un po’ di coca cola, vuoi ?”
“Ma…”
“Te, dammene un bicchiere, poi ti prendi il resto per il tuo Bacardi !”
“Vado a prenderla.”
Non feci caso a quanto mio fratello ci mise a ritornare. Lo attribuii al fatto che voleva prendere i bicchieri ed il vassoio. Intanto ripresi a leggere il libro. Mentre – e questo me lo ricordo! – stavo leggendo della svolta di Salerno del 1944 quando i partiti della sinistra,- o erano tutti i partiti ?- decisero di rimandare alla fine della guerra la questione istituzionale, che aveva però a che fare anche con la luogotenenza del Regno in luogo dell’abdicazione formale di Re Vittorio Emanuele, -Dio mio !- Secondo o terzo ? ed il colpo di penna del principe Umberto che cancellava lo stato corporativo fascista…ma a che mi servirà mai tutto st’ambaradam del cazzo ? Tralasciai la fine del paragrafo e presi il bicchiere di coca cola dalla mano di mio fratello Alessandro. Era arrivato giusto in tempo. Bleeeeer che brutta, la storia!
Bevvi la mia coca cola dal bicchiere, e lo poggiai sul vassoio in precario equilibrio sul divano dove Alessandro lo aveva lasciato. Alessandro venne dopo un minuto taciturno, e ritirò il vassoio. Non vi feci caso, ma un riflesso biancastro sul fondo del bicchiere, che non avevo notato dopo la bevuta, catturò la mia attenzione per un paio di secondi. Lo chiesi ad Alessandro che fingendosi interessato mi disse:
“Ehi ! Quel bicchiere che mi hai portato…”
“Cosa ?”
“Cos’è quel bianco sul fondo ? Mi hai dato un bicchiere sporco ! Stai più attento !”
“Ho capito! Ma dai, non tragediare ! Dev’essere il detersivo dei piatti. Non è stato sciacquato bene, e va bene! Hai ragione! Ho ancora della coca, te ne porto dell’altra con un bicchiere pulito ?”
Mi ero calmata. La cosa importante era che mio fratello non fumasse. E poi a me quel paragrafo non stava andando giù. Tutto sommato procurarsi un mal di testa strategico per non dover studiare storia non era un’idea da buttare. Per cui commisi un’imprudenza bella e buona; che volete farci ero curiosa al dieci per cento, e angosciata da dieci pagine di libro di storia al restante novanta.
“Sai che ti dico ?”
“No.”
“Lo hai fatto poi il Bacardi e coca?”
“Sì, è in cucina. Per un bicchiere ce n’è ancora…”
“Ti andrebbe di dividerlo? Una sigaretta con te non l’avrei mai fumata, però colla bibita è diverso, dai! Dividiamolo, due mezzi, per lo meno non te lo bevi tutto tu. Due mezzi non faranno male come uno intero!”
“Non mi dire…”
“Portalo qui.”
Avevo mollato il libro completamente, tanto era il mio odio per quella materia. Poi sentendo caldo mi ero rimboccata le maniche della felpa. Mio fratello portò in salotto il vassoietto con due bicchieri da vino. Bevvi il cocktail in un paio di sorsi. Era forte, e mi piacque. Mi accomodai sul divano ad aspettare lo stordimento, e lo stesso fece mio fratello dietro il mio invito. Ci guardammo negli occhi con un sorriso malizioso, e continuammo a bere il nostro drink. Mio fratello mi fissava, ed io all’improvviso vidi che la sua faccia non riuscivo più a distinguerla. La vista mi stava lasciando. Tutta una nebbia grigia un metro avanti a me. Alessandro era poco più di una sfumatura bianca, circondato da un campo visivo di periferia grigio, eppure era proprio davanti alla sottoscritta, già la sottoscritta, peccato che in quel momento non ricordavo più come mi chiamavo, però ricordavo ancora come si chiamasse lui. Dissi tremante:
“Ales-san-dro, che succed-e ? Qui dav-anti a me gira tutto. Aless…a.. non ti vedo, dove sei ?”
“Sono qui Fiammetta, non temere! È solo un capogiro, adesso passa. Si tratta di roba forte.”
A tratti riconoscevo solo per pochi istanti la faccia sorridente di mio fratello Alessandro che era davanti a me; la vista mi andava e veniva. Mi stesi sul divano con la testa verso mio fratello che l’accompagnò dolcemente con il calore della sua mano nella mia guancia e nella mia nuca che mi rassicurava. Sentii un certo torpore che mi faceva tenere gli occhi chiusi. Prima di assopirmi feci in tempo a dire:
“Sento caldo Alessandro, fa caldo…”
“Certo, fa caldo, meglio se togliamo la felpa, dai… se no come respiri. La felpa è troppo spessa.”
Feci cenno con il capo che ero d’accordo, e lasciai che mio fratello mi togliesse la felpa leggera di ciniglia, sotto la quale avevo una canottierina intima femminile. Avevo il busto seminudo, senza reggiseno, con la canottierina lenta. Sentivo meno caldo. Ero convinta d’irraggiare molto calore. Mio fratello mi prese per i fianchi, e dopo avermi sollevata, per vedere se restavo in piedi, mi depose sul tappetino del salotto immediatamente sotto il divano dopo avermi indotto a sedermi in terra. Con la poca coscienza che avevo acconsentii a quella nuova strana sistemazione. Lì rimasi supina con gli occhi chiusi. Mio fratello mi baciò teneramente le guance, poi con una certa leggerezza mi baciò sulle labbra senza schiudermele. Le sue labbra trovarono le mie che sembravano svegliarsi come quando si svegliano le gambe da una postura lunga. Oppressa dalla dolce passività di quel torpore gradii quei suoi due o tre baci che mi facevano credere che Alessandro si stava occupando di me. Dopo un po’ delle sue calde carezze sul mio viso mi sentii avvolta da uno strano sonno che non saprei dire quanto fosse durato, certo forse solo pochi minuti perché durante la mia incoscienza mio fratello doveva avermi spogliata del tutto. Ero completamente nuda; non saprò mai se Alessandro mi tolse prima i pantaloncini o la canottierina. Il calore se n’era andato e se non sentivo freddo era perché mio fratello completamente nudo sopra di me mi trasmetteva il calore del suo corpo. Le mie spalle erano scaldate dal tappeto. Curioso, il corpo di mio fratello aveva lo stesso odore del mio. Che facevo supina sul tappeto del salotto ? Non lo sapevo in quel momento. La bevanda somministratami da mio fratello mi aveva tolto la volontà. Le sue labbra dolci con la mia pelle stimolavano i sensi del mio collo descrivendo delle strisce con la sua lingua. Provavo a causa del torpore residuo, e della pesantezza della mia testa le mie sensazioni con un secondo di ritardo, come fosse una cronaca in diretta sfalsata di pochi secondi. Non riuscendo a reagire, il mio collo fu tutto a sua disposizione. Ebbi un sussulto quando m’infilò la lingua nell’orecchio destro spingendola dentro il pertugio il più possibile. Da sobria l’avrei schiaffeggiato per molto meno. Mio fratello respirava, e sopra il mio sesso, la mia vulva bionda pelosetta, cominciava a sentire l’oppressione di una certa carne in via d’indurimento alternata con la sua pancia sopra la mia. Il contatto di pelle con il corpo di mio fratello mi piaceva e non riuscivo a respingerlo per quella mancanza di volontà. Tenni le mie braccia passive sopra la sua schiena, e mentre lui mi baciava il viso mi voltavo o verso destra, o verso sinistra. La sua bocca voleva la mia pelle, la sua lingua di adolescente liceale mi leccava ampiamente il viso dalle gote al mento. Dopo avermi leccata a lungo Alessandro cercò di nuovo la congiunzione labbiale. Gliela concessi tenendo gli occhi chiusi, altrimenti avrei distolto lo sguardo lasciandomi solamente sporcare dalla sua saliva. I sensi mi stavano tornando, erano più puntuali e rapidi. Godevo con la mia faccia insalivata dalla bocca e dalla lingua di mio fratello. Alessandro prese coraggio, e mi sciabolò la lingua tra le labbra, cercava di entrare nella mia bocca. Le nostre labbra erano un tutt’uno. Il sapore estraneo della saliva di mio fratello (chissà se anche lui percepiva quanto il mio odore fosse simile al suo…) invase sia il mio palato, che il mio sotto-lingua. No, forse era il suo sotto-lingua, ma in fondo che importanza poteva avere ? I nostri nasi facevano scontrare i nostri reciproci respiri. Con la sinistra presi la nuca e poi il capo di mio fratello per premergli la testa contro la mia. Il nostro baciarci fu lunghissimo, dolce e piacevole. Adesso cominciavo ad apprezzare quella sua corte. I seni mi si erano gonfiati ed i miei capezzoli turgidi cercavano come un morso, un succhio, una strizzata, di dita o di labbra, bastava che non tardasse. Alessandro capì, e si staccò dal bacio linguale totale. Baciò immediatamente il mio seno destro succhiando come un ossesso per pochi secondi il mio capezzolo turgido ipersensibilizzato, poi si mise, infoiato, a baciare tutte e due le mie coppette appena poco più che piatte. Con la mano destra stringeva la mia poca tetta di destra, e poi tirandomi il capezzolo destro, mi succhiava il sinistro.
“Ahn! Oh! Ahn Sì! Ohhh No! Uhmmm! Oh!”
“Uhmmm, sluuuurp, uhmmfff, uhm! Sluuuupppp!”
Stavo godendo di quelle strette, e di quei succhi famelici, e subito cercai il suo cazzo con la mano sinistra, ma il suo pisello dritto era già tra le mie cosce calde. Solo ora iniziavo a sentirlo. Mio fratello prese a baciarmi il ventre ed il basso ventre fino ad incontrare la mia vulva in alto. Allargai timidamente le cosce, e la mia vulva pelosa era tutta per lui. Nel frattempo mi era tornata la capacità di mettere a fuoco, e potei vedere la sua lingua cercare un ingresso tra le pieghe della mia vulva; mi sentivo cercata lungo lo spacchetto, e per incoraggiarlo gli carezzavo la nuca. Mio fratello aveva compreso perfettamente: ero favorevole a quella dolce leccata della mia fica che solo in quel momento mi accorgevo che si era bagnata e lievemente gonfiata. Sentivo la sua saliva scendermi dentro la vagina solleticandomi. Diedi alla sua nuca un movimento all’insù perché mi leccasse la clitoride nonostante la peluria bionda della mia passera che solleticava o irritava la sua lingua quando mi solcava lo spacco. Mio fratello Alessandro cercava i miei sapori dentro incuriosito dalle mie rosee carni interne, ma io ero più contenta se mi leccava i lembi di pelle della clitoride per succhiarmeli con dolcezza trattenuti dalle sue labbra. All’improvviso scese di nuovo più giù, e dopo avermi allargato convenientemente le coscette, prese a leccarmi inguine ed ano con una certa velocità, famelico. La sua lingua serpentella mi stimolò le striature del mio secondo buchetto.
“Ahnnn, ahn, ouhhhh! Uhm! Ahn, ah!”
V’insisteva un cinque sei secondi poi abbandonava il mio ano ben umettato, e baciava a tutta bocca le grandi labbra della mia vulva. La sua testa si staccò con mio grande disappunto mentre stavo per godere; poi scostatami una coscia, mi introdusse l’indice nel culetto, che dopo uno o due secondi di sorpresa per la piccola invasione dovette gradire, e mentre muoveva il dito nel mio culo riprese con la leccata ampia e salivosa alla pelle della mia vulva gonfia, dalla quale colse una piccolissima sottile bava. Lo vidi famelico e felice di averla trovata. Non era la sua saliva che gradivo comunque, ma un liquamino sottile filiforme della mia sorchetta che godeva di quella sua abilità a pulirmela. Stavo godendo, e desideravo che mio fratello non perdesse un millimetro quadrato del mio sesso così ben deliziato da diventare gonfio e rossastro. Ad ogni lappata della sua lingua come una corrente finissima ed intensa mi attraversava la carne della mia vulva. Mio fratello smise, e presosi in mano il suo cazzo eretto, lo scappellò, e si apprestò ad entrare dentro di me. Le mie cosce le tenevo larghe per favorire la penetrazione di lui. Il suo cazzo era di una quindicina di centimetri forse, e dopo un paio di seghe di lui fu pronto per trafiggermi. Strusciò la cappella dura contro la mia peluria, e la mia clitoride; poi, trovata la posizione che desiderava, spinse il suo cazzo dentro la mia vagina eccitata. Il peso del suo corpo, accompagnando il suo cazzo dritto quasi verticale lacerò il mio imene, trasmettendomi un’istantanea dolorosa sensazione di taglio a cui non potei oppormi, costretta com’ero dalla posizione supina a subirla. Era così dunque lo sverginamento ! Come la sua calda cappella raggiunse subito scivolando le pareti della mia vagina interna, che erano state rese scivolose e bagnate dalla mia eccitazione, venni come toccata da sensazioni stupende, di piacere ad ogni affondo più elevato, che la mia fica direttamente stimolata da quell’iniezione di carne dura e calda mandava istantaneamente al mio cervello. Questa era una delle ragioni per la quale alla fine accettai quel coito carpitomi con l’inganno di una pasticca da sballo. Mio fratello si muoveva avanti ed indietro scopandomi con abilità. Tra i miei rantoli mi scapparono diversi sì di approvazione, e per implicito i conseguenti inviti ad insistere con la sua lancia carnale.
“Ahn ahn! Ahn! Sì, ahn! Ahn! Sì, mi piace! Ahn!”
“Oh! Oh! Ahn! Ahn! Oh!!”
“Non fermarti! Ahn! Ti prego, non fermarti! Ahn!”
“Uhmmmf, uhmmmm! Oh!”
“Ahnnn! Sì! Ahn! Ahn!”
Senza lo stordimento di quella sospetta pasticcaccia di droga sintetica che mio fratello doveva aver dolosamente disciolto in quel bacardi, mi sarei senz’altro opposta al sesso con lui. Sapevo che mi spiava da tempo quando ero al bagno o quando mi preparavo per andare in piscina. La cosa per me era naturale; per mamma un po’ meno che mi disse di mettere sempre un panno appeso alla chiave quando andavo al bagno. Beh, che vedesse il mio culetto o la mia vulva non mi disturbava; ero certa che mi avrebbe rispettata, anche se fossimo andati in un campo nudista. Ma in quel momento non ero più certa dei miei pensieri. Se erano pensieri critici mi venivano rapidi e si dissolvevano non appena il suo cazzo mi dava dei picchi di piacere – direte voi: la sostanza psicogena ti stava friggendo le cellule cerebrali ! – probabilmente sì. A quel punto, dato che stupida lo ero già stata, decisi di abbandonarmi a me stessa, per cui chiusi gli occhi per rendere più intimo il sesso tra noi due. Più affondi mi praticava col suo cazzo, più volevo che rimanesse dentro di me. Sono io quella da biasimare: io che pochi minuti prima ho avuto la dabbenaggine di voler provare quell’infido cocktail per scapolare in qualche modo lo studio di quella noiosa materia. Però ! Ci sapeva fare! Riusciva a muoversi appoggiandosi atleticamente alle mie zinne ancora dure. Ero sua prigioniera, come schiava della presa delle sue mani sicure e del suo cazzo. La mia lingua uscì dalla mia bocca, cercavo un altro contatto linguale per chiudere totalmente il circuito del nostro piacere. Mio fratello provò a chinarsi per scambiare anche qualche altro rivoletto di saliva, ma il piacere diminuì, poiché non si poteva muovere dentro di me come prima, quando il suo cazzo sembrava che entrasse tutto quanto. Continuammo però a fare l’amore avvolti dal nostro abbraccio continuando a baciarci, e scambiando il sudore dei nostri corpi sempre più caldi. Anche la luce crepuscolare che entrava dalle finestre non disturbata da quella elettrica diede il suo contributo alla nostra intimità. La mia pancia era calda, e si sfiorava continuamente con la sua, mentre Alessandro aveva ripreso a muoversi ampiamente avanti ed indietro, dentro di me che non volevo che il suo cazzo uscisse neppure per un istante. Ero diventata sua, e non volevo che niente interrompesse quel nostro coito. La bevanda drogata servitami da mio fratello ed amante aveva ripreso a farmi effetto; mi stavo esaltando eroticamente.
“Ahn! Ahn! Ahn! Sì! Dai, ahn! Oh! Oh! Oh! Sì! Ancora! Ahn! Scopa ! Ahn! Scopa ! Ormai sei dentro!”
“Sì! Ti piace eh?! Ti piace ! Ahnn! Che bella fighetta… ohhh ahn!”
“Ahnnn! Annnn! Scopami! Uh! Non sapevo che fosse così bello… ahnn! Ahn! Ti muovi bene, ahn! Magari, ahnnnn! Lo rifaremo, ahn! Ahn! Forse!”
“Ahn! Te lo, ahn! Te lo conf…ahn…fes-so, ahn! Oh! Ti volevo già da due anni almeno! Ahn! Mi sono sempre fatto molte seghe pensando a te…”
“Ahn! Ahn! Che dici?! Scopa! Ahn!“
“Ahn! Sorellina mia!”
Con i miei abbracci chiedevo a mio fratello di non staccarsi, e di continuare a chiavarmi. Adesso che gli avevo dato il mio corpo volevo il mio piacere, e mio fratello doveva considerarsi al servizio della mia ospitale vagina, sporcata dal mio sangue virginale. Il sesso era bellissimo, e lo stavo vivendo. Dopo l’ennesimo bacio da mio fratello chiusi le gambe su di lui, ed introdottogli io il mio dito nel suo culo, volevo che aumentasse la velocità. Per infoiarlo a dovere respirai parecchio ad alta voce, e ciò fece aumentare i suoi affondi carnali. Mio fratello Alessandro aveva chiuso gli occhi su di me leccandomi tutta, sul volto e sul collo come gli capitava, bastava che fosse la mia pelle. Se continuava così avrebbe goduto subito, mentre io volevo che durasse ancora un po’. Non ero più vergine nonostante la nostra età e allora voglio almeno godere! Mentre la sua lancia colpiva la mia fica ad alta frequenza, sempre più velocemente, la mia vulva esterna sentiva le sue pallette sbattere, e mi sembrava di percepirle sempre più dure. Dunque, scoprivo in quegli intensi momenti che ai maschi le palle quando stanno per sborrare sono particolarmente dure. Se tra i miei rantoli di godimento gli avessi detto di uscire, forse l’avrebbe fatto, ma come si faceva a chiederglielo ? La mia fica come la sentivo io sempre più calda, la sentiva anche lui con la punta della sua cappella. Quegli affondi piacevano tanto anche a me. Ma sì, che sborrasse liberamente! Mica era detto che finivo incinta. I miei pensieri in quei momenti non avevano nulla di razionale, si succedevano senza soggetti né oggetti, senza tempo né spazio, senza valutazioni, non facevo in tempo neppure a finirli. Scambiavo baci e colpi di lingua con mio fratello, il mio chiavatore personale. Alessandro si mise a respirare sempre più violentemente, e a dare colpi più duri, cercando sempre maggior profondità ad ogni suo affondo. Ovviamente la mia vagina, profonda più del suo cazzo, non veniva toccata fino in fondo. Purtroppo Alessandro non mi baciava più, era tutto concentrato nella corsa finale; io da parte mia intendevo godermi ogni istante di quei rapidi colpi. Ero pronta, ad accogliere il suo seme, il prodotto finale di quell’infinito treno di sensi amplificati dai nostri rumorosi respiri. Di lì a qualche istante aspettavo la sua invasione. Anzi forse era meglio stimolarla. Leccavo il viso di mio fratello tutti i momenti in cui era a tiro della mia lingua. Ormai gli avevo bagnato la faccia con la mia saliva ed il suo cazzo era zuppo della mia fica in sbrodolo. Pensavo che ormai mancavano non più di quattro o cinque colpi dato che espirava con un urletto secco. Il suo cazzo ormai era immerso nei caldissimi liquami vaginali che, solleticandogli il glande, accendevano e spegnevano, per poi riaccenderla, la sua voglia di me, di carne tremula di una femmina pronta alla doccia di liquamino bollente. Non eravamo più né fratelli né parenti. Solo due lubrici amanti. Le nostre menti reclamavano una fusione che i nostri sessi allo spasmo finale potevano solo innescare, ma non completare; era come elevarsi, cercare di raggiungere l’infinito ma si viene fatti ricadere sempre giù, nella corporeità del pesante. I nostri corpi erano sovrapposti, ci consideravamo un tutt’uno quando all’improvviso mio fratello venendo mi sparò dentro il primo denso e caldo proiettile di sperma, poi un secondo, un terzo, un quarto…non sapevo contarli; l’importante era venire innaffiata bene! Un piacevolissimo calore mi bagnava dentro riempiendomi tutta. Ad ogni colpo lo baciavo ricompensandolo, anche se mi aspettavo che fosse lui a baciarmi. Mio fratello mi stava travasando sé stesso, avendo cura che il suo cazzo rimanesse ben addentro la mia vagina. Purtroppo ora la nostra temperatura (ed anche la mia pressione) si erano abbassate; il mio corpo, sudando al pari del suo, chiedeva il giusto riposo. Mio fratello Alessandro dopo avermi inondato la vagina si era accasciato per riposare lasciandomi dentro il suo pisello. I nostri sessi soddisfatti stavano diventando tiepidi. Tanto ormai che restasse pure! Persi conoscenza, e fummo fortunati che i nostri genitori erano ancora fuori; cominciavo solo ora a riconoscere l’ambiente di casa, avevo una sensazione come vi fossi mancata da tempo, come quando si torna dalle vacanze in settembre. L’orologio alla parete segnava ch’era passata circa un’ora da quell’infido cocktail, ma di infido avevo solo mio fratello che ormai non si dava più limiti, prigioniero com’era dell’uso, (ed abuso) di quelle pasticchette sballanti…mio fratello dormiva ancora dentro di me. Anche il torpore della pasticca sciolta nella coca e nel cocktail di mio fratello stava per andarsene, ma per come ricordo io quelle sensazioni stupende ero decisa a riprovarle. Ne avevo una certa voglia. Segno questo che il principio attivo della sostanza non se n’era ancora andato…maledizione! Lo avevo lasciato sborrare dentro di me, e quel che era peggio ne avevo ancora voglia di quel suo cazzo non tanto grande, no, proprio no. Però quando era dentro era durissimo. Trascorremmo abbracciati un quarto d’ora nel quale per svegliarlo gli sussurrai alcune domande polemiche, ma per l’estrema stanchezza postuma di quel cocktail drogato mancavo della benché minima volontà di litigare:
“Ehi, ci sei riuscito! Da quanto ci stavi provando ?! Ho sempre saputo che mi spiavi al bagno, però credevo che non ci avresti mai provato. Mi hai sverginata tu, ti rendi conto di quello che mi hai fatto?”
“yawnnnn…volevo farlo da un paio d’anni. Ieri mi sono deciso ! Ho giocato il tutto e per tutto. Se ti fossi rifiutata non se ne sarebbe fatto nulla; per cui mi sono fatto dare un paio di pasticche da un amico…”
“Da uno spaccia, vorrai dire… e gli spaccia non sono mai amici! Beh, almeno dì un po’! Quanto l’hai pagata quella roba che mi hai fatto bere?”
“Me l’hanno data per venti più venti…”
“Quaranta. E poi venti più venti perché ?”
“Venti per quattro pasticche, e venti per farmi direi come dovevo fare per scioglierle nella coca cola o nel caffè annacquato.”
“Quaranta euro ?”- Chiesi incredula. Per mio fratello erano un bel cifrone. Io dovevo risparmiarmi la paghetta per due settimana-quindici giorni per arrivare a spendermi quaranta euro!
“Sì quaranta euro. Ora non ho quasi più niente fino alla prossima paghetta.”
“Oh!…non guardare me ! Io posso farmi solo due ricariche al cellulare! Non ho altri soldi! Ti ho appena dato me stessa, e già ti lamenti ?!...Certo che sei stronzo, sai?!”
“Beh, mi sarebbe piaciuto fare un altro giretto, ma…”
“Quante ne hai ancora di quella roba?”
“Finita l’ultima adesso, con te; le prime due se non lo sai te lo dico, ma sì ho voglia di dirtelo: una l’abbiamo messa nel caffè della bidella bona; un’altra ce la dovrebbe avere ancora Roby, forse se la tiene per sabato che esce con l’amica nuova…la terza l’ho presa io per sballarmi da solo ieri sera; ci ho visto un film porno, con un po’ di musica tosta nelle cuffie, una roba che non ti dico!”
“Abbiamo sentito tutto, i tuoi rumori soprattutto. Mamma mi aveva fatto segno di non entrare in camera tua, se no vedevo uno di quei filmini masterizzati dai tuoi amici…ma aspetta, hai detto con la bidella bona! Che intendevi di preciso ?”
“Che gliel’abbiamo messa nel caffè e ce la siamo fatta nel bagno dei professori,…”
“Ce la siamo ? In quanti eravate?”
“Due: io e Roby !”
“Come no! Pure la bidella che ve la da! Dai, non mi dire! Insomma era Roby lo spaccia allora!”
“No, non Roby, le ha comprate al pari di me! Non te lo dico da chi la compriamo.”
“Ho visto come ti sei scopata a me, non ci credo che la bidella ve l’ha data…”
“Ce l’ha data, ce l’ha data… Roby l’aveva già vista in una disco qualche mese fa che si scatenava… e ci ha fatto il pensierino vedendole muovere il di dietro…”
“Beh, almeno lui si è voluta scopare un’altra! E tu il pensierino l’hai fatto su tua sorella! Vergognati !”
“Beh, mi sono detto perché non provare? E ho tentato il tutto per tutto. Dai, che ti è piaciuto.”
Mio fratello mi baciò sul viso cercando di essere tenero. Io, indifferente alle sue tenerezze (ipocrite) fatte di baci e sfiori di lingua sulla mia pelle, continuavo a guardare il soffitto e ad interrogarlo sulla loro bidella troia.
“Raccontami un po’ che hai fatto con la bidella…”
Mio fratello continuò:
“Giuro, ce la siamo fatta tutti e due, la signora De Santis. Una donna che attizza, non ha ancora le rughe, una bella cavalla mora castana tutto sommato, il suo culo ormai è cellulitico e sbilanciato a destra, però ha sempre un bel buchetto lì dietro…io me la sono fatta lì; mentre Roby glielo metteva davanti. Una figona pelosissima, non si poteva leccare per quanti ne aveva; eh sì che ci ho provato ad assaggiargliela…magari se andava dall’estetista…”
“Estetista! Come sei ingiusto! Sei uno stronzo!…ma se avrà uno stipendio da fame! Fa la bidella in un liceo, mica la troia d’alto bordo!…”
Alessandro indifferente alle mie critiche riprese a parlare tutto fiero sussurrando nelle mie orecchie la loro avventura nel loro liceo.
“Sai, quando siamo andati per il turno settimanale in biblioteca, la bidella, che stava pulendo il pavimento era sola senza colleghi; vedendoci ci ha chiesto se le potevamo offrire un caffè, che ne aveva bisogno, ma era senza spicci; naturalmente le dicemmo sì ed andammo a prenderle il caffè alla macchinetta…sai, io e Roby mentre la macchinetta faceva uscire il caffè nel bicchierino ci siamo guardati negli occhi in un istante, e ci venne lo stesso pensiero: in fondo è una discreta gnocca, anche se ormai ha quarantotto anni…andò più o meno così: a Roby dissi tra il sorpreso e lo speranzoso, dopo avergli proposto di scoparcela in qualche modo:
“…ma sul serio te la vuoi fare con la pasticca?”
“Sì, certo perché no?! Non è una verginazza, l’ho vista in un paio di discoteche con gli amici suoi fare le cinque; una certa età ce l’ha! Non so a te, ma a me piacciono anche vecchie se sono curate e sexy! E tu sei d’accordo che veste sexy, no?! Oggi ha le autoreggenti!”
“Sì, certo è sexy. Le ho viste le calze. Ti piacciono vecchie…?”
“Mona! Sta sotto i cinquanta ! Mia madre la conosce di vista, una volta abitavamo di fronte, nella stessa via! Quando avevo otto anni era una bella gnocca! Poi ha cambiato casa. Alla mia prima sega non me la ricordo più…”
“Stessa via eh?!”
“Oh…senti, guarda se viene nessuno…”
“No. Non c’è nessuno, ma che stai facendo ?”
“Prendo lo zucchero a parte, tu dammi un’altra moneta da cinquanta! Di caffè bisogna prenderne un altro…questo buttalo, non serve!”
“Lo prendo io, anche se è amaro…”
“Va bene.”
“Ecco, ma che vuoi fare?”
Mio fratello mi raccontava di aver bevuto lui il caffè e poi introdotto la moneta per un altro dietro istruzioni di Roby.
“Seleziona 62, quello lungo!”
“Caffè lungo, sì!”
“Zzzzzzzzzzz, bip, zzzzzzzzzzzzzzzzz.”
Nel minuto che ci voleva a comporre il caffè Roby prese la carta d’argento dal suo pacchetto di sigarette e vi chiuse dentro la pasticca riavvolgendovi i lembi della carta un paio di volte; poi col fondello dell’accendino spaccò la pasticca di colore avana in più pezzi, sempre più minuti, finché non la ridusse in polvere, mentre il caffè scendeva dall’erogatore nel bicchiere. Quando ebbe ridotto la pasticca in polvere abbastanza fine riaprì l’involto, e uscitane della polverina avana, la mescolò allo zucchero erogato dal primo bicchiere. Qualche secondo dopo la macchinetta erogò il secondo caffè, quello da “correggere”.
“E adesso ?”
“Ecco zuccheriamo il caffè con la mistura, e giriamo a lungo…”
“…”
“Fatto ! Portiamoglielo. Tempo un quarto d’ora e ci dirà di sì. Si trasformerà in una scopona!”
“Ma tu sei sicuro che poi ci sta ? E se il marito lo viene a sapere ci fa un culo così…”
“Un monumento ci fa! Credimi! Quello stronzo del marito l’ha lasciata due anni fa con due figli e la suocera che li aiutava con la pensione, per scappare ed andare a convivere con una figona rumena biondazza di ventisei anni che si esibiva nella lap dance…capirai quella povera donna sarà già da un po’ in arretrato di cazzo, e la nostra pasticchetta, che le farà dimenticare per un po’ i problemi, la gradirà, vedrai…e poi mi hanno detto che i suoi compagni della sezione, i militanti, ce ne avevano alcuni tipi pure alla sezione. I carubba la perquisizione ancora non gliel’hanno fatta. Anche se li stanno sorvegliando da un po’! Stanno così coi centri sociali… ”
“Ehi ! Che vuol dire alla sezione ?”
“Al partito! Mica vota per il governo quella!...Ha ritagli di giornale, foto piccole di Lenin, Castro, e del Che nell’armadietto di servizio. Ma le ho sentito dire che pure Balbo l’avrebbe attizzata…”
“Ma chi è Balbo?”
“Sei un mona! Il ministro dell’aviazione di Mussolini, ma pure il governatore della Libia…ma te come cazzo studi?”
“Dici che con la foto di Fidel ci si farà i ditalini la notte?”
“Chissà, forse…”
“Ah, eccola! Lascia fare a me…”
“Signora De Santis, il caffè che aveva chiesto; ci scusi il ritardo, c’era un po’ di fila alla macchinetta!”
La signora posò lo spazzolone da pavimenti al muro.
“Grazie ragazzi! Come ti chiami giovanotto ? Ricordo che ci siamo già incontrati là fuori.”
“Roby, signora. Ci siamo già visti, sì.”
“Signora sarà vostra madre!...Franca ! Io mi chiamo Franca! …oh beh piacere eh…! E tu con quella faccetta da perbenino, come ti chiami, che stai sempre zitto ?”
“Alessandro,…madame!”
“Oh, madame! Che raffinato! Parlez-vous francais ?”
“Oh, no! A me i francesi stanno pure sul cazzo con quella loro grandance…”
“Grandeur signorino, quella di cui parli è la grandeur; vabbè insomma non hai fatto francese allora…”
“Eh no, semmai ai spik inglisc veri mal…”
“Che pena che fai! Eh no, male giovanotto! Inglese o francese, ma una lingua straniera bisogna saperla, chi è la tua insegnante d’inglese ?”
“La Mendolia, quella napoletana…”
“Sì, la conosco, una stronza sadica. Nemmeno mio figlio Marco la poteva soffrire…si divertiva a umiliare all’interrogazione, anche quelli che le tenevano testa; una puttana veramente. Ci ho preso il caffè un paio di volte…no non è simpatica…”
“Ci carica di compiti, soprattutto a Pasqua che stiamo senza far niente, dice sempre.”
“Secondo me andava in bianco col marito, oppure portava le corna! Mio figlio quando veniva qui l’ha rimandato per due anni di seguito! Che le venga un…lasciamo perdere!”
“Ci ha sempre caricato, caricato, caricato; The man who escaped, l’invention excercise, formation e manipulation; quante domeniche di merda con quel libro odioso!”
“ Sapete ragazzi, i compiti vann…ehi!...ma questo caffè,… il caf…ehi! Ma dove l’avete preso ? Ha un sapore strano…”
Io sussurrai:
“Oddio! Ci ha sgamati!”
Mentre la bidella De Santis guardava sospettosa il caffè nel bicchiere Roby mi fece cenno di fare silenzio e di non tradirmi così; intanto però chissà quali pensieri dovette fare perché bevve ancora un sorso di quel caffè drogato, e dopo questi primi sorsi si passò la lingua tra le labbra un paio di volte guardando prima la tazza, poi Roby negli occhi…Roby da parte sua le sorrideva malizioso. La donna capì, perché disse:
“Mortacci vostri! E io che mi fido pure! Stà roba non va d’accordo con la caffeina! Finché la metti nella coca cola è un conto, ma col caffè vero si rischia l’infarto! Me l’avete messa nel caffè, vero?!”
“Ma va! Era la sciacquetta di un caffè lungo, dai che va bene lo stesso…per un’oretta avrai il turbo dentro…Franca!”
Io, sua sorella Fiammetta, ancora nuda con sopra mio fratello a scaldarmi perché cominciavo a sentire freddo, gli chiesi sempre più interessata a quell’episodio che nasceva piccante, ma come sarebbe finito lo deciderete voi…
“Ma la De Santis si arrabbiò ? In fondo l’avevate drogata a bella posta!”
“No, ma pensa, quando si è resa conto che il caffè era alterato ci ha chiesto di accompagnarla al bagno…perché di lì a poco non avrebbe potuto camminare da sola per l’effetto-botta. Meno male che la viene a prendere il figlio col motorino quasi tutti i pomeriggi !”
“E voi due che avete fatto?”
“L’abbiamo accompagnata, no?! Quando ha sorseggiato il caffè, avrebbe potuto sputarlo e mandarci affanculo, ed invece ci ha detto sorridendo rassegnata":
Mio fratello proseguì il suo racconto con il predicozzo della donna:
“Piccoli stronzi ! Alla vostra età i vostri vecchi vi danno i soldi per questa roba! Me lo ricordo questo sapore, stronzi! Alla sezione me l’hanno fatta provare l’anno scorso. Questa è roba forte, ma dura poco. Un fuoco di paglia! Siete due imbecilli! Non si deve mescolare con la caffeina! Sono una madre di famiglia, io! Uh! Ehi! Ora inizia con le palpitazioni ! Le prime volte fa effetto subito!”
Roby da faccia tosta quale era passò dal lei al tu:
“Veramente il tuo caffè era lungo,…dai, che lungo non è pericoloso!”
“Ma perché mi avete drogato il caffè, si può sapere ? Perché uno scherzo così?”
La nostra amica bidella continuava a fumare nervosamente sparandoci anelli di fumo nel viso, ma anche a sorseggiare quel caffè; evidentemente doveva piacerle lo stesso; però da questo momento conosceva il nostro movente e le nostre intenzioni, quelle vere…



-Continua-

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