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Prime Esperienze

Francesca, c'è sempre una prima volta 2


di RandagiVlad
23.11.2023    |    257    |    1 6.0
"Rientro abbastanza presto, ceno e, senza programmi per la serata, mi metto a fare un po’ di ordine in casa..."
[la premessa è un po’ lunga, ma spero ne valga la pena]


Oggi è mercoledì, sono al mio “solito” bar-tavola calda.

Francesca non c’è, nemmeno oggi. Dal venerdì in cui… insomma, sì, da che abbiamo scopato non l’ho più sentita;: che si sia pentita? Che tema di aver rovinato il nostro rapporto? Che si vergoni? Non lo so, davvero non lo so. Mi spiacerebbe perderla, sesso a parte, è un’amica e a lei ci tengo.

Ma tant’è. Questa mattina ho avuto un incontro “importante” per una presentazione, ho il pomeriggio abbastanza libero, ma sono passato qui ugualmente. Indosso un bell’abito che si ispira ad un modello di Hermes, ovviamente elegante e classico, ma con qualche particolare che lo rende “diverso”: è un gessato, ma le righe verticali sono di due sottilissimi colori, il rosso e l’azzurro, che si alternano sul tessuto blu dell’abito; la camicia indossata con due gemelli in legno, come in legno sono il fiore al mio occhiello ed il papillon, che indossavo e che ora è riposto nel taschino della giacca. Le mie cose sono su una sedia, ad uno dei tavoli del bar, ma ho in mano un libro di Yukio Mishima, “Le confessioni di una maschera”.

Sono al banco, a scegliere se prendere una piadina, un panino, o uno dei piatti che la padrona della tavola calda ha preparato quando…

- Mishima! - sento dire alle mie spalle – ne ho sentito parlare, è un bel libro? -

Mi volto e vedo lei, Giulia, che sbircia da sopra la mia spalla il libro, con uno sguardo più interessato di quel che sarebbe “lecito” e non posso fare a meno di notare il suo seno, anche oggi esposto da un maglioncino generosamente scollato sotto cui si intravede il pizzo nero di un reggiseno raffinato.

- Sì – le rispondo – l’ho preso incuriosito dalle letture che ho fatto sull’autore e mi sta appassionando, per la delicatezza con cui tratta certe...tematiche – chioso, senza andare oltre nello specificare di quali tematiche tratti il libro (ed in generale la narrativa di Mishima).

- Anche a me piace molto – continua Giulia – ne ho letti altri sui… non immaginavo che anche a te piacesse questo tipo di letteratura – dice ancora lei, pesando sulle parole “questo tipo”, usando un “tu” confidenziale proprio di chi, pur non conoscendosi ancora, si vede sempre nello stesso bar.

Il particolare non mi sfugge, ma le donne sono un’affascinante avventura piena di tranelli.

- La tua “amica” [anche sulla parola amica gli occhi e il tono della voce indugiano] non c’è oggi? - mi chiede e, senza aspettare risposta, continua – se ti va puoi sederi con noi… lui è Enzo – (il vecchio collega n.d.a.).

Rifiutare sarebbe scortese ed un peccato sprecare l’occasione di stare seduto vicino alla donna che tutti i maschi che frequentano il locale vorrebbero scoparsi, dunque accetto l’invito. Le chiacchiere sono piacevoli; Enzo parla poco – ma quando lo fa è salace – e spesso sorride alle domande che Giulia mi pone. Giulia mi chiede dei miei hobbies, senza indagare troppo sulla mia vita privata, senza chiedere troppo di Francesca, ma lasciando intendere.

È sposata, non lo nasconde e la cosa non mi infastidisce affatto, le mie fantasie coinvolgono lei e le occhiate che mi lancia tra le ciocche dei capelli, se non sono soltanto uno specchietto per le allodole, lasciano ben sperare. Anche a lei piacciono l’arte e la fotografia, mi sembra sincera, anche se mi lascio un piccolo margine di dubbio: è un po’ paraculo dire che ti piacciono, dopo che hai saputo che dipingo e sono un fotografo. Ma sono abbastanza paraculo anche io e …

- In questi giorni c’è la mostra di Haring, alla Triennale, pensavo domani nel primo pomeriggio … - dico tra un boccone ed un sorso.

- Quasi quasi – mi interrompe Giulia – anche io vorrei vederla e stavo giusto pensando di prendermi una mezza giornata, domani, e poi mio marito lavora fino tardi e poi gli avevo detto che ci sarei andata con un’amica… -

- Be’ potremmo trovarci qui, così sei comoda … a meno che tu voglia andare a casa a cambiarti-.

- Va benissimo qui, tanto sono sempre pronta – è la sua risposta e voglio, sì, voglio coglierci un doppio senso.

Tutto troppo facile, penso poi, quando, usciti dal bar ci salutiamo dandoci appuntamento per domani a pranzo, ma non avendo alcunché da perdere, rimango speranzoso ed anche un po’ eccitato dalle fantasie che già sto facendo sul come potranno svolgersi il pomeriggio e … la serata con “la Strega” (sì, così si era definita lei stessa… un po’ per gioco, un po’ perché - a detta sua – faceva gli incantesimi agli uomini).

Passo il pomeriggio, fortunatamente calmo dal punto di vista lavorativo, a metà tra lo stralunato e l’eccitato. A pranzo, quando s’è alzata dalla sedia, m’è parso di vedere la balza di un’autoreggente e al bancone del bar, quando abbiamo fatto la fila per pagare – non ho potuto non guardarla da vicino e l’aderenza dell’abito a quel culo che mi stava davanti mi ha fatto pensare che non potesse indossare più che un filo interdentale a coprile le natiche. Rientro abbastanza presto, ceno e, senza programmi per la serata, mi metto a fare un po’ di ordine in casa. Il mio è un piccolissimo appartamento da (oramai) single, che per alcuni versi e per il poco tempo che ci passo qualcuno definirebbe uno “scannatoio”, anche se non mi è mia piaciuto pensarlo così: è la mia casa ed il mio studio al contempo; alle pareti ci sono le mie foto ed i miei quadri, sparsi qua e là i ricordi dei miei viaggi; ci sono un’accogliente e piccola cucina, una stanza in cui dipingo (e non solo), un disimpegno che introduce al bagno, dove (vera botta di fortuna) c’è una doccia spaziosa e, infine, una camera da letto che ho arredato con un letto in bambù e con una sorta di contro-soffitto fatto di pali di bambù anch’esso, su cui ho sistemato l’illuminazione (ma il vero motivo per cui me lo sono “inventato” è un altro). Sono “preso abbastanza bene” e, quindi, faccio un po’ di ordine e pulizia e… cambio le lenzuola, sistemando una parure di rasatello nero, completamente nero.

A metà serata scrivo un messaggio whatsapp a Francesca; a bocce ferme mi manca e non nascondo che l’eccitazione della giornata e dell’incognita di quel che accadrà domani mi ha fatto venire voglia di scoparla ancora e prima di addormentarmi il vibrare del telefono mi allerta, ma non è Francesca che risponde. “Bella idea quella di Haring… ci vediamo domani dopo pranzo. G.”

Ci mancava solo questo – sorrido – e mi addormento con il culo di Francesca negli occhi e l’odore della pelle e dei capelli di Giulia nel naso.

Al mio risveglio decido che per oggi foto e quadri si prenderanno una pausa. Esco dopo aver fatto colazione e vado a zonzo per la mia Milano, arrivando fino ad uno dei negozi da cui mi servo di tanto in tanto “Il Cordaio”; essendo quasi dall’altra parte della città rispetto a dove abito, la “spesa” mi impegna buna parte della mattinata; ho giusto il tempo di rincasare, rinfrescarmi e recarmi all'appuntamento.

Avvicinandomi al “nostro” bar vedo Giulia che saluta Enzo e lui che mi nota e sorrido sornione, come a dire “Ebbravo, so’ io cosa farete”… buon per lui io so quel che vorrei fare, ma non ho idea di cosa succederà. Quando raggiungo Giulia lei è già sola, mi guarda sorridente e “luminosa” e mi dice

- Macciao! Eccoti - e senza aspettare che io le risponda, continua - direi di andare con due macchine, così mi sento più indipendente -.

Ovviamente il messaggio è chiaro : se le cose non vanno come voglio, prendo e me ne vado senza dover dipendere da te. Ma, spero, sono altrettanto pronto

- Direi che dovrò essere dipendente io, non ho preso la macchina, sarei comunque comodo a anche con i mezzi per tornare -.

- Poco male – ribatte – a me piace guidare, al massimo ti lascio a piedi -. E, nel dirlo, il suo sguardo, ancora una volta, suggerisce la malizia delle sue intenzioni. Bene, penso, se vuoi giocare giochiamo, io non mi sono mai tirato indietro, che si vinca o che si perda.

Saliti in macchina, lei alla guida tira un po’ su la gonna e conferma il mio sospetto/intuito: sono autoreggenti quelle che indossa. Allacciandosi la cintura di sicurezza, questa si infila tra i suoi seni, mettendoli ancor più in evidenza di quanto facciano il suo reggiseno e la camicia generosamente sbottonata.

- Ehi tu! - mi dice canzonandomi – cosa stai guardando?-

- Solo quello che si lascia guardare – le rispondo sicuro passando lo sguardo dalle sue cosce, al seno, ai suoi occhi e rispondendo al suo sorriso maliardo, dicendole – ci conviene andare, o perderemo tempo in macchina -.

- E a te non piace perdere tempo – ribatte – mi piace -.

il viaggio è breve e scambiamo qualche battuta su Haring, su Milano, sul palazzo della Triennale, finché arriviamo e sono lesto a scendere per andare dal lato guidatore ad aprire la portiera. - Che galante -, mi dice aprendo le gambe a compasso per scendere, regalandomi – volutamente – la visione delle sue cosce coperte dalle calze, della pelle che si scopre laddove finisce il tessuto, fino a dove viene ricoperta da qualche millimetro quadrato di pizzo, solo sopra la sua fica. Una volta fuori dall’auto e chiusa la stessa, si sistema la gonna, fa un mezzo giro e mi chiede – Sono a posto? -, senza aspettare che si volti ancora verso di me, da dietro, prendo con le dita l’elastico della calza della gamba destra e, delicato ma deciso, li tiro su, andando ben sotto la gonna e fermandomi un secondo più del dovuto sulla pelle nuda della coscia.

- Ora sì – rispondo allora – adesso non si vede niente -.

- Grazie… fa caldo – dice.

- Me ne sono accorto – rispondo alludendo al calore che ho avvertito tra le sue gambe.

Una volta dentro al palazzo della Triennale, ci aggiriamo tra le opere esposte, un po’ in silenzio ed un po’ commentando la storia dell’artista, fino a quando, in un angolo discreto che ci nasconde da tutto il resto, mentre osserviamo una delle tele, mi appoggio a lei da dietro: al suo culo, premendo con bacino e afferrandola con una mano che dal ventre sale fin sotto il suo seno – Questa ha una forte carica erotica, no trovi? -, la sua risposta si manifesta con una spinta all’indietro per premere ancora di più sul mio cazzo, che è in tiro da qualche minuto e con la sua mano che mi afferra i pantaloni proprio lì, mentre mi risponde – Anche qui a carica pare non siamo messi male -.

- Spero che non sia tardi per te -, le dico.

- Ti accompagno a casa –, mi risponde. Ci avviamo all’uscita e una volta davanti alla sua auto la “blocco” sulla portiera e mi impossesso della sua bocca. Giulia si lascia baciare e, poi, mordendomi mette fine alla scaramuccia e dice – Non qui, potrebbe esserci qualcuno che conosco. Andiamo, dimmi dove abiti-.

Facciamo la strada fino a casa mia con lei che guida ed io che la tocco tra le gambe, pizzicandole la fica da sopra il tessuto delle micro mutandine che indossa. È bagnata ed ha un odore piacevole e forte che invade tutto l’abitacolo. Finalmente arriviamo. Apro la porta senza perder tempo e la “inchiodo” al muro spingendola con un palmo sulla fica e l’altra mano a stringerle una tetta, mentre lei mi afferra i capelli e mi tuffa in bocca una lingua ruvida e vogliosa, che subito mi fa pensare a come deve essere bello sentirla passare sulla cappella.

- MMMMMM! Quanta voglia – dice lei compiaciuta – adesso tocca a me: voglio farti un ricco caffè -.

La cosa non mi torna, aggrotto la fronte pensando a questa che vuole un caffè anziché scopare, ma non faccio in tempo a finire di formulare il pensiero che si accuccia sui talloni, di fronte a me, mi slaccia la cintura e i jeans e, senza attendere, mi abbassa i boxer e prende in mano il mio cazzo, che ci mette davvero poco più di un attimo a diventare duro e – OH! - fa lei – Siamo messi bene...- e senza continuare me lo prende in bocca, affondando subito fin dove non immaginavo potesse e facendomi sentire la lingua girare attorno alla cappella. Comincia poi un movimento leggero avanti e indietro, alternando labbra e lingua sulla carne rovente che gusta i bocca, facendo scorrere i denti lungo l’asta e tornando a succhiare poi.

- Ecco, questo è un ricco caffè, che dici...ti piace?

- Continua – le rispondo – ho ancora sete.

E Giulia continua: e sa colare sul cazzo la sua saliva e lo lecca partendo dalle palle e risalendo tutta l’asta e, ancora, infilandolo in bocca, baciandone la punta, infilando la lingua nel meato urinario, succhiando come se volesse cavarmi l’anima ed il sangue.

Istintivamente porto unha mano dietro il suo capo per dare il ritmo a quel sontuoso pompino, ma Giulia mi “blocca” dicendomi – No, giù le mani: questa è una cosa mia, ci penso io, ti caccio venire io...come voglio – e aggiunge, dopo una brevissima pausa – E sborrami in bocca -.

Senza repliche la lascio fare e mi gusto la vista dall’alto di lei che si abbassa ancora un po’ e mi lecca i coglioni, arrivando a prenderli in bocca, uno ad uno, prendere a leccarmi il perineo ed infine tornare a metterselo in bocca. Dopo un tempo che non ricordo la sento dire, esortarmi quasi – Cazzo, ma quanto duri? Dai...viani. Fatti una sega e vienimi in bocca.

La assecondo e mi afferro il cazzo per segarmi, mentre lei si rimette sotto le mie palle per farmi sentire la lingua. A questo punto non resisto e (siccome adesso sto “facendo io”), con una mano dietro al testa la spingo ancor più sotto e le dico – Leccami il culo, Troia, che tra poco ti sborro in bocca -.

Sembra che i “ruoli” sian cambiati ed è lei questa volta che mi asseconda, facendomi godere la sua lingua sul buco del culo, mentre continuo a “strozzarmi” il cazzo, fino a quando sento salire il piacere, dalle palle lungo la nerchia e la avviso – Eccomi...apri la bocca, vacca -.

Sembra non aspettasse altro: riemerge da sotto di me e apre la bocca estraendo la lingua, proprio davanti alla punta del mio cazzo, che, ancora pochi colpi e… - Vengo! Sììì, bevimi tutto! -

Giulia non si lascia pregare e, dopo essere sorpresa da due fiotti in pieno viso, imbocca l’uccello e si beve tutto il mio orgasmo. Dopo una decina di spasmi si stacca da me, apre la bocca mostrandomela piena, chiude e inghiotte.

- Caspita! Ma quanta ne avevi? Ti deve esser piaciuto davvero tanto – dice raccogliendo con le dita la sborra sulle gote e portandola alla bocca….




[continuo?]
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