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Brava, hai fatto un buon lavoro


di Zindo
20.09.2023    |    35.152    |    5 9.0
"Quello era stato un momento fatale..."
Ma è una storia di "prima esperienza" o di "incesto"?
Mettiamola così: è la prima esperienza di una storia di incesto
Andiamo a raccontarla.

La storia è iniziata il sabato in cui i genitori erano partiti per andare a trascorrere il week end da certi parenti che da troppo tempo insistevano per averli ospiti almeno in un fine settimana.
Partendo sua madre le aveva detto “Mi raccomando, sta attenta tu a tuo fratello”.
Siccome Fulvio non era un ragazzino ma un giovanottone di quasi vent'anni, la raccomandazione era da intendersi come una specie di “Provvedi tu a preparargli da mangiare o a stirargli qualche camicia nel caso ne abbia bisogno”, non certo “Attenta a che non cada e non si faccia male”.
Infatti lei gli aveva preparato il pranzo (consumato insieme), preparato la biancheria pulita, compresa quella intima, da mettersi per uscire nel pomeriggio, aveva approntato la cena per entrambi ma Fulvio solo sul tardi s'era degnato di telefonarle per dirle: “Se faccio tardi questa notte, non stare a preoccuparti, sono in casa di amici”
-Come fai tardi questa notte? Io ti sto aspettando per la cena?
-La cena??!! A quest'ora devi ancora cenare? Ma sono quasi le dieci!
-Appunto! Dove cazzo sei? Perché non sei rientrato? Perché non mi hai avvertita?
-Ehi! Sta calma sorella! E' sabato e di sabato io resto quasi sempre a cena fuori con gli amici, mamma lo sa!
-Si da il caso, caro fratello, che la mamma non c'è e tu potevi avvertirmi, così non stavo a sprecare la serata aspettando te che non torni, stronzo! Sarei uscita anch'io, perché è sabato anche per me, per me che lavoro tutta le settimana e non come te che non fai un cazzo dalla mattina alla sera ed io ti faccio pure da serva.....
Questo ed altro ancora aveva gridato nella cornetta Anita, con voce alterata dalla rabbia e dallo stimolo trattenuto del pianto.
Fulvio non era rimasto a sentire le sue urla. Aveva allontanato il telefonino dall'orecchio senza interrompere la conversazione, solo per non farla arrabbiare ulteriormente. Quando non aveva sentito più il fruscio provocato dalle parole gridate nel telefonino, aveva riportato l'apparecchio all'orecchio e chiesto: “Ci sei ancora? Per un attimo non ti ho sentita più. Comunque, ormai è andata così, anche se sbraiti non è che posso tornare indietro nel tempo e rincasare in orario per non farti incazzare. Esci pure tu, che cavolo stai a fare a casa, senza manco i vecchi?”
-Ad aspettare te, imbecille.- aveva gridato Anita chiudendo lei la conversazione e scoppiando a piangere di rabbia.
Rabbia contro quel fratello, il pupillo di mamma e papà, l'idolatrato dalle sue amiche, l'ammirato dalle donne, anche quelle mature e persino le vecchie: tutte adoravano Fulvio. Le vecchie come fossero le sue nonne lo ammiravano perché era un bravo ragazzo, educato e rispettoso (secondo Anita semplicemente ruffiano); le signore d'una certa età come fossero sua madre lo apprezzavano perché era uno che non dava pensieri alla famiglia, superando con ottimi voti e nei tempi previsti, gli esami universitari e conduceva una vita sana, praticando sport a livelli piuttosto elevati (fino a qualche anno prima nel nuoto agonistico, da un paio d'anni passato alla palla-a-nuoto); le ragazze, comprese le amiche di Anita erano tutte invaghite di Fulvio perché aveva un bel fisico, una bella faccia, un bel sederino, qualcuna sfacciatamente aveva detto proprio ad Anita che “valutando quello che si vede, è facile immaginare anche il resto che tuo fratello nasconde dentro i calzoni”.
In effetti Fulvio era un tormento per Anita.
O forse erano le sue amiche a tormentarla parlandole di Fulvio?
Tutte le sue amiche l'assillavano con frasi del tipo “Quant'è bono tuo fratello”, “Invitami a casa tua quando c'è tuo fratello”, “Presentami a tuo fratello”, eccetera, fino a frasi ancora più audaci, del tipo: “Beata te che ce l'hai in casa e te lo vedi girare intorno seminudo o nudo. Glielo hai mai visto? Dai, come no? Non hai mai guardato dal buco della serratura? Non ci credo! Io aprirei pure la porta se avessi un fratello così bono”
Istigata da tutte a porre l'attenzione sull'avvenenza di Fulvio e imbeccata con suggerimenti indiretti sul come fare a spiarlo, da mesi lo faceva di nascosto, per “godersi visivamente le bellezze di Fulvio”, con l'unico risultato di soffrirne per due ragioni. La prima perché a differenza di tutte le sue amiche lei lo aveva a portata di occhio e di mano sempre e quindi era costantemente tentata; la seconda perché erano sorella e fratello e lei, quella da tutte invidiata, era l'unica alla quale era vietato coltivare speranze o illusioni erotiche su di lui ...forse.
Già, forse. Perché l'incesto esiste, è condannato ma è anche praticato, pare molto più di quanto si creda.
Anita pensava all'incesto, più come dramma difficile da vivere che come soluzione al suo desiderio sempre più prepotente: desiderio di un uomo. Non uno generico, ma uno ben identificato: Fulvio.
Però, proprio perché l'incesto esiste, almeno nella fantasia lei immaginava di consumarlo, salvo il “Sentirsi sicura che mai nella realtà le sarebbe accaduto”.
Quel sabato sera, dopo la telefonata del fratello, aveva pianto. Un pianto liberatorio delle apprensioni avute nel petto dalle otto (di solito ora di cena a casa loro) alle dieci o quasi (quando Fulvio aveva telefonato).
Ore cariche anche di rabbia per quel fratello stronzo che stava chissà dove, con chissà chi, a fare chissà cosa, fregandosene che lei stesse sola a casa.
La invidiavano pure per quel fratello.”Beata te che ce l'hai per casa” le dicevano le altre. Per casa dove? Quando? Chi? Anita era stata sola.
Sua madre le aveva detto “Bada tu a tuo fratello”. Perché non aveva detto altrettanto a lui? Perché non anche “Fulvio, bada tu a tua sorella”?
“Ed io, stupida- aveva pensato Anita- che me lo sogno pure, che ho paura di incorrere nell'incesto. Ma quando mai!? Con uno che neanche mi vede come sorella, figurati se vede in me una femmina? E pensare che avremmo potuto essere soli questa notte. Soli senza i vecchi...”
E, inconsciamente aveva ricominciato a fantasticare. Fantasticare sul quanto diversa sarebbe stata quella serata se Fulvio fosse tornato a cena.
Aveva apparecchiato la tavola con molta cura, quasi fosse una cenetta intima tra innamorati, ed il tavolo era ancora lì, con un mazzetto di margherite raccolte in giardino e messe in un vasetto come centrotavola, una candela che non sarebbe stata accesa ma avrebbe fatto la sua bella figura, le posate e le stoviglie del servizio buono. Sui fornelli, ormai freddi, stavano le pietanze che aveva preparate amorevolmente. Perché aveva fatto tutto questo? Anzi, per chi?
Oh se fosse tornato all'ora di cena!
Lei lo avrebbe servito a tavola come una serva il suo padrone, l'avrebbe fatto sentire un re quella sera, finalmente il padrone di casa e non il più piccolo della famiglia. Invece niente, neanche l'aveva avvertita del non rientro.
Le amiche la invidiavano pure. Ma cosa credevano quelle? Che essendo suo fratello dormivano insieme? Si spogliavano disinvoltamente l'uno di fronte all'altra?
Beh, però, se fosse successo non sarebbe stato mica male!
E aveva cominciato ad immaginare Fulvio spogliarsi davanti a lei. Non come era solito fare, un togliersi la camicia e basta, no. Uno spogliarsi fino in fondo, fino a togliersi le mutande.
Le parve di vederlo abbassare gli slip fino a metà coscia e subito piegarsi leggermente in avanti ed alzare una gamba, ripiegando il ginocchio fino a coprire, involontariamente, le parti intime, per poter sfilare un piede. Poi rialzarsi ed lasciarle intravvedere appena un istante qualcosa della sua zona intima, subito ammantata di nuovo con il rialzare l'altro ginocchio e spogliarsi del tutto per essere finalmente nudo. Però aveva immaginato che Fulvio si fosse girato di spalle per andare a posare le mutande da qualche parte.
Anche nella fantasia era inibita dalla paura dell'incesto ed aveva temporeggiato anche con l'immaginazione a scoprire il sesso di Fulvio. Infatti aveva immaginato che Fulvio si fosse girato verso di lei incrociando le mani sulla parte intima, come se fosse timido.
Queste fantasie, anche se blandamente frenate comunque avevano destato suoi sensi, si era eccitata ed aveva cominciato ad immaginare anche se stessa che si spogliava davanti al fratello.
Anzi no: aveva immaginato il fratello seduto al tavolo, andando pure a spostare una sedia per posizionarla così come sarebbe stata se Fulvio, già nudo, fosse stato seduto, con un gomito appoggiato al tavolo, una mano sul pene, magari inizialmente solo per coprirsi, dopo anche per toccarsi, stando a gambe divaricate ed allungate, a guardare lei che si spogliava.
Era sola, non c'era nessuno in casa, e anziché immaginare di farlo si era spogliata davvero, ma come se dinanzi a lei ci fosse stato Fulvio, nudo, a guardarla.
Aveva messo anche un sottofondo musicale e aveva danzato per l'immaginato fratello, girando intorno al tavolo a passo di danza per fermarsi innanzi al fratello, sedersi sulle sue gambe ed alzare prima una gamba e poi l'altra per togliersi, molto lentamente le calze. Aveva immaginato il fratello eccitarsi e lei avvertire lo stato di erezione sulla sua anca. Per questo aveva immaginato di alzarsi, di fissare il membro, supponendolo in piena erezione, mentre si era sbottonata realmente la camicetta. Se l'era tolta, l'aveva passata attorno alla spalliera della sedia spostata, immaginando di passarla sul collo di Fulvio. Poi aveva lanciato via, a caso, la camicetta come aveva già lanciato le calze e come di lì a poco avrebbe lanciato il reggiseno, la gonna e gli slip e a quel punto, ubriaca di eccitazione da fantasie aveva preso realmente l'altra sedia, l'aveva portata davanti a quella dove immaginava ci fosse Fulvio. Sulla sua si era seduta, su quella del fratello aveva poggiato un piede, tenendo la gamba ben distesa ed immaginando di poggiarlo sulla coscia del fratello e che il montante rotondo della spalliera, contro il quale aveva strofinato l'alluce, fosse il membro eretto del fratello.
Per aiutare l'immaginazione aveva chiuso gli occhi, appoggiato le spalle al suo schienale, reclinando il capo all'indietro, lasciando svolazzare i suoi capelli relativamente lunghi. Si era toccata con un mano i capezzoli immaginando che fosse Fulvio a farlo e le dita dell'altra sua mano avevano avuto il loro gran da fare tra le sue cosce, anzi tra le labbra già umide della figa che aveva tra le cosce e, beatamente si era abbandonata totalmente ad una soave masturbazione.

Così, integralmente nuda, nel tinello con la tavola apparecchiata a festa e gli abiti femminili sparsi a caso tra pavimento e divanetto, nuda e in piena fase di masturbazione l'aveva trovata Fulvio.

Il ragazzo aveva ripensato alle parole dette dalla sorella durante la telefonata, aveva capito di non aver agito bene e per questo, cambiando i programmi della serata, era rincasato trovando quello spettacolo.
Quello era stato un momento fatale.
Se Anita fosse stata mentalmente lucida, anche se nuda e scomposta, avrebbe potuto scattare giù dalle due sedie, contorcersi e rannicchiarsi su se stesa nel tentativo di coprirsi, raccattare gli abiti sparsi e correre in un altra stanza. Certo non avrebbe potuto nascondere quello che stava facendo ma, con il senno di poi, superata la fase d'imbarazzo avrebbe discusso, se necessario, con il fratello , ammesso che quello già da solo non si fosse reso conto che anche la sorella, come lui, praticava la masturbazione come surrogato dei rapporti sessuali veri e propri. Rapporti difficili da avere per un ragazzo, impossibili quasi per una ragazza non fidanzata (almeno così pensa la gente che non ammette rapporti all'infuori delle coppie legalmente costituite).
Invece, essendo in fase di massima eccitazione, all'attimo cruciale dello scatenarsi dell'orgasmo, s'era distratta, quasi credendo il fratello una visione realistica e non una presenza reale e, smanettandosi più forte, s'era bagnata le dita degli umori da godimento, sgorgati dalla sua figa, dicendo anche uno sdolcinatissimo “ciaoooo” a Fulvio.
Successe il patatrac!Già perché non era stato tanto la posizione scomposta e lasciva di Anita, né gli abiti sparpagliati, né le dita nella figa a scatenare anche gli stinti di Fulvio, ma quel sensuale, invitante, sconvolgente “ciaooooo” detto in piena estasi da Anita.
Si era quasi strappato i vestiti di dosso Fulvio, per denudarsi, in gran fretta, appena sentito quell'invitante e prolungato ciao. Subito s'era lanciato verso la sorella che, solo a quel punto, si era sintonizzata di nuovo con il mondo reale e come se a sorprendersi avrebbe dovuto essere lei, aveva chiesto: “Ma che fai? Sei scemo? Come ti permetti?”
E già! Con quattro parole secondo voi si poteva frenare l'impeto di un ventenne davanti ad una donna bella, giovane, nuda, scomposta, che si auto-masturba ed esibisce come trasognata il suo orgasmo?
Fulvio era stato inarrestabile e poco gli interessò se la sorella aveva già avuto un orgasmo. Lui volle scopare e lo fece “di brutto” come suol dirsi.
Dopo però, a bisogni sessuali ampiamente appagati, guardando il tavolo ancora apparecchiato s'era ricordato che Anita non aveva ancora cenato. Ci aveva pensato lui a servirle la cena, già pronta per altro, e durante la cena aveva detto alla sorella: “Siamo i padroni di casa questa notte”.
-Già
Aveva riso sornione Fulvio nel dire: “Occupiamo la stanza...”padronale” quindi questa notte?
-Cosa?
-Sì, dai, dormiamo nella stanza dei vecchi, giochiamo a fare mamma e papà questa notte.
Avevano fatto quel gioco. Si erano tanto divertiti da farlo anche il giorno appresso.
Le lenzuola s'erano sporcare. Anita aveva rifatto il letto con lenzuola pulite e messe quelle sporche in lavatrice. La madre, al ritorno, aveva visto la sostituzione delle lenzuola e le aveva detto: “Brava, hai fatto un buon lavoro”.

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